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Alkemia International » La fiaccola della contestazione  
LA FIACCOLA DELLA CONTESTAZIONE
Di Linda Pastorelli

Due enormi striscioni appesi al simbolo per eccellenza di San Francisco, il Golden Gate, come sostegno alla lotta tibetana e contro la prepotenza cinese "One World, One Dream, Free Tibet" (un mondo, un sogno, Tibet libero). Disordini a Londra. Arresti e scontri a Parigi. La torcia olimpica spenta due volte e portata via su un autobus. Migliaia di persone pronte a manifestare in ogni angolo del pianeta contro l'oppressione del popolo tibetano e a fermare, in un modo o nell'altro, la tradizionale staffetta di tedofori al grido di “Tibet Libero, libertà per il popolo tibetano”. Dichiarazioni preoccupate della Comitato Olimpico Internazionale. Assenze illustri come quella del presidente francese Nicolas Sarkozy, che è tra i più convinti promotori di un boicottaggio della cerimonia d’apertura dei Giochi di Pechino 2008 (le alleanze in questo particolare frangente sono da considerarsi trasversali e di difficile collocamento). Feriti, arresti, manganellate, morti. Questa è la situazione in vista dei giochi olimpici. E la Repubblica Popolare Cinese cosa fa?

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Nulla, se ne strafrega.

Da grande potenza, in piena crescita economica, e quindi in piena espansione anche nei giochi di forza dello scacchiere mondiale, la Cina non ha nessuna intenzione di mollare la presa, tanto meno davanti ad una platea di respiro mondiale, come quella che sta seguendo le vicende degli ultimi giorni. Pechino vuole fare il buono ed il cattivo tempo, come peraltro ha imparato a fare da tante altre grandi nazioni economicamente intoccabili, e quindi anche politicamente invincibili (il riferimento agli Stati Uniti è più che palese). Ho sempre fatto fatica a capire questi giochi di forza, o forse semplicemente ad accettarli. Non sono sufficienti centinai di morti - anche se naturalmente Pechino ne ammette al massimo una ventina, rivolte ovunque, una reputazione a livello mondiale ai minimi storici (la reputazione è comunque una cosa completamente differente dagli affari, che di certo non si fermeranno per qualche morto di poco interesse e di difficile quantificazione in Borsa), per costringere i capi di uno Stato a ritornare sui propri passo e a ripensare alle proprie posizioni.

Cosa importa far vedere chi ha la testa più dura? Cosa importa calcare l'idea che 'qualche' povero ed inutile manifestante voglia sfruttare un palcoscenico internazionale come quello delle olimpiadi per ribadire la lotta e la sofferenza di un popolo oppresso ormai da troppo tempo? Chi parla di politicizzazione di un evento sportivo commette un errore madornale. Le olimpiadi dal 21esimo secolo non possono più essere considerate un evento sportivo ma massmediatico - in cui sponsor ultramilionari, media e multinazionali, si dividono la torta - contornato da eventi sportivi di vario tipo. Ho sempre amato le olimpiadi, le gare appassionanti, i record e via dicendo, ed ho sempre aspetto l'arrivo di questa manifestazione, ma davanti all'urlo di libertà di un popolo che rivendica i propri diritti credo che sia doveroso togliersi il cappello, aprire le orecchie e dare un valore diverso alle cose.

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