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editoriale » Crisi e la furbizia di confindustria  

CRISI ECONOMICA E LA FURBIZIA DI CONFINDUSTRIA
di Boris


La crisi economica che sta travolgendo i paesi considerati poveri dell'Europa comincia ad estendersi in modo grave anche all'Italia. Un coinvolgimento sino ad ora lento e si pensava improbabile. Del resto le rassicurazioni del ministro Tremonti potevano indurre i più a sottovalutare la totale incapacità di gestire una stagnazione economica ormai cronica dal 2008, contrastata con soluzioni da bar o prelievi forzati dalle solite casse.
Certo appariva assurdo paragonare il potenziale industriale italiano a quello greco. Non per sminuire i nostri vicini di mare ma perchè sarebbe stato non solo improprio ma estremamente superficiale considerarli tali anche perchè erano e per il momento sono, diverse le situazioni economiche e sociali dei due paesi. Da noi nessuno ha mai falsificato il bilancio dello stato, forse anche perchè il nostro cronico deficit è da tempo salvato e mantenuto da titolo di stato acquistati soprattutto da banche tedesche ed europee.
Anche Confindustria, per voce della sig. Marcegallia, aveva più volte richiesto delle riforme strutturale indicando però solo come male principale le pensioni di anzianità, le poche privatizzazioni e in egual misura il costo del lavoro e della politica. Enunciazioni queste che ben stavano nel teatrino della politica nazionale, altalenante tra opposizione e governo.
La signora di Confindustria, infatti, ha atteso con pazienza il programma sulla riforma del lavoro del ministro Sacconi che dopo aver delegittimato la CGIL, con anche l'aiuto dell'amministratore delegato della Fiat dott. Marchionne, ha serrato il colpo definitivo ai diritti dei lavoratori.
Un attesa di richiesta di dimissioni del governo ben ripagata dato che la manovra ormai necessaria varata in agosto e in settembre, è andata proprio nella direzione che Marcegallia sperava.
Infatti si è ritoccata la manovra delle pensioni anticipandola, si è delegittimato il contratto nazionale e di secondo livello grazie all'approvazione dell'articolo 8 della manovra finanziaria e si è evitata una patrimoniale trovando le risorse necessarie con l'innalzamento dell'IVA. Una differenza di valore che anche i più assopiti dei nostri concittadini sanno che colpirà soprattutto i clienti finali e non le imprese che per la maggior parte, soprattutto se esportano, non verseranno mai.
Certo, questo governo non ha presentato un serio piano delle privatizzazioni, ostacolato anche dalla vittoria del referendum dell'acqua, o della riduzione del costo della politica ma non si può poi avere tutto in così breve tempo. Del resto è anche grazie a Confindustria se ci troviamo in un paese dove il gioco delle lobbys la fanno da padrone.
Pare però che nonostante siano state approvate due manovre in due mesi, sia necessario un ulteriore aggiornamento e che a breve bisognerà mettere mano al portafogli di qualcuno. Il rischio stavolta di una patrimoniale, diventa forte anche perchè un ulteriore tassazione dei ceti meno abbienti potrebbe provocare reale stagnazione dei consumi e forte recessione.
Ecco allora la rincorsa a urgenti ripari: questo governo se ne deve andare.
“O le riforme o via il governo” tuona la dott.sa Marcegallia anche per voce del suo quotidiano e radio 24. E' necessario a breve un governo di larghe intese che comprenda anche l'appoggio dell'opposizione e dei tre principali sindacati. Anche perchè eventuali scontri di piazza potrebbero provocare ulteriore instabilità finanziaria e giudizi ulteriormente negativi di rating.
Non si può certamente dire che lo staff di Confindustria non abbia giocato in questi ultimi mesi una partita importante e con ottimi risultati. E' soprattutto riuscita a ottenere la distruzione del contratto nazionale attaccandolo da due fronti: con il governo e con l'accordo del 26 giugno firmato anche dalla segretaria CGIL Camusso, una firma che consentirà a Marchionne di rimanere in Confindustria, sempre che vorrà veramente continuare a produrre autovetture, e rimettere al proprio tavolo per “un alternativa in amor di patria”, la CGIL CISL e UIL,  Partito Democratico e opposizione di centro.
Questa è ancora una partita tutta da giocare soprattutto perchè esistono ancora due variabili incontrollabili e una imprevedibile. La prima rappresentata dalla Lega Nord e dalla minoranza radicale e sindacale interna ed esterna alla CGIL e l'altra da una “piazza antipartitica ed eterogenea” sempre più avvilita e stanca.

26/09/11
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