Programma Sinistra Critica

Un
programma incompatibile con il liberismo e la guerra.
Un programma
anticapitalista
Viviamo in un
paese attraversato da un’ondata liberista e conservatrice a tutto
campo: contro i lavoratori e lavoratrici impoveriti da oltre venti
anni di politiche orientate dall’Unione europea; contro i diritti
civili e la laicità a opera di un Vaticano immerso in una
logica oscurantista; contro l’ambiente e le comunità locali
da parte di una logica del profitto che devasta le risorse e mette a
rischio la salute; contro le istanze della pace e del futuro a opera
di una guerra globale di cui l’Italia è tra gli artefici.
Contro questa
cappa si sono mobilitati negli anni passati milioni di persone che
hanno poi permesso la vittoria dell’Unione contro le destre
populiste, razziste, clericali e autoritarie. Questa carica è
andata distrutta e devastata dall’esperienza del governo Prodi e
della sinistra tradizionale che ha avallato la guerra, le politiche
filopadronali, la subordinazione alle gerarchie vaticane. Quello da
cui usciamo è un disastro politico e materiale ben raffigurato
dai volti di Prodi, Bertinotti, D’Alema, lo stesso Veltroni.
Per uscire dalla
crisi servono due cose: il protagonismo diretto dei lavoratori e
delle lavoratrici, dei precari, dei giovani, delle donne, dei
migranti; e serve un’altra sinistra che non sia compromessa con il
fallimento del governo Prodi e con il centrosinistra, una sinistra
che fa quello che dice – come dimostra il comportamento
parlamentare di Franco Turigliatto – che lavori alla ricostruzione
di un progetto alternativo, di classe e anticapitalista. E serve
anche un programma e un’iniziativa di trasformazione sociale per
rispondere ai bisogni più immediati e alle istanze che
provengono dalla società, dai movimenti, dai luoghi del
conflitto sociale.
1) La prima
emergenza è quella salariale: di fronte al 20% delle
famiglie sotto la soglia di povertà, a salari che si sono
dimezzati con l’euro, a uno spostamento di ricchezza verso l’alto
serve innanzitutto un aumento netto del reddito mensile di almeno
300 euro da realizzare con almeno tre strumenti: la diminuzione
dell’Irpef per i redditi più bassi e l’aumento delle
aliquote per quelli più alti; il recupero del fiscal drag;
l’introduzione per legge di un salario minimo (1.300 euro)
introducendo un meccanismo automatico di adeguamento all’inflazione
reale dei salari e dei redditi (scala mobile). Ma noi
riproponiamo anche il tema della riduzione d’orario e quindi delle
35 ore a parità di salario.
2) Per
ottenere risorse aggiuntive, aumentare i salari, migliorare il
reddito complessivo e i servizi sociali, serve un forte aumento
dell’imposizione fiscale che colpisca i redditi più alti –
avvantaggiati negli ultimi quindici anni da centrodestra e
centrosinistra – la tassazione progressiva delle rendite
finanziarie a esclusione dei redditi dei pensionati e lavoratori a
basso reddito (iscrizione delle rendite nella dichiarazione redditi).
Ma serve anche una Patrimoniale sui beni immobili e mobili
delle grandi imprese, delle società finanziarie, sui beni di
lusso, sugli immobili del Vaticano. Questa misura è la sola
che possa risarcire da venti anni di prelievi alle tasche dei
lavoratori/trici. Ed è una misura che rende credibile, oltre
che necessaria, l'abolizione dell'Ici sulla prima casa.
3) Si
continua a morire sul lavoro e si continuerà se non si
prenderanno misure drastiche. Le uniche misure accettabili sono
l’aumento significativo dei controlli e l’inasprimento delle pene
per le imprese responsabili di omicidi sul lavoro. Servono almeno
10.000 ispettori del lavoro da assumere riducendo le spese
militari – o dirottando risorse umane da questo comparto alla
previdenza pubblica – e colpendo i profitti delle imprese. Serve un
intervento urgente sui lavori nocivi a partire dall’amianto,
riqualificando e soprattutto tutelando quei lavoratori e lavoratrici
che si sono ammalati e che non godono delle necessarie garanzie.
4) Dal
1997, con il pacchetto Treu, passando per la legge 30 e poi con il
Protocollo sul Welfare, la flessibilità sul lavoro è
aumentata peggiorando le condizioni di vita di chi lavora, aumentando
le morti. È ora di abolire tutte quelle leggi e battersi
per misure che combattono la precarietà, estendano le
garanzie minime (contributi, maternità, stabilità
dell’impiego) fino all’introduzione di un Salario Sociale per
i disoccupati e i precari (1.000 euro mensili netti).
5) Dopo
venti anni di massacro delle pensioni è ora di ritornare a un
sistema pubblico che garantisca il futuro dei lavoratori, che abbatta
il potere delle assicurazioni private che non si faccia intrappolare
dai fondi pensione. Serve un sistema pubblico – quello
esistente è perfettamente in equilibrio se fosse ripulito dal
peso dell’assistenza sociale – sotto il controllo dei lavoratori,
con sistema a ripartizione e con metodo retributivo (pensione
commisurata agli ultimi stipendi), per impedire le nuove povertà
e assicurare una vecchiaia dignitosa.
6) A
devastare la vita quotidiana di lavoratori e lavoratrici, soprattutto
di giovani alle prese con il proprio futuro c’è il peso dei
mutui ipotecari per acquistare la prima casa. Serve una politica
di lotta alle speculazioni immobiliari, di requisizione delle case
sfitte, di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e di
reintroduzione di forme di equo canone, per garantire a tutti e
tutte il diritto a un alloggio dignitoso. Serve una grande banca
nazionale, pubblica, controllata dai lavoratori e dagli utenti, che
adotti una politica “sociale” dei prestiti e che sia da supporto
a un piano economico ambientale e di riconversione.
7) Le
risorse del resto ci sono basta cercarle. Ad esempio nelle spese
militari che il governo Prodi ha aumentato di oltre 5 miliardi in due
anni. Riduzione drastica delle spese militari, riconversione
dell’industria bellica – da tenere sotto il rigoroso controllo
pubblico – progressiva riconversione dell’esercito a uso civile e
finalizzato alla difesa del territorio. Nessun sostegno alle moderne
“guerre umanitarie” e alle missioni internazionali, ritiro
immediato e incondizionato di tutte le truppe all’estero, uscita
dalla Nato, chiusura delle basi militari straniere, sono i primi
passi per una politica di pace e una diversa destinazione delle
risorse finanziarie.
8) Sono
passati quindici anni dalle prime, grandi privatizzazioni avvenute in
Italia. Con il ruolo decisivo del centrosinistra, a partire da Prodi,
lo Stato ha venduto gran parte delle sue strutture: la Telefonia, le
Autostrade, una parte dell’Energia, le Banche. Il risultato è
sotto gli occhi di tutti: tariffe più care, servizi più
scadenti e, guarda caso, dove è stata mantenuta una quota
pubblica, profitti molto alti (Eni). È venuto il momento di
ripubblicizzare le grandi società industriali: Telecom,
Eni, Enel, Autostrade, per ridurre le tariffe e mettere al servizio
sociale i lauti profitti che provengono da questi settori. Allo
stesso tempo, bisogna rilanciare servizi pubblici partecipati, posti
sotto il controllo dei lavoratori e degli utenti, impedendo
ogni forma, anche parziale, di privatizzazione e liberalizzazione,
ripubblicizzando ciò che è già stato venduto.
9) Tra i
servizi pubblici essenziali, oltre a sanità e previdenza c’è
l’istruzione massacrata da oltre un decennio di politiche, di
destra e di centrosinistra, aziendaliste e fallimentari. Lo sfascio è
sotto gli occhi di tutti, le ricette si assomigliano sempre, il
governo Prodi ha saputo solo aggravare una situazione già
compromessa. Noi vogliamo un’istruzione pubblica al 100%,
stipendi decenti per gli insegnanti, l’immediata regolarizzazione
dei precari, la fine delle Università di serie A e B prodotte
dal 3+2, un nuovo status per i ricercatori, un diritto allo studio
concreto fatto di una tendenziale eliminazione delle tasse e di
servizi affidabili per gli studenti.
10) Garantire
la proprietà e il controllo pubblico dei servizi sociali è
anche il modo per attivare politiche di difesa ecologica dei
territori. Il caso dei rifiuti in Campania è emblematico:
oltre al disastro di un intero ceto politico, a partire da Bassolino
e da tutto il centrosinistra, abbiamo assistito all’arricchimento
illecito di una miriade di strutture private, a cominciare da
quell’Impregilo che chiama in causa i Romiti. Serve una politica
di difesa ambientale al 100%: no ai rigassificatori, al ritorno
del nucleare, agli inceneritori, alle centrali a carbone, alla TAV.
Vogliamo un sistema integrato di raccolta rifiuti, la raccolta
differenziata e il riciclaggio. Vogliamo la tutela delle acque e la
riduzione del consumo di acqua da parte di industrie e agricoltura,
lo stop alla cementificazione, l'energia pulita, un sistema che
faccia pagare alle imprese il costo sociale degli imballaggi
eccessivi. È necessaria, inoltre, una politica di
riduzione drastica delle emissioni di gas, a partire dalla produzione
industriale e attraverso la promozione del trasporto su
ferro e del trasporto pubblico, contro il primato del trasporto
individuale su gomma.
11) Difesa
dell’ambiente, qualità della vita richiedono anche una
politica pulita. Basta con i privilegi della “casta”, non
per una rivolta demagogica contro la politica in generale ma per una
politica che rompa le separazioni e incentivi la partecipazione e la
democrazia diretta. Serve una rivoluzione democratica: riduzione
drastica delle indennità almeno della metà, limite ai
mandati, rotazione degli eletti, elezione delle alte cariche
dirigenziali nei servizi pubblici. Solo la partecipazione diretta,
non delegata, espressione del conflitto sociale e delle istanze che
provengono dal basso può aprire nuovi spazi pubblici per la
democrazia.
12)
L’emergenza non è oggi solo sociale ma anche democratica
e civile. Viviamo in un tempo segnato da vecchie e nuove forme di
razzismo anche “istituzionale” con i vari decreti e patti sulla
sicurezza, pratiche autoritarie, in cui la Chiesa recupera la
tradizione più oscurantista e tenta di ingeritisi nella vita
quotidiana. Siamo contro il razzismo e per la conquista di nuovi
diritti: per il diritto di cittadinanza di residenza,
l’abolizione della Bossi-Fini e del legame tra permesso di
soggiorno e contratto di lavoro, la chiusura dei Cpt, per la libertà
di circolazione dei/delle migranti
13) Siamo
per diritti civili, non negoziabili e non subordinabili a nessuna
gerarchia ecclesiastica. Diritto alla libera sessualità,
diritto all’autodeterminazione delle donne, difesa della 194,
diritto ai PACS, rifiuto delle ingerenze e diritto al dissenso contro
ogni dogma imposto. Per questo siamo al fianco degli studenti e
dei professori che hanno contestato il Papa, delle donne che si
battono contro la violenza maschile dei gay lesbiche, trans che
vogliono vedere affermato il proprio diritto alla libera sessualità.
14) Siamo
antiproibizionisti e rifiutiamo la criminalizzazione del consumo di
droghe. Per questo ci battiamo per la liberalizzazione di quelle
leggere e la legalizzazione delle altre.
15) Vogliamo
uscire dall’emergenza democratica di cui è prigioniero
questo paese. Quindici anni di maggioritario hanno moltiplicato le
sigle e stabilizzato le politiche, tutte legate al rispetto dei
parametri di Maastricht, alla fedeltà agli Usa, alla
subordinazione al Vaticano. Oggi si profila una nuova svolta
autoritaria di stampa presidenzialista. Noi siamo per il
proporzionale senza sbarramenti, per la libera dialettica e per i
governi fondati sui programmi. Siamo per la rotazione degli
eletti, per il limite di mandato a due legislature, per il divieto di
cumulo degli incarichi, per la democrazia diretta e partecipata, per
il potere dal basso a partire dai luoghi della produzione sociale.
Un tale
programma non si realizza semplicemente con un bel risultato
elettorale ma ha bisogno di almeno due condizioni: una partecipazione
e un protagonismo di massa, la possibilità di decidere e di
determinare le grandi scelte. Noi siamo dalla parte dei movimenti
contro la base di Vicenza, contro la Tav in Val di Susa, contro gli
inceneritori e la devastazione ambientale, siamo con le donne in
lotta per la propria autodeterminazione, con i lavoratori e
lavoratrici per gli aumenti salariali, con gli studenti per il
diritto allo studio, con il movimento lgtbq per la laicità e i
diritti civili contro le ingerenze vaticane. Questi movimenti
sono il sale della politica e la loro organizzazione e
autorappresentazione è condizione essenziale del cambiamento.
Non ci proponiamo quindi di rappresentare nessun movimento di lotta
né vogliamo avocare a noi le sole istanze della trasformazione
sociale. Ma noi siamo anche per la formazione di un nuovo soggetto
anticapitalista, protagonista di lotte e vertenze che si pone il
problema di una visione generale del cambiamento radicale della
società. La presenza di Sinistra Critica a queste elezioni
non equivale alla chiusura di un progetto di lungo periodo, la
ricostruzione di una sinistra anticapitalista e di classe per la
quale continueremo a spendere le nostre energie. Ci presentiamo
alle elezioni ma non stiamo fondando, da soli, un nuovo partito.
Vogliamo tenere aperto un percorso. Dichiararsi comunisti/e,
ecologisti/e, femministe non prefigura alcuna facile sommatoria ma
una strada da percorrere con altri/e.