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Medio Oriente » Newroz Piroz Be  

UNA REALTA’ IGNORATA: IL POPOLO KURDO (I parte)


NEWROZ PIROZ BE!  (II°parte)
di Mirca Garuti

 

Il Newroz (Nuovo giorno) è un’antica festa di primavera dei popoli mesopotamici che per la popolazione curda coincide con il loro capodanno. Nasce da una leggenda che narra della ribellione contro un re dispotico e sanguinario.

C’era una volta un re tiranno Zuhak, signore del paese di Sharazur. Sulle sue spalle il dio delle tenebre Arimane aveva fatto crescere due orridi draghi.  I due demoni erano sempre affamati e causavano al re un costante feroce mal di testa. Per placare tale tormento Zuhak necessitava ogni giorno di due cervelli di ragazzo da dar loro in pasto. Kawa, un umile vecchio e saggio fabbro del villaggio, padre di nove figli, quando gli portarono via l’ultimo figlio, decise di ribellarsi.  Sventolando il grembiule di cuoio come una bandiera, condusse il suo popolo alla rivolta, che trova finalmente così il coraggio di reagire. Il tiranno fu imprigionato nella caverna del monte Dayamand ed ebbero così salva la vita tutti i giovani che Zuhak aveva rinchiuso nelle sue prigioni. Per comunicare la vittoria alla popolazione curda, sparsa tra le montagne, furono accesi dei fuochi in segno di gioia. Da quei ragazzi si dice abbia avuto origine la stirpe Kurda.”

In onore di Kawa e della libertà, da allora il 21 marzo d’ogni anno, nelle città del Kurdistan si accendono migliaia di fuochi del Newroz, il capodanno che ricorda la liberazione dalla tirannia e celebra la cultura curda. E’ la festa del fuoco che segna la fine dell’oscurità, la rinascita della luce e della vita e rappresenta l’occasione per questa minoranza, di rivendicare i propri diritti e la propria identità nazionale.  Donne e uomini allacciano i mignoli e uniti in lunghe file, si arrotolano e si srotolano in spirali, al ritmo ipnotico dei tamburi e del baglama.   Per questo motivo tali manifestazioni non sono sempre state accolte con tolleranza. I primi a cercare d’impedire queste danze promiscue furono gli arabi, quando mille anni dopo la rivalsa di Kawa, arrivarono ad imporre con la forza il culto musulmano sunnita. Poi furono Gengis Khan, i selgiuchidi turcomanni, Timur Lang ed infine gli osmani o ottomani, ovvero i turchi di Osman il sultano, sopravissuti alle orde mongole. Ci sono state due guerre mondiali e sono arrivati gli americani ed i russi a reclamare le scorte di carburante per i loro carrarmati. Il popolo curdo ha subito poi la guerra Iran-Iraq, la Jihad dell’Ayatollah di Persia Khomeini, il regime militare turco e la dittatura di Saddam Hussein. Sono trascorse più di mille lune e, ancora la guerra imperversa per mantenere il caos in una terra che ha ricevuto la grazia del petrolio, del passaggio dei traffici d’eroina e delle grandi sorgenti di due fiumi la cui acqua può diventare strumento diplomatico molto prezioso, se incanalata e controllata con rubinetti chiamati “Grandi Dighe”. (Fonti bibliografiche: “Kurden People” di Marina Girardi- edizioni comma22)

   

Il Newroz 2012 nella regione del Kurdistan è stato la mia prima esperienza diretta. Sono arrivata a Diyarbakir (Amed nella lingua curda) con la delegazione italiana dell’associazione Uiki il 17 marzo, per partecipare ad alcune celebrazioni di questa festa. Durante il nostro primo incontro, la sera stessa, con uno dei rappresentanti del partito BDP, siamo stati informati che il Newroz non era autorizzato dal prefetto. Il 15 marzo il governo turco aveva, infatti, emanato un ordine con il quale vietava tutte le celebrazioni del Newroz al di fuori del 21 marzo lasciando alle questure delle diverse città le modalità da seguire. Motivo ufficiale: “Il BDP, il partito filo-curdo che ha diversi deputati nel Parlamento di Ankara, vuole strumentalizzare queste celebrazioni per creare uno scontro con il governo”.  La festa, quindi, del partito d’opposizione era decisa dal partito di governo! Questo divieto non ha, però fermato la volontà del popolo curdo, il Newroz è stato celebrato quando e dove il partito curdo BDP aveva deciso di farlo. Il giorno dopo, il 18 marzo è stato, infatti, festeggiato il Newroz a Diyarbakir. La nostra delegazione, divisa in piccoli gruppi, ha cercato di raggiungere il luogo prestabilito per le celebrazioni. Non è stato facile!  Arrivati al quartiere di Baglar, siamo stati fermati dalla polizia in tenuta antisommossa che cercava d’impedire a noi ed ai manifestanti l’accesso alle varie strade che portavano alla spianata e, sono iniziate così le cariche con i lacrimogeni CS e gli idranti dai watercannon.

 

  

La negazione di questa ricorrenza non ha però fermato la determinazione di centinaia di migliaia di persone che, nonostante tutto, sono riuscite a raggiungere la spianata di Baglar, sottomunicipalità di Diyarbakir, onorando così la festa nazionale e rivendicando, ancora una volta, i propri diritti politici, linguistici e culturali. Anche la nostra delegazione, insieme a tutta quella moltitudine di donne, uomini, bambini, anziani, sfidando il divieto governativo, attraverso viuzze e strade di campagna, per aggirare i blocchi della polizia, è arrivata al luogo della celebrazione del Newroz. Non nascondo di aver provato paura ed ansia. L’esercito turco è, grazie anche agli armamenti per la maggior parte italiani e tedeschi, il più forte del mondo dopo quello degli Stati Uniti. Ma la determinazione, il coraggio che si leggeva negli occhi delle persone che incontravamo per la strada, che ci ringraziavano solo per il fatto che eravamo lì con loro, mi hanno dato la forza ed il coraggio di proseguire e di sfidare la brutalità, la prepotenza della polizia per arrivare, insieme a tutta quella marea di gente, a conquistare, anche solo per un giorno, un momento di libertà per gridare “Non siamo terroristi, siamo il popolo Kurdo”.
Camminare tra la gente per arrivare alla spianata di Baglar è stato veramente molto emozionante e coinvolgente. Intorno a noi solo colori e gioia. Arrivati alla spianata, mentre cercavamo di raggiungere il palco, sempre accompagnati da un membro del partito BDP, le persone presenti hanno iniziato ad applaudire il nostro passaggio alzando una mano con due dita aperte per indicare la “V” di Vittoria. La commozione è stata grande. Ho risposto ringraziando e salutando con una mano sul cuore. Sono io che devo applaudire la loro resistenza a tutta la brutalità subita da sempre! E’ il popolo curdo che continua a morire, a subire violenze e torture, non certo io, che posso ancora vivere tranquillamente. L’inizio dei festeggiamenti ha coinciso con il minuto di silenzio con le mani alzate, sempre in segno di vittoria, in onore di tutti i martiri. Lo slogan più gridato “Biji Serok Apo” (viva il Presidente Apo) ha accompagnato tutta la manifestazione. La vista della gente dal palco si potrebbe definire “sconvolgente”: un enorme fiume umano colorato, festoso, unito (si parla di quasi un milione di persone). Ad un certo punto sono arrivati anche i bus del partito BDP con i dirigenti e parlamentari che, a passo d’uomo, si facevano largo tra la folla. La festa è terminata verso le 15,30 e, la folla ha cominciato a defluire lentamente formando diversi numerosi cortei, diventando “appetibili” per la polizia. Infatti, non sono mancate in diversi quartieri della città, provocazioni, scaramucce e scontri, durati fino a sera. In particolare, alcuni delegati italiani hanno assistito al pestaggio e all’arresto di un ragazzino nelle periferie, dove gli scontri sono stati più diffusi e continuati. Secondo l’agenzia di stampa Diha, a Diyarbakir ci sono stati 4 feriti ed 11 arresti, mentre nello stesso giorno ad Istanbul 159 arresti ed un morto, un politico locale del partito BDP ucciso da un lacrimogeno sparato ad altezza d’uomo.

FOTO NEWROZ DIYARBAKIR

Nei giorni successivi ci sono state celebrazioni in altre città ed alcuni componenti della rete italiana di solidarietà con il popolo curdo hanno potuto testimoniare che, per esempio nella città di Mersin la polizia è intervenuta senza alcun preavviso assaltando con lacrimogeni ed idranti le migliaia di persone che si erano radunate. Ertugrul Kurkcu, deputato eletto in città, è stato duramente picchiato dalla polizia. A Dersim invece la situazione è stata tranquilla, un po’ di tensione ma, in generale buona. E’ stata una manifestazione molto politica e ben organizzata (i poliziotti offrivano fiori alle donne). A Nusaybin, invece, la delegazione italiana presente racconta nel sito: http://azadiya.blogspot.it/2012/03/delegazione-italiana-nusaybin.html la giornata del 20 marzo.

  

Il gruppo di cui facevo parte, il 21 marzo doveva partecipare al Newroz di Yuksekova, ma non è stato possibile, perché così ci ha raccontato il giorno dopo lo stesso sindaco Ercan Bova, il partito BDP aveva deciso di festeggiarlo il giorno 20. La Prefettura naturalmente ha negato l’autorizzazione per attenersi all’ordine emanato dal governo qualche giorno prima e, disposto, nello stesso tempo, anche una piazza diversa da quella decisa dal partito. Il popolo curdo di Yuksekova non ha eseguito le direttive della prefettura ed è sceso nella piazza prevista nel giorno da loro stabilito. La polizia ha risposto molto duramente: gas lacrimogeni, getti d’acqua e proiettili veri. Gli scontri sono stati molto cruenti e sono continuati tutto il giorno. La gente ha voluto così protestare contro questi divieti. Per questo motivo ci siamo diretti verso Akkari, dove siamo riusciti a partecipare al Newroz, non senza qualche difficoltà.  Dalla strada che da Roboski porta ad Akkari, sul ponte del fiume Habur/Khabur, siamo stati fermati in un primo posto di blocco. Dopo un rapido controllo dei nostri documenti da parte dei militari, abbiamo proseguito il viaggio; superato poi altri cinque posti di blocco, senza essere fermati, siamo arrivati così a pochi chilometri dalla città, dove siamo stati bloccati da poliziotti in borghese. Come di consueto, sono saliti sul pulman, hanno preso i documenti per i dovuti controlli, li hanno restituiti, consigliandoci però che sarebbe stato preferibile che non andassimo ad Akkari. Questo perché i ragazzi curdi che avevano già iniziato a tirare i sassi, li avrebbero scagliati contro il nostro pulman “straniero”. Naturalmente gli è stato risposto che avremmo proseguito ugualmente, ed a questo punto, il loro atteggiamento nei nostri confronti è cambiato: hanno fatto scendere tutti con la motivazione che dovevano perquisire l’autobus, anche senza un mandato. La situazione si è sbloccata dopo circa un’ora e mezza, grazie ad una telefonata all’ambasciata italiana ed alla presenza di due avvocati dell’IHD (associazione per i diritti umani fondata nel 1986 da intellettuali curdi e della sinistra turca all’indomani del colpo di Stato) giunti prontamente sul posto da Akkari. Questo è solo un piccolo esempio di vita quotidiana che può aiutarci a comprendere come sono costretti a vivere i curdi in questo paese. In 150 chilometri abbiamo superato ben 7 posti di blocco, dove, oltre la presenza di piccole fortificazioni, sacchi di sabbia, carri armati e militari, si deve anche tenere conto del loro umore. I curdi, a differenza di noi, non hanno ambasciate a cui rivolgersi, in caso di soprusi! Riusciamo finalmente a riprendere il nostro viaggio in direzione d’Akkari. Ci precede l’auto dei due avvocati. All’ingresso della città incontriamo veramente i ragazzi che prima avevano preso a sassate la colonna dei blindati che era transitata, in direzione di Akkari, quando eravamo fermi al posto di blocco. Al nostro passaggio, (avevamo acceso le luci all’interno dell’autobus per essere riconoscibili) invece, ci hanno salutato molto calorosamente, sempre con le mani in alto in segno di Vittoria, come per ringraziarci di essere con loro. 

La mattina dopo, 21 marzo, primo giorno di primavera, abbiamo partecipato al Newroz di Hakkari. Appuntamento al municipio. E’ stata una bellissima giornata. Ci siamo trovati con decine di migliaia di persone, donne, bambini, ragazzi, uomini ed anziani per partire insieme in corteo diretti alla spianata della celebrazione. Canti, balli e discorsi politici hanno caratterizzato tutta la giornata fino al pomeriggio. Tutti chiedevano una fotografia. Mi porterò dentro per sempre i loro sorrisi, la loro forza ed il loro coraggio. Tutto per fortuna è terminato senza incidenti. Ma anche qui, il democratico governo della Turchia ha voluto lasciare la sua impronta di stato forte ed autoritario. Il capo della polizia ha minacciato la nostra delegazione di espellerci dal paese se il nostro capo gruppo avesse letto il discorso che era stato preparato. Con questa intimidazione, Antonio si è limitato ad offrire alla popolazione di Akkari solo i nostri saluti. Inizialmente la polizia aveva anche sequestrato le bandiere del partito BDP perché avevano i colori del Kurdistan. I dirigenti del partito, come risposta di fronte a questo atto provocatorio, hanno minacciato di annunciare la fine dei festeggiamenti, sollevandosi da ogni responsabilità dalle possibili reazioni dei giovani. A questo punto, la polizia ha preferito riconsegnare le bandiere.

 (continua…)

FOTO NEWROZ AKKARI

28/04/2012

 


 

INCONTRI CON UNA REALTA’ IGNORATA:
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(III parte)

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