Protocollo del 23 luglio 2007
A più di un mese di distanza mancano ancora i dati dettagliati
sul voto
Roma, 15 novembre
2007
Fin dall’inizio la Rete28Aprile ha segnalato anomalie nello
svolgimento della consultazione promossa da Cgil Cisl e Uil sul protocollo sul
welfare del 23 luglio:
- in primo luogo perché la consultazione stessa era viziata dal divieto
di presentare le posizioni del no nei luoghi di lavoro, salvo volantini o prese
di posizione di Rsu e singoli sindacalisti, al di fuori della consultazione
ufficiale;
- in secondo luogo, perché il voto è iniziato nei territori, tra i
pensionati e nei piccoli luoghi di lavoro, ben prima dell’8, 9 e 10 ottobre, in
gran parte senza alcuna forma di controllo e con le più svariate procedure.
Sono stati introdotti per la prima volta rispetto al 1995 seggi volanti
territoriali che, in tutta Italia e soprattutto
al Sud, pare abbiano raccolto centinaia di migliaia di voti senza alcun
controllo o verifica.
Si tenne il 12 ottobre la conferenza stampa in cui si annunciò la grande
partecipazione al voto sia tra i lavoratori attivi che tra i pensionati
(rispettivamente 4.012.468 e 1.102.586 di votanti) e l’enorme
affermazione del sì con ben l’81,6% dei consensi.
Il presupposto di una discussione seria è che sia possibile a tutti e a
tutte valutare il risultato di un voto così importante. A pochi giorni dalla
chiusura del voto, una categoria come la Fiom era già in grado di rendere
pubblici i risultati in ogni singolo territorio. A più di un mese di distanza molte
altre importanti categorie - di cui pure si conosce, fin dal primo giorno, la
percentuale di affermazione del sì - non hanno ancora fornito i dati ufficiali
e definitivi sulla partecipazione al voto nei loro settori disaggregati per
territorio. Una semplice regola aritmetica stabilisce che, conoscendo il
totale di una somma, debbano essere noti gli addendi che la compongono.
Allo stesso modo, secondo logica, una percentuale non può essere calcolata se
non è noto il numero assoluto da cui proviene.
Per quale motivo, ad oggi, ben un mese dopo dalla
pubblicazione dei dati sul totale dei partecipanti alla consultazione per il
protocollo sul welfare del 23 luglio non è stato ancora reso pubblico il dato
disaggregato per categoria e per territorio su quanti lavoratori e quante lavoratrici
abbiano votato? Perché è nota la percentuale di affermazione del sì
in tutte le categorie, ma soltanto alcune hanno reso pubblici i dati sulla
partecipazione al voto?
Inoltre, a fronte di oltre 1 milione di voti da parte dei pensionati,
quanti sono esattamente i lavoratori e le lavoratrici precarie che hanno
partecipato alla consultazione? Quanto pesano i voti dei seggi territoriali e
da quale parte del mondo del lavoro provengono?
La conclusione di questa vicenda è che il dato finale della consultazione,
quello su cui si è discusso nelle sedi politiche e sindacali, nei giornali e
sulle televisioni, quello con il quale il protocollo va al voto in Parlamento,
corrisponde perfettamente agli obiettivi politici che Cgil Cisl e Uil si erano
date, prima ancora che la consultazione avesse luogo. Ma il referendum vero e
proprio, cioè urne aperte con seggi regolari l’ 8, 9 e 10 ottobre, si è svolto
soltanto in alcuni medi e grandi luoghi di lavoro, con un risultato complessivo
che segna certamente una prevalenza del sì, ma in misura minore di quella
ufficiale.
La democrazia
sindacale è un diritto delle lavoratrici e dei lavoratori. Essa si deve
esercitare prima di tutto sulle piattaforme e sugli accordi, garantendo che le
persone interessate possano votare su di essi con modalità che garantiscano il
confronto delle posizioni, la segretezza del voto, la trasparenza e il
controllo sulle procedure. Dopo la consultazione sul protocollo del 23 luglio
la Rete28Aprile nella Cgil ritiene necessario che questi diritti siano
garantiti ai lavoratori da una legge sulla rappresentanza e la democrazia
sindacale.