CONGRESSO
PROVINCIALE DEL PDCI – RE 22/03/07
RELAZIONE
DEL SEGRETARIO PROVINCIALE USCENTE DONATO VENA
PREMESSA
Care compagne e
cari compagni, le ultime vicende politiche italiane ci hanno portato ad indire
il 4° Congresso Nazionale del PdCI con un’accelerazione tale che concentra, in
un periodo così ristretto, l’importante discussione politica in atto: il futuro
delle sinistre in Italia.
I 514 iscritti,
che ci portano oggi ad essere la federazione provinciale con il più alto numero
di tesserati in regione, hanno partecipato ai 7 congressi di zona organizzati
sul tutto il territorio provinciale. 53 sono i delegati oggi presenti che
eleggeranno: il Comitato Provinciale; 21 delegati al congresso regionale,
previsto per il 13 e 14 aprile a Bologna; 13 delegati al congresso nazionale
fissato il 27-28-29 aprile a Rimini.
Nei prossimi
giorni, dopo aver stabilito le regole in ambito regionale, gli iscritti che
hanno meno di 30 anni, parteciperanno alla Conferenza regionale della Fgci ed
anche qui, visto i numeri, crediamo che la federazione di Reggio Emilia potrà
dare un sostanziale contributo.
Il documento
politico nazionale è stato votato all’unanimità in 6 dei 7 congressi di zona,
tranne che in quello di Reggio Emilia, dove ci sono stati 4 astenuti ed un
contrario.
LA GLOBALIZZAZIONE
Da qualche anno
a questa parte le guerre hanno sostituito la politica estera degli stati. Ad
oggi si contano circa una trentina di conflitti nel mondo, alcuni molto
evidenti che hanno diritto di cronaca sui mass media, altri, invece, neanche
questo eppure producono morte come gli altri.
Il divario tra
paesi ricchi e paesi poveri si è ulteriormente aggravato, alimentando così
grandi spostamenti di masse dai paesi poveri a paesi ricchi. Queste emigrazioni
bibliche non finiranno fino a quando 80% delle risorse del mondo saranno
consumate dal 20% della popolazione, mentre la stragrande maggioranza degli
abitanti della terra, dovrà litigare per ridistribuirsi il restante 20%.
L’amministrazione
Bush, o meglio la famiglia Bush poiché il figlio ha seguito le orme del padre,
per tenere in piedi l’economia americana, fortemente indebitata, ha dichiarato
guerra all’Iraq per rinverdire l’economia americana, per controllare il
petrolio, il suo prezzo e la crescita delle economie europee e cinese che da
quel bene dipendono.
C’è bisogno di
mettere in piedi un gran progetto di politica estera che miri a cambiare la
struttura delle Nazioni Unite, dandole più forza e più autonomia, svincolandola
dalle continue pressioni Usa.
Vanno rivisti
gli accordi che oggi regolano la Nato; accordi fondati su una struttura che
eredita la situazione della seconda guerra mondiale e la classificazione, ormai
data alla storia, dei due blocchi contrapposti.
Dopo l’Europa
della moneta e delle nazioni, occorre fare quella dei popoli prevedendo, perché
no in alternativa alla Nato, anche una forza militare di pace tutta europea.
Ad onor del vero
occorre rilevare che l’America non è tutta Usa. Nel mondo latino le vittorie
della sinistra e dei movimenti popolari, stanno cambiando in meglio la
struttura di quel continente e queste non possono che giovare alla politica
mondiale.
L’Italia, dopo
un periodo di sudditanza dall’amministrazione Bush, con il governo di centro
sinistra ha dato vita ad una politica estera impregnata di politica autonoma
del vecchio continente, rafforzando quella storia europea che è fondata sui
diritti, sulla pace e sul rispetto delle regole internazionali.
Due esempi: il
primo è dato dalla missione di pace in Libano che ha visto il governo Prodi
protagonista e neutrale, ponendosi in modo equidistante tra palestinesi ed
israeliani; il secondo è il ritiro delle truppe dall’Iraq.
POLITICA ITALIANA
La nostra linea
politica l’ha racchiusa chiaramente il nostro segretario nazionale Oliviero
Diliberto in due parole: Unità e Diversità.
Il nostro
partito ha sempre visto l’unità dell’Unione come bene comune da difendere fino
in fondo, considerando il governo attuale di centro sinistra, il raggruppamento
più avanzato che si possa avere.
Non è
assolutamente nelle nostre intenzioni uscire da questo centro sinistra. Abbiamo
fatto una scissione per salvare il primo governo Prodi consapevoli che la
possibilità era, ed è stata purtroppo, il governo Berlusconi.
Unità dunque, ma
anche diversità; diversità che dovrà essere portare in discussione nei vari
luoghi istituzionali dove si fa politica, ma anche tra la gente, tra i
movimenti. Mi riferisco alla pace, alla difesa dei diritti, alla richiesta di
nuovi diritti dei nuovi italiani, alle problematiche che investono il mondo del
lavoro.
Come conciliare
le due cose che spesso contrastano tra loro?
Semplicemente,
rispettando il programma di governo, 281 pagine che sono la sintesi accettata
da tutti e che deve essere la retta via da seguire.
281 pagine di
programma, 281 giorni di governo Prodi prima della sua caduta.
Una fatele
coincidenza che anche i più scettici devono, almeno per scaramanzia, ritenere
un segno da seguire.
La prima
finanziaria del governo di centro sinistra ha registrato luci ed ombre, ma due
questioni vanno ricordate: l’emanazione di norme che faranno emergere
l’evasione fiscale e la stabilizzazione dei precari del pubblico impiego,
voluto fortemente dal nostro partito.
Su quest’ultima
cosa, vi ricordo che il 27 marzo è prevista a Roma una giornata di dibattito e
discussione, rivolta agli amministratori locali del partito. Chi è interessato
a partecipare, ci può contattare poi.
I diritti
acquisiti con le lotte del passato noi li difendiamo in modo radicale; ma nello
stesso tempo siamo sinistra riformista quando quei diritti li vogliamo
estendere ed ampliare anche agli altri.
Bene fa il
nostro segretario nazionale a lanciare una campagna impostata sulla lotta
contro le povertà, le ingiustizie ed i privilegi, ma anche richiedere nuovi
investimenti sulla scuola, sull’università, sulla ricerca e sulla cultura,
portando a 18 anni l’età dell’obbligo scolastico.
Sul tema delle
pensioni è inaccettabile la proposta di chi vuole innalzare l’età pensionabile
o, ancora peggio, rivedere a ribasso i coefficienti di calcolo, anche perché
non c’è traccia di questo nel programma presentato agli elettori.
Vanno, invece,
aumentate le pensioni minime; fatti investimenti sulla sicurezza del lavoro;
separata l’assistenza dalla previdenza.
Con il cambio da
sistema retributivo a contributivo, chi oggi inizia a lavorare vedrà la sua
pensione ridursi a ben oltre la metà del suo ultimo stipendio, ma solo se avrà
lavorato per tutto il periodo e a tempo pieno, altrimenti il rapporto sarà
ancora più negativo.
Va assolutamente
stabilizzato il lavoro precario, anche nel privato, modificando radicalmente,
se non abolendola del tutto, la legge 30. Un’azione duplice: difendere le
pensioni, ma nello stesso tempo garantire un lavoro stabile e sicuro ai
giovani.
Va, quindi,
rimesso al centro della politica il lavoro ed il suo valore sociale, innescando
una lotta alle forme atipiche di lavoro e cancellando quelle forme di lavoro
dipendente camuffato da lavoro autonomo.
Un’altra offensiva è messa in
campo contro i partiti numericamente più piccoli ed è quella del referendum sul
sistema elettorale che mira a cancellare la rappresenta in parlamento d’alcune
forze politiche ritenute scomode.
Su questo
dobbiamo vigilare ed evitare che altri “inciucino”. Per quanto ci riguarda un
sistema elettorale che funziona e che contiene elementi di proporzionalità,
pluralismo, bipolarismo e governabilità già c’è ed è quello applicato per le
elezioni regionali.
Non sforziamoci
ad inventarne altri, l’hanno già fatto Calderoni e Berlusconi producendo
l’attuale ingovernabilità.
La crisi di
governo è stata attribuita al non voto di due senatori eletti nelle file dei
partiti di sinistra. In realtà occorre dire che anche se questi avessero votato
a favore il governo non avrebbe avuto la maggioranza.
Le vere cause
del voto di bocciatura vanno cercate altrove: nell’amministrazione Bush, vedi
la lettera degli ambasciatori ed il voto contrario del senatore filo americano
Cossiga; in Confindustria, che con il senatore Pininfarina lavora per isolare
la sinistra ed allargare verso il centro; nelle gerarchie ecclesiastiche, che
con il senatore Andreotti mina la laicità dello stato, vedi il fuoco di
sbarramento sul decreto dei Dico.
NASCITA
DEL PD ED IL RUOLO DELLE SINISTRE
Noi crediamo che
non ci si può rassegnare alla nascita del partito democratico, legittimo ma non
condiviso, che sposterebbe il baricentro del centro sinistra verso destra,
lasciando un pauroso vuoto a sinistra che può essere colmato solo con
un’iniziativa forte confederando Pdci, Rifondazione, Verdi, i militanti della
Quercia che non vogliono entrare a far parte del nuovo partito democratico, ma
anche quelli che non si sentono oggi collocati pur sentendosi di sinistra.
Tutti questi
soggetti hanno l’obbligo “morale e politico” di tentare di ricostruire in
Italia una gran sinistra che rappresenti le esigenze della gente ed in
particolare del mondo del lavoro.
Il Progetto
d’aggregazione dei partiti della sinistra, oggi sarebbe percepita
dall’elettorato anche come un modo di restituire dignità alla politica buona,
rompendo quel luogo comune, che il nostro segretario nazione Oliviero Diliberto
ha definito “virus”, che accomuni tutti facendo percepire la politica come
luogo dell'intrigo e del malaffare.
Non è così, non
siamo tutti uguali!
PROSPETTIVE LOCALI
Il nostro è un
partito in crescita. Oltre all’aumento dei tesserati sono aumentate le
competenze a disposizione del partito, apportate dai nuovi iscritti. Questa è
una ricchezza che va messa a frutto.
Non bisogna
abbandonare l’idea di avviare, dove sarà possibile, ricuciture interne per
recuperare compagni che si sono allontanati dal partito, anche per il solo
fatto di non essere stati più contattati. Questa fase storia potrebbe essere
l’occasione per riavvicinarsi.
Occorre radicare
il partito nel territorio e nelle aziende, facendo nascere sezioni nei luoghi
di lavoro, ridando centralità anche in questo modo al tema del lavoro (vi
ricordo che da statuto 5 iscrizioni nello stesso luogo di lavoro possono dar
vita ad una sezione).
Non siamo
presenti con tesserati in tutti i comuni del reggiano, questa è una grave
lacuna che va colmata. Va previsto un Comitato Federale più snello dell’attuale
(oggi è composto di 29 membri) per non rischiare di ingessare i lavori per
mancanza di numero legale, considerando anche la necessità di riunirlo con una
frequenza maggiore di com’è avvenuto nel passato; quasi come se fosse una
segreteria allargata.
Il Comitato
Federale deve essere il luogo delle idee, delle iniziative politiche, deve
svolgere l’azione di supervisore del partito in ambito provinciale, fungendo
anche da collegamento con gli organi regionali e nazionali.
Occorre pensare
alla nascita di comitati di zona, aree omogenee coordinate da un gruppo di
compagni del posto. Penso ad un coordinamento di Zona della Comunità Montana,
della Zona Ceramiche, della Val d’Enza, della Bassa Reggiana.
Le nuove zone
dovranno organizzarsi in modo da gestire un decentramento politico sul
territorio. In ogni caso gli organismi periferici di zona dovranno sempre
lavorare in sintonia con il Comitato Federale.
Per la città di
Reggio Emilia diventerà fondamentale la politica portata avanti dal partito,
non solo perché la città conta quasi un terzo della popolazione della provincia
e tre quinti degli attuali tesserati, ma soprattutto perché ha forte risonanza
sui mass media locali e ne detta indirettamente la politica del PdCI in
provincia.
Servirà, dopo
una prima parte di mandato turbolento, giustificato anche dal comportamento che
gli alleati hanno avuto nei nostri confronti, terminare la legislatura con più
spirito di collegialità; bisognerà sintonizzarsi tutti sulla stessa frequenza
senza per questo rinunciare ad eventuali rivendicazioni di principio che sono
nella natura delle politiche del PdCI.
Con
l’approvazione del nuovo regolamento delle circoscrizioni occorrerà identificare
compagni che seguiranno più da vicino le problematiche delle singole
circoscrizioni. Dovremo intraprendere contatti con i referenti politici delle
circoscrizioni; ascoltare e riferire istanze provenienti dai cittadini delle
varie zone.
Questa struttura
ci permetterà di arrivare preparati alle elezioni del 2009.
Con il nuovo
sistema elettorale approvato, presenteremo in ogni circoscrizione il nostro
simbolo, nella coalizione del centro sinistra.
Vanno brevemente
segnalate alcune questioni di carattere programmatico:
-
La quotazione di Enìa, orma in dirittura d’arrivo, non ci farà
abbassare la guardia. Occorrerà vigilare che dopo la vendita del 35% della
società non ci saranno nuove dismissioni di quote azionarie. Bisognerà anche
arginare eventuali spinte lucrative che dal mercato potranno mirare ad
incrementare i costi dei servizi per macinare più utili. Va seguito, insieme
alle altre forze di sinistra, il futuro progetto che vuole l’acqua bene di
tutti e, quindi, in mano pubblica al 100%.
- Dopo il ricorso presentato al Presidente della Repubblica,
sulla riduzione delle circoscrizioni da 8 a 5, si dovrà nei prossimi mesi
avviare una nuova raccolta di firme per indire il referendum. Questa iniziativa
che ci vede capofila, ha trovato il consenso di: Idv, Uder e Sdi. Va
riorganizzata la città nei servizi e nelle strutture, tenendo presente una
nuova classificazione del territorio. Se riusciremo in quest’impresa, avremo
non solo contribuito a ridurre una serie di costi, ma anche a snellire e
riorganizzare la Reggio del futuro.
- la raccolta differenziata va estesa a tutto il territorio
comunale e provinciale e l’esperienza della settima circoscrizione del porta a
porta, non del tutto positiva, va modificata. Proponiamo ancora una volta la
nostra proposta che è quella di mette in strada i bidoni della carta, plastica
e vetro, mentre indifferenziato ed umido vanno raccolti con il sistema porta a
porta. Questa proposta, oltre ad annullare il referendum in corso, ridurrebbe
drasticamente i costi del servizio pur
tenendo alta la percentuale della raccolta differenziata.
-
qualcosa è stato già fatto, ma occorre fare ancora di più:
basta al consumo indiscriminato del territorio. Le politiche a favore
dell’ambiente devono essere le fondamenta su cui costruire le politiche degli
enti pubblici.
- la lotta alle povertà, alla richiesta di nuovi diritti,
all’uguaglianza dei servizi, al diritto alla casa, sono le linee guida che
anche nelle politiche locali dobbiamo rivendicare e qui, se ce ne fosse
bisogno, va fatta emergere anche la diversità di vedute che ha il PdCI.
- le politiche impositive, che pure saremo costretti a prevedere
nei prossimi anni, dovranno rimarcare, anche nell’erogazione dei servizi,
sempre di più la progressività impositiva.
- lotta all’evasione locale e la riduzione degli sprechi negli
enti locali e nelle sue partecipate, saranno temi sempre presenti nelle nostre
politiche di bilancio.
Care compagne e
cari compagni, quando i diritti appartengono a pochi non sono più diritti ma
privilegi; e fino a quando le ingiustizie continueranno ad esserci, ci sarà
bisogno in Italia e nel mondo di un antidoto che le combatta.
Questo antidoto
si chiama: comunismo!
Donato
Vena
(Segretario
Provinciale uscente del PdCI)