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Documenti di approfondimento » speciale scuola  

bt1_speciale.gif Riforma della scuola

New.gif RIFORMA DELLA SCUOLA SECONDO GOVERNO

di Alan Albertosi*

Con il decreto legge 137 del 1/09/2008 il Ministro Gelmini ha iniziato a dare esecuzione alle decisioni di politica scolastica prese dal Ministro Tremonti, in particolare con la legge 133 del 06/08/2008 (conversione del decreto legge 112) che contiene il taglio di otto miliardi di euro delle spese per l’istruzione attraverso la riduzione degli organici.

Il contenuto e le conseguenze di tali provvedimenti contribuiscono ad esplicitare il disegno autoritario perseguito dal Governo, evidente peraltro anche nei provvedimenti relativi alle politiche del lavoro e contrattazione collettiva.

Il decreto legge n. 137/08 abolisce il modello di organizzazione didattica della scuola elementare reintroducendo il “maestro unico”.

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Un tempo (anni Cinquanta e Sessanta) il singolo maestro o la singola maestra erano gli unici titolari della classe: ogni maestra/o insegnava tutte le materie, affrontava tutti i problemi della didattica e dalla classe, con un orario di lezione di 24 ore settimanali: dalle otto di mattina alle dodici. La scuola era pertanto molto selettiva perché un'unica figura, e per poco tempo, non era in grado di approfondire le conoscenze né di limitare la dispersione scolastica intervenendo sulle fasce più deboli di scolari. Poi, proprio attraverso la sperimentazione della pluralità docente nel Tempo Pieno degli anni Settanta si è visto che la collaborazione e suddivisione dei compiti tra docenti limitava l'insuccesso scolastico e migliorava la qualità dell'insegnamento. Così con gli anni Novanta la contitolarità docente è stata estesa a tutta la scuola elementare e gli orari di funzionamento della scuola elementare vanno da 27 ore ad un massimo di 40.

Va anche ricordato che la scuola primaria attuale si trova ai primi posti di qualità nelle statistiche OCSE.

Gli effetti della legge 133/08 saranno pesantissimi per tutti gli ordini e gradi di scuola, chiamati a dare il proprio “contributo” ad una manovra che ridurrà di 87.000 unità gli insegnanti e di circa 45.000 il personale ATA, vanificando le attese di migliaia di lavoratori precari. I tagli del personale, attuati in presenza di un sensibile aumento degli alunni in tutti gli ordini di scuola, soprattutto in alcune regioni, significa crescita consistente degli alunni in ogni classe e la conseguente impossibilità per i docenti di svolgere un lavoro di qualità. Si ridurrà così il tempo scuola nella scuola elementare e nelle materne statali, con una inevitabile riduzione delle esperienze di tempo pieno nella scuola primaria. Nelle scuole medie tagliando il tempo prolungato e nelle scuole superiori con la diminuzione delle ore di lezione si snatureranno gli istituti professionali e tecnici favorendo il modello dei licei. Siamo di fronte alla decisione di smantellare progressivamente il sistema della scuola pubblica definito dalla nostra Costituzione. Una scuola diversa, quindi, nella quale i più deboli economicamente e socialmente saranno penalizzati ed espulsi precocemente.

Il tempo scuola, che viene pesantemente ridotto dalle norme e dai tagli del personale, è un elemento fondamentale di eguaglianza fra i cittadini, ed è servito e serve per dare una risposta sociale e di sistema a diverse richieste sociali:

Una maggiore quantità e qualità dell’istruzione e’ connaturata ad una società dove la piena occupazione ed il lavoro femminile sono una reale conquista. Tagliare il tempo e la qualità della scuola pubblica significa anche ridurre gli spazi reali alla occupazione femminile.

Un tempo scuola prolungato e lungo che non sia un semplice parcheggio, ma uno strumento vero di promozione sociale e che consenta, quindi, la diminuzione costante della dispersione e dell’insuccesso scolastico, permettendo a tutti i ceti sociali l’accesso ai più alti livelli dell’istruzione, come previsto dalla Carta Costituzionale.

Una diffusa soluzione al problema dell’integrazione (e della non separazione) delle ragazze e dei ragazzi disabili.

Un approccio multiculturale a partire dalla scuola materna, per tener conto dell’affluenza sempre maggiore di stranieri nella scuola italiana

Per quanto riguarda l’Emilia Romagna (con tagli al momento quantificabili in circa 7000 insegnanti e circa 3500 ATA) l’impatto complessivo delle misure decise dal governo sarà particolarmente disastroso sul piano sociale e dello sviluppo, in quanto verrà amplificato dalle dimensioni e dalla qualità del sistema scolastico caratterizzato da:

Una elevatissima frequenza degli alunni nel sistema pubblico.

La diffusione di un sistema scolastico con tempi lunghi dalla scuola materna alle superiori.

La frequenza degli alunni disabili è favorita e strutturata come in poche altre realtà.

Nelle scuole dell’Emilia Romagna siamo in presenza del maggior numero di alunni stranieri rispetto al panorama italiano.

Le scuole professionali e tecniche della regione, proprio per il legame stretto che c’è tra sviluppo economico e sociale e rete scolastica, sono capillarmente diffuse e rappresentano un importante e decisivo elemento dello sviluppo economico e sociale della nostra regione e veicolo importante di accesso all’Università.

L’attuale governo sta riscrivendo un tratto fondamentale della nostra Costituzione che riconosce la scuola statale come un diritto universale. Con la scuola che nasce dalla manovra attuale le differenze di reddito peseranno ancora di più. Una norma della manovra economica per il 2009 prevede che l’obbligo d’istruzione si possa assolvere anche nei corsi di formazione professionale privati e si cancella ogni vincolo per questi: non più obbligati a seguire i programmi nazionali né a rispettare alcuni standard minimi di qualità.

I lavoratori della scuola sono chiamati, assieme a tutti i lavoratori e ai loro sindacati confederali, ad un’intensa campagna di mobilitazione non solo per opporsi a una manovra di inaudita pesantezza, ma anche per riscattare il dibattito sulla scuola dai livelli di grossolana superficialità che lo contraddistinguono in questo momento.

* FLC CFIL Reggio Emilia - www.flcgil.it

SCUOLA: ALCUNE PRECISAZIONI A PROPOSITO DEL MINISTRO GELMINI

Ministro: La spesa è fuori controllo.

Non è vero! In questi anni la spesa per la scuola è costantemente diminuita. Dati MPI dicono che negli anni '90 era il 3,9-4,0% del PIL, ora è del 2,8% del PIL

Ministro: Aumentano i docenti, diminuiscono i bambini.

Non è vero! Dall'anno scolastico 2001/02 fino all'anno scolastico 2007/08 gli alunni sono costantemente cresciuti mentre i docenti sono calati del 4-5% (dati MPI)

Ministro: Il 97% della spesa per la scuola è destinata agli stipendi

Non è vero! La spesa per l'istruzione è composta da 42 mld dello stato, più 10 mld di regioni ed enti locali, in totale 52 mld. Per lo stipendio del personale si spendono 41 mld, che su 52 mld complessivi rappresentano il 78,8% del totale, una percentuale al disotto del 79%, che è la media europea.

Ministro: Vogliamo riqualificare la spesa per la scuola

Che cosa centra la riqualificazione con i tagli?, meno scuola, meno tempo, meno flessibilità, meno docenti, più moralismo bacchettone, meno educazione e più punizioni, non c'entrano nulla con la riqualificazione della scuola.

Ministro: I bambini hanno bisogno di un punto di riferimento, trascorrono troppo ore sui banchi

Hanno dunque sbagliato tutti, pedagogisti e insegnanti che hanno lavorato per decenni su una scuola elementare all'altezza dei tempi, più ricca e più vicina ai bisogni dei bambini e delle famiglie. Hanno sbagliato i bambini che amano la loro scuola, le famiglie che la difendono.

Ministro: Faremo corsi di formazione per gli insegnanti del sud, dove gli esiti OCSE danno risultati di apprendimento degli alunni più bassi

Gli insegnanti del sud lavorano in buona parte nelle scuole del nord dove gli esiti sono piuttosto lusinghieri, oppure si pensa di fare esercitazioni sui test OCSE?


New.gif Discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale (Adsn), a Roma l’11 febbraio 1950

Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuole istituire, senza parere, una larvata dittatura.

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Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori di quelle di stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private.

A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. ( ... )

Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina.

L’operazione si fa in tre modi: rovinare le scuole di stato; lasciare che vadano in malora; impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico.

Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico.

Pubblicato nella rivista Scuola Democratica, 20 marzo 1950.


New.gif Sono pronta a diventare una MAESTRA UNICA!

Finalmente non dovrò più confrontarmi con i miei colleghi che, a volte, mi presentano punti di vista diversi, costringendomi ad analizzare meglio le situazioni. Capite bene che non avrò il tempo, né la possibilità, di occuparmi di quei bambini in difficoltà che, nel piccolo gruppo, riuscivano a dare il meglio di sé.

Finalmente gli alunni della mia classe saranno tutti uguali: stesse esigenze, stessi tempi, stessi percorsi educativi, perché, da sola, dovrò essere uguale per tutti.

Finalmente nessuno mi farà sentire in colpa se non potrò portare i miei alunni al cinema, a teatro, al museo, alle iniziative promosse dal territorio e potrò restare in classe, dietro la mia cattedra, a svolgere una lezione che, senz’altro, sarà più interessante e coinvolgente.

Finalmente non dovrò più gestire mense faticose e pomeriggi di lavoro perché, probabilmente, io sarò la maestra del mattino e qualcun altro si occuperà del dopo-scuola, facendo eseguire i compiti che assegnerò.

Finalmente non dovrò partecipare ad approfonditi corsi di aggiornamento specifici; basterà una “infarinata” ogni tanto, su un po’ di tutto, perché possa fare di tutto un po’.

Finalmente non dovrò passare i miei pomeriggi a programmare, a scuola, progetti di recupero e arricchimento, progetti di continuità, progetti con esperti esterni volti a migliorare l’offerta formativa perché, tanto, non ci saranno né compresenze, né fondi per finanziarli.

Finalmente mi basterà contare gli errori ed esprimere un voto numerico per valutare il lavoro dei miei alunni. Ho sempre considerato un’inutile perdita di tempo quei giudizi in cui dovevo spiegare i progressi, le difficoltà, le strategie messe in atto da ognuno per il raggiungimento degli obiettivi. Tanto ai genitori interessa sapere quante cose ha imparato il loro figlio e non competenze e le abilità che ha acquisito.

Finalmente non dovrò più dilungarmi in inutili ed estenuanti discussioni con l’obiettivo di far capire e interiorizzare le regole di convivenza democratica, mi basterà esprimere alle famiglie il mio disappunto con un voto in condotta, prenderanno loro le misure che riterranno più opportune, d’altra parte è compito della famiglia trasmettere le regole della buona educazione!!!

E allora… non è poi tanto male questa riforma, i nostri alunni saranno senz’altro più competenti, più preparati, più dotati degli strumenti indispensabili per affrontare il futuro.

E se qualcuno si perde per strada…. Pazienza!

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