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Visti per Voi » 127 Ore  
127 Ore
di Francesca Sala
Regia  Danny Boyle
USA/Gran Bretagna, 2010
Voto 8

"Venerdì notte, 23 aprile 2003. sto andando nel Blue John Canyon, io, la musica e la notte!"
Aron Ralston parte dalla sua cittadina americana per un weekend sulle montagne dello Utah, "le stesse di Butch Cassidy", munito solo di uno zainetto e della inseparabile fotocamera digitale. Sembra esserci abituato, e il suo bagaglio essenziale fa solo da corredo alla sua fervente temerarietà.
Le cose ovviamente non andranno come previsto e sarà proprio il titolo che si staglierà lapidario sullo schermo a più di un quarto d'ora di film, ad avvertirci.
Il regista di Trainspotting e di 28 giorni dopo ci offre un ritratto potente e umano di un giovane dotato un temperamento eccezionale e ricco di sfaccettature, dallo spirito infantile ed eroico, in linea con le caratteristiche americane e allo stesso tempo distaccato da queste (forse preferisce un'escursione solitaria sul Canyon ai festini in compagnia di ragazze, birra e scoobydoo gonfiabili).
Il protagonista sostiene magistralmente il film e ne è l'unico e predominante pilastro; si ha la sensazione che l'intero lungometraggio sia appoggiato sulle sue spalle e lo schiacci come un gigantesco macigno. Gran parte delle riprese sono in digitale, e l'attore si mette a nudo davanti alla telecamera che si avvicina mano a mano alla sua faccia tanto da deformarla e addirittura lo penetra fin dentro alle pupille, alla saliva, al sangue. James Franco ci cattura ogni minuto col suo sorriso bambinesco e ortodonticamente perfetto, in contrasto con la dolorosa esasperazione del suo sguardo a tratti grottesco e allucinato che del mito americano ha sempre meno.
La società e il progresso sono là fuori, ci sembra di toccarli, ma non riusciamo mai ad entrarci veramente in contatto. Cerchiamo di evadere dal turbinio dei cartelloni pubblicitari e del consumismo della nostra civiltà fatta di insegne luminose ed elettrodomestici, ma rimaniamo intrappolati in una natura desolante e letale che non siamo più abituati a gestire, e allora rimpiangiamo la Coca Cola ghiacciata e frizzante, cosi come ce le proponeva la tv. Ci ritroviamo incapaci di trovare una via di mezzo tra il progresso e la libertà. Siamo sopraffatti su tutti i fronti?
E` un tema caro al regista quello dell'impotenza dell'essere umano davanti all'infinita` dell'universo, come pedina di un progetto ancestrale e irreversibile programmato per lui ancora dal tempo dei meteoriti. Tuttavia Aron è ben diverso dal protagonista dinoccolato e confuso di 28 giorni dopo o di Sunshine, vittima dell'imprevedibilità del cosmo, Aron ci lascia una speranza, e starà a noi decidere se accettare o no la sfida e se ne vale veramente la pena. Essenziale ed efficace, mai banale.

   

 


 

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