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Medio Oriente » P Chiarini - Ricordo di Stefano  

Un ricordo vivo per Stefano Chiarini
Sergio Cararo

Mi avete chiesto di fare in questa occasione un ricordo di Stefano Chiarini. Mi sento onorato ma anche emozionato per questo compito.
Nella memoria pesa ancora come un macigno quella telefonata che non avrei mai voluto fare il primo pomeriggio di sabato 3 febbraio del 2007 per avere conferma dalla moglie di Stefano della notizia stava circolando.
Con Stefano ci eravamo sentiti due giorni prima, il giovedi, perchè la sera c'era una riunione del Forum Palestina che doveva discutere e decidere diverse attività. Ma le cose che dovevamo discutere sarebbero rimaste in sospeso, perchè Stefano si è accasciato sulla scrivania e sul suo computer e non si è più sollevato.
Non possiamo nasconderci che per tutti noi è stata una tegolata. C'è il detto di un importante rivoluzionario cinese secondo cui “esistono morti che pesano come piume e morti che pesano come montagne”. La morte di Stefano è stata una di quelle che ha pesato come una montagna per tutti coloro che erano impegnati nella solidarietà con la resistenza palestinese e nel lavoro di informazione sul Medio Oriente.

Il rapporto con Stefano è stato relativamente breve. Cinque anni di lavoro comune intorno alla nascita del Forum Palestina, una delle esperienze a rete più attive e riuscite in questo paese. Un vero intellettuale collettivo che ha messo in sinergia soggettività molto diverse tra loro, ha compensato i limiti e le fughe in avanti di ognuno ed è riuscito spesso a “unire le cime delle montagne”, come ci siamo spesso ripetuti con Stefano quando c'era da mettere insieme realtà tanto diverse e spesso tanto litigiose intorno alla solidarietà con il popolo palestinese.
La nostra collaborazione nasce dalla comune reazione ad un articolo di Miriam Mafai su La Repubblica dopo gli attentati dell'11 settembre. In Palestina era in corso la seconda Intifada ma in Italia era dal settembre del 2000 che non c'erano più iniziative di rilievo a sostegno della lotta dei palestinesi.
Miriam Mafai, era una donna della sinistra, una donna della Resistenza, l'autrice di uno splendido libro come Pane Nero, la compagna di Giancarlo Pajetta. Eppure proprio Miriam Mafai in quell'articolo sosteneva che dopo l'11 settembre nessuno avrebbe avuto più il coraggio di sventolare una bandiera palestinese o uno straccio di striscione a favore dei palestinesi. Un articolo che ci ha fatto male ma che ha innescato una reazione positiva.
Con Stefano concordammo che dovevamo smentire sul campo quell'articolo di Miriam Mafai portando a Roma migliaia di bandiere palestinesi con una grande manifestazione. Ma eravamo anche consapevoli che i primi a pagare la reazione statunitense agli attentati dell'11 settembre sarebbero stati proprio palestinesi. Quindi occorreva muoversi e occorreva “unire le cime delle montagne”.

A ottobre del 2001 (in pieno clima post 11 settembre) organizzammo una prima assemblea. Senza troppo successo perchè tutti erano concentrati nel movimento dei social forum, c'era stata Genova solo quattro mesi prima e il movimento contro la globalizzazione aveva un'agenda fittissima di temi e di appuntamenti che però non prevedevano la Palestina.
Dall'assemblea scaturì l'idea di dedicare un Forum proprio alla Palestina e di proporre a tutti di scendere in piazza con una manifestazione a sostegno dei diritti storici del popolo palestinese.
Cominciammo una serie di riunioni nazionali e locali cercando di trovare una sintesi comune. Durante le vacanze di Natale spedimmo Roberto Luchetti nella missione di Action for Peace con un appello sulla nostra proposta di manifestazione. Intorno alla nostra proposta registramo però disattenzione, sottovalutazione e in qualche modo ostilità. Ma avevamo deciso che non saremmo arretrati di un millimetro, né sui contenuti né sulle prevedibili contromisure che avrebbero preso i sostenitori della politica israeliana.
Il Forum Palestina nasce dalla determinazione di “cinque matti” , così come venimmo definiti da un autorevole compagno palestinese, il quale più volte ha confessato che “ci ammirava e ci detestava nello stesso momento”. Ammirava per quello che eravamo riusciti a mettere in piedi, detestava perchè non abbiamo mai fatto sconti alle cattive abitudini e all'opportunismo di un bel pezzo della sinistra italiana.
Stefano Chiarini, Bassam Saleh, Germano Monti, Roberto Luchetti e il sottoscritto erano quei cinque matti che hanno saputo avviare un lavoro importante, un punto di tenuta sulla “seccatura palestinese” che ha alternato capacità di dialogo e di convergenza con inflessibilità sui contenuti.
Ognuno ci ha messo del suo nell'ambito in cui operava. Chi al Manifesto, chi nella comunità palestinese, chi nelle radio e i media alternativi, chi nei movimenti, cercando sempre di partire da quanto la realtà spingeva le cose piuttosto che dalle debolezze della soggettività.

Dire che è stato facile sarebbe una bugia. Nella preparazione delle manifestazioni quando chiedevi a Stefano: “Come è andata al giornale? Rispondeva con quell'aria sorniona che tutti abbiamo conosciuto: “Bene... è volata qualche sedia ma è andata bene”.
Stefano Chiarini era questo. Uno straordinario compagno di strada che pensava positivo e non cedeva di un millimetro sugli obiettivi. Stefano non era un giornalista "obiettivo", era un giornalista onesto.
Stefano Chiarini era uno che prendeva sempre appunti sui suoi quadernetti mentre parlava con te. Questo fa sentire importanti perchè se uno prende appunti su quello che dici, vuole dire che ti sta a sentire e ritiene importanti le cose che gli stai dicendo. Era questo suo modo di lavorare e di costruire le relazioni che gli ha consentito di essere nei posti dove si faceva la storia - come a Bagdad nel 1991 e nel 2003 oppure in Libano, in Siria - e di ottenere il rispetto da tutti.

Quando si è concretizzata la prima grande manifestazione per la Palestina, il 9 marzo del 2002 che - smentendo Miriam Mafai - riempì Roma di bandiere palestinesi, di striscioni e di kefieh, qualcuno ricorderà che durante l'intervento in una piazza Navona strapiena di gente Stefano ebbe un attimo di commozione. Gli scontri, le polemiche, gli ostacoli per riuscire a realizzare quella manifestazione erano durate quattro mesi ma l'obiettivo era stato raggiunto. Alla fine della manifestazione i cinque matti si sono abbracciati ed è comparsa anche qualche lacrima. Non penso che ci sia da vergognarsene.
Da quel momento l'attività è cresciuta a tutto campo. L'impegno profuso da Stefano per ricordare ogni anno il massacro di Sabra e Chatila (“per mantenere la memoria di quell'insulto alla vita” scriveva Stefano). Abbiamo visto le delegazioni che a settembre di ogni anno hanno cominciato a partire all'Italia per visitare i campi profughi palestinesi in Libano e a rimettere al centro del dibattito il diritto al ritorno dei profughi, rimosso e osteggiato in tantissime sedi politiche e internazionali, il rientro di persone motivate che si attivizzavano per dare continuità al lavoro di informazione e solidarietà con la Palestina in tutto il paese.

Potremmo fare un elenco lungo cinque anni di iniziative, manifestazioni, assemblee in tutta Italia, polemiche, scontri politici durissimi che hanno messo a dura prova i complici della politica israeliana nel nostro paese e hannp cercato in ogni modo di tenere la questione palestinese al posto dovuto nell'agenda politica del paese, dei movimenti e della sinistra.

Vorrei dedicare però ad un aspetto la conclusione di questo ricordo di Stefano Chiarini.
In un articolo del gennaio del 2004 su Il Manifesto, scritto a quattro mani da Stefano insieme a Maurizio Matteuzzi (“Il Marchio a stella”) chiariva che “andava rifiutata ostinatamente l'equazione antisionismo uguale ad antisemitismo” e in un altro passaggio scriveva che “anche le vittime delle vittime hanno diritto ad una terra, alla libertà, ad una vita normale nel loro paese”.
E' un dibattito che sappiamo essere lacerante ma al quale Stefano e noi con lui non ci siamo mai sottratti. Tra le cose che dovevamo discutere in quei primi di febbraio del 2007, c'era proprio un convegno sul sionismo che servisse a dare qualità e profondità ad una dibattito politico, storico, culturale che è stato troppo spesso gestito con anatemi e superficialità.
Quel convegno, dopo la morte di Stefano, siamo riusciti a farlo un anno e mezzo dopo, ma è stato di una qualità e di una partecipazione straordinaria. E' diventato un libro (Palestina: una terra cancellata dalle mappe) che ha venduto migliaia di copie e che solo la miopia della casa editrice è riuscita a produrre in quantità limitata e senza ristampa. Quel libro e quel contributo, non casualmente, è stato dedicato a Stefano Chiarini.
Per questo motivo non posso che apprezzare enormemente chi con tanta ostinazione ha voluto istituire il Premio Chiarini e con altrettanta determinazione lo mantiene ogni anno: Maurizio Musolino e Stefania Limiti innanzitutto e poi Flavio, Mirka, Goretta, questi modenesi di cui Stefano aveva una stima enorme e poi tutti gli altri che, come Stefano, in tutti questi anni non hanno arretrato di un millimetro nel sostegno alla resistenza del popolo palestinese, sia nei Territori Occupati che nei campi profughi.

Modena, 8 febbraio 2014

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