Irresponsabile
il boicottaggio di Israele
Caro
Direttore, chiunque abbia una coscienza democratica e voglia
rivendicarla non può avere dubbi. Deve respingere nel modo più
netto ed esplicito il boicottaggio nei confronti del Salone del Libro
di Torino, «reo» di aver dedicato l’edizione 2008—
nel 60˚ anniversario della nascita dello Stato ebraico—a Israele e
alla sua letteratura. Si deve dire no perché quel boicottaggio
contesta lo strumento insostituibile e primario di qualsiasi
convivenza civile: è attraverso i libri che il pensiero
trasmette conoscenze, sapere, idee, cultura. I libri sono lo
strumento con cui ogni civiltà e ogni popolo ha costruito la
propria identità e ha conosciuto e riconosciuto le identità
diverse da sé. Negare il libro significa negare ogni
possibilità di dialogo, di socializzazione, di scambio, di
relazione. È negare tutto ciò che è diverso da
sé, proponendo così un mondo oppresso da integralismi,
intolleranze, fanatismi e discriminazioni.
Non
a caso ogni volta che si è voluto reprimere un popolo o una
cultura o una religione, se ne sono bruciati i libri. E non a caso
quell’odioso boicottaggio oggi è rivolto contro Israele,
simbolo di un’identità che — proprio attraverso il Libro—è
riuscita a sopravvivere a secolari discriminazioni, persecuzioni e
pogrom e perfino all’immane tragedia dell’olocausto. Un
boicottaggio che— inaccettabile in ogni caso contro chiunque, quale
che sia la sua opinione e la sua identità —risulta ancora
più stolido e assurdo rivolto contro scrittori come Amos Oz,
David Grossman, Abraham Yehoshua, Meir Shalev e tanti altri i cui
libri contribuiscono ogni giorno ad affermare nel mondo libertà,
tolleranza, solidarietà, multiculturalità, apertura
all’altro e al diverso.
Ed
è proprio questa la dimostrazione che quel boicottaggio ha
l’esplicito significato di negare l’identità di Israele e
il suo diritto a esistere. Il che deve rendere il boicottaggio tanto
più inaccettabile proprio per chi—a sinistra—si dichiara
in favore di una pace per due popoli e si batte perché anche i
diritti dei palestinesi siano riconosciuti. Non si può mai
dimenticare che in Medio Oriente il conflitto non è tra un
torto (la pretesa di Israele a esistere) e una ragione (l’aspirazione
palestinese ad avere una patria), ma tra due ragioni. Sì,
perché il conflitto in quella terra è tra due diritti:
Israele ha diritto a vivere senza paura dei propri vicini, sicuro
definitivamente del proprio futuro; e i palestinesi hanno diritto a
vivere in un loro Stato indipendente. Sono due diritti ugualmente
legittimi e soltanto riconoscendoli entrambi, entrambi potranno avere
soddisfazione. Tant’è che ogni soluzione di pace ruota
intorno al principio «due popoli, due Stati».
Chi
invece per affermare il diritto dell’uno nega il diritto
dell’altro, non lavora per la pace ma per tenere irrisolto
all’infinito un conflitto che ogni giorno è fonte di nuove
sofferenze. Per queste ragioni al boicottaggio bisogna dire no. E
quanto sarà più forte e corale, tanto più sarà
possibile liberarsi di manicheismi culturalmente rozzi e
politicamente irresponsabili.
Piero
Fassino