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DESTINAZIONE DEL TFR: ULTIMI GIORNI PER DECIDERE
Flavio Novara

Mancano ormai pochi giorni alla decisione finale. Il momento in cui, soprattutto per chi deciderà di destinare il proprio TFR ai fondi, attuerà la scelta che condizionerà tutta la futura vita lavorativa e pensionistica.

Abbiamo già ampiamente illustrato in altri scritti, i pregi (pochi) e difetti (pericoli molti) di questa modifica. Le voci a favore o contro la nostra analisi non si sono fatte attendere e proprio per questo ho ritenuto doveroso aggiungere alcuni elementi. Un esempio assai esaustivo, sia per chi scettico non ha aderito ai fondi, come per chi invece ha compiuto una scelta opposta.

In questi ultimi giorni è arrivata una comunicazione informativa a casa degli iscritti ad un fondo di categoria importante (FONDAPI). Un fondo pensionistico che ad oggi conta circa 24.000 iscritti.

Nella nota vi è riposto il seguente comma:

"SCELTE D'INVESTIMENTO"
... a seguito delle indicazioni del Consiglio di Amministrazione del Fondo pensioni FONDAPI a decorrere dal primo luglio 2007 modificherà l'attuale gestione monocomparto: suddivisa in 86% obbligazioni 14% azioni... in gestione pluricomparto, in 2 comparti differenziali per profili di rischio e di rendimento

A) Comparto PRUDENTE: obbligazioni 75% azioni 25%
B) Comparto GARANZIA: con garanzia di restituzione del capitale.


Cosa compare subito evidente? Che dal primo luglio 2007, ovvero immediatamente dopo il termine di destinazione del TFR al fondo integrativo, cambiano le tipologie d’investimento. Cambiano le regole che ci hanno convinto a fare questa scelta. Osservate la suddivisione della nostra quota capitale. doveva essere investito per solo il 14% in titoli azionari e invece, passa d’ufficio al 25%!! Ovvero, passa a una quota di rischio maggiore immediatamente il giorno successivo a quanto sottoscritto il 30 di giugno. Perché allora non informare tutti i lavoratori prima?

Proseguiamo nella lettura….

L'aderente dal 1/7/07 al 31/12/07 avrà la facoltà di scegliere uno dei due comparti in cui far confluire i versamenti contributivi, e potrà modificare nel tempo tale destinazione.

Praticamente ci dovrebbe essere consegnato un altro modulo su cui dover indicare questa scelta.

E se un lavoratore si dimentica? Se un lavoratore è convinto di aver compilato tutti moduli necessari proprio prima del 30 giugno?

Ecco la risposta:

In assenza di indicazione la posizione verrà automaticamente riunificata nel comparto PRUDENTE dal 1° gennaio 2008.

Concludendo: il lavoratore firmerà il consenso a destinare il suo TFR al fondo con delle regole che sono di fatto già cambiate.

Proporre un contratto da firmare le cui le regole sono in tutti gli effetti diverse da quelle proposte, se fosse un contratto tra privati, la giustizia civile saprebbe come comportarsi.

RIFORMA DEL TFR: PRIMA DI DECIDERE …
Flavio Novara

Ormai sono diversi mesi che si parla di manovra del TFR una manovra che ci costringerà a decidere, grazie un apposito modulo, la destinazione del nostro futuro “Trattamento di Fine Rapporto”. Una decisione epocale che peserà su tutti i lavoratori dipendenti in modo a volte differenziato ma certamente unilaterale. Anche perché oggi sembra primario, per la vita delle nostre pensioni, recuperare dalle casse dalle aziende il nostro salario aggiunto mai percepito.

L’operazione non è una di quelle che possono passare inosservate e la confusione e la richiesta di “trasparenza” in questo senso è sempre più alta. Le cifre in gioco sono notevoli ed è per questo che abbiamo deciso di provare a spiegarvi, in modo oggettivo, senza sfumature o oscuri tornaconti, questa manovra.

Sciogliere i vostri dubbi non sarà facile e per questo abbiamo scelto una formula d’informazione basata principalmente su una serie di registrazioni e collegamenti a siti preposti a spiegare e a criticare, questa manovra. Come al solito pareri a “favore o contro” per consentire la massima libertà di decisione.

Questo atteggiamento però, non può esimermi dal focalizzare alcuni punti che ritengo fondamentali per decidere in serenità la scelta più appropriata. Risposte che devono tener conto della serietà dell’argomento. Qui in gioco non vi è un aumento salariale negato e recuperabile o altro, qui in gioco c’è il nostro Trattamento di Fine Rapporto (TFR) e il concetto stesso di previdenza (non solo pensioni) ordinaria (fornita dallo stato).

Una storia che viene da lontano

Quando intorno al 1995 fu istituito per legge la facoltà di intraprendere la strada dei fondi previdenziali complementari, alcuni sindacalisti di base e forze politiche appartenenti alla sinistra più radicale, denunciarono in modo chiaro il pericolo di questa apertura. Di quanto questa decisione avrebbe provocato, come una sorta di volano, una resa all’insolvenza per il futuro della previdenza obbligatoria. Furono avanzate proposte che partendo dal “mancato pagamento” dello stato nei confronti dell’INPS, causato da cassa integrazioni e prepensionamenti, chiedeva una forte e seria lotta all’evasione contributiva.

La risposta, sia dalle forze politiche di sinistra che dai vertici sindacali, praticamente fu inesistente. Anzi, da subito, senza avviare nessuna lotta per contrastare tale smantellamento, si istituirono dei fondi in tutte le categorie contrattuali. Il motivo fu per “meglio tutelare” il futuro dei lavoratori. Una scusante che fu rafforzata attraverso l’uso strumentale dei dati di bassa natalità su proiezione trentennale.

I primi sindacati ad andare in questa direzione furono proprio la CISL e UIL che da subito cavalcarono questo nuovo possibile sistema. Non fu da meno però la CGIL. Tutti erano già pronti. Prova di questo fu che da li a pochissimi mesi a seguire, partì il fondo rivolto ai Metalmeccanici denominato “Cometa”. Un fondo che dopo soli tre anni accusò un pericoloso rischio di fallimento per cattiva gestione finanziaria.

In questo contesto, non dobbiamo sottovalutare le politiche dei vari governi, di destra e di sinistra che si sono susseguiti, rivolte nei confronti degli imprenditori. Una politica che negli anni a seguire sino ai giorni nostri, sono sempre andate nella direzione di un progressivo sgravio dei versamenti contributivi e una forte contrazione “per legge” dei salari. Contrazione attuata grazie ad una consistente aumento della precarietà lavorativa (legge Treu + Legge Biagi). Se a questo si accompagna l’incentivo a non lasciare il proprio posto di lavoro, regalando ai lavoratori “pensionabili” la quota contributiva destinata all’INPS, non possiamo che arrivare all’attuale grave situazione pensionistica finanziaria.

Tutto questo è avvenuto sotto i nostri occhi, senza che nessuno abbia ne detto o fatto nulla. Il gioco era semplice, “se non volete aprirvi a una forma di mercato libero e senza regole, facciamo in modo di portarvi in quella direzione”.

Per comprendere la gravità di tale riforma bisogna ricordare che il TFR rappresentava, sino ad oggi, valore salariale aggiunto (stipendio non distribuito), accantonato e a disposizione dei lavoratori in caso di richieste di anticipi a norma di legge (70% per prima casa per se e figli e interventi sanitari) o come fondo in caso di licenziamento o fallimento. Il TFR in poche parole era un “cuscino” che nulla aveva a che fare con la nostra pensione.

Oggi, invece, pur rimanendo questi principi, si vuole trasformarlo in un “fondo” per il nostro futuro.

I fondi come panacea dei mali

Quando i Fondi presero vita, fu il principio d’integrazione pensionistica a dominare la campagna di adesione e nessuno immaginava che a breve, si sarebbe progressivamente strutturato come futuro sostitutivo. Cosa che di fatto, sembra tra le righe, propone la riforma.

Trasformare il nostro TFR in fondo integrativo per la nostra pensione significa procedere, come progressivamente futuribile, nella trasformazione della previdenza integrativa come unica reale fonte primaria di finanziarizzazione individuale.

Un processo alle intenzioni? Non credo, anche perché non si spiegherebbe altresì la necessità obbligatoria del versamento del 100% del TFR di tutti i lavoratori assunti dopo il 29 aprile 1993. Una scelta che ancora una volta, partendo dalle proiezioni prima elencate, non ha tenuto minimamente conto delle altre proposte avanzate e degli effetti reali che la riforma Dini, sull’età pensionabile, potrà portare. Una scelta che mira solo a ritrovare denaro fresco da collocare sul mercato finanziario, abbandonato dai piccoli risparmiatori dopo le truffe di questi ultimi anni. Una scelta quindi, che non prova minimamente a rilanciare la previdenza obbligatoria ma procede verso un sistema di “Pensioni individuali” che hanno come base di rivalutazione gli investimenti borsistici.

Come negli Stati Uniti dove numerosi sono stati i fallimenti reali e “pilotati” che hanno provocato masse di nullatenenti e affamati. Un sistema che anche il Partito Democratico Americano, sta studiando di sostituire.

Per non parlare poi del nostro paese, dove proprio in questi giorni sono falliti due fondi pensionistici. Quello del Teatro Carlo Felice di Genova (Un fallimento da 8,643 milioni di euro con 300 persone senza pensione) e quello ben più grave della Banca Commerciale Italiana dove sono ben 22.000 le persone coinvolte nel crack.

La riforma di oggi

Va specificato che le organizzazioni come Confindustria hanno accettato, facendo cattivo viso ma buon gioco, tale riforma anche perché è stato previsto un fondo che permetta loro di accedere a prestiti a tassi agevolati. Un fondo che, entro giugno, lo stato provvederà a stipulare per sopperire al loro mancato finanziamento causato dal versamento del TFR nelle casse dello stato.

Mi si vorrà contestare che anche per i lavoratori sarà garantito una sicurezza ai fallimenti grazie a un altro Fondo creato appositamente, ma va specificato però, che tale copertura riguarderà solo la quota del TFR versato e non le quote volontaristiche eventualmente aggiunte.

La cosa buffa è che il medesimo trattamento è stato riservato sia al fondo “Chiuso” (quelli di categoria es. COMETA, FONDAPI etc.) che a quello tipo “Aperto” (proposti da enti assicurativi, bancari ecc.). Un’altro regalo agli speculatori di borsa che neanche la riforma Maroni aveva concesso.

In pratica, ci propongono oggi di destinare il nostro TFR maturando dal 1 Luglio 2007, scegliendo tra tre modalità: “Fondi Chiusi”, “Aperti” o “PIP”. Fondi questi che ovviamente presentano aspetti positivi e negativi.

Tralasciando quelli definiti Aperti perché fanno puramente riferimento al mercato azionistico, quelli di tipo Chiuso offrono indubbiamente minor reddito ma maggior garanzia. Una garanzia che comunque lascia il tempo che trova anche perché i capitali versati verranno comunque gestiti “con consapevolezza” dai promotori finanziari. Credo infatti che non basti sapere che circa l’80% di questi verrà principalmente investito in titoli di stato europei e non e la differenza in “titoli sicuri”.

Se questo è lo scenario che ci attende, credo che oggi i lavoratori debbano fare una scelta precisa di ammutinamento. Una scelta che vada nella richiesta di rilanciare la previdenza ordinaria, affinché si attuino politiche di risanamento dell’INPS dissanguato dallo stato. Una riorganizzazione della previdenza ordinaria attuata anche attraverso l’unificazione de vari enti previdenziali e la regolarizzazione dei lavoratori stranieri che sono sempre più impiegati in nero nelle nostre aziende.

Una scelta questa che si può solo concretizzarsi attraverso una forte mobilitazione sociale che deve cominciare con la destinazione del TFR futuro nei fondi INPS.

La truffa del TFR

Gli interventi pubblicati sono stati registrati durante il convegno: “La truffa del TFR” organizzata dai delegati FIOM di Modena e la RETE 28 Aprile.  Buon ascolto

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Conferenza Generale

Paolo Brini (Serg. Nazionale FIOM – Modena)

Giorgio Cremaschi (Segretario Nazionale FIOM)

Donato Pivanti (Serg. Provinciale CGIL - Modena)

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