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Visti per Voi » Antichrist  
ANTICHRIST

di Enrico Gatti

Regia: Lars Von Trier

Voto: 9

Per capire cos’è Antichrist bisognerebbe guardare le facce delle persone che escono dalla sala, a condizione che qualcuno vi sia rimasto fino alla fine.

Dopo la morte del figlio a seguito di un tragico incidente, una coppia comincia il difficile percorso di elaborazione del lutto. Il marito, uno psicoterapeuta determinato ad aiutare la moglie, decide di sottrarla alle cure mediche per tentare un approccio alternativo che la conduca alla rinascita spirituale. Il percorso di guarigione li porterà a Eden, una casa in mezzo al bosco, in cui la moglie si era ritirata mesi prima a fare ricerche per un libro e che sembra essere in cima alla piramide delle sue paure.

Per questo film Trier sceglie uno stile raffinato e ricco. Prologo ed epilogo ipnotizzano nella loro forza e bellezza. Il brano di Haendel trasporta lo spettatore in una dimensione onirica e quello che non fa la musica lo fanno le bellissime immagini in slow motion e un raffinatissimo bianco e nero.
Nel film in genere, questa attenzione visiva si mantiene costante, trucco e digitale permettono la realizzazione di atmosfere da incubo (accentuate da suoni modificati ottenuti in partenza da materia organica), improbabili scene faunistiche ed effetti splatter al limite del guardabile.
Lars Von Trier spinge al massimo, osando come non aveva mai fatto, esponendosi in prima persona manifestando qualcosa al limite (o già oltre) del patologico, svelando l'espressione massima di quel tanto discusso lato misogino di Trier, che alle accuse risponde ironico :”Non possiamo certo dire che la donna sia più cattiva dell’uomo, ma nemmeno il contrario”.
Insomma tutti elementi che non potranno lasciare indifferenti. Tra l’esaltazione dei fan e le critiche di molti, un film che ha fatto e farà, speriamo, sempre discutere.

LA DONNA E IL MALE
Partendo da ricerche sulle streghe, Lars Von Trier crea un personaggio femminile assolutamente non convenzionale che direttamente affronta, nel film, il tema proposto dando voce alle riflessioni dell’autore.
Leggendo testi scritti da inquisitori e diari di cronache, di torture e testimonianze, la protagonista fa proprie le antiche credenze, secondo una visione acritica della storia, accettando un modello artefatto secondo il quale, la malvagia essenza della natura femminile viene dallo stretto legame di quest’ultima con la Natura, casa di Satana.
Il passo successivo, la depressione, acquista fondamentale importanza nella storia. Nell’incapacità della donna a reagire prende il sopravvento il dolore, un dolore che racchiude in sé tutte le sofferenze umane, un dolore talmente opprimente da rendere la donna immobile, assente, anche di fronte al pericolo per la vita del figlio.  
Da qui il forte senso di colpa che le attanaglia la mente e che le fa temere Eden, simbolo del suo legame con quell’io malvagio che l’ha resa schiava del dolore portandole via gli affetti più cari.
Il percorso di guarigione però la riporterà nel ventre dove tutto è cominciato.
A Eden la visione malata, vinta temporaneamente dal senso di colpa, riemerge diventando consapevolezza e accettazione.
Il maschio in tutto questo è una figura succube che non riesce ad emergere nel confronto se non con la violenza che, come in passato, rimane l’unica arma contro la potenza irrazionale e distruttiva della donna. Mai come ora i due universi, maschile e femminile, sono stati così lontani. Due mondi agli antipodi, talmente distanti che provano a rimanere uniti, ma ogni volta che tentano di avvicinarsi uno dei due provoca all’altro sofferenze involontarie e inevitabili giustificate solo dalla loro natura antitetica.

LA SIMBOLOGIA DI ANTICHRIST
Un film assolutamente lucido e spietato, caricato di immagini crude e violente, dove l’immaginario del regista viene raccontato con un incredibile gioco simboli e collegamenti aperti a qualsiasi interpretazione.
La depressione della donna, che ha nel film un ruolo fondamentale, è rappresentata benissimo dall’inquadratura che dal treno mostra, attraverso il finestrino, un mondo confuso dove la sola cosa ad apparire nitida è una faccia urlante, che emerge dal caos come il dolore nella vita.
Immagini simboliche vengono usate dal regista anche per rappresentare il legame fra la femmina e la Natura. Molte sequenze si risolvono infatti con la fusione fra questi due elementi, prima nell’esercizio terapeutico proposto dal marito sul treno, poi le scene nel bosco in cui la moglie scompare lasciando l’uomo solo in balia di madri bestie che partoriscono o mangiano prole morta.
Anche le ghiande, cadendo, diventano simbolo di tutte le cose destinate a morire, e come si sentono continuamente nella casa, così affollano la mente della protagonista fino a diventare il suo unico pensiero.
Come il resto del film anche il finale è aperto e diverse interpretazioni. Il regista inserisce l’uomo in uno straordinario epilogo a cui affida la fine: un possibile riavvicinamento con la natura e il genere femminile rafforzato dall’esperienza che lo ha avvicinato alle torture che le donne hanno dovuto subire in passato, o l’inutilità del suo gesto finale resa tale dalla consapevolezza che le cose non cambieranno mai? A voi l’ultima parola.

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