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Medio Oriente » Appendice: documento carceri turche  

 

(Torna alla 3° parte - VERSO IL KURDISTAN: INCONTRI E TESTIMONIANZE)

Da “INCONTRI CON UNA REALTA’ IGNORATA: IL POPOLO KURDO di Mirca Garuti
(pubblicato su www.alkemia.com  il 30/06/2012 )




Lo stato turco, come membro della Nato e fedele alleato degli Stati Uniti d’America, nella guerra al terrorismo doveva adeguarsi a Stato moderno democratico, anche nell’organizzazione delle carceri, introducendo, per esempio, l’isolamento. L’esempio lo poteva trovare osservando il sistema carcerario americano e spagnolo, non ignorando neppure la vecchia ma sempre moderna e praticata tortura, ottenendo così anche il rispetto del governo americano che regalò ad Ankara armi ed elicotteri di propria fabbricazione. Nel 1996 fu introdotta la prima cella di tipo “F”. Quest’innovazione aveva l’obiettivo d’isolare i prigionieri politici da quelli comuni, cosa impensabile con il vecchio sistema dato, l’altissimo numero di prigionieri nelle celle comuni. I detenuti, contrari a questo nuovo ordine, protestarono con uno sciopero della fame che coinvolse 69 persone. Morirono in 12, ma riuscirono a far chiudere il carcere appena sorto. Le rivolte furono numerose e tutte violentemente represse dai secondini, dalle forze di sicurezza rapida, dalle squadre anti-sommossa, con armi da fuoco e liquidi infiammabili. I casi più eclatanti furono le ribellioni del ’95– ’96 e ’99 che causarono la vita a molti detenuti ed il ferimento di centinaia di altri prigionieri che furono torturati, stuprati, mutilati, resi irriconoscibili. Per le lotte contro un carcere fuori d’ogni regola, lo strumento utilizzato dai detenuti in Turchia è lo sciopero della fame.

In queste carceri lo scopo è arrivare all’isolamento totale della persona fino al suo completo annullamento. Oggi in Turchia ci sono 12 carceri speciali (il carcere di Van è stato evacuato a causa del terremoto). I prigionieri vivono in totale isolamento, senza nessuna possibilità di comunicazione neppure tra loro e sono quindi esposti a tutte le più distruttive pratiche esistenti di tortura. I detenuti quando arrivano qua, per prima cosa sono obbligati a spogliarsi completamente, nonostante abbiano già superato capillari controlli. Il mettere a nudo i prigionieri, era la tattica usata dai nazisti nei campi di concentramento. Rappresenta il modo più diretto per far sentire il detenuto che, da quel momento in poi, non sarà più considerato un essere umano, ma solo una “cosa” senza nessun diritto e nessuna dignità.  I detenuti spesso oppongono resistenza, rifiutano di spogliarsi, incuranti della reazione violenta dei poliziotti che, per prima cosa, li picchiano furiosamente con i bastoni, poi li mettono in totale isolamento in una cella singola per tre settimane. In queste carceri non possono esserci né minorenni né donne, ma in realtà i minorenni ci sono perché l’età è stabilita dai giudici e non risulta dalla carta d’identità. In Turchia esiste un ergastolo normale, che significa una pena fino a 36anni, e quello grave che va fino alla morte. Le donne sono maltrattate e violentate spesso durante i trasferimenti nelle carceri o negli ospedali e sono più di mille.
La politica di tipo F è una politica di totale spersonalizzazione. Il detenuto è obbligato a presentare per qualsiasi richiesta una domanda scritta che sarà soddisfatta solo se ha rispettato scrupolosamente tutti gli ordini della direzione carceraria. In carcere sono previste attività sociali, ma i detenuti politici hanno paura perché è sufficiente cantare una canzone ritenuta popolare per ricevere una punizione che può essere il divieto di comunicare con i propri familiari anche per tre mesi. I detenuti politici sono spesso costretti a chiedere ai loro familiari di interrompere le loro visite per non dover sempre subire molteplici ed umilianti perquisizioni da parte delle guardie. La vita d’inverno nelle carceri speciali è molto dura, non c’è riscaldamento e manca l’acqua calda. I medici sono scelti tra i militari che hanno prestato servizio in Kurdistan, sono molto giovani con poca esperienza e, per qualsiasi problema dispensano ai detenuti psicofarmaci. Il signor X, per esempio, in carcere ha avuto problemi di cuore, ma è stato mandato in cura dallo psicologo. La cosa positiva è quella che, in una situazione simile, si è creata una rete importante di solidarietà tra i detenuti politici e quelli comuni. X continua a ripetere che è molto difficile raccontare in modo capillare la vita d’ogni giorno vissuta in carcere perché troppe sono le cose che succedono. Le autorità turche, attraverso questi sistemi, vogliono principalmente separare i detenuti dalla famiglia e, per questo, prima di tutto sono inviati in un carcere che risiede in un’altra zona rispetto alla propria residenza. In questo modo per la famiglia diventa molto difficile e costoso poter continuare le visite ai propri detenuti.
Secondo i dati del Ministero di Giustizia nel 2011 sono morti in carcere per mancanza di cure 364 prigionieri e negli ultimi 10anni sono morti 1752 persone. Oggi ci sono più di 100 detenuti malati di cancro ed altre malattie gravi. Nel 1992 il totale dei detenuti tra politici e comuni era di 52.000, oggi di 126.000, di cui 12.000 politici e tra questi 6.400 appartenenti all’organizzazione del KCK. Gli aderenti al KCK non sono guerriglieri, ma sono sindaci, consiglieri, insegnanti, deputati, professionisti, semplici cittadini, tutti della società civile. Alcuni studenti per aver fatto uno striscione con la richiesta d’istruzione gratuita sono stati condannati a due anni di carcere con l’accusa di terrorismo e di separatismo.
La nostra conversazione continua esaminando anche l’aspetto legato alla situazione dei 95 giornalisti che si trovano in carcere. La Turchia, in fatto d’arresti della carta stampata, riesce a superare anche la Cina. Le autorità turche, secondo una recente dichiarazione del ministro degli Interni, in 60anni hanno vietato più di 22.600 libri. Secondo il rapporto dell’IHD, 11.994 persone, nel 2010, hanno subito un processo per “propaganda d’organizzazioni terroristiche” e 6.504 siti Internet, nel 2011, sono stati bloccati peggiorando notevolmente la situazione della libertà d’espressione. Secondo l’agenzia Bianet, sono stati confiscati sette quotidiani per 11 volte, vietati o confiscati tre libri, nove manifesti e due banner, ed un libro è stato oggetto d’indagine. Inoltre, le Autorità hanno ammonito 33 canali televisivi 41 volte e 3 volte una radio. La polizia, sempre secondo l’IHD, nel corso del 2011, ha fatto irruzione in ben sedici sedi dei mass media in Turchia. La Piattaforma per la Libertà dei Giornalisti ha rilasciato il 26 giugno scorso una dichiarazione scritta per annunciare una marcia per chiedere la libertà per più dei 100 esponenti dei media incarcerati in Turchia. La marcia ha avuto luogo il 29 giugno ultimo scorso. La Turchia si è quindi trasformata nella più grande prigione per giornalisti, così come per esponenti dei sindacati, avvocati, rappresentanti eletti, studenti, donne e bambini. Il silenzio dei governi occidentali ha certamente aiutato quest’operazione.

Lettera di un giornalista arrestato: http://kurdistanturco.wordpress.com/2012/06/17/lettera-da-un-giornalista-arrestato/

Parlare d’ingiustizia in Turchia si è rivelato un lavoro immenso, poche pagine scritte sono certamente insufficienti, ma sono abbastanza da far capire, a chi ritiene la Turchia un paese democratico, a chi la vorrebbe in Europa ed a chi la crede difensore dei Diritti del popolo palestinese o meglio, come dice Erdogan, di tutti i popoli oppressi, il vero volto di questo paese, osservando cosa sta facendo al popolo curdo ed ai difensori dei Diritti Umani curdi. La Turchia è un paese pericoloso anche per i lavoratori, nonostante la situazione economica vantata dal governo ed osannata dall’Occidente, perché si continua a morire per lavorare: 238 morti dall’inizio del 2012, e in nove anni, quasi 10.300. Secondo l’Ufficio Internazionale del Lavoro, ogni anno muoiono 2,2milioni di lavoratori in tutto il mondo, per infortuni sul lavoro o per malattie professionali, quasi 5000 persone il giorno. La Turchia si trova al primo posto nella lista tra i paesi europei ed è classificata terza al mondo.  Il 9 marzo, undici lavoratori sono morti in un incendio che ha distrutto la tenda che utilizzavano per trascorrere la notte, presso la sede di un importante centro commerciale di Esenyurt, ad Istanbul. Il 27 aprile, il deputato del BDP Ertugrul Kurkcu, ha chiesto la creazione di una commissione parlamentare d'inchiesta per determinare le cause della recrudescenza di tali incidenti: "Bassi salari, tempi di lavoro estenuanti che si spingono fino a 14 ore, la mancanza di sicurezza sociale, l’assenza di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si abbattono su più di 10 milioni di persone", ha detto l’Onorevole....I settori più colpiti sono l'edilizia, l’energia, l’industria metallurgica e il settore dei servizi……Il dipartimento non sta facendo il suo dovere, evitando di proteggere la vita dei lavoratori, al contrario, sta cercando di indebolire e sciogliere i sindacati. La vita di un uomo non può ridursi a numeri o statistiche, nulla è più importante della vita umana”.  Attualmente, quaranta sindacalisti sono “ospiti” nelle prigioni turche. Il Ministro della Giustizia, Ergin ha pubblicato questi dati: al 31 dicembre 2000 sono stati registrati 49.512 detenuti nelle carceri turche, nell’aprile 2012 il numero è salito a 132.060 (95.652 detenuti e 36.408 detenute). A questo punto, la famosa frase di Voltaire “ Non fatemi vedere i vostri palazzi, ma le vostre carceri perché è da esse che si misura il grado di civiltà di una nazione” è la risposta più semplice alla domanda: la Turchia è un paese democratico e libero?
L’ultimo argomento che affrontiamo con il signor X è lo sciopero della fame in corso, all’interno e all’esterno delle carceri in Turchia e, come solidarietà, a Strasburgo. Lo sciopero della fame in carcere in Turchia è uno strumento ricorrente e molto utilizzato per avanzare legittime richieste, anche se non ottiene quasi mai dei risultati positivi. X conferma che ormai siamo arrivati al 123esimo giorno. Questa è la risposta alla totale indifferenza del governo turco nei confronti degli scioperi della fame a tempo determinato, avvenuti tra il 1° dicembre 2011 ed il 15 febbraio 2012 da circa 8.000 prigionieri politici curdi.  Il movimento di protesta si è poi rafforzato, trasformandosi in uno sciopero della fame ad oltranza.  Dal 15 febbraio, anniversario della cospirazione internazionale che ha portato alla cattura di Abdullah Ocalan, più di 400 prigionieri politici – continua X – hanno aderito allo sciopero.  Fuori delle mura delle prigioni, dal 20 febbraio in poi circa 20 parlamentari del BDP si sono uniti ai prigionieri, così come anche numerosi sindacalisti, sindaci, membri della società civile e familiari dei detenuti. Centinaia di persone in tutto il paese, in particolare ad Hakkari, Diyarbakir,  Batman,  Istanbul, Van e Sirnak,  hanno deciso di aderire allo sciopero. Decine di curdi provenienti da tutta Europa sono in sciopero della fame ad oltranza dal 1° marzo a Strasburgo per chiedere il rilascio di Abdullah Öcalan e la fine delle strategie d’annientamento che il governo dell'AKP sta attuando ai danni della popolazione curda. Gli 8000 militanti del PKK hanno annunciato che non abbandoneranno lo sciopero se il Governo non risponderà positivamente alle loro richieste. Il Governo turco ed Abdullah Ocalan sono gli attori principali e gli elementi chiave per una soluzione politica della questione curda in Turchia. Nel corso degli ultimi anni, ci sono state delle fasi di negoziazione, ma dal luglio 2011 lo stato turco ha ripreso una politica di totale isolamento nell'isola prigione d’Imrali, in cui è rinchiuso dal 1999 Ocalan ed altri 5 detenuti.  A seguito di tali provvedimenti, tutte le visite ad Ocalan, incluse quelle dei suoi avvocati, sono state negate. Le possibilità di comunicazione verso l’esterno sono estremamente limitate. I suoi avvocati difensori sono sistematicamente sottoposti a processi penali. Fino a questo momento, le Autorità Turche hanno scelto di affrontare la questione Curda, tramite l’uso della violenza e dell’annientamento, rifiutando il dialogo e la negoziazione. Negli ultimi mesi  le operazioni militari transfrontaliere hanno provocato la morte di ben 41 civili e l’Esercito Turco ha utilizzato armi chimiche (in violazione della Convenzione di Parigi), contro le forze della guerriglia Curda.  Le potenze occidentali, che non esitano ad intervenire in Medio Oriente in nome dei diritti umani e della democrazia, improvvisamente diventano cieche, sorde e mute quando si tratta di curdi. E lo stesso vale per le Organizzazioni Internazionali. La diversità con la quale i governi europei hanno reagito di fronte alla notizia dell’inizio dello sciopero della fame il 20 aprile dell’ex primo ministro ucraino Yulia Tymoshenko, è un esempio concreto del detto “due pesi e due misure”.
Il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle ha minacciato di bloccare la ratifica dell'accordo d’associazione UE / Ucraina, il governo austriaco, in un'intervista del 3 maggio, ha deciso di boicottare le partite del campionato europeo di calcio 2012 che si terrà in Ucraina. Per la Tymoshenko si sono tutti mobilitati, dai governi alla stampa e mass media, per i 15 curdi a Strasburbo, che hanno portato avanti lo sciopero per 52 giorni, per i 2000 prigionieri politici curdi che hanno partecipato allo sciopero lanciato dai 400 detenuti dentro le carceri turche e per i 1200 prigionieri palestinesi che hanno iniziato uno sciopero della fame illimitato il 17 aprile per ottenere diritti fondamentali, niente, nessuna reazione, silenzio totale.
L’Onorevole Selma Irma, deputata del BDP, che ha iniziato uno sciopero della fame ad oltranza in carcere, ha spiegato la sua tragica e coraggiosa decisione con queste parole: "Per coloro che hanno menti e cuori aperti le sbarre della prigione o la limitazione nello spazio non significano niente. D’altra parte, coloro che si pongono al servizio della libertà e della democrazia, prima o poi finiscono sempre in prigione. La questione curda è giunta ad un punto in cui solo un processo democratico basato sul dialogo e sulla negoziazione può portare alla pace. Siamo consapevoli che questo sarà un processo lungo e delicato. Da trent’anni a questa parte il nostro popolo sta chiedendo una soluzione democratica. Rispondere a tale domanda è insieme facile e difficile. Ogni processo di pace ha bisogno dei suoi attori e la persona che ha assunto il ruolo di leader del nostro popolo è l’onorevole signor Öcalan. In quanto rappresentanti eletti dal nostro popolo, siamo pronti a svolgere il nostro ruolo in questo processo, mettendo le nostre vite a servizio della causa. Sono preoccupata quanto voi per l’interruzione del processo di pace e dei negoziati con il signor Öcalan. Sono allarmata al pensiero che il genocidio politico contro i curdi messo in atto tramite gli arresti di massa, le esecuzioni, i massacri e le pressioni psicologiche, causerà attriti che porteranno a nuovi scontri fra i nostri due popoli”.
L’Europa ha inoltre dichiarato che le carceri di tipo F sono compatibili con il sistema carcerario europeo.
La presidente di Tuhad ha poi ricordato che gli avvocati dell’associazione sono in carcere e che tre loro dirigenti sono stati messi in libertà da tre giorni, ma il loro processo è ancora in corso.

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