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VIDEOCRACY - Basta apparire VOTO: 6+

 

Regia di Erik Gandini

 

Svezia/2009/85’

 

Censurato, rifiutato, chiacchierato, osannato e dissacrato: il più delle volte senza nemmeno esser stato realmente visto, come dimostrano le numerose e deliranti recensioni in circolazione. Additato come “un messaggio politico e non un film” da Mamma Rai, (http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/politica/rai-videocracy/rai-videocracy/rai-videocracy.html), VIDEOCRACY, agli occhi di un pubblico non tele-lobotomizzato, appare una pellicola gradevole ma non di certo scandalosa.

 

Il documentario di Erik Gandini non presenta finezza di regia, montaggio o scottanti rivelazioni sul mondo della ormai fanta politica italiana. È un documentario che procede nello sviluppo di tre linee narrative principali: politica, mondo dorato della tv e horror vacui della vita quotidiana. I tre regimi si intrecciano indissolubilmente fra loro, mostrando quanto sia ampio il ventaglio di possibilità che si apre di fronte a una democrazia dai piedi di argilla.

 

Non è l’anima nera del Presidente che emerge da questo documentario, ma quello dell’Italietta che si appassiona a un immaginario tribale, fatto di casalinghe e ragazzine in lingerie di fronte all’occhio artificiale di una telecamera.

Un immaginario sfarzoso, pailettato, favolistico e per questo tangibilmente artificiale: una disneyzzazione dello spazio virtuale che va in scena a ogni click del telecomando. Continuamente disponibile. Semplicemente acquisibile.

Il teatro della tv messo in scena da Gandini è ormai ben noto ai più: non fa scandalo. È arendtianamente banale.

Tutti ne conoscono logiche, vizi e virtù. Se ne proclamano apocalitticamente estranei, ma neanche tanto in segreto ne oliano i meccanismi fino a divenirne elementi costituenti.

Lele Mora, immerso nel candore posticcio della sua camera da letto, mostra orgoglioso i video del Duce e ne rimarca il prestigio e il valore sociale; Fabrizio Corona si autoproclama un Robin Hood moderno che ruba ai ricchi per dare a se stesso.

E intanto, immerso nella realtà della sua fabbrica e del suo risicato stipendio, il povero operaio del Nord- Est anela una donna e un futuro televisivo come il nuovo Van Damme ballerino dello star system italiano.

E ancora Miss Billionaire, le scollature vertiginose, i fuochi fatui di sconosciute starlette telvisive, Corona nudo sotto la doccia, le selezioni per veline, le dirette del GF coordinate alle apparizioni in tv del Presidente, senza che Lui stesso abbia mai alzato la cornetta in più di dieci anni per ottenere tali favori dalle sue televisioni.

Una penosa vertigine dei possibili che inietta un senso sotteso e alquanto logoro nell’universo immaginifico della tv commerciale: siamo tutte insignificanti cavie in un laboratorio escheriano. C’è chi si accontenta di trovare il formaggio; chi cerca la via d’uscita, vagando impotentemente da un piano all’altro.

La rassegnazione di questa pellicola viene a manifestarsi in maniera semi-simbolica nella voice – over che fa da narratore esterno alle vicende di VIDEOCRACY: arresa, volutamente piatta. A tratti quasi aforica. Questo probabilmente a indicare che la pellicola di Gandini non è poi nulla di nuovo sotto il sole: quelle presentate sono notizie trite e ritrite, accessibili e già note a coloro i quali desiderano conoscere fatti e non opinioni.

Non è possibile ritrovare nel documentario svedese una poetica morettiana, o per lo meno un tentativo di fascinazione del pubblico: interviste, confessioni e scandali ormai risaputi sono gettati in pasto al pubblico, senza mettere in scena un qualsivoglia tentativo di regime critico.

Allo spettatore-cavia l’arduo compito di costruirsi una opinione. Un po’ come Lazzaro, con maggiore verve e abilità stilistiche, ha fatto nei riuscitissimi CAMICIE NERE e NAZIROCK.

Nulla di poi così rivoluzionario quindi: solo una banale realtà che si dispiega ormai continuamente agli occhi di tele-dipendenti e non.

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