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VOLI E SPRECHI

Trucchi e segreti della casta volante

Politici, manager, calciatori. La saga della compagnia. Anche una commissione a 8 per scegliere i nomi degli aerei

ROMA — C'era una volta una compagnia aerea che perdeva 25 mila euro l'anno per ognuno dei suoi dipendenti. Che aveva 5 (cinque) aerei cargo sui quali si alternavano 135 (centotrentacinque) piloti. Che arrivò ad avere un consiglio di amministrazione composto di 17 poltrone: tre per i sindacalisti e una assegnata, chissà perché, al Provveditore generale dello Stato, l'uomo incaricato di comprare le matite, le lampadine e le sedie dei ministeri.

Che istituì perfino una commissione di otto persone per decidere i nomi da dare agli aeroplani:BUSSO e si possono immaginare i dibattiti fra i sostenitori di Caravaggio e quelli di Agnolo Bronzino. Che in vent'anni cambiò dieci capi azienda, nessuno uscito di scena alla scadenza naturale del suo mandato. E che negli ultimi dieci anni ha scavato una voragine di tre miliardi chiudendo un solo bilancio in utile, ma unicamente grazie a una gigantesca penale che i preveggenti olandesi della Klm preferirono pagare pur di liberarsi dal suo abbraccio mortale.

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C'era una volta, appunto. Perché una cosa sola, mentre scade l'ultimatum di Augusto Fantozzi, è certa: quella Alitalia lì non c'è più. La corsa disperata di cui parlò Tommaso Padoa-Schioppa quando ancora confidava di poter passare la patata bollente ad Air France, dicendo di sentirsi come «il guidatore di un'ambulanza che sta correndo per portare il malato nell'unica clinica che si è dichiarata diposta ad accettarlo», è comunque finita. E con quell'ultimo viaggio, fallito in modo drammatico, si è chiusa un'epoca. Con un solo rammarico: che la parola fine doveva essere scritta molti anni prima. Se soltanto i politici l'avessero voluto.

Già, i politici. Ricordate Giuseppe Bonomi? Politico forse sui generis, leghista e oggi presidente della Sea, ora ha chiesto all'Alitalia 1,2 miliardi di euro di danni perché la compagnia ha deciso di lasciare l'aeroporto di Malpensa. Anche lui è stato presidente dell'Alitalia: durante la sua presidenza la compagnia prossima ad essere «tecnicamente in bancarotta», per usare le parole del capo della Emirates, Ahmed bin Saeed Al-Maktoum, sponsorizzò generosamente i concorsi ippici di Assago e piazza di Siena. Alle quali Bonomi, provetto cavallerizzo, partecipò come concorrente. Ma senza portare a casa una medaglia. Ritorno d'immagine? Boh.

E ricordate Luigi Martini? Ex calciatore della Lazio, protagonista dello storico scudetto del 1974, chiusa la carriera sportiva diventò pilota dell'Alitalia. Poi parlamentare e responsabile trasporti di Alleanza nazionale: ma senza smettere mai di volare. Per conservare il brevetto gli fu concesso di mantenere anche grado e stipendio. Faceva tre decolli e tre atterraggi ogni 90 giorni, quando gli impegni politici lo consentivano, pilotando aerei di linea con 160 passeggeri a bordo. Inconsapevoli, probabilmente, che alla cloche c'era nientemeno che un parlamentare in carica. Questa sì che era degna di chiamarsi italianità. In quale altro Paese sarebbe stato possibile?

Domanda legittima anche a proposito di quello che accadde nel 2002, quando con la benedizione di Claudio Scajola venne istituita una linea quotidiana Alitalia fra Fiumicino e Villanova D'Albenga, collegio elettorale dell'allora ministro dell'Interno. Numero massimo di passeggeri, denunciò il rifondarolo Luigi Malabarba, diciotto. Dimesso il ministro, fu dimessa anche la linea. Ripristinato il ministro, come responsabile dell'Attuazione del programma, fu ripristinato pure il volo: in quel caso da Air One, con contributi pubblici. Volo successivamente abolito dopo la fine del precedente governo Berlusconi e quindi ora, si legge sui giornali, riesumato per la terza volta.

Ma politici e flap in Italia hanno sempre rappresentato un connubio spettacolare. Lo sapevano bene i 9 sindacati dell'Alitalia, che non a caso nei momenti critici, ha raccontato al Corriere Luigi Angeletti, regolarmente pretendevano di avere al tavolo il governo, delegittimando la controparte naturale, cioè l'amministratore delegato. E i ministri regolarmente si calavano le braghe. Forse questo spiega perché mentre tutte le compagnie straniere, alle prese con le crisi, tagliavano il personale e riducevano i costi, all'Alitalia accadeva il contrario.

Nel 1991, dopo la guerra del Golfo, si decisero 2.600 prepensionamenti. Poi arrivò Roberto Schisano, che diede un'altra strizzatina, e i dipendenti scesero nel 1995 a 19.366. Armato di buone intenzioni, Domenico Cempella nel 1996 li portò a 18.850. Nel 1998 però erano già risaliti a 19.683. L'anno dopo a 20.770. E nel 2001, l'anno dell'attentato alle Torri gemelle di New York, si arrivò a 23.478. Poi ci si stupì che per 14 anni, fino al 1999, fosse stato tenuto in vita a Città del Messico, come denunciò l'Espresso, un ufficio dell'Alitalia con 15 dipendenti, nonostante gli aerei avessero smesso di atterrare lì nel lontano 1985. Come ci si stupì che gli equipaggi in transito a Venezia venissero fatti alloggiare nel lussuoso Hotel Des Bains del Lido, con trasferimento in motoscafo. O che per un intero anno (il 2005) la compagnia avesse preso in affitto 600 stanze d'albergo, quasi sempre vuote, nei dintorni dell'aeroporto, per gli equipaggi composti da dipendenti con residenza a Roma ma luogo di lavoro a Malpensa. Per non parlare della guerra sui lettini per il riposo del personale di bordo montati sui Jumbo, al termine della quale 350 piloti portarono a casa una indennità di 1.800 euro al mese anche se il lettino loro ce l'avevano. O dell'incredibile numero di dipendenti all'ufficio paghe del personale navigante, che aveva raggiunto 89 unità. Incredibile soltanto per chi non sa che gli stipendi arrivavano a contare 505 voci diverse.

Tutto questo ora appartiene al passato. Prossimo o remoto, comunque al passato. Della futura Alitalia, per ora, si conosce soltanto il promotore: Compagnia aerea italiana, Cai, stesso acronimo di un'altra Cai, la Compagnia aeronautica italiana, la società che gestisce la flotta dei servizi segreti. E le cui azioni, per una curiosa e assolutamente casuale coincidenza, sono custodite nella SanPaolo fiduciaria, del gruppo bancario Intesa SanPaolo, lo stesso che supporta la cordata italiana per l'Alitalia.

Sergio Rizzo
Corriere della Sera - 12 settembre 2008


IMMIGRATO MUORE NEL CPT DI TORINO.I COMPAGNI “NON E’ STATO SOCCORSO”

Tratto da “La Repubblica” on line del 25.05.08

Era da dieci giorni nel centro di permanenza Brunelleschi

Il prefetto:"È deceduto per malattia, aveva la polmonite"

Niccolò Zancan

TORINO - Per indicare il punto esatto in cui è successo, i ragazzi magrebini dietro alle sbarre, passandosi un telefonino di mano in mano, spiegano: "Zona rossa, cella numero 2". Lì, ieri mattina alle 8, è stato trovato morto Hassan Nejl, nato Casablanca il 27 marzo 1970, trattenuto da dieci giorni al Cpt con un decreto di espulsione firmato dal questore di Padova. "Era nel suo letto con la schiuma alla bocca - raccontano - abbiamo urlato tutta la notte per chiamare i soccorsi, ma non è venuto nessuno. L’hanno trattato come un cane".

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Di sicuro non poteva esserci inaugurazione più tragica per il nuovo Centro di permanenza temporanea di Torino. Stessa area, ma ingresso diverso su via Mazzarello. Costato 12 milioni di euro per la prima metà dei lavori, in muratura, più civile e più sicuro, nelle intenzioni della
Prefettura, era entrato in funzione in gran segreto lunedì mattina. Doveva essere un periodo di rodaggio. Sessanta persone trattenute, che diventeranno 130 a lavori ultimati. Ma dopo cinque giorni è successo quello che non era mai capitato nei nove anni di gestione precedente.

Il prefetto Paolo Padoin è stato avvisato quasi subito: "I primi riscontri hanno stabilito che quel ragazzo è morto per una malattia - spiega - forse una polmonite. So che era stato visitato da un medico della Croce Rossa nel primo pomeriggio di venerdì. Se ci fossero state davvero delle omissioni di soccorso durante la notte, ma è un fatto ancora tutto da accertare, toccherà alla magistratura chiarire eventuali responsabilità". E’ già stata disposta l’autopsia.

Ora al Cpt non ci sono più i vecchi container di lamiera. Le gabbie che delimitano le varie zone sono nuove ma altrettanto alte. Hassan Nejl è morto in una camerata da sei posti, appena dipinta di giallo, con due bagni e una doccia. Vicino a lui, fino all’ultimo, è rimasto Mohammed Alhuiri, 25 anni, iracheno: "Per tutta la giornata di venerdì stava malissimo. Si lamentava. Non si reggeva in piedi. Aveva la febbre alta, mi ha persino chiesto di toccargli la fronte perché sentissi anch’io".
Alle 3 è stato visitato dal medico di guardia, nell’infermeria della Croce Rossa. "Ma forse pensavano fosse una cosa leggera o non gli hanno creduto - racconta Alhuiri - perché gli hanno dato una medicina, se ho capito bene un antibiotico, senza nemmeno verificare se potesse essere allergico. Hassan era tossicodipendente, prendeva il metadone, aveva problemi, stava ancora male. Eppure non hanno voluto più saperne di lui. L’hanno lasciato solo. L’hanno trattato come un animale".

A mezzanotte e mezza la situazione si è aggravata. "Ho perso la voce a furia di urlare - spiega Alhuiri - a mezzanotte e quarantacinque gridavamo tutti. Dopo un po’ è arrivato un addetto della Croce Rossa. "Fino a domani mattina non c’è il medico", ha spiegato. Poi se n’è andato. Hassan si è steso sul suo letto, era caldo, stava malissimo...".

Ieri mattina suo fratello voleva parlargli. Visto che Hassan Nejl non ha il telefono, ha chiamato al numero di cellulare di un altro immigrato marocchino trattenuto nel Cpt. "Sono andato per passargli la chiamata e l’ho visto - racconta - aveva gli occhi sbarrati e la bava alla bocca.
Non respirava più". L’hanno portato di nuovo in infermeria. Ma era troppo tardi. Alle 8 di mattina il medico di guardia ha constatato il decesso.

Ora gli agenti dell’ufficio immigrazioni della questura sorvegliano le case gialle. Tutti gli immigrati hanno annunciato lo sciopero della fame: "Fate qualcosa per noi - urlano - dite la verità. Venite a vedere come siamo trattati. Qui siamo come in un canile, dove se abbai nessuno
risponde".


DI CHE “RAZZA“ SEI ?

Lezioni magistrali

tratte da Festival Storia Saluzzo e Savgliano 2007

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IL RAZZISMO NELLE RELIGIONI


Qual è il rapporto tra religione e razzismo? Sono le religioni razziste o lo sono determinate interpretazioni politiche? Come sono state legittimate le “guerre di religione”?

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ETNOS E RELIGIONE: IL CASO ISRAELE

Con Omar Barghouti – Gideon Levy – Catrin Omerstad – Michel Warschawski

Conduce: Mimmo Candito

Quale peso ha “l’etnicità” nello stato d’Israele? E quanto questa influisce sulla cittadinanza e sui diritti? Si discute della convivenza nello stato d’Israele e dei rapporti di esso con i suoi vicini nello scacchiere mediorientale.

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"Una stagione all'inferno"

Rapporto di denuncia sulle drammatiche condizioni degli stranieri impiegati in agricoltura nel Sud Italia.

Una stagione all’inferno è quella che vivono regolarmente migliaia di immigrati nel nostro paese. I risultati dell’inchiesta sono allarmanti:
gli stranieri si ammalano a causa delle durissime condizioni di vita e lavoro cui sono costretti. Già nel 2004 MSF aveva visitato le campagne del Sud Italia per portare assistenza sanitaria agli stranieri impiegati come stagionali e per indagare su questa scomoda realtà.

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Nonostante le reiterate promesse da parte di autorità locali e nazionali,a distanza di tre anni MSF ha potuto constatare che nulla è cambiato.

Questo è il loro rapporto:

Se volete ulteriori informazioni andate al sito di Medici Senza Frontiere
Per informazioni: Medici Senza Frontiere - Via Volturno, 58 - 00185 Roma
Tel. 06 4486921 - Fax 06 44869220 - Email: msf@msf.it
Sede di Milano: Largo Settimio Severo, 4 - 20144 Milano
Tel: 02.43912796 - Fax: 02.43916953 - E-mail: msf.milano@msf.it
Conto corrente postale 000087486007


Potere e Democrazia

IL LATO OSCURO DELLA DEMOCRAZIA

Interviene:
Edmondo Berselli (editorialista di Repubblica ed Espresso)

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Come si sta trasformando l’esercizio del potere nelle nostre democrazie? E’ una domanda difficile ma necessaria, perché coinvolge tutti in prima persona. Su questo tema non mancano certo dibattiti e discussioni e per questo motivo, per indagarlo abbiamo deciso di utilizzare un punto di vista “eccentrico”. Tenteremo di capire il rapporto tra democrazia e potere seguendo altri sentieri.

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UN SICURO INVESTIMENTO

Banca Unicredit coinvolta nella realizzazione della diga di ilisu nel Kurdistan turco

La Banca Unicredit, attraverso l'austriaca Austria Bank Creditanstalt, di cui è principale azionista, è coinvolta nel finanziamento, per un totale di 280 milioni di euro, di uno dei più controversi progetti di costruzione di dighe.
Si tratta del progetto per la realizzazione della diga di Ilisu sul fiume Tigri in Turchia, da cui la stessa Banca mondiale e le imprese italiane, si sono ritirate perché considerato un “pericoloso investimento” a causa del suo devastante impatto ambientale.
Il progetto, comunque, è nuovamente all'ordine del giorno, sostenuto da imprese austriache, tedesche e svizzere. Analogamente al passato, in questi paesi, il movimento di protesta si è organizzato, cercando di coinvolgere l’Unione europea, i governi locali e tutto il sistema finanziario coinvolto.
Anche in Turchia la società civile si è organizzata nell'iniziativa per tenere in vita Hasankeyf , importante sito archeologico. Città  simbolo, che potrebbe scomparire sommerso dalle acque con tutto il resto dei beni di quella popolazione.
Un primo risultato di tale mobilitazione si è raggiunto nei giorni scorsi, quando un'altra banca, la svizzera Zuercher Kantonalbank, si è ritirata dal progetto cedendo alle pressioni esercitate dai cittadini svizzeri.
In Italia, un'ampia rete di associazioni, politici, singoli cittadini esprime la sua preoccupazione alla realizzazione di questo progetto e chiede di tenere in vita Hasankeyf.

Per ulteriori informazioni contattare:
Coordinamento Italiano In Solidarietà  con il Popolo
Kurdo-Acquasuav-Gruppo di lavoro acqua dighe coordinamento
nazional-Ufficio per l'informazione del Kurdistan in Italia,Associazione
verso il Kurdistan-Alessandria Cecina Social Forum (LI)-Ass.Fonti di
Pace (MI)-Associazione nazionale AZAD- Campagna Riforma Banca Mondiale.

Articolo pubblicato sul "Foglio del Mecoledì" dei dipendenti ATCM

Polveri sottili, inceneritore, malattie:

un noto scienziato modenese ne parla a Modena.

Aula magna strapiena alla Facoltà di economia per ascoltare il dottor Stefano Montanari, direttore scientifico del centro di ricerca NanoDiagnostics dell’università di Modena. Il centro, grazie soprattutto alle ricerche della dottoressa Antonietta Gatti, è tra i più avanzati a livello mondiale per lo studio delle “nanoparticelle”; è stato interpellato anche dalla Comunità Europea in merito alla normativa che sta per essere emanata.  L’incontro è organizzato dal Comitato Modena ambiente salute.

Le nanoparticelle sono appunto piccolissimi corpi inorganici studiati a Modena con una strumentazione finanziata dalla Comunità europea che riesce a misurare fino ai PM 0,1. Ricordiamo che le misurazioni dell’inquinamento atmosferico in città correlate al blocco del traffico si  fermano al PM 10.

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Non chiedetemi niente sulle diossine, dice Montanari, perché sono sostanze organiche e non fanno parte dei nostri studi. Le nanoparticelle sono generate da cave, azione del mare, fulmini, invecchiamento degli edifici, asfalto, traffico, freni e pneumatici delle auto, aerei, fonderie, cementifici, impianti di riscaldamento, discariche, inceneritori, ecc…

Queste particelle, inalate o ingerite, arrivano al sangue in un solo minuto e al fegato entro 60 minuti. Il nostro organismo non è in grado di eliminarle, pertanto possono causare trombi (ictus) al sistema circolatorio, o granulomi (cancro) nei tessuti quando l’organismo cerca di isolare questi corpi estranei. Più le particelle sono piccole più sono aggressive e possono interferire con il DNA. Ci ammaliamo quando queste particelle superano una certa soglia che però non conosciamo.

In occasione del crollo delle Torri a New York segnalammo alle autorità il pericolo delle polveri fini. Subito non fu prestata attenzione poi siamo stati chiamati per far conoscere i nostri studi. Faccio notare che i cani utilizzati in quella occasione per individuare la presenza di persone sepolte sono tutti morti di cancro, tutti. Le persone che a seguito del crollo oggi presentano disturbi sono oltre 400.000. Alcune precauzioni e informazioni: non acquistare frutta e verdura esposta sulle strade; lavare il coltello dopo averlo affilato prima di utilizzarlo sugli alimenti; le tute di operai che lavorano in ambienti polverosi non portarle a casa, lavarle in lavanderie specializzate; usare il talco il meno possibile specialmente sui bambini; la gomma da masticare contiene particelle di silicio (vetro) che servono per sbiancare i denti; le mascherine non servono a nulla; al fine di ridurre la presenza di polveri sottili è praticamente inutile il blocco occasionale delle auto, si pensi che la sabbia del Sahara arriva fin sulle coste degli Stati Uniti e si tratta di particelle più grandi di quelle che stiamo esaminando questa sera.

Interpellato da una persona in sala circa la diversa incidenza sulla emissione di nanoparticelle a Modena (traffico, riscaldamento, industrie, inceneritore) Montanari ha risposto che non ci sono studi in tal senso, si può però affermare che l’inceneritore a Modena è più responsabile di ogni altra fonte perché brucia materia a temperature più elevate. Poiché c’è una legge fisica che dice che nulla si crea e nulla si distrugge ciò che non si vede più viene trasformato in particelle. Più le temperature sono elevate più le particelle sono fini. Questo non lo abbiamo scoperto noi ma lo studiano anche gli allievi degli istituti tecnici. Inoltre è bene saper che non esistono filtri che possano bloccare le nanoparticelle.

E’ la prima conferenza che faccio a Modena, nessuna autorità locale ci ha mai interpellati. Se vi può servire fornisco il nostro sito www.nanodiagnostics.it e l’indirizzo di posta montanari@nanodiagnostics.it



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