LEGALITA’
E SICUREZZA
Boris
Scrivere di legalità nel nostro paese è sempre stato
un problema. Un problema talmente serio che la storia stessa di questo paese,
sia politica che economica, spesso ha dimenticato di affrontare. Anche perché
la dove alcuni, tra politici e giornalisti, si sono azzardati a farlo, hanno in
un modo o nell’altro, dovuto pagare un prezzo troppo alto che in parte questo
paese non meritava.
Per parlare serenamente di legalità, dobbiamo
risalire innanzitutto a tangentopoli e alla cosiddetta sconfitta della prima
repubblica, periodo in cui questo paese illusoriamente sembrava prendere una
strada differente. Un percorso lanciato verso
la chiarezza e la purezza degli intenti; un periodo in cui si poté
urlare, come ben si addice a un paese ipocrita come il nostro, allo scandalo o
a rivendicarne una passata questione morale.
In realtà, oggi più che mai e talmente esplicito
comprendere che il meccanismo che sino ad allora aveva retto, doveva essere
prontamente sostituito con uno nuovo. Aperto alla globalizzazione dei mercati e
al libero profitto in campo libero. Un sistema “da vendere di nuova facciata”
che in realtà ha mostrato, con gli scandali internazionali di Cirio e Parmalat,
ancora una volta il suo vero volto. Come non dimenticare che questi scandali,
come quello dei bound argentini, hanno visto la complicità di banche e unità di
controllo sull’andamento delle borse? Organizzazioni queste che avrebbero dovuto controllare e difendere
i risparmiatori e che invece, grazie alla loro finta assenza hanno di fatto
permesso di bruciare in breve tempo a molti pensionati e lavoratori, i risparmi
di anni di lavoro e sacrifici.
Allora di fronte a tutto questo è lecito chiederci,
cosa significa oggi essere legali? E se questo è lo scenario in cui siamo
costretti a muoverci, affrontare il problema della legalità è ancora un
problema della sinistra?
Credo che occuparsi di legalità, a maggior ragione
per un governo di sinistra, delle città o della nazione, richieda uno sforzo
maggiore di quello dimostrato da Cofferati a Bologna.
La sinistra non ha bisogno di mere campagne
elettoralistiche sugli immigrati ladri o sui diseredati che minano la stabilità
economica della città. Lasciamo pure questo campo alla destra. Come non ha
bisogno di operazioni di facciata che mirano ad ottenere giardini puliti
svizzeri o semafori liberi dai lavavetri. Certo tutti riconosciamo che queste
persone possono diventare facilmente manovalanza a buon prezzo per illeciti di
stampo mafioso ma, credo di poter sostenere che il problema sia per il momento
altrove e non certamente risolvibile con la cacciata dei meno abbienti.
Un sindaco di sinistra a mio avviso, deve
innanzitutto utilizzare tutti gli strumenti possibili per allargare il
controllo sul territorio e non pretendere di demandarlo solo alle forze
dell’ordine.
Qui non si tratta di affrontare il problema della
legalità in termini filosofici. Voler ripristinare la legalità e veramente
dichiarare guerra all’illegalità per un sindaco di sinistra deve significare
dimostrare innanzitutto la volontà politica di utilizzare a Modena come in
altre città, tutti gli strumenti utili
a smascherare vere e proprie sacche d’illeciti legati a forti investimenti che
in questi ultimi venti anni si sono riversati nelle nostre provincie e regione.
Pianificare in modo accurato lo sviluppo del territorio, ponendo un freno alla
cementificazione selvaggia, vincolando maggiormente appalti e concessioni
edilizie significa anche impedire facili riciclaggi. Bisogna cominciare a
richiedere dei controlli per esempio partendo dalle imprese di costruzioni, nel
terziario o commerciali/turistiche che continuano liberamente per esempio ad
utilizzare, anche negli appalti pubblici, manovalanza in nero e spesso
clandestina. E’ inutile far finta di non vedere anche nella nostra città i
luoghi, per la maggior parte bar di seconda mano dove la cosiddetta gente per
bene non compra neanche le sigarette, in cui viene sistematicamente applicato
sul principio del caporalato l’incetta di manodopera da dirottare nei campi, nelle
imprese di pulizia o nei cantieri edili. Il tema della legalità nel lavoro, è
infatti una questione fondamentale. Se manca questa, non possiamo pretendere
che vengano rispettati i principali diritti di libertà. Se manca questa non
possiamo pensare di riuscire a invertire la rotta autodistruttiva che vede
sempre più oneste persone costrette a vivere nascoste e ai margini della nostra
società.
E ancora, come è possibile permettere che società
immobiliari finanziate da Modenesi doc continuino a guadagnare ingenti somme in
nero grazie intermediazioni fasulle nelle compravendita o attraverso affitti a
prezzi esorbitanti per mini appartamenti dove vengono tenuti in ostaggio donne
costrette a prostituirsi?
Come si fa a non leggere tra le righe della cronaca
locale la netta suddivisione dell’illecito tra i territori di Reggio Emilia e
Modena? Luoghi questi dove, a Reggio per esempio viene lasciata sviluppare una
struttura criminale principalmente di basso livello, la più fastidiosa. Quella
del furto, dello scippo e del traffico degli stupefacenti. Principalmente
controllata da ‘ndrangheta calabrese e gestita da a gang di albanesi. Mentre
nella provincia di Modena invece l’altra mafia, quella vera. Equamente
suddivisa tra prostituzione d’alto bordo, gestita direttamente da loro e di
basso livello lasciata a Ganesi e Nigeriani. Quella mafia che ricicla denaro
sporco attraverso operazioni finanziarie e grandi investimenti non solo
edilizi. Una mafia che non si vede e che ha bisogno di tranquillità. Ovvero non
una micro criminalita di basso livello, perché disturba e può provocare
interessi da parte delle forze dell’ordine.
Intervenire in questi settori, caro Cofferati e cari
sindaci sceriffi di sinistra, significa veramente voler tutelare gli ultimi. Il
rischio, altro modo è di essere solo complici di chi ritiene che ripristinare
la legalità significa solo e soprattutto impedire che venga contestato o
modificato l’ordine costituito delle cose.