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Mondo lavoro » La CGIL torna in piazza per il lavoro  

27 NOVEMBRE 2010
LA CGIL TORNA IN PIAZZA IN DIFESA DEL LAVORO


Maestosa manifestazione quella che i media hanno fatto finta di non vedere. Giovani e anziani insieme per dire che il contratto nazionale va difeso sino in fondo. Una manifestazione che da subito ha suscitato dibattiti, a volte anche accesi, nei luoghi di lavoro e nelle strade.
Per rendere onore a diversi pensieri e riflessioni, vi proponiamo un rapporto epistolare che ci hanno segnalato, tra due colleghi di un azienda della provincia di Reggio Emilia. Un dibattito iniziato con la lettera indirizzata a tutti i dipendenti, da parte di un delegato, Giovanni, RSU CGIL.
Buona lettura e … se volete partecipare…

 



Cari colleghi

rivolgo questa mia, sopratutto a quelli che non sono iscritti al sindacato.
Il 27 ci sarà una manifestazione a Roma per la difesa del contratto di lavoro nazionale. Ovvero l'unica legge che tutela il nostro diritto di essere ancora dipendenti ma non sudditi.
L'unica legge che ci permette di evitare che "chi ci da lavoro", possa disporre liberamente della nostra vita e di quella dei nostri familiari, solo in funzione della produttività e del suo guadagno.
Questo diritto che voi considerate assodato, come l'acqua che bevete o il sole che guardate tutte le mattine, oggi sta per diventare non più così garantito. Una garanzia che solo con una mobilitazione generale, dal lavoro come nella scuola etc., è possibile difendere. Il 27 è una di queste.

Noi non vi stiamo proponendo una mobilitazione partitica, indipendentemente dalle possibili strumentalizzazioni, ma politica che dice:
"Noi non siamo disposti a tornare indietro! Per il futuro nostro e dei nostri figli".

Avete ora tre possibilità:
1.    La più importante: partecipare a questa come alle future mobilitazioni (iscrizioni entro martedì 23);
2.    Contribuire con una sottoscrizione a partire da 2 euro, per le spese della manifestazione (viaggio gratuito per i partecipanti), soprattutto tu che non sei neanche iscritto a nessuna organizzazione sindacale, pensando anche che sia giunto il momento di iscriversi e difendere così il diritto sindacale;
3.    Far finta che tutto vada bene, considerare il sindacato inutile, la tessera troppo cara e continuare a godere a spese di altri, di quell'ombrello di diritti che ancora oggi esistono grazie solo al nostro lavoro politico e sociale.

Ora non potete dire di non saperlo e siete in grado così di assumervi le vostre presenti e future responsabilità.
Noi ci assumiamo e non da oggi, le nostre. Anche quelle sbagliate.

Giovanni

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Premesso, che ti stimo come persona e come collega, anzi ti riconosco una grande dedizione per il tuo impegno sindacale in azienda, però, giusto per questo motivo, ritengo precisare il mio pensiero in merito.
Sono anni che lavoro, non sono mai stato iscritto ad un sindacato, per il semplice motivo che non ritengo così utile esserlo. Non solo per il costo. Motivo non dettato dal mio pensiero politico, ma semplicemente dal fatto che non credo nel movimento sindacale come tale.
Non entro nel merito della divisione nazionale dei vari movimenti sindacali, perchè non sono così preparato in merito per dare un'opinione,  però dall'esterno non è di certo un bel biglietto da visita.

Sono anche convinto e lo riconosco, che certe conquiste da parte del movimento, mi abbiano giovato personalmente,  però, molto serenamente, credo che nel mondo del lavoro, sia giusto distinguere i doveri e i diritti, entrambi sacrosanti.

Forse sbaglio, e sono certo di non avere la tua condivisione, però io non ritengo giusto fare un discorso di massa. Nella vita, come nel mondo del lavoro, a mio avviso chi merita, chi si comporta correttamente, onestamente, chi lavora con professionalità, indipendentemente dall'incarico, possa ritenersi sempre in diritto di "chiedere" e non solo perchè deve essere così per tutti.

Perchè i "lavativi" debbano avere gli stessi diritti degli onesti? Opinabile, ma la penso così.
Può anche accadere che ciò non avvenga, in particolare, come negli ultimi anni di crisi mondiale, dove son venuti a meno tanti punti di riferimento e tanti lavoratori onesti ne hanno pagato dazio ingiustamente, non me lo auguro, ma potrei essere in futuro "inchiappettao" anch'io, però è un rischio che preferisco correre.

Mi sono permesso di risponderti e non agire con indifferenza al tuo appello, proprio perchè rispetto la tua grande serietà e l'abnegazione con cui tratti questi argomenti.
Grazie per l'attenzione.

Valerio

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Ti ringrazio moltissimo per le tue parole soprattutto perchè il confrontarsi, soprattutto tra le differenze, non può far altro che contribuire ad individuare i pregi e difetti d'entrambi i pensieri.

Forse ti stupirà per questo, ma sono d'accordo con la maggior parte delle cose che hai detto.
Soprattutto sull'errata distinzione tra lavativi e non, tra diritti e doveri i secondi sempre più abbandonati o superati da tutti.
MA c'è un PERO' che credo faccia la differenza.

Le conquiste sociali di democrazia e libertà nell'arco di tutto il 900', con radici che iniziano con la rivoluzione francese del 1789, non sono state ottenute "individualmente". Come la costruzione di un percorso che ha condotto all'identificazione di "doveri" su cui si deve fondare una vera democrazia.

Proprio su quest'ultima distinzione che sono costretto a parlare di "impegno di massa". Non nel termine comunista della sua relazione con la storia ma riferita a battaglia sociale che, ci piaccia o no ha permesso lo sviluppo anche del pensiero liberare, il libero mercato e la costruzione di un sistema economico capitalistico basato sul consumo.

Oggi, quello che si profila non è un processo di diversificazione e di ridistribuzione che proprio in quegli anni del 900' ha portato alla nostra attuale ricchezza anche e sopratutto INDIVIDUALE.
Oggi si profila un processo, attuato da chi si professa oltremodo liberale, di distruzione di tutto questo per creare  "sempre meno ricchi" e "sempre più sudditi" da sottomettere.
Un ritorno al periodo feudale di tragici ricordi. Sono i fatti che ci conducono a questa analisi.

Qui non è in gioco la distruzione di un sistema economico, qui è il sistema stesso che così proposto finirà per distruggere se stesso.
A noi il compito di difendere i nostri diritti distinguendoli in modo determinate dai doveri. Confonderli si rischia di distruggerli. E poi, non è il tuo caso, spesso chi parla di mancato rispetto dei doveri, è  il primo ad arrogarsi anche il diritto di cambiarli a proprio tornaconto.

Senza diritti non possono esistere doveri perchè il pericolo, come oggi avviene nell'ultimo dei lavoratori come dal presidente del consiglio, lascia campo libero al dominio dei più forti. Il dovere, per me significa nessuna bandiera/tutte le bandiere che abbiano come fine il rispetto di tali per me inalienabili diritti che devono essere contemporaneamente doveri. Sul resto sono disposto a discutere come ormai faccio da anni come ad esempio con la direzione di quest'azienda. Mai considerata Padrona ma necessariamente diversa e distinta da noi. Due forze che insieme possono fare la differenza, con i rispettivi ruoli e il rispettivo rispetto.
Sino a quando questo avverrà, nessun problema.

Purtroppo però, non basta l'onestà e l'impegno individuale per fare una nazione, un luogo di lavoro, una società.
E' necessario una condivisione delle regole e dei doveri, nel rispetto dei diritti, costruito a maggioranza.
Questo è quello che si chiama democrazia altro non conosco se non ciò che mi fa paura pensarlo.

Grazie ancora per l'amicizia e la stima che spero avrò con questa mia contraccambiato.

Giovanni


19/11/10

 

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