Una
nuova tragedia nella solita follia
di Ermanno Bugamelli
Venerdì 2 febbraio
2007, allo stadio Massimino di Catania si disputa il derby
Catania-Palermo. A dispetto dei pronostici poi, mai si poteva
immaginare che a questo punto della stagione, entrambe le squadre
isolane albergassero nella zona alta della classifica. Occasione per
una grande festa sportiva?
Purtroppo no.
L’atmosfera è
tesa, perché la partita viene considerata ad alto rischio
d’incidenti. L’incontro di andata si svolse con il “contorno”
di violenti scontri tra le tifoserie e come accade in questo ambito,
il ritorno è l’occasione per le vendette.
E’ tutto normale. E’
normale che alcune partite di pallone siano ritenute più
“rischiose” di altre, perché è normale che in ogni
incontro di calcio di qualsiasi categoria, ci si attenda battaglie
tra gli opposti gruppi di “tifosi”. Sono anni che al termine
della stagione, vengono consegnati riconoscimenti alle organizzazioni
di supporter più pacifiche, nella piena legittimazione della
loro unicità.
Questa normalità
che ha il sapore dell’assuefazione alla follia, non trova smentite
nemmeno venerdì 2 febbraio. Le immagini che raccontano ciò
che accade attorno e dentro allo stadio, narrano di scene di pura
guerriglia, allucinanti, quasi irreali, ma non sono enormemente
diverse a decine e decine di altri precedenti analoghi che da anni si
ripetono. Il destino però, o la tragica fatalità se
preferite, determina che in questa occasione un giovane di 38 anni
perderà la vita, e particolare che risulterà
determinante, di professione vestiva la carica di ispettore capo di
polizia. Il suo nome era Filippo Raciti, lascia una moglie e due
figli, di 9 e 15 anni.
Le vite non si pesano dal
ruolo che svolgono in società, sono sacre. Una settimana fa
però, un dirigente di una squadra militante in una categoria
minore era deceduto a seguito di una rissa fra “opposte fazioni”.
I provvedimenti previsti
per la giornata di campionato seguente, erano minimamente raccolti in
un minuto di silenzio su tutti i campi.
Nessuna polemica, è
un fatto. Se oggi ci trovassimo davanti ad un ferimento, anche grave,
magari con infermità permanente, ma senza il morto, tutto
sarebbe proseguito senza sussulti.
Il cordoglio per la morte
dell’ispettore Raciti è unanime. Ci mancherebbe.
La reazione del mondo
calcistico immediata e senza precedenti. Era ora.
La sospensione dei
campionati a tempo indeterminato e l’annullamento degli incontri
delle nazionali, rappresenta per la nostra dirigenza calcistica un
primo vero forte segno di svolta e permettetemi atipico per la sua
logica. Non è un caso, credo che in questo periodo la più
alta carica della federazione sia occupata da Luca Pancalli, un
commissario straordinario, investito del ruolo di traghettatore del
post calciopoli. Un dirigente fuori dal circolo vizioso del potere
che è ristagnato fino a poco tempo fa.
Provvedimenti tardivi, che
come al solito non hanno evitato una morte evitabile.
Sono trascorsi oramai 12
anni da quando Vincenzo Spagnolo rimase ucciso nel corso di una
partita allo stadio Marassi di Genova. Le dichiarazioni a 360 gradi
delle ore successive erano identiche a quelle appena ascoltate ora.
Nulla è cambiato.
Da oltre un anno esiste
una serie di disposizioni ben precise in materia, incluse in un
decreto dell’ex Ministro degli Interni Pisanu. Un pacchetto che
obbligava ai tifosi l’acquisto nominale dei biglietti, nonché
precise norme di sicurezza a cui gli impianti destinati ad una
partita di calcio dovevano adeguarsi. Sono solo 3 gli stadi di serie
A che vi rientrano. Le società insorsero inferocite.
“Si uccideva il calcio,
s’impediva ai tifosi di andare allo stadio, norme impraticabili”,
urlarono. Il decreto fu baipassato da una raffica di deroghe dei
questori di ogni città coinvolta che lasciarono la situazione
come prima, fino a venerdì 2 febbraio. Perché?
E’ semplice.
A governare il calcio è
il dio introiti e le società calcistiche non vi possono
rinunciare. Tutto il loro peso e la loro influenza, unita all’opera
di politici coinvolti negli interessi, è stata spesa a
tutelare il loro arricchimento a discapito di qualsiasi altra regola
che doveva disciplinare il mondo calcio. Tutto il marcio emerso con
calciopoli ne è solo una porzione. La restante è
composta da quella serie di principi accondiscendenti che hanno
consentito a chi ruota attorno al pallone, dalle istituzioni alle
società, di ignorare violenza crescente e intollerabile in
qualsiasi altro contesto, spese indicibili per l’ordine pubblico,
immunità fiscale per i club vedi legge spalma debiti, aurea di
totale impunità per i coinvolti, dirigenti o teppisti che
fossero.
Pensate che IL GIORNO
SEGUENTE I FATTI, tra le dichiarazioni politiche ho colto un
tale“signor”Bondi, esponente di spicco di Forza Italia, trovare
inutile la sospensione del campionato. Avrà avuto nobili
ragioni, ed io sono senz’altro in errore nel pensare che il motivo
si riassumesse in una preoccupazione a riguardo degli incassi
televisivi relativi al digitale terrestre del suo principale.
La soluzione è
complicata nel punto in cui siamo, ma possibile: Inghilterra insegna.
Occorre un giro di vite
reale che coinvolga tutti gli organi ma che deve partire dall’imporre
ai club un prezzo da pagare in caso di problemi. Ogni disordine
dentro e nei dintorni dello stadio, ogni striscione che inneggi ad
intolleranze religiose o razziali deve costituire un costo salato per
le società pallonare attraverso pene sportive e pecuniarie. Io
presidente del squadra X, devo iniziare a preoccuparmi in prima
persona di chi è che viene a sostenere il mio club, perché
se continuo a delegare, ignorare, o meglio agevolare anche ai
delinquenti il posto allo stadio, in casa o in trasferta, devo sapere
che gran parte dei miei utili andranno perduti.
Sul fronte istituzionale
poi, si cominci ad applicare alla lettera il decreto Pisanu. Gli
stadi non a norma vedranno partite senza spettatori. Ristrutturare
gli impianti secondo il modello Brittanico con posti tutti numerati e
biglietti elettronici nominativi, telecamere a circuito chiuso
gestite da tecnici della polizia, richiedono tempo e molto denaro, ma
chi non vuole o non può restare al passo sparirà: ce ne
faremo una ragione. Un equilibrato e sostenibile sistema può
consentire anche a club piccoli di sopravvivere, magari con una
spartizione degli utili televisivi più imparziale. Tutti
processi attuabili ma sappiamo che il passo avanti più
delicato da compiere e quello di natura culturale, sia
nell’applicazione di quanto detto finora, sia nel saper cogliere un
disagio lacerante tra le generazioni più giovani.
La maggioranza dei
teppisti coinvolti la scorsa sera erano minorenni. Vere organizzate
bande armate di ragazzini hanno teso un’imboscata premeditata. Un
dato che trova riscontro in tanti altri episodi analoghi di folle
violenza degenerante, di bullismo, di delinquenza ordinaria.
Sabato 3 Febbraio in
alcune città e sul web sono apparse scritte inneggianti a “Più
sbirri morti”, “ Un altro Filippo Raciti, ultras liberi”,
“Morte allo sbirro”. La strada è lunga.
Torniamo sempre sullo
stesso punto, lo so, ma un paese che annovera tanti giovanissimi
incapaci di coltivare altri interessi diversi dallo scaricare la
frustrazione su coetanei e sulle forze dell’ordine, identificati
come primo nemico da abbattere e combattere, ha delle precise
responsabilità nelle politiche sociali, verso la famiglia,
l’istruzione e l’integrazione nel mondo del lavoro.
In un’intervista
rilasciata da Gianfranco Zola, ex calciatore che ha militato per anni
nel club londinese del Chelsea, racconta di come la scuola Inglese
ponga la materia di educazione civica tra le più pesanti del
programma didattico: l’insufficienza equivale a pregiudicare tutto
il resto. Tutto questo non basta a disinnescare il disagio giovanile
ma sono tessere importanti dello stesso mosaico.
Questa potrà anche
sembrare retorica spicciola ma è un fatto. Credo bisogni
riflettere su quanto le menti dei bambini prima e ragazzi poi,
assimilino i valori dell’ambiente in cui crescono. Pensiamo a cosa
abbiamo costruito e molte risposte verranno da sole .
I prossimi giorni vedranno
un serrato intreccio di incontri tra i vertici di governo e della
federcalcio. Le premesse a parole sembrano convergere su
provvedimenti drastici e tolleranza zero.
Ce lo auguriamo, anche se
ancora una volta mi trovo d’accordo con quanto ascoltato da
Oliviero Beha.
Il giornalista si augurava
che qualunque fosse la svolta da intraprendere, la si imboccasse
rapidamente, perché superata l’ondata emotiva, si dovrà
tornare a giocare per forza in breve tempo: Sky e Mediaset Premiun
hanno pagato i diritti tv.