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Visti per Voi » Django Unchained  
DJANGO UNCHAINED
di Enrico Gatti

Regia: Quentin Tarantino
USA, 2013
Voto: 8 ½


Continua la personale crociata di Quentin Tarantino contro le grandi ingiustizie della storia. Dopo i nazisti, questa volta a rimetterci le penne sono gli schiavisti del sud degli Stati Uniti. Django, uno strepitoso Jamie Foxx, è un ex-schiavo che lavora con un cacciatore di taglie. I due arriveranno alla tenuta di Candyland al fine di liberare la moglie di Django, ancora proprietà del terribile Calvin Candie.
Ricordando e omaggiando gli spaghetti-western di Leone, Corbucci, Petroni e tanti antri, Tarantino dimostra però di essere sempre oltre i semplici generi cinematografici. Il suo stile eccentrico e personalissimo rimane inclassificabile, i suoi dialoghi unici, il suo gusto per il comico e il grottesco insuperabile.
Fin dalle prime scene del film non mancano occasioni per ridere. Le movenze di Waltz, le sparatorie improbabili e l’irresistibile scena dei cappucci (molto Monty Python) sono il ‘tarantino puro’ che trasforma un genere in declino come il western in un’opera di Serie A irresistibile anche ai non amanti del genere.
Lo svolgimento del plot è piuttosto lineare e ampi sono i momenti di digressione. Assaporare ogni momento di pellicola nella sua bellezza e tutta la forza dell’illusione che è in grado di creare. Il ritmo incalza, i personaggi si affrontano in un ‘duello di comparse’ ognuno rubando il ruolo di protagonista all’altro, ognuno in cerca del proprio posto nel cuore del pubblico. A perdere in questo confronto è sicuramente DiCaprio, penalizzato da una sceneggiatura che gli affida la parte più lenta del film, ma anche incapace di mettere a segno una performance alla pari degli altri protagonisti, Waltz e Jackson in testa.
Quasi tre ore di puro cinema, di battute spassose ed efferati omicidi, che non trovano però un degno epilogo. La scelta anti-tarantiniana di rallentare il climax finale, spezzandolo in ben tre momenti distinti, ciascuno affidato al proprio crescendo, non regala allo spettatore la solita liberazione di adrenalina tipica delle pellicole precedenti; basti pensare ai finali di Bastardi senza gloria, di Kill Bill o anche solo al parzialmente dimenticato Grindhouse.
D’altronde questo Tarantino è un Tarantino in evoluzione, sta sperimentando fuori dai film a basso costo, inglobato per il momento dal sistema delle grandi produzioni. Fino a quando però sarà così chiaro e deciso il suo marchio di fabbrica i fan non potranno che rimanere assolutamente soddisfatti. 

 

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