MAGDALENE
– voto : 8
E’ il terzo otto che elargisco ad
un film nell’arco di soli 10 giorni. Mi sono posto il problema di
essere diventato troppo magnanimo, cosa insolita nell’ambito
cinematografico. La realtà è che ho avuto la fortuna di
assistere in un ristretto spazio di tempo ad un terzo bellissimo
film, molto diverso dai suoi predecessori. Siamo in Irlanda, l’EIRE
per capirci, ed è il 1964. Peter Mullan dirige questo
durissimo film di condanna, che picchia con ferocia inaudita contro
l’ipocrisia clericale cattolica. E’ un autentico siluro che
lanciato senza esitazioni mira e colpisce al cuore l’intero mondo
religioso. Mondo che ha reagito molto male a questa opera,
dimostrando ancora una volta, se fosse necessario, come dietro ai
principi nobili e meritevoli che sostengono le gesta degli uomini di
DIO, si nasconda a volte la malvagità e l’ipocrisia che con
quei valori nulla ha a che fare. Le MAGDALENE sono istituti di
riconversione alle leggi del signore, dove le ragazze venivano
rinchiuse per espiare la colpa nel non aver conservato una retta e
morale interpretazione della parola di Dio. Sono definiti da tutti
come istituti religiosi, ma in realtà sono una via di mezzo
tra un lager, un centro di detenzione e di sfruttamento, dove i
diritti umani venivano sistematicamente calpestati con spietata
ferocia e puntuale quotidianità. La violenza perpetrata a
queste fanciulle, era di natura fisica e psicologica, senza
dimenticare le circostanze in cui alcune di loro venivano usate per
allietare i momenti di tentazione di parroci del circondario: non ci
sono parole. Uno degli aspetti più sconvolgenti di questa
vicenda è che gli istituti magdalene, nati nel diciannovesimo
secolo, sono esistiti fino al recentissimo 1996, data in cui fu
sancita la chiusura dell’ultimo esemplare della specie. Si calcola
in modo assolutamente approssimativo e per difetto, che circa 30000
donne furono rinchiuse in quei posti, e per tante di loro la
detenzione si prolungò per molti anni, fino alla morte.
Ma quale orribile gesto si doveva compiere per meritare questa
punizione? Bastava essere giovani, per correre il rischio di essere
rinchiuse in una magdalene.
Era sufficiente cercare la vita,
l’amore, il divertimento, la gioia di essere al mondo e di avere
più o meno 20 anni. Le gesta più ripetutamente punite
erano i rapporti sessuali prematrimoniali, spesso pure non
consenzienti, l’aver messo al mondo un figlio fuori dal matrimonio,
oppure molto più semplicemente essere sveglie, carine,
attirare su di se l’attenzione dei ragazzi, e aggravante
inaccettabile, gradirne l’interesse. L’esistenza di questi
infernali ed inumani luoghi, trovava l’humus necessario nella
bigotta concezione della morale, che vigeva in una larga fetta della
società irlandese. Occorre sottolineare come dettaglio
fondamentale, che in gran parte dei casi, erano le famiglie stesse di
queste ragazze che sceglievano la soluzione dell’allontanamento
delle proprie care verso la magdalene, come atto pubblico riparatore
per la vergogna che il nome aveva per colpa loro dovuto subire. Era
spesso un gesto che non temeva ripensamenti, condannando
all’abbandono totale da parte dei familiari queste povere
disgraziate. La trama racconta la storia di 3 ragazze che per i
motivi prima descritti vengono rinchiuse. Giunte all’interno si
scontrano con le privazioni dettate dalle suore che gestiscono
l’istituto: è vietato parlare durante l’intera giornata,
che si svolge lavorando duramente. Le magdalene infatti, vergogna
ulteriore nell’immensa ipocrisia che regna sovrana, sono delle
organizzate lavanderie, che incassano fior di quattrini prima dalle
famiglie che richiedono di poter “ far alloggiare “ le proprie
figliole, poi dal loro sfruttamento a costo zero come manodopera. E’
vietato fare amicizia, ridere, scherzare, leggere, ascoltare musica,
spesso le recluse vengono denudate e derise delle loro anomalie
fisiche, le punizioni corporali feroci e spietate sono quotidiane, a
volte per il semplice fatto di replicare a parole alle violenze
subite. I giorni prima lentissimi, iniziano a scivolare nel loro
uniforme triste grigiore, e sommandosi uno all’altro diventano
anni. Ne passano 4 prima che il fratello di una delle tre
protagoniste, rompendo l’omertà familiare, decide di sua
volontà, forte della maggiore età da poco raggiunta, di
presentarsi dalla madre superiore, arcigna e terribile despota, per
riscattare la sorella: lo scontro è durissimo ma la forza
della giustizia dà ragione al giovane che riesce a strappare
la ragazza dall’istituto. Questo è uno degli episodi che
dona la definitiva consapevolezza alle altre due compagne che
qualcosa occorre fare, a qualsiasi costo per porre fine a tutto ciò:
si tenta il tutto per tutto, vivere o morire. Poche ore prima
un’altra di loro, già reclusa da anni al loro arrivo,
fragile e indifesa ragazza madre con handicap mentale, era stata
trasferita in un manicomio, per aver reagito all’ennesima violenza
sessuale subita da uno dei preti che si aggiravano nell’istituto,
la colma è definitivamente oltre l’orlo del barile. Per
ironia della sorte, la fuga delle 2 compagne, è talmente
semplice e prevedibile nella sua dinamica, da sembrare impossibile,
ma sarà la rabbia, la disperazione, la forza che sospinge chi
sa di essere nel giusto, e una serie di attimi fuggenti colti al
volo, che gli permetteranno di uscire dalla porta principale nel
cuore della notte, dopo aver affrontato frontalmente il nemico e
averlo battuto per vigoria e astuzia.
Come spesso avviene nei bei film, il
risultato va condiviso tra tutte le parti. Grande regia, che senza
esclusione di colpi mette a dura prova le protagoniste, non
risparmiandole nulla. Intensi primi piani, scandiscono l’emotività
contrapposta di carcerate e carcerieri. Attrici bravissime e
azzeccate in tutti i ruoli, dalle aguzzine alle vittime. Che dire di
più, credo da parte mia sia doveroso un caloroso grazie a
Peter Mullan, che mi ha fatto conoscere una vicenda incredibile ma
reale di cui ero all’oscuro. Il film, vincitore del leone d’oro
all’ultimo festival di Venezia, ha subito un vero e proprio
isolamento da parte della distribuzione cinematografica. Si tenga
presente che in una città come Bologna, universalmente
riconosciuta come aperta e di tradizione rossa e libera, anche se ora
governata da una giunta di destra, il film è stato relegato
per tutto il tempo in cui era accessibile in prima visione, ai cinema
più imboscati, piccoli e meno raggiungibili della città.
Io stesso per riuscire a vederlo, ho dovuto rincorrerlo in un cinema
di provincia durante una rassegna infrasettimanale, questo perché
in poche settimane era scomparso, passando dalle sale prima
descritte, al nulla assoluto.
La domanda è retorica e non
la formulo nemmeno. Mi ripeto solamente e di nuovo dico grazie!