REPORT, GRILLO E IL NOSTRO PAESE
Flavio Novara
E’ finito ormai anche quest’anno il ciclo delle puntate
della trasmissione di Report. Ancora una volta i servizi “Tv verità” promossi
da Rai 3 hanno svolto il loro compito informativo. Non dovremmo essere stupiti
per questo, anche perché tutta la tv pubblica dovrebbe svolgere questo ruolo e
non affidarlo a un manipolo di volenterosi giornalisti free-lance. Una
redazione preparata che, è bene ricordarlo, realizzano a loro spese servizi
“inchieste” per poi rivenderle a Rai 3. Non solo ma in questa partita, se ne
assumono oltretutto, anche le responsabilità penali. Non a caso infatti sono
costretti ad affrontare numerosi processi, molti dei quali inutili e avviati
solo ed esclusivamente per intimidirli ed impedire che proseguano nel loro
lavoro.
Non finiremo mai di ringraziarli abbastanza, come del resto
anche la direzione di Rai 3, per consentirci ancora oggi di poter vedere quanto
il nostro paese ha da offrirci. Pena il dover aspettare un Gabibbo o un
telegiornale comico come Striscia la Notizia.
In questo paese, per fortuna, non esistono solo loro. Ve ne
sono altri che, come Rai news24, Carta, Diario, Il Manifesto ecc. propongono
inchieste ed approfondimenti degni di nota. Ma purtroppo, è anche vero che
troppi, quasi la maggior parte, sono quelli che fanno finta di non vedere. Che
volutamente scelgono di non scrivere.
Durante i regimi vigeva la censura oggi vige, nel nostro
paese, una forma di controllo molto peggiore. Esiste l’auto-censura, figlia
indefessa di malessere sociale, clientelare e mafioso.
Partendo proprio dalla produzione di quest’anno di Report,
credo che ancora una volta sia servita a renderci per lo meno un po’ più
consapevoli, di quanti sotterfugi clientelari e truffe legalizzate è lastricata
la via che conduce alle cosiddette
“stanze dei bottoni”. Nulla e nessuno hanno risparmiato. Dal Centro destra al
Centro Sinistra, dai sindacati alle organizzazioni industriali, dalle
cooperative di sevizio alle organizzazioni pseudo-umanitarie; dal singolo
cittadino, alla comunità di massa. Nulla da meravigliarsi, in fondo, queste
inchieste non hanno fatto altro che parlare di noi. Evidenziando in modo
esplicito, quello che siamo e che non abbiamo voglia di sentirci dire o
raccontare. Non un messaggio distruttivo e negligente nei confronti della
“speranza” per questa società ma, un’analisi da cui partire.Un messaggio che
deve o che dovrebbe, farci riflettere su quale classe politica abbiamo e
vogliamo.
L’inconsistenza in cui oggi costantemente i nostri politici
si muovono è evidente. Non tanto riguardo all’impegno di alcuni singoli, che
vanno elogiati quando lo meritano, ma alla loro casta che enuncia parole di
disprezzo verso tali atteggiamenti e poi, nei fatti concreti e nella quasi
totalità dei casi, riproduce e difende i medesimi meccanismi. Dalla Moratti a
Milano che poteva assumere solo dieci dirigenti e poi ne nomina quarantanove,
senza che nessuno dica nulla, a Marrazzo nel Lazio che assume i suoi in
sostituzione, non licenziabili, di quelli precedentemente assunti da Storace.
Dall’operazione clientelare e spartitoria operata in Sicilia da Cuffaro,
all’emergenza rifiuti dal 1991 in Campagna che è costato milioni di euro e che
non hanno risolto assolutamente nulla. Per finire ai contributi elargiti dallo
stato, quindi da noi, senza verifica a tutta la stampa di partito che in alcuni
casi, è praticamente inesistente.
Grillo può denunciare quello che vuole nei suoi spettacoli e
nei suoi bloog, ma in realtà siamo noi a dovere pretendere che quanto enunciato
non rimanga solo una battuta da spettacolo comico.
Siamo noi che dobbiamo pretendere che le nostre
organizzazioni politiche prendano in considerazione queste serie problematiche
legate alla legalità. Non dobbiamo permetter più che Grillo concluda i suoi
spettacoli, come una volta fece a Modena anni fa, con la frase rivolta al
pubblico pagante: ”…ridete, ridete, tanto so che quando uscirete da qui,
continuerete a comportarvi come prima.”.
Una cosa è certa: la scontento dilaga indistintamente. Un
pericoloso scontento. Di tipo populista ed individualista. Questa massa di
scontenti, non sa cosa vuole o meglio, sa cosa non vuole.
Non vuole cambiare nulla dell’esistente, pretende ricchezza
e felicità con il minimo sforzo o impegno. SI arrocca dietro una a volte, falsa
ricchezza rivendicando dominio sui più deboli e meno abbienti. Basti guardare
ed ascoltare gli slogan della manifestazione del Polo a Roma, contro il governo
Prodi. Del resto, questo modo di pensare non è stato forse insegnato dai
politici e dirigenti economici di questo paese?
Ora, più che mai è necessario invertire la rotta. Avviare
riforme vere dell’ordinamento dello stato e non cercare di risolvere questo
problema pensando solo a “far cassetta” svendendo magari ai privati Alitalia o
le nostre principali e vitali risorse; rilanciare una seria campagna di
educazione civica nei confronti dei nostri cittadini, partendo innanzitutto da
noi e non dagli altri.
Sentirsi veramente italiani, non comincia con i
festeggiamenti per la vittoria dei mondiali di calcio o strumentalmente usando
la tragedia dei nostri militari morti a Nassirya. Il senso di appartenenza si
costruisce sulla giustizia e sul rispetto nei confronti di tutti i cittadini.
La gente è stanca e comincia a non tollerare più tutto
questo. Si muove confusamente colpendo a destro e a sinistra a seconda dei
fatti che si presentano, senza un progetto o un obbiettivo preciso e ben
definito. Hai politici spetta dare delle risposte costruttive e degli obiettivi
coerenti. Il messaggio del “si salvi chi può” sta ormai dilagando gettando le
nostre famiglie al loro progressivo disgregamento. L’aumento dei divorzi ne
sono un esempio lampante, come le violenze perpetrate tra componenti famigliari o all’interno dei nei
nostri istituti scolastici. Non saranno certamente i richiami dei religiosi, di
qualunque fede che impediranno tutto questo. Il momento è molto delicato ed il
montepremi per questa scommessa è molto alto, soprattutto per chi crede in
quella vittoria per potersi cambiare la vita. Se fossimo oggi nella stessa
situazione politica ed economica della metà degli anni 70 e la globalizzazione
dei mercati non fosse così fondamentale per la tenuta economica di ogni singolo
stato, il pericolo di una sommossa popolare di tipo dittatoriale non sarebbe una
sorpresa. Sentore di questo non possono che essere letti dal tentativo stesso,
per fortuna respinto, di modificare la costituzione che resta, se pur
bistrattata anche dalla sinistra, l’asse portante della nostra malata
democrazia.