I PACS diventano DICO
di Ermanno Bugamelli
Un passo importante tra molte
difficoltà
Il progetto di riforma
legislativo sulle unioni di fatto, una volta assunto la forma di bozza di un
disegno di legge cambia nome.
I PACS, Patto Civile di Solidarietà vengono ribattezzati DICO,
Diritti e doveri dei Conviventi e questo suona come il frutto di una sofferta
mediazione all’interno delle forze di governo, aldilà delle dichiarazioni e
delle smentite al riguardo.
Il DDL appena presentato, non si sottrae al denominatore comune a
cui la maggioranza è obbligata ad ogni
passo da compiere: marcati compromessi tra le parti al suo interno.
Un destino non evitabile per
la natura della coalizione, ma aggravato da una serie di autogol mediatici e
comunicativi invece evitabili.
Ogni porzione dell’unione è
continuamente impegnata verso la conquista della propria visibilità. Per
ottenerla, bisogna scovare a volte, contenuti che si diversificano anche solo
nelle sfumature. Le diversità si acuiscono poi, quando le posizioni si
allontanano nella sostanza.
Tutto legittimo, se non si
esagerasse a tal punto da mettere in pericolo l’essenza delle riforme stesse.
Nel caso specifico, davanti
ad un attacco ideologico tanto aspro di Chiesa ed Opposizione, sin dalla genesi
del dibattito pre-parlamentare sull’introduzione dei PACS, non vi è mai stata
coesione totale, e questo non credo sia un comportamento che l’elettorato di
centro sinistra meriti.
Milioni di persone che hanno
nell’urna espresso un desiderio profondo di voltare pagina verso un futuro più
progressista e di cambiamento, più attento al sociale e alla vita reale e non
da “Grande Fratello”delle persone, hanno il diritto di avere parlamentari più
responsabili nella conduzione del progetto di base, meno concentrati alla
difesa dell’ego e del prestigio individuale. I riferimenti al sig. Mastella (
in questo caso ), ma non solo, sono precisi.
I DICO rappresentano un primo
passo, importante pure, ma hanno il sapore di un lavoro già decurtato in
partenza di parti ulteriormente innovative che milioni di cittadini attendevano
per vivere in un paese capace di seguire i mutamenti della società.
Positiva è l’introduzione
della possibilità che in caso di malattia e ricovero
nelle strutture sanitarie, regolano l'esercizio del diritto di accesso del
convivente per fini di visita e di assistenza. Ciascun convivente può designare
l'altro suo rappresentante in caso di malattia o di morte. Non potranno
accedere ai diritti regolati dalla legge i condannati "per omicidio
consumato o tentato sul coniuge dell'altra o sulla persona con la quale l'altra
conviveva".
Lascia perplessi
la durata minima della convivenza per poter usufruire dei diritti successori: 9
anni sembrano davvero troppi.
Qualche dubbio
anche per i tre anni necessari per poter subentrare nel contratto di locazione
in caso di coppie senza figli, e il medesimo periodo per i dipendenti pubblici
che intendono presentare domanda di trasferimento per conservare una residenza
comune al partner.
Importante e
imprescindibile, l’estensione dell’intera normativa anche alle coppie
omossessuali.
L’intero
pacchetto di norme rappresenta ancora una bozza: “miglioramenti sono
possibili”, ha dichiarato il Ministro Bindi, autrice insieme al Ministro
Pollastrini della riforma.
Ci auguriamo che
“miglioria” non sia sinonimo di snaturamento, vista la dura battaglia
parlamentare che attende il DDL.
Le dichiarazioni
infuocate di Opposizione, Papa, Chiesa nel suo insieme, lasciano uno strascico
di amarezza.
Siamo in presenza
di un fenomeno sociale che oramai si riproduce da anni e rappresenta una scelta
di vita legittima, nel pieno rispetto della nostra Costituzione. Chiudere gli
occhi alla necessità di tanti concittadini di poter ottenere il riconoscimento
della propria opzione in merito alla costruzione del proprio rapporto di coppia,
tutelata da una legislazione adeguata, rappresenta una privazione non
accettabile.
Espressioni quali “Attacco
alla famiglia” o “Scardinamento della sua geografia” utilizzate dal Papa e
dall’Osservatore Romano, non solo mettono in evidenza un rispetto e una
tolleranza per le libertà individuali alquanto discutibili, ma forniscono una
prova non illuminante delle difficoltà con cui si seguono le evoluzioni della
società, nonché il rifiuto alla loro accettazione. I principi cristiani
essenziali, non credo possano ritenersi minacciati da pur innovative regole che
garantiscono scelte di vita privata.
Gli schieramenti
all’Opposizione sono figli delle strumentalizzazioni legate al medesimo treno.
Quanto può ritenersi
degradante per tutti coloro che scelgono la strada della convivenza, che l’ex
Presidente della Camera onorevole Casini, alta figura istituzionale della
scorsa legislatura, continui a ripetere “ No ai matrimoni di serie B”,
indirizzandosi a loro?
E’ legittimo essere
fermamente convinti nel ruolo di centralità della famiglia tradizionale, ma la
battaglia non va combattuta chiudendo le porte attraverso la negazione delle
uguaglianze legislative, e soprattutto mancando di rispetto attraverso la non
misura dell’uso delle parole.
Mi auguro che pur con le
difficoltà già descritte, l’Esecutivo mantenga la sufficiente fermezza nel
condurre la riforma fino in fondo senza smantellarla. Sarebbe un segno
importante verso un’Italia più giusta e più laica. Un
luogo nel quale poter costruire una società moderna ma eretta sulle basi della
nostra ricca e antica cultura europea e mediterranea, nella quale i diritti
civili e le libertà di scelta in ambito privato, non siano condizionate da chi
della fede e della religione persiste a farne un uso strumentale, azione che
finisce per impoverire del grande significato che queste componenti hanno per
la vita di milioni di persone.
Un paese dove il
vocabolo “laico” non sia più interpretato come una minaccia verso i principi
religiosi, ma il legittimo desiderio di interpretare lo stato e la chiesa come
due entità importanti ma con ben precise diverse aree di manovra, capaci di
convivere parallelamente senza sovrapporsi.