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Lettera a … Walter Veltroni

Caro onorevole le scrivo….nonostante so che forse non mi risponderà. E questo me ne dispiace, soprattutto perché scrivere e chiedere a lei alcune doverose precisazioni senza averne risposta, riduce il dibattito, la possibilità di interagire nel bene di tutti. Del resto, non posso pretendere troppo da lei, visto questa campagna elettorale è estremamente corta e densa di appuntamenti.

Ho seguito con attenzione il suo avvio di campagna elettorale a Spello. Forse incuriosito non tanto da quello che avrebbe detto ma di quello che avrebbe omesso. Un “non dire” non certamente figlio della nuova organizzazione politica da lei capeggiata ma da quella da cui proviene. Il “non dire” che per la prima volta ha un significato fondamentale. Preciso e diretto. Un messaggio di rottura definitiva con ciò che è stato per quello che invece sarà.

Credo e mi corregga se sbaglio, che quello che non ha detto sulla politica di sinistra, con i suoi principi e dogmi, è perché non esiste. Ovvero, non è contenuto nel programma del suo partito. Altri sono i valori oggi esaltati. Parole e progetti sino a pochissimi anni fa, impensabili.

Non c’è da stupirsene, del resto erano anni, da quel fatidico 1989, che attendevate con ansia il momento giusto di scrollarvi di dosso l’anatema di comunisti. Un processo lento che a piccole dosi ha assuefatto il vostro elettorato.La vostra trasformazione del resto, non è stato caratterizzato da un passaggio culturale radicato ed elaborato ma da un ordine che dai vertici, come un assioma, si è distribuito alla massa lavoratrice delle feste dell’Unità. Sono i fatti che lo confermano è l’evoluzione, o involuzione, del suo simbolo ne rappresenta la conferma. Da PCI, con tanto di falce e martello a sfondo rosso, a PDS con quercia e simbolo comunista deposto, solo ed abbandonato, sulle sue radici. In seguito il passaggio a DS, avvenuta con la morte degli antichi ed incrociati strumenti di lavoro e la nascita al suo posto, della rosa del socialismo europeo. Non dimentichiamo il ramoscello d’Ulivo di cattolica bandiera, giusto preludio di un PD tricolore. Come la bandiera di tutti gli italiani.

Di quest’ultimo passaggio, credo che la sinistra in futuro la ringrazierà. Anche se ora si sente afflitta ed abbandonata, come una moglie lasciata dal marito che per tanto tempo aveva servito e amato, forse riuscirà anch’essa a liberarsi dalla prigionia della responsabilità di “far vincere la destra”.

Forse onorevole, nel suo concetto di democrazia rappresentativa costruita senza piccoli partiti, una sinistra “unica” non può che farle piacere. Finalmente così potrà urlare al paese “noi non siamo la sinistra, non siamo il centro ma, siamo il nuovo per l’Italia”. Peccato che dopo la sua annunciata e trionfalistica univocità, ha subito smentito prendendo nella sua coalizione, non solo i Radicali ma anche i Di Pietro con tanto di simbolo. Un errore, soprattutto per quanto riguarda i Radicali, che pagherà a caro prezzo.

Non più sinistra quindi. Ed è proprio in questa chiave di lettura, che attribuisco al suo augurio alla Sinistra Arcobaleno durante la presentazione a Roma, del programma. Un saluto all’amico di tante battaglie Fabio Mussi, che mirava a sottolineare ancora una volta, che “da oggi, noi siamo altro”.

Infatti, altro siete. Nessuno può negarvelo. Dalle nuove parole e slogan elettorali, in parte scimmiottate alla campagna elettorale del Partito Democratico Americano, ai principi base espressi nel suo programma. I 12 punti fondamentali. Chiari e precisi, come il “Patto con gli Italiani” di berlusconiana fattura.

Davanti a quella platea, l’ho ascoltata con attenzione e ho sentito e capito, che qualcosa in quel momento stava davvero accadendo.

La rivendicazione fiera del nostro appoggio alla missione in Afghanistan e all’esaltazione dell’uso degli eserciti per portare la pace nel mondo, mi è sembrato il primo laccio tagliato. Un taglio che ora più che mai, sta grondando sangue. Un azione questa, mi spiace dirglielo, che non solo insulta la nostra costituzione ma rivendica il diritto di intervenire in nome di un patto con gli Americani, ovunque essi lo chiedano. Una fedeltà verso quella NATO che ci “deve vedere protagonisti ed indipendenti nelle nostre decisioni” ma che in realtà è solo una bugia.

Basti ricordare quanto fatto pochi giorni addietro, con il riconoscimento immediato e non necessario, data la caduta del governo, dell’indipendenza del Kossovo. Un riconoscimento che farà molto bene ai nostri possibili rapporti futuri con gli Stati Uniti ma male alla nostra Europa. Queste, sono le stesse decisioni che vanno prese, come da lei spiegato in occasione del primo punto del suo programma, senza veti incrociati. Soprattutto quando si parla di tutela ambientale. “Un principio che però non può e non deve impedire il giusto sviluppo del paese”. Verrebbe allora da chiederle che tipo di sviluppo vuole il suo PD, dato che considera il progetto TAV come principale fonte d’innovazione del trasporto ferroviario locale, nonostante nei paesi dove questa esiste già, prima hanno potenziato, per pericolo di collasso, la rete locale e poi l’Alta Velocità? .

Anche il suo giudizio sulla globalizzazione, come panacea contro i localismi e utile al rafforzamento dei popoli uniti in Europa. Mi sembra un assurdo. Dato soprattutto che si basa essenzialmente su scambi commerciali tra stati che scrivono le regole e sistematicamente le violano spudoratamente. In una cosa sola sono sempre concordi, nella repressione di chi non vuole accettare sorridendo questa progressiva perdita di democrazia e di diritti degli uomini.

Mi spiace, onorevole Veltroni, una seria cooperazione tra i popoli non si costruisce con leggi atte a tutelare i rapporti commerciali. I popoli non sono prodotti da vendere o comprare in un supermercato Coop.

Un esaltazione del multilatralismo che attraverso le moratorie dell’ONU aumenterebbe la tutela dei diritti umani. Come in Palestina o Darfur dove soluzioni approvate dall’ONU non vengono neanche prese in considerazione mentre la gente muore ai piedi delle truppe dai caschi blu.

Ma tornando nel nostro paese, devo ammettere che mi hanno molto interessato, le sue proposte riguardo la realizzazione di case popolari, asili nido corredati da assegno minimo di 2500,00 euro e minimi salariali garantiti. Come quelle riguardanti le riforme dell’ordinamento dello stato che vede ridotta l’iter d’approvazione delle leggi e dei parlamentari.

Lo stesso interessamento che mi hanno suscitato quando furono proposte già nel lontano 1994 dall’allora neonato Partito della Rifondazione Comunista. Manca però, allora come oggi, per entrambi, il problema del recupero dei fondi destinati alla loro realizzazione.

Sulla costruzione delle case popolari ed asili, le vorrei ricordare che furono proprio le giunte e i governi amministrate dal PDS a dal centro sinistra, che per primi smobilitarono l’Istituto Case popolari vendendo poi gli immobili agli inquilini a cifre irrisorie. Gli stessi che ridussero drasticamente i finanziamenti destinati alla realizzazione di asili nido e alla collocazione dei bambini in esubero nelle strutture private convenzionate. Per non parlare poi dei diritti di superficie e terreni demaniali vendute ai privati per bilanciare i traballanti bilanci comunali e statali.

Chi dovrebbe dunque pagarle queste nuove strutture?

Qui purtroppo, sono costretto, non me ne voglia, a riallacciarmi alla sua frase “lavoratori ed imprenditori insieme”. Se crede davvero in questo, allora ridia ai lavoratori un posto di lavoro sicuro e il potere d’acquisto che gli è stato negato da oltre dieci anni. Un potere che non può essere coperto, come riportato tra quei dodici punti, attraverso l’aumento della produttività che tradotta per la maggior parti degli imprenditori italiani, significa aumento del tempo di lavoro e abbassamento del costo della manodopera. E non ristrutturazioni tecnologiche finanziate dallo stato, come lei prevede. Alla faccia della ridistribuzione del reddito. Per questo, se imprenditori e lavoratori possono stare veramente insieme, non credo che quei progetti prenderanno mai forma se non attraverso un ulteriore tassazione diretta dei lavoratori salariati.

Come l’operazione riguardante alla rottamazione della autovetture. A Roma lei ha esclamato:”… è giunto il momento di non rottamare più le macchine, ma il petrolio”. Un’altra affermazione di mancata lungimiranza, caro Veltroni, che non ha ottenuto altro che il risultato, negli anni passati, di trasferire ingenti somme dei cittadini nelle tasche delle case costruttrici. Le stesse che oggi dichiarano, con l’aiuto del Governo di Centro Sinistra, superate e da sostituire auto acquistate appena tre anni fa, a somme assurde. Dove sta in tutto questo la lungimiranza di un sistema equilibrato e futuribile?

Il futuro è donna, sembra esprime in alcuni suoi passaggi. Un futuro di donna che lei difende come la legge sull’aborto, perché “non argomento di campagna elettorale”. Un futuro che vede, non una ridistribuzione degli orari che miri alla progressiva liberazione della donna o dell’uomo per dedicarsi al bene dei propri figli, ma a una liberazione dalle fatiche quotidiane, attraverso la liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali, degli asili nidi ecc.

Perdoni la mia ingenuità ma, chi ha intenzione di collocare in questi posti di lavoro? Robot o esseri umani con tanto di famiglia? Il principio liberiamo dalle fatiche alcuni grazie alla fatica di altri non mi sembra una grande soluzione.

Mi perdoni se mi sono dilungato a lungo e non riesco ad affrontare tutti i punti da lei enunciati come quello sulla giustizia o sulla sicurezza dei cittadini che, le ricordo, lei e il suo partito non ha certamente aiutato con le sue affermazioni contro tutti i Rumeni, senza distinzione, quando era ancora sindaco di Roma e il voto sull’indulto.

Vede, non me ne voglia se non mi interessano particolarmente i problemi delle “città cablate” o della “banda larga per tutti i cittadini per una tv migliore e libera dall’influenza dei partiti”, o dilemmi come l’intercettazione telefoniche, che a lei e a tutti i politici in genere sembra interessare molto. Non mi interessano perché credo, che non interessino nemmeno a quelle famiglie di italiani che stentano ad arrivare a fine mese; che continuano a non trovare un alloggio e un posto all’asilo per i propri figli che a loro volta adulti, non troveranno un lavoro stabile o una pensione degna di essere chiamata tale.

Vede, onorevole Veltroni, se mai riuscisse a vincere le elezioni, le chiedo di non dimenticare questa mia affinché, tra cinque anni io possa scriverle di nuovo iniziando con i complimenti per il giusto e onesto lavoro svolto.

Modena, 28/2/07

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