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Mondo lavoro » L’IMPEGNO A NON UCCIDERSI  

L’ultimo e recente suicidio alla Foxconn Technology sembra rendere vano…
…“L’impegno a non uccidersi”

di Ermanno Bugamelli

La Foxconn Technology Group ha sede a Taiwan ed è leader della componentistica mondiale. La semplice definizione di azienda, non consente di comprendere l’esatta dimensione di un autentico colosso industriale planetario. Il suo fondatore e Presidente Terry Gou, annovera alle sue dipendenze oltre 1,2 milioni di lavoratori di cui circa 1 milione, operante in tredici stabilimenti attivi sul territorio cinese. Il peso della Foxconn sul mercato non si misura solo dalla moltitudine elencata sul libro paga. Dalle sue fabbriche infatti fuoriesce il top dell’industria elettronica ed informatica mondiale: parti di Iphone e Ipad della Apple innanzitutto, ma anche una vasta gamma di mirabilie tecnologiche che vestono le grif di Amazon, Sony, Nokia, Nintendo, Microsoft, Dell…


Lo scorso 25 novembre dallo stabilimento Foxconn di Taiyuan, situato nella provincia settentrionale cinese dello Shanxi, perviene una notizia di tutt’altra natura: Li Rongying una dipendente ventenne, si è uccisa gettandosi dal quarto piano della fabbrica. Secondo le autorità la giovane donna avrebbe compiuto il tragico gesto a causa di una delusione sentimentale, ritenendo così attendibili le poche righe scritte lasciate dalla ragazza. Non è possibile stabilire se tutta la verità sulla sua morte è racchiusa in quelle parole. Un fatto però è inconfutabile: Li Rongying è la 15esima dipendente Foxconn che si toglie la vita in meno di due anni, di cui 14 nel solo 2010. Decessi ai quali occorre sommare un numero imprecisato di tentati suicidi che secondo le fonti, varia da alcune unità a diverse decine.

Ben dieci di queste morti e altri tentativi di suicidio, molti di giovane età, provenivano dal mega complesso industriale da oltre 400 mila dipendenti situato alle porte di Shenzhen, nella regione del Guandong, sud est della Cina. Medesima la dinamica che ha accomunato tutti i decessi, con i lavoratori lanciatisi nel vuoto dai piani alti degli stabilimenti. Allo stesso modo da Shenzhen, come dalle province del Henan, del Jiangsu, o del Hubei, si ripetono i drammatici racconti che filtrano dalle catene di montaggio Foxconn. Realtà dove la quotidianità è costituita di turni da 12 a 14 ore al giorno, per 6 o giorni la settimana o 7 nelle frequenti fasi di picco produttivo, con soli 30 minuti di sosta per il pranzo e pochi minuti spesso soggetti a lunghi slittamenti riservati ai bisogni fisiologici (ogni 2/4 ore), il tutto per una retribuzione annua che oscilla tra i 1000 e 2000 euro. Gli straordinari in pratica diventano obbligatori, anche se in molti li accettano per inviare quanto più è possibile alle lontane famiglie. Per ragazze/i ventenni o ancora adolescenti, le giornate tutte uguali si aprono con la sveglia dai locali dormitori, per proseguire con marce prolungate sino ad un’ora di cammino per raggiungere lo stabilimento, spostamento che all’interno di queste autentiche sub città mostro, spesso non prevede il servizio di trasporto. A fine giornata il rientro agli alloggi segue le stesse regole, ma ad attenderli stanze in cui dormono sino a 9 persone, provenienti da città diverse, con turni ed orari diversi. Le poche ore che separano i lavoratori dall’inizio del turno seguente, bastano appena per un sonno spesso angosciato dagli incubi o disturbato dal ciclo delle attività che mai si arresta nei “Campus Foxconn”.



PRIMO PRINCIPIO: PRODURRE SENZA SUICIDI
Negli stabilimenti vige un rigido regolamento disciplinare di stampo militare. All’ingresso dei cancelli della fabbrica, i dipendenti devono lasciare radio e cellulari, e durante il turno di lavoro è vietato parlare con i colleghi, sedersi o muoversi senza necessità lavorative, ascoltare musica, e soprattutto rallentare il ritmo. Persino nelle aree mensa i lavoratori devono osservare limitazioni continue, o nei dormitori dove ad esempio è proibito lavare gli indumenti.  Ogni infrazione è soggetta a multe e al rimprovero immediato con gogna pubblica da parte di inflessibili e rudi supervisori, a cui è proibito replicare. I ritmi in catena di montaggio sono asfissianti e gli operai, tra cui moltissime donne, vengono sottoposti alla esasperata ripetitività di gesti e movimenti. Da alcuni stabilimenti giungono denunce di extra time non retribuiti, oltre a disincentivi per l’utilizzo della pausa pranzo, e a informazioni scarse nell’utilizzo di sostanze tossiche. Produrre, produrre, produrre, quindi, alzo zero nell’abbattimento di ogni vincolo che limiti il “must”. Alcuni operai riescono ad assemblare in un giorno sino a 3000 Ipad, ma il prezzo per simili sforzi è elevato. La vita assume contorni alienanti, e giorno dopo giorno finisce con lo svuotarsi, priva di calore ed umana empatia, con rari occasioni di divertimento. Ciò nonostante, le misere condizioni economiche di vaste aree rurali della Cina, induce ancora oggi folle di giovani a compiere migrazioni di migliaia di chilometri per aggiudicarsi un posto alla Foxconn. Le necessità La solitudine figlia del forzato distacco dagli affetti, non fa che acuire un isolamento su cui grandi colossi come la Foxconn puntano per rendere i propri dipendenti succubi di un sistema che si arricchisce grazie al loro sfruttamento e alla sistematica privazione di diritti. Lo stress indotto da uno stato psico-depressivo assume i connotati di un male diffuso e totalmente inascoltato.

Al cospetto di un quadro simile, è possibile definire come drammaticamente surreale o cinicamente noir, una delle prime iniziative che la direzione Foxconn mette in campo per porre un freno all’incresciosa situazione e arginare la scia di suicidi. A tutti i dipendenti viene sottoposta una dichiarazione d’intenti con obbligo di firma, nella quale l’individuo si impegna a non farsi del male. Proprio così, una sorta di “promessa a non suicidarsi”. Le voci al riguardo ritenute infondate che sopraggiungevano dal pianeta Foxconn, a breve troveranno conferma in una foto pubblicata dal quotidiano Southern Metropolis Daily, una delle testate più attive nel giornalismo d’inchiesta e denuncia in Cina. L’immagine ritraeva un uomo che mostra una lettera su carta intestata aziendale dove viene espressamente richiesto ai dipendenti di non farsi del male, di denunciare ai superiori eventuali disagi, difficoltà o problemi, e che autorizzava la società a sottoporre a cure mediche tutti coloro che mostrassero un “comportamento mentale anormale”. Prendono il via colloqui e test psichiatrici a cui vengono sottoposti i soggetti a rischio e secondo alcune fonti, anche figure disturbatrici. Iniziativa che come ci illustra il nuovo e disperato gesto di Li Rongying, non ha sortito gli effetti sperati. Sull’altro fronte si avvia il percorso in salita della richiesta di risarcimento danni da parte dei parenti delle vittime: per la legge cinese un morto sul lavoro da diritto ad un indennizzo, un morto suicida no.

   

Iphone, Ipad, Ipod Touch, consolle Playstation e Nintendo, strumenti per il lavoro ed il divertimento, prodigi del nostro tempo proiettati nel futuro, icone della massima espressione dell’intelletto umano, vedono tutte la luce con dinamiche produttive arcaiche e sfruttatrici, imposte da un Governo rigidamente antidemocratico, e beneficianti dell’ipocrita sostegno di un occidente consumista, silente e ciecamente colpevole.

14 dicembre 2011

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