FRATELLI D’ITALIA,
L’ITALIA SE’DESTRA…
Boris
Il Governo è fatto. Tra reclami di
fasulli brogli e rimorso per una legge che avrebbe dovuto favorire il
centro destra, anche il secondo governo dell’era Berlusconi è
stato mandato a casa.
Ora siamo pronti a
“risanare” e far “ripartire”, dopo aver eletto il Presidente
della Repubblica e ultimate anche le elezioni amministrative di
alcune tra le più importanti città e province del
nostro paese, quest’Italia travolta e bistrattata sino in fondo ai
piedi. Ovvero dissacrata nella sua seconda religione. Il calcio.
In questo contesto viene da
chiedersi, tenendo conto della risicata maggioranza ottenuta dalle
elezioni nazionali, come sia possibile che la destra di un paese così
mal amministrato e governato, riesca ancora a riscuotere tanto
consenso. Non si può racchiudere questa analisi neanche nella
semplicistica definizione di attribuire alle forze reazionarie, il
dominio sulle regioni meridionali proprio perché la linea di
voto degli italiani si è distribuito con percentuali da
democrazia ormai evoluta, lungo tutto lo stivale. Da Bolzano a Enna.
Anche le cosiddette
roccaforti della sinistra amministrate dai DS, come i nostri
territori, hanno riscontrato una leggera flessione (Emilia Romagna
-5%). Spero che questi dati, per i dirigenti locali del centro
sinistra, non siano stati una sorpresa anche perché sono ormai
diversi anni che qualcosa sta cambiando (progressiva diminuzione
degli iscritti e di partecipazione attiva alla vita non solo politica
delle città). Sarebbe bene rifletterci attentamente per
impedire guai seri nei prossimi anni futuri, anche perché
pensare che un buon lavoro del governo nazionale possa di riflesso
esprimersi positivamente anche sulle amministrazioni locali rimane
un’analisi limitata e ancora una volta giocata senza leggere ne la
comunità locale ne le possibili nuove progettualità
future messe in campo.
Carlo Cattaneo, il quale
capeggiò per breve tempo la rivoluzione del marzo del 1948 a
Milano, osservò che l’Italia è un paese capace di
produrre soltanto brevi sollevazioni e lunghe controrivoluzioni.
Stiamo attenti a non commettere l’errore di continuare a
sottovalutare questa possibilità. Come l’attacco
sconsiderato ai valori della resistenza confluita tutta in quella
becera proposta di distruzione della nostra carta costituzionale. Mai
come oggi rimane fondamentale mettere in campo nuove strategie. Senza
sofisticazioni o rimpatriate goliardiche ma azioni concrete e
coraggiose. A rischio anche di perdere ulteriore consenso, basato
spesso su opportunistiche continuità o ereditarie
consuetudini.
Per fare questo la sinistra tutta, di
governo o antagonista che sia, non può sottovalutare quello
che giustamente scriveva ad aprile prima delle elezioni, Paul
Ginsburg docente di storia dell’Europa contemporanea
dell’università di Firenze.
“… In Italia una cultura
mediterranea profondamente radicata, fatta da famiglia e clan, di
patronage e clientelismo, si è unita con una tradizione
statale debole,. dando luogo a una strana miscela di sottomissione e
gerarchia, irriverenza ed individualismo”. Un paese anche dove “il
Vaticano, nonostante il calo incessante del numero dei fedeli che
assistono alla messa, continua a dettare in larga misura i parametri
della vita nazionale italiana, pubblica e privata.”
Ripartire da questo, attuando scelte
precise che racchiudano in se, non solo il frutto di una necessaria
convergenza tra tutte le forze comprese nella coalizione di governo
ma anche la volontà di imprimere al paese un nuovo cammino di
risanamento e di trasformazione.
Noi non vi faremo sconti, come del
resto credo neanche i cittadini paganti del nostro teatrale paese.