lunedì 16 settembre 2024   
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editoriale » Una Finanziaria nel paese dei balocchi  

UNA FINANZIARIA NEL PAESE DEI BALOCCHI
Flavio Novara

Parlare di finanziaria non è facile. Non solo perché il testo è costantemente modificato era, nella prima stesura, di ben oltre le duecento pagine ma anche perché nel teatrino della politica nazionale le affermazioni eclatanti o le colorite ritrattazioni si alternano con offensiva disinvoltura.

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La concretezza, infatti, spesso è mescolata o considerata in ugual modo a semplici provvedimenti che solo in parte, spostano il valore economico della manovra finanziaria. Dalle possibili esenzioni per infiniti anni del bollo della macchina in onore del salvataggio della terra, alla più concreta ma ennesima proposta di gestione differenziata del TFR, gli scenari e i giudizi proposti dalla stampa nazionale, si alternano tra quelli “innovatrici” e quelli “conservatori” rispetto al passato governo. Un’esposizione spesso di parte che non prende in considerazione in modo radicale il nocciolo fondamentale della vicenda. Qui non si tratta di schierarsi da una parte o dall’altra dello schieramento. Qui si tratta di mettere mano ad un bilancio dello stato che da ormai troppi anni verte in condizioni pietose. Oserei dire gravi. Un malato in fin di vita cui per cinque anni è stato somministrato volutamente una medicina sbagliata e pericolosa, annunciando contemporaneamente ai parenti che presto il degente sarebbe stato dimesso sano e salvo.

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Oggi tutto questo va completamente ribaltato. Oggi non è più possibile consentire a nessuno di pensare, come precedentemente avveniva, che sia corretto evadere o fare della prevaricazione sociale un credo inappellabile. Pena il profondo e progressivo declassamento economico.

Da dove cominciare allora?  Quali sono i punti su cui sarebbe necessario lavorare attivamente?

Le manovre finanziarie che nell’arco degli anni si sono susseguite, hanno sempre individuato come fonte principale di dissipamento economico, il mantenimento della macchina dello stato e il problema dell’evasione fiscale. In realtà poco o nulla in questa direzione è stato fatto. Lo scontro è sempre stato principalmente giocato tra la destra, che con lo slogan “- stato + privato” nascondeva la volontà di alcuni grandi ricchi di impossessarsi dei gioielli produttivi del nostro paese e una sinistra divisa al suo interno tra statalisti e democratici liberali dell’ultima ora, che sul medesimo principio sognano uno “stato s.p.a.” azionista di maggioranza. Unico filo conduttore per entrambi, l’intoccabilità di elementi fondamentali al mantenimento di una rete di conoscenze e di garanzie elettorali.

Credo che il nodo da sciogliere, sia proprio questo. Ritengo, infatti, che non sia possibile parlare di finanziaria innovatrice senza porsi il problema dello Stato e del suo ordinamento fiscale.

L’organizzazione dello “macchina stato” rimane la base fondamentale di rilancio dell’economia del nostro paese. Basta recarsi in qualsiasi ufficio statale, per rendersene conto. Qui non si tratta di accusare senza distinzioni gli operatori ma l’organizzazione dirigenziale che spesso non solo fa male il proprio lavoro ma, continua liberamente a occupare quei posti per rappresentare solo ed esclusivamente corporazioni legate a organizzazioni politiche, sindacali e mafiose del nostro paese.

Non è il problema di quanto costa la macchina statale ma di quanto questa produce, in termini di servizi, ai suoi cittadini. Non è possibile continuare a mantenere una macchina statale così organizzata che, dissipando ingenti fondi, impedisce e riduce progressivamente, di finanziaria in finanziaria, i proventi destinati agli enti locali. Costretti a ridurre gli investimenti e i servizi ai suoi cittadini o a tagliare senza ritegno, i fondi destinati alla diffusione della cultura. Fonte principale del mantenimento di una società civile.

Sono ormai oltre quindici anni che si parla di federalismo fiscale con salvaguardia del principio di sussistenza, ma nessuna organizzazione politica ha realmente preso in seria considerazione quest'ipotesi. Solo in questo modo sarà possibile costringere le regioni ad applicare una seria politica di risanamento economica e di lotta all’evasione fiscale, altra grande piaga del nostro paese.

Riprendere da subito un ragionamento più cadenzato, preciso e innovatore sulla legge Bassanini credo sia un buon punto di partenza. Un ragionamento che non può sottrarsi dal considerare seriamente anche i danni provocati dalle privatizzazioni selvagge di questi ultimi anni. In particolar modo delle municipalizzate dell’energia, fonti strategiche fondamentali per lo sviluppo economico di un paese.

La lotta all’evasione fiscale non rappresenta solo il recupero di ingenti fondi non utilizzabili per la comunità, ma anche un dovere morale e civile verso i cittadini che onestamente hanno da sempre pagato. Un serio intervento contro l’evasione fiscale, inoltre, non può esimersi dall'intervenire nella lotta al lavoro nero che nel nostro paese, in particolar modo in alcuni importanti settori volani d’economia come l’edilizia, sono diventati ormai una costante tollerata e rassegnatamente accettata. Questo significa come terzo punto fondamentale per una finanziaria di sinistra ed alternativa, la presa in considerazione delle problematiche legate al lavoro. In particolare alla sua sicurezza sociale e fisica. Troppi sono, infatti, i morti sul lavoro. Per questo, pur riconoscendo a questo governo il varo di una norma che prevede l’obbligatorietà ai datori di lavoro di assumere il lavoratore cinque giorni prima che comincino a lavorare effettivamente, ritengo sia necessario porre all’ordine del giorno dei lavori di questa finanziaria, l’abrogazione della legge 30. Non serve elargire dei fondi destinati alle aziende che decidono di assumere a tempo indeterminato. In questo modo non si tutelano i lavoratori precari, ma si versano fondi nelle casse delle imprese che comunque li avrebbero assunti perché necessari. Non sono gli incentivi che fanno decidere questo, ma le necessità produttive dato che per fortuna, non possono ancora liberamente licenziare.

Non dimentichiamo che a gennaio si parlerà di riforma delle pensioni, altra grossa patata bollente, non solo per gli equilibri interni alla maggioranza ma anche per le ripercussioni che questa avrà su tutto il paese.

Cambiare rotta è necessario e farlo in questa direzione sarebbe certamente un buon inizio. Il rischio se no, è quello di ricordare questo "Prodi Due" come il governo di quelli che hanno liberato i delinquenti con l’indulto. 

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