UNA
TESTIMONIANZA DIRETTA SU GENOVA 2001
Una vendetta preventiva
[Lorenzo Guadagnucci]
Accolgo l'invito del dottor Andrea
Canciani a chiamare le cose con il loro nome e dico subito che la sua
richiesta di pene fra i 6 e i 16 anni per i 25 imputati a Genova
somiglia a una vendetta preventiva. E' anche contraria allo spirito
della costituzione e quindi pericolosa. Cerco di spiegare queste
valutazioni, che forse trascendono le stesse intenzioni del dottor
Canciani e della dottoressa Anna Canepa, dei quali peraltro ho un
ricordo positivo: furono loro a interrogarmi, come indagato per
resistenza e associazione a delinquere, il 23 luglio 2001,
all'ospedale Galliera dov'ero detenuto dopo il blitz alla Diaz.
Il
loro interrogatorio fu correttissimo e dal mio punto di vista
rincuorante: intuii che credevano al mio racconto dei fatti e non
alla versione falsa e vile fornita dalla polizia di stato.
Detto
questo, credo che la richiesta di pene cosi' alte sia pericolosa
sotto il profilo delle garanzie democratiche, perche' il reato di
devastazione e saccheggio, con le enormi sanzioni che prevede (da 8 a
15 anni, salvo riduzioni o aumenti dovuti a attenuanti e aggravanti),
e una volta applicato a manifestazioni politiche o sindacali, diventa
uno strumento adatto a logiche autoritarie di appianamento del
dissenso. Oltretutto e' una figura di reato sfuggente e assai
opinabile. Chi puo' infatti fissare con certezza il confine fra il
'semplice' danneggiamento, punito con pene ragionevoli, e la
devastazione e saccheggio? Si tratta di una norma civetta, celata
nell'ordinamento democratico, ma puo' essere impugnata secondo una
logica che democratica non e'.
Che ne siano consapevoli o
meno, i pm Canepa e Canciani hanno avallato una concezione
autoritaria della pena e del processo. Oltretutto, non possiamo
ignorare che i pochi arresti avvenuti sul campo, mentre i reati
venivano commessi, ad esempio in via Tolemaide, sono stati motivati
con la resistenza a pubblico ufficiale. I 25 sono stati individuati a
molti mesi di distanza, tramite foto e filmati, e si e' loro
contestato un reato che nessuno ricordava piu' nelle aule di
giustizia, visto che negli ultimi decenni e' stato utilizzato solo in
rari casi riguardanti azioni teppistiche di gruppi di tifosi e mai
per manifestazioni di piazza. E' stata una pietanza servita a freddo.
Qui si arriva alla 'vendetta preventiva'. Abbiamo detto di
chiamare le cose con il loro nome e allora diciamo senz'altro che i
processi genovesi sono processi politici. Lo sono perche' il G8 del
2001 e' stato un punto di svolta nella storia recente d'Italia e
perche' chiamano in causa i massimi vertici delle forze dell'ordine e
il potere politico per palesi e reiterate violazioni dell'ordinamento
costituzionale. Ebbene, fra i giudici e gli avvocati da tempo corre
una voce: si dice che per arrivare a condanne contro gli oltre 70
agenti imputati per Diaz e Bolzaneto, condanne in qualche caso
inevitabili, e' necessaria - prima - una 'sentenza esemplare' contro
i 25. Solo a questa condizione per il potere politico e giudiziario
e' 'accettabile' la condanna, sia pure solo in primo grado, degli
alti funzionari e dirigenti di polizia imputati (i quali, e' bene
ricordarlo, saranno comunque salvati dalla prescrizione). Se questa
e' la logica, siamo all'aberrazione. Non si puo' giocare cosi' con la
vita di 25 persone, che rischiano di passare anni in carcere per
episodi di gran lunga meno gravi dei fatti contestati agli agenti
imputati.
Voglio fare un esempio. Non prendero' il peggior
caso possibile, bensi' il mio, giusto perche' lo conosco meglio di
tutti gli altri. La notte del 21 luglio 2001 dentro la scuola Diaz mi
hanno pestato selvaggiamente a colpi di tonfa usato a rovescio. Per
proteggere la testa ho opposto le braccia, procurandomi squarci fino
all'osso. Qualcuno sa dirmi che cosa mi sarebbe accaduto se per
qualsiasi ragione - ad esempio debolezza fisica - non fossi riuscito
a coprire la testa? Non ci voglio nemmeno pensare, ma ho ben presente
quel che ha detto il dottor Michelangelo Forunier, uno degli
imputati, al processo in corso a Genova:il tonfa, specie se usato in
un certo modo, e' un'arma a tutti gli effetti. Sono parole di uno che
se intende. Aggiungo che sono stato arrestato con accuse gravissime
(le stesse contestate ai 25, con l'aggravante dell'associazione a
delinquere) sulla base di prove costruite dalla stessa polizia.
Allora, ha senso che per arrivare a un'eventuale condanna a
cinque, massimo sette anni con le aggravanti, per i capi dei
picchiatori della Diaz (questi ultimi, com'e' noto, non sono fra gli
imputati e non hanno subito nemmeno conseguenze disciplinari per la
loro impresa), si debba passare per 25 condanne a complessivi 225
anni? Si dira' che la tesi della 'vendetta preventiva' e' solo una
suggestione. Puo' darsi, ma la domanda diventa un'altra e non e' meno
inquietante. Eccola: ha senso che un ragazzo ripreso da una
telecamera in via Tolemaide mentre lancia un sasso che non colpira'
nessuno - e lo lancia dopo una carica sbagliata e ingiustificata dei
carabinieri - si prenda sei anni di galera e finisca davvero in
prigione, mentre i funzionari e dirigenti imputati per la Diaz
rischiano pene minori, sono certi di non andare mai in galera e nel
frattempo hanno ottenuto gratifiche e promozioni, grazie a supremi
dirigenti di polizia e ministri compiacenti? Come dobbiamo chiamare
questa incontestabile verita'?
Arrivo all'ultimo punto, che
e' poi la mia riposta a questa domanda. Tutto quanto sta avvenendo in
tribunale a Genova e, sul piano politico, intorno ai fatti i Genova,
e' un palese tradimento della lettera e dello spirito della
Costituzione. A Genova per piu' giorni furono soppresse le garanzie
costituzionali, fu abiurato lo stato di diritto. Se la Costituzione
fosse cosa viva, animatrice giorno per giorno della nostra vita
pubblica, il dopo Genova sarebbe stato un cataclisma giudiziario e
politico. Avremmo visto ministri e presidenti del consiglio chiedere
scusa alla cittadinanza e alle vittime di tutte le violazioni - per
strada, alla Diaz, a Bolzaneto, al Forte San Giuliano - compiute
dalle forze dell'ordine. Tutti gli operatori coinvolti nelle
operazioni sarebbero stati sospesi, i massimi dirigenti allontanati.
Qualcuno sarebbe stato anche licenziato. Il parlamento avrebbe
avviato un'inchiesta e progettato leggi di riforma delle forze
dell'ordine. Il tema delle liberta' civili e del diritto al dissenso
sarebbe stato percepito come un'autentica emergenza democratica. Come
ben sappiamo, niente di tutto questo e' avvenuto e anzi tiene banco
la requisitoria dei pm Canepa e Canciani.
La verita' - temo -
e' che la nostra Costituzione e' come morta. Non anima piu' la vita
istituzionale, non e' il il faro che illumina il parlamento, i
tribunali, la vita di tutti i giorni. C'e' ancora tempo per
rimediare, anche nell'ambito del processo ai 25. Ma dobbiamo davvero
chiamare le cose con il loro nome ed essere tutti consapevoli di qual
e' la posta in gioco: il futuro, se non il presente, delle garanzie
costituzionali.
(dal sito di Torino social forum)
PER TUTTI QUESTI MOTIVI
IL POPOLO DI GENOVA TORNERA’ IN PIAZZA IL 17 NOVEMBRE 2007
“ LA STORIA SIAMO
NOI”