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New.gif SAHARAWI ALLA SCOPERTA DI UN POPOLO DIMENTICATO
(Diario di viaggio di Mirca Garuti)

5°Giorno

Rabouni

Questa mattina raggiungiamo a piedi la scuola del campo “27 Febbraio” (Centro Nazionale di Formazione). Nella sala riunioni, incontriamo la direttrice Fathama che ci relaziona sulla storia della scuola. L’obiettivo del Centro, costruito nel 1978, è quello di rendere, il più possibile, autonoma la donna saharawi. Ogni anno, infatti, circa milleseicento donne, a partire dai sedici anni, frequentano la scuola.  La formazione si basa sull’insegnamento di tutti gli aspetti della vita militare e sociale. La preparazione comprende anche vari corsi che riguardano la sanità, l’economia, l’informatica ed oggi anche la scuola guida.
“Ci stiamo preparando, - conclude Fathama - al nostro ritorno in patria e, quando questo avverrà, tutti devono essere preparati”.
Varie strutture compongono il Centro: due asili per bambini (da uno a tre e da tre a sei anni), una scuola elementare (dal 1° al 6° grado), un ospedale con accettazione, un dispensario, una farmacia, una sala per campagne di prevenzione sanitaria, un museo della storia saharawi, un centro di produzione dell’artigianato (tappeti e stoffe), un centro culturale, una sede d’unione donne, un centro internet, un’aula informatica, un ristorante ed una scuola guida.


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La scuola riunisce tutti i quattro quartieri e la formazione è totalmente gratuita. Le wilaya  hanno il compito di monitorare le varie esigenze e necessità. Ogni anno, infatti, segnalano  i bisogni ed i corsi necessari. Il percorso formativo ha dei tempi diversi secondo la materia d’insegnamento: servono circa due mesi per la scuola guida, un anno invece per il cucito ed i tappeti.
Una parte delle spese per il mantenimento del centro è coperta dalla vendita dei beni prodotti dalla cooperativa delle donne (stoffe, tappeti ed artigianato).
I responsabili del centro sono nominati dai diversi ministeri, mentre il consiglio è eletto direttamente dai cittadini dei sei comuni della Daira.

Nel Centro Nazionale delle Donne Saharawi, situato sempre all’interno della scuola, incontriamo la Segretaria Generale dell’Unione Donne, Fatima, che ci spiega la sua funzionalità.
Oltre alle normali aule d’insegnamento,  troviamo anche una sala d’educazione artistica, di musica-trucco-spettacolo  ed una biblioteca, con libri in inglese e arabo. Questa è la sede nazionale dove si decide il programma di formazione per  le donne di tutti i campi.  
L’Unione Donne ha sedi anche a livello regionale, territoriale (di quartiere) per dare la possibilità a  tutte le donne di avere così,  accesso ai corsi.
A livello decentrato si organizzano corsi d’alfabetizzazione, partecipazione politica, valorizzazione del ruolo della donna, corsi di lingua, campagne di prevenzione sanitaria verso la salute e la cura del bambino. Nelle scuole si apprende la capacità di vivere insieme ed il valore della democrazia.
In ogni sede c’è il bagno turco e la sala per il trucco, per incentivare, così, la donna a socializzare con le altre.
Vari progetti sono, attualmente, in corso di valutazione, come per esempio, quello riguardante le cooperative di lavoro. Si sta cercando, infatti, attraverso le sedi decentrate, di creare cooperative  di produzione di beni: stoffe per la casa, abiti, tappeti e commercio di prodotti alimentari. La mancanza di un mercato però, crea molte difficoltà e per questo, sono in corso ricerche per trovare un mercato esterno al quale offrire i prodotti delle cooperative.
Altro obiettivo da raggiungere è quello di formare alcune donne, che già lavorano ed insegnano nelle cooperative esistenti, perché siano in grado di diffondere il loro sapere, andando direttamente nelle case delle altre donne.
Gli organi elettivi sono rinnovati ogni cinque anni, attraverso un congresso. Tutte le donne iscritte pagano una cifra simbolica che varia secondo gli incarichi ricoperti: a livello centrale un euro il mese, a livello regionale 0,50 e a livello locale da 0,20 a 0,10.
Il denaro raccolto viene depositato, quindi,  in una cassa comune ed utilizzato secondo le decisioni prese di comune accordo.
Fatima, infine, termina la sua relazione parlandoci del programma di microcredito delle cooperative. La prima fase prevede, innanzitutto, la conoscenza, attraverso campagne informative, del sistema di microcredito e la formazione del personale preposto alla sua realizzazione. La fase successiva, invece,  comporta la realizzazione di corsi di preparazione tecnica per le beneficiarie del microcredito. I progetti devono essere presentati da un gruppo solidale di donne, da un minimo di cinque ad un massimo di dieci. Gli enti responsabili dovranno poi valutare tali progetti per verificarne sia il beneficio che il costo. Le attività finanziate riguardano i settori dell’agricoltura, del tessile, del commercio e dell’artigianato. Il fondo, inizialmente di 20.000 euro, è stato attivato da un’associazione dei paesi baschi.  I primi 10.000 euro sono stati spesi per la formazione, le campagne ed assistenza tecnica. Il credito minimo concesso è di 200/400 euro fino ad un massimo di 1000 euro, erogato ogni tre mesi. Il periodo di restituzione è concordato tra le parti (minimo 12 mesi). Mensilmente, quindi, viene sempre restituita una parte del credito concesso. Il tasso d’interesse applicato è del 0.75%, ma purtroppo, non copre tutti i costi di gestione. I crediti richiesti, ad aprile 2008, sono stati ventinove, da un minimo di 400 ad un massimo di 1000 euro per ogni gruppo, distribuendo così duemilacinquecento euro di fondi. La quota interessi non comprende il costo degli stipendi  delle donne che lavorano sui progetti.
Non possiamo che essere sbalorditi di fronte ad un’organizzazione così capillare e moderna, portata avanti con tanta determinazione e speranza, da un popolo scacciato dalla sua terra.
Unico consiglio che osiamo dare è quello di aumentare il tasso d’interesse per poter avere così un maggior equilibrio dei costi e un margine più ampio, come risparmio, delle donne della cooperativa.

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Terminate queste prime visite, con sorpresa, siamo invitati a pranzo in un ristorante. Con questo gesto d’ospitalità, hanno dimostrato che, nonostante la loro drammatica situazione, sono in grado di offrire un pranzo vario e completo. Sono persone dignitose che cercano di reagire, in modo positivo, al loro destino.

Le mete del pomeriggio sono due: il nuovo ospedale provinciale di Smara, Bachir Lehlaui e la Casa delle Donne.
L’ospedale è stato realizzato grazie al contributo della Regione Emilia Romagna, provincia di Rimini ed altre associazioni. La sua particolarità è data dalla scelta di utilizzare pannelli solari, installati da una ONG spagnola, per alimentare l’energia necessaria.
Ospita i reparti di medicina, chirurgia, pediatria, pronto soccorso, ginecologia, sala parto, oculistica, laboratori per analisi e ventotto letti per la degenza.
Operano tre medici e dieci infermieri.

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Proseguiamo verso la Casa delle Donne di Smara. Lungo il tragitto ci fermiamo ad un centro di distribuzione alimentare. All’interno di un grande cortile, troviamo moltissime donne e bambini, seduti per terra, che aspettano di ricevere la loro razione di cibo offerta dagli aiuti internazionali. Il nostro arrivo non passa inosservato e, scesi dall’auto, siamo circondati da bambini curiosi e sorridenti. Risaliamo sul fuoristrada e, poco dopo, obblighiamo l’autista a fermarsi per scattare alcune fotografie a cinque uomini che, seduti per terra all’ombra, stanno giocando a “dama”. Non si sa se, siamo noi i più curiosi, oppure loro, che meravigliati, ci guardano, mentre continuiamo a scattare.

Siamo attratti dai colori, dalla luce, dai loro volti espressivi e dalla loro disarmante calma ed apparente serenità.

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Arriviamo a destinazione.


Il centro, alimentato da pannelli solari, è stato realizzato nel 2006. Vi sono impiegate stabilmente trentaquattro donne. Oltre alle normali attività didattiche, si realizzano anche corsi di lingua italiana e spagnola. Ogni anno circa settanta donne ricevono  una formazione in varie specializzazioni.

Il centro ha una sua caratteristica:  la realizzazione di un giornale locale!
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Adiacente alla casa della Donna, c’è il “Centro Regionale dell’Artigianato”, dove gli artigiani si dedicano alla lavorazione di vasellame (teiere), di bigiotteria (anelli) ed articoli vari locali.

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Sulla strada del ritorno, non possiamo non fermarci  alla casa del referente locale dei progetti della Regione Emilia Romagna, Limam El Hassan, che risiede proprio a Smara.
La sosta è breve, il tempo di un saluto alla moglie e figli, il tempo di gustare un dolce thè e di nuovo in cammino verso casa…………

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Continua …
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