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Documenti di approfondimento » Per amore dell'acqua  

PER AMORE DELL’ACQUA   
di Giovanni Bottari


La grande vittoria dei cittadini italiani riportata alle urne lo scorso 12 e 13 giugno per dire no al processo di privatizzazione dell’acqua in atto in Italia è un chiaro segnale di svolta. Una vittoria del “popolo” che non ci sta a essere strumentalizzato dai movimenti politici. Una vittoria che non ha sapore ne colore di partito.
Eppure i partiti festeggiano la loro grande vittoria. Sventolano ipocriti le loro bandiere con i SI disegnati sopra. Hanno cavalcato l’onda dell’indignazione per mesi sfruttandola a scopi politici; ora usano il risultato di un referendum come strumento di propaganda. Dimenticandosi forse chi furono i complici nella triste vendita dell’acqua.
È il 16 Novembre 2010, alla Camera dei deputati viene depositato dal Partito Democratico un disegno di legge dal titolo “Disposizioni per il Governo della risorse idriche e la gestione del servizio idrico”. Nel testo viene sottolineata la “rilevanza economica” dell’acqua e quindi la garanzia di un “servizio efficiente e di qualità, remunerato e con tariffe eque”. La modalità secondo cui devono essere assicurate le garanzie del servizio vi chiederete voi: l’affidamento della gestione da parte degli enti locali a “soggetti privati, pubblici e misti secondo criteri di efficacia, efficienza ed economicità”. Firmato Pier Luigi Bersani, Dario Franceschini e altri 48 deputati del PD.
Sembra che i dirigenti del Partito si sbagliavano di grosso e i cittadini, qualche milione, lo aveva capito. Una ricerca nella quale mi imbattei tempo fa, quando ero di stanza all’Università di Barcellona, in merito alle “Politiche commerciali e strategie impresariali” all’interno del mercato dell’acqua dimostra come la garanzia di un servizio idrico efficiente e di qualità non sia compatibile con una gestione privata del medesimo.

Se l’acqua è oggetto di lucro, la sua gestione si converte da "funzionale alle politiche di sostenibilità" in "funzionale alle politiche di crescita" e il suo accesso da "aperto" si trasforma in "esclusivo".
La privatizzazione dei servizi relativi all’acqua non è mai stata la soluzione alle problematiche relative all’acqua stessa: la sua scarsità, le inefficienze del modello di gestione attualmente impiegato, l’uso irrispettoso, gli sprechi, ecc. Questo per il semplice fatto che il mercato con le sue regole non è il luogo adatto alla risoluzione di tali problemi.
L’acqua, come tutti sappiamo o dovremmo sapere, è un monopolio naturale. Il suo servizio è caratterizzato da costi fissi elevati per infrastrutture e impianti, economie di scala e esclusività territoriale. Sarebbe impensabile la costruzione di impianti paralleli, come inefficiente la separazione verticale del settore stesso.
Se da un lato non è possibile che il servizio sia oggetto di concorrenza nel mercato per le questioni appena esposte, dall’altro è possibile che sia oggetto per il mercato. Le grandi imprese concorrono per la concessione esclusiva del suo sfruttamento.
Le strategie di mercato che tutte le imprese compiono seguono una logica razionale al perseguimento di quello che è loro interesse ultimo: la massimizzazione del beneficio. Questa logica va per forza di cose contro in qualche misura agli interessi e alle necessità della collettività.
Esiste una regola molto semplice ma fondamentale nel mercato, sia concorrenziale che monopolistico: il guadagno di una qualsiasi impresa è dato dal ricavo che deriva dalla vendita di un suo prodotto o un suo servizio e i costi di produzione dello stesso.
La regola, che si suppone l'impresa segua, porta ad ampliare il servizio solo nel caso in cui i ricavi siano superiori ai costi. Questo meccanismo induce le imprese ad attuare da un lato politiche di incentivo al consumo e rialzo dei prezzi per aumentare i ricavi, dall’altro politiche per ridurre i costi.
Nella situazione in cui i ricavi siano uguali ai costi o la perdita sia evidente, non è nell’interesse dell’azienda erogare il servizio. Nella realtà questo si traduce nella mancata somministrazione del servizio in aree geografiche demograficamente irrilevanti o difficilmente raggiungibili, o a popolazioni a basso reddito, che in futuro non si potrebbero permettere di pagare il servizio offerto.
Il problema è che, al contrario di un mercato concorrenziale, in un regime di monopolio non esistono altre imprese che possano offrirti lo stesso servizio. Questo significa che chi non paga, perché i costi sono irraggiungibili, o chi vive in un paesino sperduto di poche anime non ha diritto al servizio.
Oltretutto quando si dice che la privatizzazione possa ovviare al problema dello spreco dell’acqua o al suo consumo irresponsabile, questa affermazione deve essere supportata e vagliata da argomenti a suo favore. Nel caso di gestione di un monopolio naturale da parte di imprese private esistono argomenti che indicano il contrario. Infatti le imprese possono realizzare quello che in economia viene chiamata: “discriminazione di prezzo di secondo tipo”. Le imprese semplicemente abbassano i prezzi all’aumentare dei consumi. Da qui, chi consuma una maggiore quantità di acqua paga un costo medio sul metro cubo che è inferiore a chi consuma una minore quantità. In questo modo l’impresa incentiva il privato a consumare più acqua di quella che consumerebbe abitualmente.

Esistono modelli di gestione alternativa dell’acqua di gran lunga più sostenibili della privatizzazione e la strumentalizzazione dei problemi relativi alla scarsità di acqua e al suo uso irresponsabile per legittimare la privatizzazione non è corretto sia da un punto di vista logico ma anche morale, sia perché le imprese fanno di questa scarsità un’opportunità di guadagno. Educare al rispetto dell’acqua può essere una soluzione a questi problemi, non di certo lasciare che l’acqua sia merce in un mercato fuori controllo, dove non esistono regole definite e dove lo strapotere di una manciata di imprese decide sul nostro futuro.
Ora dopo le parole i fatti. Aspettiamo con gioia le prossime mosse delle amministrazioni comunali e regionali: dopo anni di privatizzazioni selvagge per inefficienze varie e bilanci in rosso saranno costrette a fare marcia indietro. Vedremo se i partiti che hanno sostenuto il SI manterranno la parola; se saranno in grado di smentire queste critiche mosse alla loro ipocrisia. È qui che si gioca la credibilità di un istituzione. Questa volta i trucchi non saranno ammessi.
28/06/2011


 
 


  
 



 

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