La collera degli
esclusi
Bernardo Valli
Nei giorni festivi, ma soprattutto
le sere che li precedono, il venerdì e il sabato, i giovani traboccano dalla
banlieues. Si riversano nel quartiere dove abito da quasi trent'anni: un
arrondissement, il Nono, che io chiamo di confine, perché da un lato si stende
fino al centralissimo Boulevard des Italiens, e include l'Opera Garnier: e
dall'altro, nella parte alta, si arrampica sul crinale di Montmartre,
incollandosi a Barbès, dove sono cresciute generazioni di Beurs.
Si chiamano così, Beurs, nel gergo
dei sobborghi diventato linguaggio comune, i figli o i nipoti degli immigrati.
I quali non sono più autentici magrebini, perché sono nati in Francia e hanno
studiato nelle scuole laiche della République; ma che non si sentono neppure
autentici francesi, pur avendone spesso la nazionalità, perché sanno di non
essere accettati come veri cittadini. Non basta un passaporto per essere tali,
per usufruire di tutti i diritti enumerati ed esaltati dalla retorica ufficiale
repubblicana imparata sui banchi di scuola, il più delle volte disertati, per
rifiuto o disaffezione.
La sera, attraversando Place Clichy,
per raggiungere il Cinema des Cinéastes o la Brasserie Weppler, incontro stormi
di giovani arabi che sprigionano le loro frustrate energie. Non passeggiano,
corrono, galoppano. Consumano la loro forza inutilizzata gesticolando,
urtandosi, gridando. Nella calca, quando sfioro le loro spalle o sono investito
dal loro vocìo frastornante, ho l'impressione di scontrarmi con una massa
rovente.
Non è certo la folla soffice,
educata o esangue, che, scendendo verso la Senna, incontro nel Faubourg - Saint
- Honoré, su cui si affacciano le vetrine di Hermès e il Palazzo presidenziale
dell'Eliseo, dove abita Chirac, il vecchio monarca repubblicano, Quei giovani,
figli o nipoti di immigrati, in cui mi imbatto ai piedi di Montmartre o nella
non lontana Barbès, garantiscono la crescita demografica della Francia,
altrimenti condannata all'invecchiamento.
Essi rappresentano gran parte dei
quattrocentomila francesi che ogni anno si affacciano sul mercato del lavoro. E
il più delle volte vengono respinti, perché se non sono più ufficialmente
algerini, tunisini o marocchini, non sono neppure considerati del tutto
francesi da chi può dare un impiego o una casa..
Adesso è esplosa la loro collera. La
quale non sembra una rivolta contro lo Stato, ma contro la condizione cui sono
condannati. È rabbia. Qualcosa di molto vicino alla disperazione. Una collera
che non è islamica. L'Islam non c'entra. Né c'entrano altre ideologie.
I giovani che appiccano il fuoco
alle automobili private, alle scuole pubbliche, alle biblioteche, non
scandiscono slogan politici. E si guardano bene dall'affrontare la polizia,
come facevano i giovani borghesi del maggio '68 sui boulevards della Riva
Sinistra. Al massimo lanciano qualche pietra e si disperdono nei desolati
labirinti della banlieue. La loro è una rabbia nuda, cruda, che non investe la
società benestante delle città.
È una collera che resta, perlomeno a
questo stadio, confinata nelle periferie. Le masse di giovani che il sabato
sera e la domenica invadono il mio arrondissement parigino per ora non hanno
appiccato il fuoco neppure a una bicicletta. Usciti dalle loro periferie
cessano di essere piromani. Non so fino a quando rispetteranno questa regola.
Nell'era del terrorismo i Beurs rappresentano una preda molto ghiotta per i
gruppi estremisti.
Questo spiega la cautela,
l'apprensione, con cui la classe politica francese commenta gli avvenimenti. È
altamente apprezzabile il comportamento della popolazione adulta che nelle
banlieues invita figli e nipoti a mantenere la protesta entro i confini della
legge. È un po' come essere sull'orlo di un precipizio.
Nelle periferie parigine, a
Clichy-sous-Bois, dove tutto è cominciato, a La Courneuve, e in tanti altri
centri dell'Ile-de - France, la regione che circonda la capitale, come nelle
periferie di Marsiglia, di Lione, di Digione, di Tolosa, di Strasburgo, i Beurs
bruciano le automobili dei vicini di casa, spesso immigrati come i loro
genitori e i loro nonni. I poveri colpiscono i poveri.
Autodistruzione? Masochismo? La
collera, la rabbia, la disperazione non spingono ad atti razionali e ancor meno
ragionevoli. Sono sentimenti che conducono a gesti dissennati. Le loro
manifestazioni possono essere spiegate, come in questo caso, perché sono la
conseguenza di precedenti assennate proteste rimaste insoddisfatte. Ma non sono
giustificabili. La morte, il 27 ottobre, di due adolescenti, fulminati nella
cabina elettrica in cui si erano rifugiati per sfuggire a un controllo della
polizia, ha fatto da detonatore. Due giorni prima, ad Argenteuil, il ministro
degli interni, Nicolas Sarkozy, aveva già acceso gli animi chiamando " feccia "
i giovani frustrati senza lavoro della periferia. Spesso teppisti, certo, ma
per mancanza d'alternativa.
I giovani piromani in collera non
suscitano la simpatia dei francesi, al massimo hanno la comprensione di alcuni
strati della società, disposti a capire le tragiche condizioni che li hanno
spinti alla violenza. Ma è una comprensione venata di paura. Tra di loro ci
sono pochi studenti. Molti sono senza lavoro, sono emarginati cronici,
probabilmente non insensibili ai richiami di bande malavitose. E tuttavia
questo trauma, che investe l'intero paese, riconduce a una riflessione non
certo nuova, ma relegata in una inconcludente routine, o peggio ancora
congelata nell'autosoddisfazione. Chi crede ancora che il modello francese di
integrazione abbia garantito progressi sociali e abbia offerto ai figli degli
immigrati tutti i diritti riservati ai francesi, ha una buona occasione per
ricredersi.
Il modello si basava
sull'assimilazione ed escludeva il comunitarismo di stampo britannico,
considerato una minaccia per la compattezza della nazione francese. Quel che
sta accadendo nelle periferie dimostra che, nonostante la scolarità di massa e
le decretate garanzie sociali, il paventato comunitarismo sta corrodendo la
République. La quale si è assicurata la crescita demografica ma non la
compattezza nazionale. In queste ore affidata alle forze dell'ordine chiamate
da Nicolas Sarkozy a disciplinare la "feccia" delle periferie. È ovvio
ricordare che gli avvenimenti francesi riguardano tutti i Paesi europei posti
di fronte agli stessi inevitabili problemi.