venerdì 26 aprile 2024   
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editoriale » Un governo alla deriva  

UN GOVERNO ALLA DERIVA
di Boris


Tra case nascoste ad Antigua e appartamenti vista mare a Montecarlo, l'Italia del popolo affonda le sue preoccupazioni. Come se la manifestazione dei Metalmeccanici, il problema dei rifiuti di Terzigno, di una scuola che si vergogna a dichiarare bancarotta e un premier che chiede alla questura di Milano di far liberare la falsa nipote di Mubarak, fossero solo una parentesi, un momento di disequilibrio di questo governo, in un percorso sino ad oggi limpido e senza intoppi. Sembra, infatti difficile, in particolar modo per le nostre tv nazionali, comprendere e provare a far comprendere,  come sia possibile rilanciare il “paese Italia” ricco della sua secolare genialità tecnica e letteraria.

Governo, opposizione e lobbies  vecchie e nuove, sotto i nostri occhi, come in un oscuro gioco al massacro, stanno gareggiando in una partita importante e fondamentale, non tanto per la nostra nazione ma per la rivendicazione reale di potere e controllo di singole realtà economiche.

E' infatti, forse dall'unità d'Italia, cento cinquant'anni  proprio quest'anno, che mai si è giocata una partita tanto ardua quanto pericolosa. Un vero e proprio scontro di stampo feudale, una lotta tra classi economiche localistiche ed oligarchiche, tra organizzazioni malavitose ed oneste, tra nord e sud del paese. Non più tutti insieme amorevolmente, ma divisi animatamente.

Non è infatti un caso se anche l'uomo per eccellenza della Fiat, l'ex presidente di Confindustria, l'ex responsabile dell'organizzazione dei mondiali di calcio, ex presidente di ente fiere Bologna ed attuale Direttore della Ferrari nonché fondatore del movimento”Italia Futura”, ha deciso di provare, con suoi papabili candidati,  la strada della politica per la prossima elezione del sindaco di Napoli.


Un test in previsione di una vera e propria lista e partito da presentare su scala nazionale?  

Non mi stupirebbe anche perchè il progetto Montezemolo è molto più vicino a quello proposto da Gianfranco Fini che a quello traballante del buon Bersani, sospeso tra l'onorevole Casini e Nichi Vendola. Una per ora distanza ed antipatia, nei confronti del Partito Democratico, mantenuta non solo  per puro retaggio anticomunista ma anche per l'assenza di una seria progettualità futura. Anche perchè non si può essere rappresentanti di tutti ed interpreti di nessuno.


Cos'ha allora, scatenato l'offensiva contro il Presidente Berlusconi e l'abnegazione di tutto quello con forza è stato sino ad oggi sostenuto dall'onorevole Fini? Come può il “compagno” Fini, criticare e definire ingiusta una legge scritta appositamente contro gli immigrati che porta anche il suo nome (Bossi-Fini)? E ancora: com'è possibile ergersi a difensore della legalità e rappresentante degli “onesti”, votando poi in parlamento contro la possibilità da parte dei giudici d'indagare senza interferenze contro l'ex ministro della Lega Nord, Lunardi o Cosentino, del PdL, indagato per connubio con ambienti camorristi?

Non credo sia solo e semplice opportunismo personale ma anche la capacità di comprendere che Silvio Berlusconi e la sua cricca, non hanno fatto altro in questi anni che curare i propri interessi, a pensare al paese Italia non come ad un luogo di tutti ma esclusivo di alcuni: i suoi fedeli.

Ben altro era stato chiesto a quella coalizione nata con lo scioglimento di Alleanza Nazionale.


L'Onorevole Fini lo sapeva benissimo che era necessario rappresentare e difendere al meglio dalla crisi, quella parte economica oligarchica del nostro paese che da diversi lustri, dominano economicamente il nostro paese. Gli stessi che, di fronte alla progressiva avanzata verso il centro d'Italia della Lega, non vedono di buon auspicio la possibilità che venga approvata una fiscalità regionale federalista di stampo Leghista.

Hanno di fatto ben presente e compreso che la Lega Nord, da arrogante partito provinciale e fenomeno da baraccone, si è trasformato e ha cominciato a radicarsi anche in importanti strati economici locali. E' bastato assistere a quanto avvenuto con la questione UNICREDIT dove è stato allontanato dopo 12 anni il suo presidente ….............a causa della sua visione transnazionale e all'entrata in proprietà della Banca Libica. Una maturità politico economica che ha evidenziato non solo la natura reale pericolosamente secessionista di questo partito ma anche un possibile asse di ferro che lega Bossi al ministro Tremonti e al presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. Uomo del PdL certamente votato dal popolo lombardo ma che in questi anni è riuscito a rendersi potente ed indipendente dalle volontà del suo Presidente del Consiglio grazie alla realizzazione di  una fitta rete di responsabili, dirigenti e funzionari amministrativi che conducono alla Compagnia delle Opere. A questi signori non interessa nulla dell'Italia in quanto nazione. Mafiosi e faccendieri di ogni sorta possono pure comprarsela a pezzi, l'importante è che sia approvata al più presto la riforma federalista. Costi quel che costi. E non è un caso se in nome di questo principio, i deputati e senatori leghisti si siano opposti alla proposta di risarcimento dei proventi rubati dall'ex ministro della sanità De Lorenzo, o che gli imprenditori del vicentino dopo le alluvioni di questi ultimi giorni, rilascino esplicite dichiarazioni di non pagare le tasse dovute, se non arriveranno presto altri aiuti economici.

Basti ricordare la soddisfazione dei Leghisti all'uscita dall'ultimo consiglio dei ministri, dopo l'accordo siglato in chiave anti_Fini, per il proseguimento della legislatura, l'approvazione della legge federalista e per andare alle urne anticipate in caso di “cattivi scherzi finiani”. Obiettivo: l'eliminazione della “Roma ladrona” e l'indipendenza per ora solo economica del Nord, come chiara risposta ai suoi crescenti elettori emiliano-romagnoli e toscani. Una crescita nelle ultime elezioni, che ha ancor più galvanizzato il Senatur e gli ha concesso uno spazio, non solo mediatico, per poter esprimere consigli al Cavaliere affinchè allontanasse l'Onorevole Fini dalla  coalizione. Non è stato infatti, un caso ma una necessità, la volontà di acclamare da parte di Maroni e poi dal Ministro Calderoli, nuove elezioni all'atto della momentanea riappacificazione dei due litiganti, allarme rientrato solo dopo la rassicurazione del proseguimento del loro progetto federalista.

In questo contesto Gianfranco Fini con il suo movimento sa che non è ancora pronto a costruire nuove coalizioni e ad affrontare questa sfida contro il Cavaliere e la Lega al Nord e per questo ha dato mandato ai suoi delfini in parlamento, di votare anche l'ultimissimo e tanto precedentemente contestato, Lodo Alfano.

 

La stabilità politica non è più una garanzia al pericolo di una possibile recisione dei legami economici che da tempo hanno dominato questa nazione. Nuovi possibili scenari politici ed aggregativi sono oggi necessari soprattutto alla luce degli ultimi fatti di cronaca che hanno coinvolto il premier, l'offensiva del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, sulla paralisi dell'economia e il soffocamento delle aziende italiane e ultima, la denuncia del Direttore della Banca d'Italia, Draghi, sul pericolo paralisi paese ed espulsione dal mondo economico e produttivo dei giovani italiani. Il presidente della Camera Fini ieri a Perugia nel decretare la nascita del suo partito, Futuro e Libertà, l’ha detto: “Berlusconi vada al Quirinale e si dimetta”.
La grande famiglia degli anti-Berlusconi di destra e di sinistra, è pronta e sanno benissimo però di rappresentare lobby che poco hanno in comune tra loro. Solo un obiettivo potrebbe unirli: cambiare l'attuale legge elettorale altrimenti nulla e nessuno potrà fermate l'asse Lega-Berlusconi ancora forte negli strati più diversi del popolo italiano.
Una nuova legge elettorale e un possibile Governo Tecnico, potrebbe aiutare a scardinare l'attuale capo del Governo, ma siamo proprio sicuri che questo popolo, che va ricordato per ben quattro tornate elettorali ha confermato l'attuale coalizione, comprenda tutto questo enunciato “bene per il paese”? Forse sarebbe più contento di votare una nuova coalizione di centro destra magari composta da Montezemolo, Casini, Fini e magari anche Rutelli e il suo gruppo.
Se così fosse, per la sinistra, nessuna speranza.
7/11/10


 
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