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Controinformazione » La neolingua di Big Pharma  

La neolingua di Big Pharma      
Di Maurizio Montanari*

    

E’ molto diffusa la  sindrome  da dipendenza da internet?’. ‘Si guarisce dal disturbo da dolore prolungato?’ . ‘ Come affrontare la nuova emergenza del bambino iperattivo?’. E’ ormai usuale venire interpellati attraverso il filtro una diagnosi preconfezionata nel merito della quale si chiedono lumi. Siamo in poco tempo  passati dalla posizione della domanda generica : mi sta succedendo questo, di cosa soffro?’ , al più attuale ‘ soffro di questa patologia, mi può dare qualche consiglio per uscirne?. Sono molteplici i media dai quali poter reperire queste etichette, pari almeno  ai rimedi farmacologici  proposti per la loro cura. Quali sono le conseguenze di questa proliferazione di oggetti diagnostici alla portata di tutti? Gli operatori che lavorano nel campo della salute mentale seguendo le linee del Campo, devono saper non essere alla moda. Se da un lato è necessario confrontarsi con questo attuale processo di diagnostica totale, bisogna saperne lambire i confini senza farsi intrappolare. Bisogna essere  demodè: cioè perseguire una pratica della singolarità  e rinunciare a   categorie onnicomprensive che nascondono il soggetto e schiacciano l’inconscio e le sue produzioni, senza immettersi in strade tracciate dal DSM. Strade lastricate da  nuove patologie, neo nominate, che da questa nominazione traggono legittimità e dunque un conseguente percorso di cura. Che posto dare ai  cosiddetti ‘nuovi sintomi?’ Si tratta di formazioni dell’inconscio attualizzate al tempo della modernità, o piuttosto neo classificazioni con capacità attrattiva per soggetti disinseriti, figli cioè di un tempo iper rifocillante che promuove il disabbonamento dall’inconscio e favorisce quindi una ricerca di posizioni immaginarie? Non sono forse  zone di sosta con l’insegna luminosa ‘malattia’, poste sulla strada che va in direzione contraria al percorso di rettifica soggettiva? Non siamo forse al menu che diventa cena? 
 
IAD, DAP, ADHD
Queste ‘patologie’ in Italia sono oggetto di studio intensivo, anche da parte di diversi psicoanalisti. Lo IAD ( Inernet addiction Disorder) , una nuova malattia europea ( simile allo hikikikimori giapponese) che interesserebbe il mondo giovanile.  Legittimare questo ‘nuovo sintomo apre una lunga  e feconda  strada di produzione diagnostica.  Saranno ben  presto individuate nuove patologie, rinnovabili con i tempi che il mercato pretende.   Dalla 'dipendenza da internet si passerà alla malattia da dipendenza televisiva,  passando per la sindrome da I Phone, per arrivare a isolare e “patologizzare” ogni forma di legame con i nuovi media, quando si riterrà il tempo di connessione sufficientemente lungo  da giustificarne  un ingresso nel campo della ‘anormalità’.  E quante persone sono scivolate dentro al disturbo da attacco di panico ( dap) dopo essere state ripetutamente ricoverate di urgenza in pronto soccorso, dopo che veniva loro detto : ' è solo un attacco di panico'?   Sovente la persona sofferente si rivolge al medico, al farmacista, all’ospedale, portando una richiesta spiazzante: ‘Aiutatemi, sono angosciato’. Il corpus medico risponde  cristallizzando il momento d’ angoscia insostenibile che il soggetto patisce etichettandola come ‘attacco di panico’, chiudendo fuori dalla porta la storia pregressa dell’individuo, pretendendo di curare il qui ed ora con una strategia centrata sull’attualità, senza tenere in considerazione i precedenti che hanno condotto alla richiesta di aiuto. Più che di una diffusione epidemiologica del dap  e iad possiamo quindi parlare di una massiccia distribuzione di etichette,  che scoraggia la rettifica soggettiva e lavora per la segregazione introducendo ad una logica che favorisce il disabbonamento dalla propria interiorità. L’ultimo arrivato tra le nuove forme di sofferenza è il bambino ammalato di adhd (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder ), la nuova frontiera del controllo del comportamento del bambino  dove la fanno da padrone le TCC e l’industria del farmaco. 
La psicoanalisi deve dunque accodarsi a questa moda?
 
DA BARCELLONA A BRUXELLES
Ethan Watters nel libro ‘Pazzi come noi’ sostiene che la iperproliferazione diagnostica  null'altro sia che  un tentativo di incasellare e normalizzare    modalità di espressione che non sono assimilabili con il pensiero occidentale dominante. E che, quindi, passano dalla porta della 'malattia' incontrando, loro malgrado, la ‘cura’.  In un tempo in cui Big Pharma lavora per installare un Altro distributore di diagnosi e neo linguaggi, come in ‘1984’ di G. Orwell, la psicoanalisi  deve  dunque ribadire la propria ignoranza e contribuire a  porre le condizioni per edificare un Altro  del non sapere, un luogo neutro entro il quale cercare di allargare le  maglie dell’inconscio. Nel 2013 sarà pubblicata la nuova versione del DSM. Se le linee guida verranno rispettate, moltissimi comportamenti scivoleranno nella zona di ‘anormalità’: ‘Disordine da ipersessualità’, ‘"sindrome da dolore complicato o prolungato’  per dirne alcuni . L’angoscia degli adolescenti e l’eccesso di cibo, saranno riclassificati come disturbi psichiatrici, e si ammaleranno di ‘ disturbo provocatorio oppositivo’.   Si prospettano parametri attraverso i quali milioni di ignari passanti potranno, senza nulla sapere, cadere nella categoria dei ‘malati’ e saranno indotti a credere che  queste patologie esistano realmente. Noi, a Barcellona, semplicemente abbiamo aperto gli occhi. Le ‘nuove malattie’ che il DSM sforna vanno ad alimentare quei non luoghi di appartenenza che appiattiscono il soggetto alla sua sintomatologia fenomenologica, lo congelano nell’involucro delle nuove malattie,   impedendo di fatto la circolazione di parola e la riabilitazione all’uso dell’inconscio. Come dire no a tutto questo? La strada tracciata a Pipol 4 non può prevedere eccezioni, deve potenziare le istanze di controllo nei confronti degli operatori che lavorano nel campo della salute mentale, la quale deve  deve restare un entità ‘contrattabile’ e trattabile con il mondo medico e psichiatrico, non una categoria nella quale la psicoanalisi  applicata crea le proprie sottodirectory.   Secondo Watters : ' Nei periodi di insicurezza o conflitti sociali le culture diventano particolarmente vulnerabili a nuove credenze sulla mente e la follia' (…) Quali che siano i nuovi disturbi (..) è fuor di dubbio che la gente dimostrerà per essi un forte interesse. Gli esperti interverranno ai talk show e offriranno ai giornalisti commenti. (..) A quel punto tutti gli addetti ai lavori occidentali porteranno in giro lo show’.  Lasciamo a Big Pharma questo show: lo fa da tempo, lo fa meglio. E gli compete maggiormente .
 
 
* psicoterapeuta del Centro di psicoanalisi applicata ‘Libera la Parola’. (11/05/11)
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