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Visti per Voi » Millennium - Uomini che odiano le donne  
MILLENNIUM – UOMINI CHE ODIANO LE DONNE
di Enrico Gatti


Regia: David Fincher
USA, 2011
Voto: 7 ½



Dopo Zodiac, 158 minuti, Il curioso caso di Benjamin Button, 159 minuti, e The Social Network, 120 minuti, David ‘Prolisso’ Fincher riassume in 160 minuti il primo capitolo della famosissima trilogia svedese del defunto scrittore Stieg Larrson. Negli ultimi anni l’arrivo al cinema dei grandi successi letterari è quasi un passo obbligato e, in questo senso, l’appuntamento con le storie di Millennium era più che prevedibile. Onnipresenti nelle classifiche dei titoli più venduti, con una fama seconda solo alla Dallas transilvanica di Twilight, questi libri hanno già ispirato tre film, di madre svedese, nell’insieme piuttosto mediocri. Accantonata la buona volontà degli europei, Hollywood riapre il caso Larrson mettendo sul tavolo un budget da Parco della Vittoria e impartisce una grande lezione sul cinema blockbuster. La factory d’oltre oceano non si accontenta di un prodotto facilmente (s)vendibile, cerca invece la giusta miscela fra un cinema commerciale ed uno più autoriale affidando il progetto ad un grande regista capace di mischiare alla perfezione questi due elementi: David Fincher. Il risultato è un cinema personalissimo ed inaspettatamente coraggioso, proprio dove non ci si aspettava niente di tutto questo. Millennium è un film che piace, ma che non è fatto solo per piacere. La creatura di Fincher è curata e potente, ricercata e accattivante, che vive di vita propria e di una maestosa solidità. Un film di alto livello che vede però il suo punto debole proprio in quella storia tanto osannata dai lettori. A Differenza dei personaggi, delineati alla perfezione e interpretati magistralmente, la trama lascia troppe domande. Fossimo in un'altra cornice lo si darebbe per scontato, ma qui la completezza (e profondità, anche psicologica) del mondo che viene creato si scontra con una vicenda tutto sommato banale, fintamente intricata, anzi solamente illogica. Alla fine è sempre la solita favoletta dello psicotico che uccide, un po’ per gioco un po’ per follia, seguendo un schema strampalato e di un po’ di gente che per vari motivi tenta di ricostruire il suo Curriculum-Morte grazie ad indizi troppo numerosi sparsi lungo un percorso prevedibilmente fortunoso. Insomma nulla di nuovo sotto il sole, anche se il sole è quello gelido della plumbea Svezia.
Ciò che rimane è comunque un film godibile, al di sopra dei 14 anni, e piuttosto ben fatto, con quel po’ di violenza da cinema che sullo schermo non guasta mai.

Anche per chi non ha visto e non vedrà il film, sono assolutamente da recuperare i titoli di testa; potrebbero rientrare nella classifica dei migliori titoli mai realizzati, sia per le immagini che per la musica (cover di Immigrant Song dei Led Zeppelin firmata da Trent Reznor).

Nota di merito a parte per Rooney Mara, splendida nel ruolo di Lisbeth, Oscar mancato.




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