INTRIGHI
DI PALAZZO
Storia
di lettere tra Craxi, Silvio Berlusconi e Giuliano Amato
Il 16
ottobre 1984 tre pretori - a Roma, Torino e Pescara - avevano
ordinato l'oscuramento di Canale 5, Retequattro, Italia Uno e altri
due network perché trasmettevano in diretta su tutto il
territorio nazionale, nonostante il divieto allora imposto dalla
legge.
Berlusconi
guidò ovviamente la protesta, parlò di "sconcerto,
amarezza e ribellione", ma dovette tenere spente per quattro
giorni le sue tv.
Finché,
la mattina del 20 ottobre, il Consiglio dei ministri - convocato
d'urgenza da Craxi - varò un decreto-legge che sanava
immediatamente la situazione e concedeva un anno di tempo alle tv.
Tutti pensarono, molti dissero e qualcuno scrisse che il capo del
governo aveva voluto dare una mano al suo amico Silvio. Nessuno però
poté dimostrarlo. Ebbene, la lettera di Berlusconi è la
conferma che mancava.
"Caro
Bettino - scrive il Cavaliere - grazie di cuore per quello che hai
fatto. So che non è stato facile e che hai dovuto mettere sul
tavolo la tua credibilità e la tua autorità. Spero di
avere il modo di contraccambiarti. Ho creduto giusto non inserire un
riferimento esplicito al tuo nome nei titoli-tv prima della ripresa
per non esporti oltre misura. Troveremo insieme al più presto
il modo di fare qualcosa di meglio. Ancora grazie, dal profondo del
cuore. Con amicizia, tuo Silvio".
Alcuni
anni dopo, esattamente il 9 febbraio 1993 Giuliano Amato scrive a
Craxi.
Lo
scandalo di Tangentopoli è al culmine della sua deflagrazione:
da 24 ore Silvano Larini viene interrogato dal pool di Mani Pulite, e
sta raccontando di un conto "Protezione" su cui Licio Gelli
ha versato sette milioni di dollari al Psi. Craxi è già
stato raggiunto da un avviso di garanzia e tre giorni dopo si
dimetterà da segretario. Martelli darà le dimissioni
entro poche ore.
In questo clima infuocato Amato, presidente del
Consiglio, scrive a Craxi una lettera di suo pugno - su carta
intestata di Palazzo Chigi, ma non protocollata e dunque non
classificata - che sembra avere un solo obiettivo: rassicurarlo sui
suoi guai giudiziari.
"Caro
Segretario, prendo a calci i primi mattoni di un muro di silenzio che
non vorrei calasse fra noi. E vorrei chiederti invece di avere
fiducia in quel che io sto cercando di fare. Occorre certo che passi
qualche giorno, che la situazione delle imprese, e non solo della
politica, appaia (come del resto già è) insostenibile.
E' inoltre realisticamente utile che la macchia d'olio si allarghi.
Neppure a quel punto credo che sarà possibile estinguere reati
di codice. Ma credo che l'estensione per essi dei patteggiamenti e
delle sospensioni condizionali sia una strada percorribile. Sto
conquistando su questo preziosi consensi. E ritengo che si ottengano
così procedure non massacranti, che evitano la pubblicità
devastante dei dibattimenti e forniscono possibilità di uscita
(...). Claudio mi pare ormai in pericolo. Apprendo che, se ci fosse
un riscontro a ciò che ha detto Larini, già sarebbe
partito un avviso per concorso in bancarotta fraudolenta. Io sono
qua. E continuo ad esserti grato ed amico. Giuliano".
Il
giorno dopo, al Senato, Amato dirà che "la
questione morale è diventata, di prepotenza, prioritaria".
E tre settimane più
tardi, il 5 marzo, il suo governo varerà quello che passerà
alla storia come il "decreto salva-ladri": depenalizzazione
per il finanziamento illecito dei partiti ed estensione del
patteggiamento ai reati di concussione e corruzione. Decreto che sarà
precipitosamente ritirato dopo la clamorosa protesta in tv del pool
milanese.
(tratto da “La repubblica” del 6
dicembre 2007)