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Il declino del bioetanolo
Alessandro Ursic


Scoppiata la bolla, le aziende produttrici sono sull'orlo del fallimento. Ma all'orizzonte ci sono già nuovi compratori

Quando il prezzo del petrolio non sembrava poter far altro che salire e gli effetti delle emissioni nocive sul clima erano sempre più dibattuti sui media, il bioetanolo sembrava il carburante del futuro. Gli Stati Uniti ci puntavano forte, con cospicui sussidi per le aziende nazionali del settore, inseguendo il miraggio dell'indipendenza energetica. Era così solo sei mesi fa. Ma oggi che la crisi economica mette le radici, quei tempi sembrano improvvisamente appartenere a un'epoca lontana. E' scoppiata la bolla, e in America i produttori di bioetanolo sono sull'orlo del fallimento.

Il settore è vittima di una tempesta perfetta. Da una parte, il costo del greggio è sceso dai 147 dollari al barile dello scorso luglio ai 37 di oggi. Dall'altra, i prezzi del grano sono anche scesi, ma solo della metà. Tale differenza comprime i margini che i produttori di bioetanolo americani hanno per realizzare un profitto: tanto più che, prima per l'alto prezzo del carburante e poi per la gravità della recessione, come risultato gli americani ora guidano e quindi consumano meno. Gli investimenti per la costruzione di nuove centrali, pianificati quando tutti scommettevano su una continua ascesa dei prezzi, sono invece al palo a causa della stretta creditizia. Sulle nuove frontiere per un etanolo più "pulito", come quello ricavato dalla cellulosa o dalla biomassa, gli esperti ormai scherzano definendole "sempre a cinque anni dalla commercializzazione".

La crisi del bioetanolo non è solo di identità, è un vero e proprio crollo finanziario e industriale. La VeraSun, seconda azienda statunitense nel settore, si è impegnata in contratti di fornitura di grano sottoscritti quando i prezzi erano alle stelle: nel giro di pochi mesi ha dovuto ricorrere all'amministrazione controllata. Altre società hanno visto le loro azioni perdere il 95 percento del valore. La Renewable Fuels Assocation ha calcolato che 24 centrali su 180 nel Paese hanno chiuso i battenti negli ultimi novanta giorni. E la scorsa settimana la Archer Daniels Midland, leader del settore negli Usa, ha dichiarato che la capacità produttiva nazionale di bioetanolo è scesa del 21 percento.

Le leggi introdotte negli ultimi anni dal Congresso, però, incoraggiano l'uso del bioetanolo americano, fissando delle quote del carburante "verde" da mescolare alla normale benzina (e sussidi per contrastare l'importazione del bioetanolo brasiliano, estratto dalla canna da zucchero e molto più economico): al momento la miscela è fissata al 10 percento, una quota che i grandi costruttori di automobili non vorrebbero veder alzata - per loro la conversione dei motori rappresenta un costo - ma che l'attuale Congresso a maggioranza democratica, mentre negli Usa tira un forte vento di protezionismo, potrebbe benissimo ritoccare nei prossimi anni. Inoltre, già le leggi attuali impongono un raddoppio dell'uso di bioetanolo da grano entro il 2015, per poi raggiungere nel 2022 un consumo di biocarburante (prodotto anche con le ipotetiche nuove tecniche) quadruplo rispetto a quello di oggi.

Sul futuro dell'etanolo scommettono quindi ancora in tanti, e annusano la possibilità di fare affari già da ora. A iniziare dai pesci grossi del settore petrolifero: la scorsa settimana la Valero Energy, uno dei colossi statunitensi della raffinazione, ha comprato per 280 milioni di dollari le cinque centrali della VeraSun non ancora chiuse. L'accordo è stato annunciato con soddisfazione dai vertici della compagnia: secondo le loro stime, il valore reale delle strutture comprate sarebbe tre volte tanto di quanto pagato. E' per questo che il bioetanolo estratto dal grano, per quanto criticato da molti analisti per la sua scarsa efficienza energetica e per la sua eticità (a partire da un rapporto dell'Onu, che l'ha accusato di contribuire all'aumento dei prezzi dei cereali), per quanto ora stia pagando gli effetti della crisi, difficilmente sparirà. Se altre aziende petrolifere seguiranno la scommessa della Valero, tra qualche anno forse si discuterà di come il mercato del bioetanolo sarà uscito dalla sua prima crisi alla maniera di tutti i settori economici nuovi: con un selezione naturale delle aziende produttrici. E i vecchi nemici, come appunto le società del greggio, che preferiscono fagocitare il rivale invece di combatterci contro.

da Peacereporter

17/2/09


 

  Argentina, emergenza siccità

 

Per il settore agricolo da mesi in grave crisi misure eccezionali varate dal governo
Davanti alla siccità che ha colpito il Paese nuove misure economiche
per il settore agricolo.

Non si vedeva una situazione simile da almeno 70 anni. Intere e sterminate campagne secche, senza una goccia d'acqua. Un intero settore merceologico, quello agricolo, in balia degli eventi gestiti da madre natura. Un problema in più per la presidente, Cristina Fernandez, che con il settore non è mai andata d'amore e d'accordo. E allora via con una serie di misure straordinarie di cui potranno beneficiare produttori, agricoltori e in generale tutto il settore fortemente colpito dalla siccità. Dopo la proclamazione dello stato d'emergenza, infatti, l'amministrazione di Buenos Aires ha deciso: i produttori colpiti dall'ondata di siccità potranno pagare le tasse dovute allo Stato con ritardo di un anno. Alcuni maligni sostengono che la misura adottata dal governo sia più che altro un gesto distensivo fra la presidente e i rappresentanti del settore agricolo che nel corso dell'ultimo anno hanno avuto diversi scontri sfociati con le proteste contro l'aumento dei dazi doganali sulle esportazioni di grano.

In ogni caso gli impiegati nel settore storcono il naso. "Le misure prese sono ben lontane dal risolvere la situazione" racconta Eduardo Buzzi, leader della Federacion Agraria Argentina. Il responsabile commerciale della federazione, però, picchia ancora più duro: "Le dichiarazioni di Cristina Fernandez e le misure adottate in seguito alla grave crisi che ci sta colpendo contemplano solo il diritto di posticipare il pagamento delle tasse. E serve a poco una misura del genere quando il produttore ha perso tutto il raccolto". "Non avevo mai visto nulla di simile" racconta Juan Galletti, operatore di organizzazioni non governative di passaggio in Argentina. "Non piove, non c'è acqua. Senza acqua il seme non si sviluppa e il raccolto va a farsi benedire. Una situazione simile si può definire con una solo parola: catastrofe. E' davvero impressionante: tutti si lamentano, tutti avrebbero qualcosa da dire ai governanti. Credo, però, che a porre fine a questa situazione potrà essere solo mamma natura nel momento in cui deciderà di far piovere".

E come dare torto a Galletti quando si leggono le cifre che la siccità si porta dietro. Almeno 800mila capi di bestiame sarebbero morti di stenti. In alcune regioni il 90 percento dei raccolti di mais è andato perso in altri invece le cifre dicono che probabilmente si salverà solo il 35/40 percento delle coltivazioni. E le preoccupazioni aumentano quando si pensa alla coltivazione della soia, la principale coltivazione del paese, che potrebbe vedere perdite per 4 miliardi di dollari.Non meglio va nel vicino Uruguay. La siccità, anche nel piccolo paese affacciato sull'Atlantico, non ha dato tregua e ha causato un'impennata nei prezzi della carne. Nel sud del Paese, nella regione di San Josè, non si ricordavano una siccità di questo tipo da almeno 90 anni. "Forse nel 1920 abbiamo provato qualcosa di simile" racconta un agricoltore della zona. "Ma è dall'aprile del 2007 che non siamo in grado di produrre perchè non piove". E secondo gli esperti non pioverà ancora per un bel po' di tempo. Anche in questo caso il governo ha deciso di intraprendere misure urgenti per dare una mano al settore agricolo. Ma non è tutto così semplice come sembra. "Lo stato d'emergenza dichiarato dal governo, a mio avviso arriva troppo tardi. Dovevano pensarci prima. La situazione così come è oggi va avanti ormai da quattro mesi".

27 gennaio 2009


New.gif Dove metteremo i rifiuti? Finiremo come Napoli?

All’indomani della sentenza del Tar che ha annullato l’Autorizzazione Integrata Ambientale al raddoppio dell’inceneritore, sono in molti ad interrogarsi sul futuro della propria provincia. “Dove metteremo i rifiuti?” “Finiremo come Napoli?”

Con questa lettera, vogliamo rassicurare i nostri concittadini e, allo stesso tempo, rivolgere un appello agli amministratori.

Cari concittadini,

ci preme far subito chiarezza su un punto: le alternative all'incenerimento esistono. La scelta non è tra inceneritore e discarica ed agitare lo spauracchio della “monnezza campana” è fuorviante.

Di certo, ci vuole una ferma volontà politica e l’impegno di tutti, per rivedere interamente l’attuale gestione dei rifiuti. Il problema va infatti affrontato “alla fonte” e non “a valle”. La strategia da adottare è la cosiddetta strategia delle “Erre”: Riduzione alla fonte, Riuso, Raccolta differenziata, Riciclo.

Il campo di intervento sul lato della prevenzione (riduzione) è enorme. In Europa, e ora anche in Italia, si stanno sempre più diffondendo le positive esperienze di reintroduzione della vendita dei prodotti alla spina (dalle bevande ai detersivi) o con vuoto a rendere. Sempre in tema di riduzione occorre rifiutare la cultura dell’usa e getta. Si potrebbe, ad esempio, vietare l’utilizzo di stoviglie usa e getta in mense, sagre, feste, ecc. o, per lo meno, incentivare – tramite specifici capitolati nei bandi di appalto – l’uso di stoviglie lavabili e riutilizzabili o in materiale biodegradabile. Altri strumenti per prevenire la produzione di rifiuti sono la promozione del noleggio e del mercato dell’usato e della pratica dell’autocompostaggio domestico.
È vero, qualcosa in questo senso è già stato attuato nel nostro territorio: esistono sconti ( esigui però )sulla tariffa d’igiene ambientale per chi pratica l’autocompostaggio ed esistono isole ecologiche e mercatini dell’usato, come il Tric Trac. Questi interventi non sono sufficienti. Bisogna ancora fare molto sul fronte della raccolta differenziata.
Sulla modalità di organizzazione della raccolta differenziata non esiste un’unica ricetta applicabile in tutte le realtà. Tuttavia, le esperienze dimostrano che la raccolta effettuata con le campane stradali nelle migliori delle ipotesi permette di raggiungere circa il 30%. La vera svolta operativa che permette di far balzare in pochi mesi al 60, 70 e anche 80% la raccolta differenziata è il sistema “porta a porta”.
È questo il sistema richiesto nella proposta di delibera d’iniziativa popolare presentata in Comune da WWF, Comitato Modena Salute Ambiente e Meetup di Grillo. Sono passati oltre 6 mesi e non è ancora stata discussa in Consiglio Comunale. Ora, ci auguriamo che la sentenza emessa dal Tar possa spingere i nostri amministratori a prendere in considerazione le proposte costruttive presentate dai cittadini.

Ma come funzione il porta a porta?
Con il vero porta a porta si tolgono i cassonetti dalle strade e vengono raccolte casa per casa, a giorni alterni, tutte le diverse frazioni di rifiuto. L’eliminazione dei cassonetti stradali permette di evitare il conferimento illecito di rifiuti provenienti da attività produttive, oltre che migliorare l’aspetto delle nostre strade. Ma soprattutto la raccolta “porta a porta” è l’unico metodo per misurare quanti rifiuti ogni cittadino effettivamente produce e quindi applicare la tariffa puntuale. Con la tariffa puntuale trova applicazione il principio “chi inquina paga”: le famiglie pagheranno in base alla quantità di rifiuti prodotti, e non calcolando solo la superficie dell’abitazione e il numero dei componenti il nucleo familiare come oggi accade. Ad esempio è possibile calcolare la tariffa in base al numero di svuotamenti del bidoncino del rifiuto indifferenziato, modalità che permette di premiare i comportamenti virtuosi, incentivando la massima separazione possibile dei rifiuti riciclabili e la riduzione dei rifiuti non riciclabili né compostabili. Le diverse esperienze di raccolta porta a porta, attuate in Italia e nel mondo, dimostrano che questo metodo:

- contribuisce a ridurre la produzione di rifiuti,
- permette di far balzare la raccolta differenziata fino ad oltre l’80%,
- riduce il conferimento in discarica,
- non comporta grandi variazioni nel costo complessivo del servizio, dal momento che l’aumento dei costi per la raccolta sono ampiamente ripagati dalla riduzione dei costi per lo smaltimento e dai proventi della vendita del materiale riciclabile,
- crea nuovi posti di lavoro,
- libera spazi pubblici, vie e piazze dal degrado dei cassonetti, spesso sommersi da rifiuti abbandonati,
- è da sfatare il problema della laboriosità da parte dei cittadini: la raccolta domiciliare, per chi differenzia i rifiuti, può essere solo un vantaggio ed una comodità.

Un esempio ormai classico di porta a porta è quello realizzato dal Consorzio Intercomunale Priula, che riunisce 23 comuni in Provincia di Treviso e serve un totale di 224.000 abitanti. Nel 2006 la raccolta porta a porta nel territorio del Priula ha permesso di raggiungere quota 77%, con punte dell’83%.
Ma anche diverse realtà a noi più vicine hanno adottato il sistema del porta a porta e con ottimi risultati. Si veda il caso di Carpi o quello di Fidenza.
La nostra speranza è allora che tutti voi vi uniate alla battaglia contro il raddoppio dell’inceneritore, chiedendo agli amministratori che non sprechino il loro prezioso tempo e i vostri soldi nel tentativo di impugnare la sentenza del Tar o ottenere una nuova autorizzazione, ma che adottino piuttosto, e nel più breve tempo possibile, il porta a porta con tariffa puntuale. Così si potrà non solo fare a meno del raddoppio, ma anche, in futuro, spegnere del tutto l’inceneritore. Infatti, nel momento in cui la raccolta differenziata arriverà a percentuali del 70-80%, non ci saranno più rifiuti da bruciare: il rimanente 15-30% di rifiuti indifferenziati potrà essere sottoposto ad un trattamento meccanico-biologico (TMB), un trattamento a freddo che stabilizza e riduce ulteriormente la quantità e la pericolosità dei rifiuti da portare in discarica, quantità e pericolosità che saranno ben inferiori a quelle di ceneri e fanghi dell’attuale inceneritore.

Il Comitato Modena Salute e Ambiente www.modenasaluteambiente.it

New.gif Il Comitato Modena Salute e Ambiente

Riguardo la sentenza emessa dal Tar sull’Autorizzazione Integrata Ambientale al raddoppio dell’inceneritore, trasmettiamo una dichiarazione del presidente del Comitato Modena Salute Ambiente, Silvano Guerzoni:

“Il Comitato Modena Salute Ambiente non esulta, ma si rammarica del fatto che semplici cittadini che più volte hanno cercato di instaurare un dialogo con gli amministratori, debbano ricorrere al Giudice per veder tutelati i propri diritti.

Già negli anni ’90, vincemmo un ricorso, inerente l’inceneritore dei tossici nocivi di via Caruso. Anche allora la risposta dei politici fu che era una vittoria di Pirro. Eppure quell’impianto non entrò mai in funzione.

Tornando all’oggi, la Provincia minimizza il significato della sentenza del Tar, affermando che sarebbe stato riscontrato niente più che un vizio formale. Ma l’errore della Provincia e di Hera è fondamentale: si sono valutate attraverso due diversi procedimenti impianti che sono tra loro connessi, tanto più che l’impianto di trattamento chimico fisico in questione tratta per lo più le acque di scarico dell’inceneritore. L’autorizzazione integrata ambientale (Aia), che deriva da una direttiva dell’Unione Europea, prevede proprio che l’ente autorizzato per il rilascio della procedura (Provincia di Modena) verifichi tutte le emissioni ambientali di un sito, così da giudicare se esiste pericolo per la salute dei cittadini.

A questo punto, l’impianto potrà entrare in funzione solo nel caso in cui la Provincia ed Hera riescano ad impugnare la sentenza del Tar con un ricorso al Consiglio di Stato, oppure nel caso in cui ottengano una nuova autorizzazione entro il 31 marzo 2008. In realtà, noi abbiamo intenzione di verificare se non occorra anche una nuova Valutazione d’impatto ambientale (Via), dal momento che lo studio su cui si basa quella rilasciata nel 2004 prende in considerazione una direzione dei venti (e quindi un’area di ricaduta degli inquinanti atmosferici) errata.

Concludo con una doverosa precisazione riguardo a quanto affermato dalla Provincia (stando almeno a quanto pubblicato sul Televideo di una nota emittente locale). La Provincia pare aver dichiarato che l’annullamento dell’Aia cancellerebbe anche le migliorie all’impianto introdotte successivamente alla Via (ad es. il filtro catalitico). Quest’affermazione è falsa: l’adozione delle migliori tecnologie disponibili (Bat) è obbligatoria per legge. Ad ogni modo, crediamo che non esista tecnologia sufficiente a tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini. Il nostro obiettivo resta lo spegnimento dell’impianto”.


New.gif REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'EMILIA-ROMAGNA

BOLOGNA SEZIONE I

Registro Sentenze: 3365/2007 Registro Generale: 491/2007

nelle persone dei Signori:

CALOGERO PISCITELLO Presidente
CARLO TESTORI Consigliere, relatore
SERGIO FINA Consigliere

ha pronunciato la seguente SENTENZA

sul ricorso n. 491/2007 proposto da:

- W.W.F. - ONLUS in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., arch. Fulco Pratesi;

- ITALIA NOSTRA - ONLUS in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., dott. Giovanni Losavio;

- COMITATO MODENA SALUTE AMBIENTE in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., sig. Silvano Guerzoni;

- ACCARDO CATERINA, ANDERLINI MAURO, BARALDI DANIELE, CIONI GIANNI, CIONI LISA, CORRADINI LUCIANO, DI BONA SIMONA, FERRARI ENRICO, FERRETTI PAOLA, GHELFI MIRELLA, GOLDONI ALFONSO, GOLDONI LINO, GOLDONI RENATO, LUPPI IGINIO, MAGNONI CARLO, MARINELLI GIORGIO, MESCHIARI NADIA, MICHELINI BRUNA, PARENTI VALENTINA, PEZZETTI ROMANO, POPPI CARLO, RASPA PIERINO PIETRO, RIGHI GIOVANNA, RIGHI LAURA, SALVE MARIA GISELDA, SANGUETTI MASSIMO, SCHIAVI ALBERTO, VACCARI PAOLA, VENTURELLI ANNA, VERGANTI CECILIA, VERONESI LORELLA

tutti rappresentati e difesi da:
CERUTI AVV. MATTEO
MINOTTI AVV. FRANCESCA
con domicilio eletto in BOLOGNA
GALLERIA MARCONI N.2 presso MINOTTI AVV. FRANCESCA

contro

PROVINCIA DI MODENA
rappresentata e difesa da:
ZANNINI AVV. ROBERTA
GIAMPIETRO AVV. PASQUALE
con domicilio eletto in BOLOGNA VIA MURRI 9
presso TIRAPANI AVV. STEFANO

-

COMUNE DI MODENA
rappresentato e difeso da:
MARITAN AVV. RAFFAELLA
VILLANI AVV. VINCENZO
MAINI AVV. STEFANO con domicilio eletto in BOLOGNA VIA CASTIGLIONE 4

presso MARITAN AVV. RAFFAELLA

e nei confronti di:
HERA SPA

rappresentata e difesa da:
CARULLO AVV. ANTONIO con domicilio eletto in BOLOGNA STRADA MAGGIORE 47
presso CARULLO AVV. ANTONIO

AZIENDA U.S.L. DI MODENA n.c.

ARPA - AGENZIA REG.LE PREVENZIONE AMBIENTE E. R. n.c.

per l'annullamento, previa sospensione,

della determinazione n. 74 del 2/2/2007, con avviso pubblicato sul BURER del 28/2/2007, con cui il Dirigente del Servizio gestione integrata sistemi ambientali della Provincia di Modena ha rilasciato ad HERA s.p.a. l'autorizzazione integrata ambientale per l'impianto di termovalorizzazione di rifiuti urbani, speciali non pericolosi, rifiuti sanitari non pericolosi e pericolosi a solo rischio infettivo con capacità superiore a 3 tonnellate all'ora sito in Comune di Modena via Cavazza n. 45; nonché di ogni altro atto presupposto, collegato, inerente, conseguente e derivato, ivi compresi: il parere favorevole al rilascio dell’AIA espresso dal Sindaco di Modena e, ove occorrer possa, le determinazioni assunte dalla conferenza di servizi, le richieste di integrazioni istruttorie, nonché i pareri favorevoli espressi da ARPA ed AUSL.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Modena, del Comune di Modena e di HERA s.p.a.;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore il Cons. Carlo Testori;

Uditi alla pubblica udienza del 25 ottobre 2007 i difensori delle parti, presenti come da verbale;

Considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

Hera s.p.a. gestisce in Comune di Modena, via Cavazza n. 45, un impianto di termovalorizzazione di rifiuti urbani, speciali non pericolosi, rifiuti sanitari non pericolosi e pericolosi a solo rischio infettivo con capacità superiore a 3 tonnellate all'ora, originariamente costituito da tre linee e autorizzato allo smaltimento di 140.000 t/anno di rifiuti. Con deliberazione n. 429 del 26/10/2004 la Giunta provinciale di Modena ha positivamente concluso la procedura di VIA relativa ad un progetto di adeguamento funzionale dell'impianto in questione che ne prevedeva la configurazione su quattro linee (una nuova e tre ristrutturate) per una potenzialità di trattamento massima autorizzabile di 240.000 t/anno di rifiuti. In data 30/5/2006 Hera s.p.a. ha presentato allo Sportello Unico del Comune di Modena domanda intesa ad ottenere il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) per la gestione del predetto impianto secondo la nuova configurazione prevista; la Provincia di Modena, quale autorità competente al rilascio dell'autorizzazione richiesta, ha avviato la procedura d'esame, convocando apposita conferenza di servizi; a conclusione dell'iter procedimentale il Dirigente del Servizio gestione integrata sistemi ambientali ha adottato la determinazione n. 74 del 2/2/2007 con cui ha rilasciato l'autorizzazione integrata ambientale richiesta da Hera s.p.a., dettando specifiche prescrizioni e articolando le fasi di realizzazione ed attivazione dell'impianto nella nuova configurazione sulla base di un dettagliato cronoprogramma che, in conclusione, prevede dal 30/11/2009 il funzionamento a regime delle sole linee 3 (già esistente e ristrutturata) e 4 (nuova).

Tale determinazione è stata impugnata davanti a questo Tribunale dalle associazioni WWF e Italia Nostra, dal Comitato Modena Salute Ambiente e da 31 cittadini qualificatisi come residenti e proprietari di immobili nelle immediate vicinanze dell'impianto in questione e nelle aree di ricaduta degli inquinanti emessi, che hanno presentato il ricorso in epigrafe prospettando vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto molteplici profili.

Si sono costituiti in giudizio la Provincia di Modena, il Comune di Modena ed Hera s.p.a. che hanno formulato eccezioni in ordine, soprattutto, alla legittimazione ad agire dei ricorrenti ed hanno, comunque, chiesto la reiezione del gravame perché infondato.

Per la trattazione della causa nel merito è stata fissata la pubblica udienza del 25 ottobre 2007, in vista della quale hanno depositato memorie e documenti le parti ricorrenti ed Hera s.p.a.; la causa è quindi passata in decisione.

DIRITTO

1) Vanno innanzitutto esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso formulate, in particolare, da Hera s.p.a. con riferimento innanzitutto alla legittimazione ad agire dei ricorrenti, rispetto ai quali vanno tenute distinte le posizioni di: a) WWF - Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature – Onlus e Italia Nostra - Onlus; b) Comitato Modena Salute Ambiente; c) i 31 cittadini firmatari del ricorso. In proposito si osserva quanto segue:

a) la legittimazione ad agire di WWF e Italia Nostra va riconosciuta perché tali associazioni sono state individuate dall’art. 1 del D.M. Ambiente 20/2/1987, in attuazione dell’art. 13 della legge 8 luglio 1986 n. 349, tra quelle di protezione ambientale che, a norma dell’art. 18 comma 5 della medesima legge "possono……ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi"; tale disposizione ha trovato poi conferma nell’art. 17 comma 46 della legge 15 maggio 1997 n. 127, che recita: "Le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale, individuate dal decreto del ministro dell'Ambiente 20 febbraio 1987, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 1987, come modificato dal decreto del ministro dell'Ambiente 17 febbraio 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 98 del 28 aprile 1995, possono, nei casi previsti dall'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, impugnare davanti al giudice amministrativo gli atti di competenza delle regioni, delle province e dei comuni"; va infine sottolineato che detta speciale legittimazione riguarda, secondo la prevalente giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 aprile 2006 n. 2151; TAR Bologna, Sez. I, 6 luglio 2007 n. 1618) le associazioni ambientalistiche nazionali formalmente riconosciute e non le loro strutture territoriali: e in questo caso il ricorso è stato correttamente proposto dalle due associazioni nazionali, in persona dei rispettivi presidenti e legali rappresentanti;

b) quanto alla legittimazione ad agire del Comitato Modena Salute Ambiente è particolarmente utile il richiamo alla recente sentenza della Quinta Sezione del Consiglio di Stato 23 aprile 2007 n. 1830 che, nell'affrontare il tema della legittimazione di associazioni ambientaliste costituite a livello locale, ha puntualizzato:

  • che la "giurisprudenza tradizionale formatasi in materia ha, invero, in modo pressoché uniforme, riconosciuto che possono essere considerati legittimati ad impugnare i provvedimenti amministrativi eventualmente lesivi dell’ambiente le sole associazioni protezionistiche espressamente individuate con D.M., ai sensi del combinato disposto degli artt. 13 e 18 della L. n. 349 del 1986…";

  • che la "giurisprudenza più avanzata…, invece, afferma che il giudice amministrativo può riconoscere, caso per caso, la legittimazione ad impugnare atti amministrativi a tutela dell’ambiente ad associazioni locali (indipendentemente dalla loro natura giuridica), purchè a) perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, b) abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità e c) un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso, anche se non ricomprese nell’elenco delle associazioni a carattere nazionale individuate dal Ministero dell’Ambiente ai sensi dell’art. 13 della Legge 8.7.1986, n. 349, poiché tale norma ha creato un ulteriore criterio di legittimazione che si è aggiunto e non sostituito a quelli in precedenza elaborati dalla giurisprudenza per l’azionabilità dei c.d. “interessi diffusi” in materia ambientale";

  • che in ogni caso "Non basta…il mero scopo associativo a rendere differenziato un interesse diffuso o adespota, facente capo alla popolazione nel suo complesso, quale l’interesse alla salvaguardia dell’ambiente, specie quando tale scopo associativo si risolva,…, senza mediazione alcuna di altre finalità, nell’utilizzazione di tutti i mezzi leciti per non consentire la realizzazione di un determinato progetto e, quindi, in definitiva, nella stessa finalità di proporre l’azione giurisdizionale"; e che la "giurisprudenza di merito ha, al riguardo, più volte chiarito che un semplice Comitato di cittadini caratterizzato da una forma associativa temporanea, volta alla protezione degli interessi dei soggetti che ne sono parte, non ha legittimazione a ricorrere avverso gli atti di localizzazione di impianti per il trattamento e lo smaltimento di rifiuti, essendo privo – oltre che del riconoscimento ministeriale di cui all’art. 13 L. n. 349 del 1986 – del carattere di ente esponenziale in via stabile e continuativa di interessi diffusi radicati sul territorio".

È documentato in giudizio che il Comitato Modena Salute Ambiente è stato costituito in Modena il 5/9/2005 con lo scopo di promuovere (art. 2 punto 3 dello Statuto) "la partecipazione dei propri associati alla vita della comunità locale, con particolare riferimento agli aspetti di tutela e di rispetto dell'ambiente, alla salvaguardia della salute pubblica, alle politiche di smaltimento dei rifiuti", facendo anche ricorso (art. 2 cit. punto 6) a "provvedimenti giudiziari a tutela dei cittadini, singoli o associati, a tutela del loro diritto alla salute e a tutela dell'ambiente". È altresì documentato che il predetto Comitato è iscritto nel registro provinciale delle associazioni di promozione sociale di cui alle leggi regionali n. 34/2002 e n. 3/1999 ed è, tra l'altro, intervenuto nell'iter procedimentale conclusosi con il rilascio dell'autorizzazione impugnata. Quanto sopra porta il Collegio a ritenere che il Comitato in questione presenta le caratteristiche (precedentemente richiamate sub a), b) c), a cui la giurisprudenza "più avanzata" (secondo la definizione della citata sentenza del Consiglio di Stato) subordina il riconoscimento della legittimazione ad agire nella materia di cui si tratta; ed i medesimi elementi inducono, per converso, ad escludere che il Comitato Modena Salute Ambiente sia stato costituito al precipuo scopo di contrastare la realizzazione del progetto di potenziamento dell'impianto di cui si controverte nel presente giudizio, caratterizzandosi, in sostanza, come una aggregazione temporanea, volta alla protezione degli specifici interessi dei soggetti che ne fanno parte. Su tali basi va dunque riconosciuta la legittimazione ad agire anche del Comitato predetto;

c) restano i 31 privati cittadini che hanno agito in giudizio qualificandosi come "residenti e proprietari di immobili nelle immediate vicinanze dell'impianto di incenerimento di rifiuti in esame e nelle aree di ricaduta degli inquinanti emessi", i quali deriverebbero la loro legittimazione dal paventato "degrado ambientale ed igienico-sanitario del territorio conseguente al potenziamento dell'impianto e all'esercizio del medesimo ed il conseguente deprezzamento del valore dei propri immobili". Anche a questo proposito è puntuale il riferimento alla citata decisione n. 1830/2007 della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, in cui si richiama l'orientamento giurisprudenziale secondo cui "la mera vicinanza di un’abitazione ad una discarica non legittima il proprietario frontista ad insorgere avverso il provvedimento di approvazione dell’opera (cfr. Cons. St., sez. V, 16.4.2003, n. 1948), essendo al riguardo necessaria la prova del danno che da questo egli riceve nella sua sfera giuridica o per il fatto che la localizzazione dell’impianto riduce il valore economico del fondo situato nelle sue vicinanze, o perché le prescrizioni dettate dall’autorità competente in ordine alle modalità di gestione dell’impianto sono inidonee a salvaguardare la salute di chi vive nelle sue vicinanze"; nel caso in esame si rileva:

  • che a conforto della prospettata incidenza negativa del potenziamento dell'impianto nei termini autorizzati con il provvedimento impugnato è stata allegata al ricorso una relazione asseverata concernente le distanze delle proprietà e residenze dei ricorrenti dall'impianto e la stimata riduzione del valore di mercato degli immobili in questione;

  • che tale relazione risulta, ad avviso del Collegio, idonea ad evidenziare un profilo di concreto pregiudizio che i soggetti interessati potrebbero subire per effetto dell'esecuzione del provvedimento impugnato;

  • che detto documento, peraltro, riguarda solo 16 dei 31 privati ricorrenti, tutti residenti in Modena: si tratta dei sigg. Accardo Caterina, Cioni Gianni, Cioni Lisa, Corradini Luciano, Ferretti Paola, Ghelfi Mirella, Goldoni Lino, Goldoni Renato, Luppi Iginio, Pezzetti Romano, Righi Giovanna, Righi Laura, Salve Maria Giselda, Sanguetti Massimo, Venturelli Anna, Veronesi Lorella;

  • che per i restanti 15 ricorrenti, alcuni dei quali neppure residenti in Comune di Modena, la documentazione (anagrafica, catastale e cartografica) prodotta non è sufficiente a dar conto dell'esistenza di una posizione differenziata e qualificata idonea a legittimarli ad agire nel presente giudizio; ne consegue la parziale inammissibilità del ricorso, nella sola parte relativa all'azione proposta dai sigg. Anderlini Mauro, Baraldi Daniele, Di Bona Simona, Ferrari Enrico, Goldoni Alfonso, Magnoni Carlo, Marinelli Giorgio, Meschiari Nadia, Michelini Bruna, Parenti Valentina, Poppi Carlo, Raspa Pierino Pietro, Schiavi Alberto, Vaccari Paola, Verganti Cecilia.

2) Sotto un diverso profilo Hera s.p.a. ha sostenuto che il ricorso è inammissibile perché non è stata tempestivamente impugnata la deliberazione n. 429 del 26/10/2004 con cui la Giunta provinciale di Modena ha positivamente concluso la procedura di VIA relativa al progetto di adeguamento funzionale dell'impianto di via Cavazza. La tesi non può essere condivisa; l'autorizzazione integrata ambientale è, secondo la definizione di cui all’art 2 lett. l) del D.Lgs. 18 febbraio 2005 n. 59 (recante "Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento") "il provvedimento che autorizza l'esercizio di un impianto o di parte di esso a determinate condizioni che devono garantire che l'impianto sia conforme ai requisiti del presente decreto"; detto provvedimento si inquadra tra le "misure intese ad evitare oppure, qualora non sia possibile, ridurre le emissioni (delle attività industriali inquinanti normativamente individuate) nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti e per conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso" (cfr. art.1 comma 1 del citato D.Lgs. n. 59/2005, nonché art. 1 comma 2 L.R. Emilia Romagna 11 ottobre 2004 n. 21, intitolata "Disciplina della prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento"). Si tratta, dunque, di un provvedimento che (sostituendosi, tra l'altro, a tutte le preesistenti autorizzazioni ambientali di cui all’allegato 2 al citato decreto legislativo) incide specificamente sugli aspetti gestionali dell'impianto, mentre la procedura di VIA investe più propriamente i profili localizzativi e strutturali. Perciò, se anche nel caso di specie l'esito positivo della valutazione di impatto ambientale costituisce presupposto dell’AIA impugnata, quest'ultima non può essere configurata come atto strettamente conseguenziale rispetto alla prima, ma anzi, in quanto produttiva di propri specifici effetti, può essere autonomamente impugnata (a prescindere dall'impugnazione della VIA) da chi intenda agire contro pregiudizi direttamente derivanti dalla predetta autorizzazione. Ciò è quanto si verifica nel presente giudizio: di qui l'ammissibilità del ricorso in esame.

3) Le numerose censure formulate dalle parti ricorrenti possono essere schematicamente distinte in due gruppi: da un lato quelle relative a pretesi vizi procedimentali, dall'altro quelle che attengono a profili più strettamente tecnici; appartengono al primo gruppo le censure rubricate ai nn. 1-8, tra le quali il Collegio ritiene fondata e decisiva quella (n. 8) con cui, testualmente, si deduce la "violazione dell’art. 2 del D.Lgs. 133/2005 e dell’art. 2 del D.lgs. 59/2005 in relazione all'omessa considerazione dell'impianto di incenerimento in termini di sito". In sintesi con detto motivo di ricorso si sostiene:

  • che la procedura di AIA relativa all'impianto di cui si controverte doveva essere estesa a tutte le attività comunque connesse o accessorie all'impianto medesimo e dunque doveva coinvolgere altresì:

    • un impianto di trattamento chimico fisico rifiuti liquidi (gestito da Hera s.p.a.) e un impianto di depurazione biologica rifiuti liquidi e reflui civili (gestito da Hera Modena s.r.l.), entrambi oggetto di distinte domande di autorizzazione integrata ambientale, ubicati nel medesimo sito di via Cavazza;

    • ulteriori attività tecnicamente connesse all'incenerimento (stoccaggio di rifiuti in fossa; demineralizzazione acque, recupero energetico, utilities) svolte sempre nello stesso sito;

    • un impianto di inertizzazione delle ceneri e delle polveri dell'inceneritore posto nell'area impiantistica di via Caruso, nonché la discarica esercitata nella medesima località e l’impianto per il recupero parziale delle scorie pesanti (entrata in esercizio prevista entro settembre 2007);

  • che la esclusione di tali impianti ed attività dalla procedura di AIA conclusasi con il provvedimento impugnato determina l'illegittimità dell'iter procedimentale seguito e dell’AIA infine rilasciata.

L’art. 2 del D.Lgs. 11 maggio 2005 n. 133 (recante " Attuazione della direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti") fornisce la seguente definizione:

"d) impianto di incenerimento: qualsiasi unità e attrezzatura tecnica, fissa o mobile, destinata al trattamento termico di rifiuti ai fini dello smaltimento, con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione. Sono compresi in questa definizione l'incenerimento mediante ossidazione dei rifiuti, nonché altri processi di trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione ed il processo al plasma, a condizione che le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite. La definizione include il sito e l'intero impianto di incenerimento, compresi le linee di incenerimento, la ricezione dei rifiuti in ingresso allo stabilimento e lo stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione dei rifiuti, del combustibile ausiliario e dell'aria di combustione, i generatori di calore, le apparecchiature di trattamento, movimentazione e stoccaggio in loco delle acque reflue e dei rifiuti risultanti dal processo di incenerimento, le apparecchiature di trattamento degli effluenti gassosi, i camini, i dispositivi ed i sistemi di controllo delle varie operazioni e di registrazione e monitoraggio delle condizioni di incenerimento".

L’art. 2 lett. c) del D.Lgs. n. 59/2005 fornisce la seguente definizione di "impianto: l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività elencate nell'allegato I e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte nel luogo suddetto e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento".

Per valutare la fondatezza o meno della censura occorre, altresì, richiamare il già citato art. 2 lett. l) del D.Lgs. n. 59/2005 che, nel fornire la definizione di autorizzazione integrata ambientale (riportata al precedente punto 2), precisa: "Un'autorizzazione integrata ambientale può valere per uno o più impianti o parti di essi, che siano localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore".

Premessi i dati normativi appena citati, si deve puntualizzare quanto segue:

  • non è in discussione che l'impianto di via Cavazza oggetto dell’AIA impugnata sia qualificabile come impianto di incenerimento ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 133/2005; in tale nozione vanno considerati unitariamente il sito e l’insieme delle attrezzature destinate allo svolgimento delle attività funzionali allo smaltimento dei rifiuti;

  • ai fini del rilascio dell’AIA un impianto di tal genere va valutato anche tenendo conto delle attività che si configurino come accessorie (secondo quanto precisato dall’art. 2 lett. l) del D.Lgs. n. 59/2005), in quanto "siano tecnicamente connesse…… e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento";

  • l'autorizzazione integrata ambientale al potenziamento dell'impianto di cui si discute doveva dunque "coprire" l’impianto medesimo nella sua complessità e unitarietà - in conformità con le nozioni precedentemente richiamate -, nel rispetto peraltro dei limiti dettati dall’art. 2 lett. l) del D.Lgs. n. 59/2005 relativamente all'identità di sito e di gestore.

Per applicare correttamente la disciplina vigente alla fattispecie in esame è particolarmente utile il richiamo (peraltro operato anche dalle parti) alla circolare del Ministero dell'Ambiente 13 luglio 2004, interpretativa in materia di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento. Detta circolare è stata emanata in vigenza del D.Lgs. 4 agosto 1999 n. 372 (recante "Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento"), abrogato dal D.Lgs. n. 59/2005 (art. 19), ma conserva tuttora attualità, atteso che la normativa sopravvenuta non ha introdotto novità nella disciplina della materia con riferimento ai profili che interessano nel presente giudizio. In particolare, si ritiene opportuno richiamare due definizioni contenute nella circolare in questione, che riguardano:

  • il concetto di "attività connessa", da intendersi come attività:

"a) svolta dallo stesso gestore;

b) svolta nello stesso sito dell'attività principale o in un sito contiguo e direttamente connesso al sito dell'attività principale per mezzo di infrastrutture tecnologiche funzionali alla conduzione dell'attività principale;

c) le cui modalità di svolgimento hanno qualche implicazione tecnica con le modalità di svolgimento dell'attività principale";

  • il concetto di "sito", da intendersi (con riferimento alla normativa ambientale e, in particolare, alla definizione di cui all’art. 2 punto t) del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio n. 761/2001 del 19 marzo 2001) come "tutto il terreno, in una zona geografica precisa, sotto il controllo gestionale di un'organizzazione che comprenda attività, prodotti e servizi. Esso include qualsiasi infrastruttura, impianto e materiali".

Alla luce di quanto sopra il Collegio ritiene di formulare le seguenti conclusioni:

a) la procedura concernente la domanda di AIA presentata da Hera s.p.a. per l'impianto di via Cavazza non poteva riguardare anche la distinta area impiantistica di via Caruso, mancando il requisito della localizzazione "sullo stesso sito" a cui fa riferimento l’art. 2 lett. l) del D.Lgs. n. 59/2005; accogliendo il concetto di "sito" come definito nella citata circolare ministeriale 13/7/2004, non può ravvisarsi identità di sito in relazione ad aree geograficamente diverse ed anzi (secondo quanto affermato nella memoria di costituzione della Provincia di Modena a pag. 26 e non contestato) distanti tra loro alcuni chilometri;

b) quanto agli impianti presenti in via Cavazza, la procedura di cui si discute non doveva necessariamente interessare anche quello di depurazione biologica rifiuti liquidi e reflui civili gestito da Hera Modena s.r.l., perché in questo caso all'identità del sito non si accompagna l'identità del gestore; infatti, anche se si riconosce che Hera Modena s.r.l. fa parte del gruppo Hera al pari di Hera s.p.a., risulta però indubbio che si tratta di due società diverse e dunque di due soggetti giuridici distinti, a cui fanno capo distinte attività e responsabilità gestionali; per superare tale profilo occorrerebbe riferire la nozione di "gestore" all'intero gruppo a cui appartenga il soggetto titolare di un impianto in cui si svolgono attività connesse a quella (principale) soggetta ad autorizzazione integrata ambientale, ma tale conclusione appare eccessiva e dunque non applicabile, nel caso di specie, ad Hera Modena s.r.l. (che è, oltretutto, soggetto estraneo al presente giudizio);

c) diverso è il caso dell'impianto di trattamento chimico fisico rifiuti liquidi, anche esso presente in via Cavazza: all'identità del sito si accompagna l'identità del gestore (Hera s.p.a.) rispetto all'impianto principale; la Provincia di Modena afferma però che non sussiste un rapporto di stretta connessione tra i due impianti, posto che quello di trattamento chimico fisico rifiuti liquidi "svolge anche un'autonoma attività di depurazione di rifiuti liquidi, conferiti da terzi, tramite autobotte"; analoghe argomentazioni svolge Hera s.p.a., escludendo altresì che l'attività dell'impianto in questione presenti le caratteristiche di attività connessa, secondo la definizione contenuta nella circolare ministeriale 13/7/2004; le difese delle controparti non sono però convincenti perché smentite da una pluralità di elementi; in particolare:

  • nella definizione di "impianto di incenerimento" fornita dall’art. 2 lett. d) del D.Lgs. n. 133/2005 sono espressamente comprese anche "le apparecchiature di trattamento, movimentazione e stoccaggio in loco delle acque reflue e dei rifiuti risultanti dal processo di incenerimento";

  • tra la documentazione depositata dalle parti ricorrenti in data 3/10/2007 figura una nota di ARPA - Sezione provinciale di Modena in data 31/8/2007, relativa a esalazioni provenienti dall'area di via Cavazza, in cui si legge: "L'impianto di trattamento chimico fisico risulta prevalentemente a servizio dell'inceneritore dei rifiuti solidi urbani, del quale tratta le acque di spegnimento delle scorie e le acque di lavaggio dei fumi…";

  • nella memoria depositata dalle parti ricorrenti 12/10/2007 si richiamano puntualmente gli scritti difensivi di Hera (memoria depositata il 23/5/2007 pag. 35) e della Provincia di Modena (memoria depositata il 22/5/2007 pag. 33) che, nel controdedurre al motivo di ricorso rubricato al n. 11, così si esprimono, rispettivamente, in merito ai reflui in uscita dell'impianto di termovalorizzazione:

- "Essi passano da un impianto all'altro di un medesimo gestore in un medesimo sito, alla stregua di un residuo liquido che, prodotto nel corso di una lavorazione sia inviato ad un impianto di trattamento prima dello scarico";

- "tali reflui… vengono direttamente convogliati, senza soluzione di continuità, mediante "tubazione dedicata"… non in un corpo ricettore ma nell'impianto chimico fisico…".

Quanto sopra è, ad avviso del Collegio, sufficiente per affermare che l'impianto di trattamento chimico fisico in questione, da un lato, svolge attività connessa a quella principale del termovalorizzatore di via Cavazza (ex C.M. 13/7/2004), dall'altro si configura come parte integrante dell'impianto di incenerimento (ex art. 2 lett. d) D.Lgs. n. 133/2005), risultando irrilevante lo svolgimento di attività di depurazione di rifiuti conferiti da terzi, a fronte del prevalente rapporto di servizio in favore dell'impianto Hera di cui si controverte in questa sede. In tale quadro è fondata la censura secondo cui la procedura di AIA avrebbe dovuto interessare, oltre all'impianto di termovalorizzazione strettamente inteso, anche l'impianto di trattamento chimico fisico presente nel medesimo sito e direttamente connesso al primo; la diversa (e riduttiva) scelta operata dall'Amministrazione competente contrasta dunque con la disciplina vigente in tema di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, invocata dalle parti ricorrenti, né a tale carenza si può efficacemente opporre che, ai fini della valutazione degli effetti cumulativi degli impianti in questione, è stato predisposto un piano di monitoraggio complessivo, perché - come evidenziato dalle parti ricorrenti - ciò si traduce (contraddittoriamente) in una considerazione unitaria del sito operata ex post (in fase di monitoraggio) e non ex ante ( in fase istruttoria), come doveva essere; ciò determina l'illegittimità del procedimento in questione e, conseguentemente, del provvedimento finale di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale.

4) Per le ragioni illustrate il ricorso merita accoglimento, restando assorbite le ulteriori censure dedotte, che peraltro attengono a profili destinati ad essere rimessi in gioco in una prospettiva di corretto rifacimento della procedura; il provvedimento impugnato va conseguentemente annullato.

La complessità della vicenda e la particolarità delle questioni trattate giustificano l'integrale compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

P. Q. M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna – Bologna, Sezione Prima:

a) dichiara la parziale inammissibilità del ricorso, nella sola parte relativa all'azione proposta dai sigg. Anderlini Mauro, Baraldi Daniele, Di Bona Simona, Ferrari Enrico, Goldoni Alfonso, Magnoni Carlo, Marinelli Giorgio, Meschiari Nadia, Michelini Bruna, Parenti Valentina, Poppi Carlo, Raspa Pierino Pietro, Schiavi Alberto, Vaccari Paola, Verganti Cecilia;

b) accoglie l'azione impugnatoria proposta dalle altre parti ricorrenti e conseguentemente annulla il provvedimento impugnato;

c) compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna nella Camera di Consiglio del 25 ottobre 2007.

f.to - Presidente (C. Piscitello)
f.to - Cons. Rel. Est. (C. Testori)

Depositata in Segreteria in data 26.11.2007
Bologna li 26.11.2007
Il Segretario
f.to Luciana Berenga


COMUNICATO COORDINAMENTO MODENESE UN FUTURO SENZA ATOMICHE

Modena, venerdì 23 novembre 2007 – Continua a Modena la mobilitazione per “Un futuro senza atomiche”, la proposta di legge per il bando delle armi nucleari dall’Italia, lanciata a livello nazionale da oltre 50 realtà associative. Dopo la firma dell’ordine del giorno a sostegno della campagna da parte dei capigruppo e consiglieri comunali Tesauro, Prampolini, Fino, Massamba, Colombo e Montorsi, è arrivata anche quella dei capigruppo della maggioranza in Consiglio Provinciale: Malavasi, Tomei, Telleri.

A supporto della campagna si svolge oggi a Firenze il convegno Mayor for Peace “Le città non sono bersagli” (volantino allegato), convegno al quale parteciperà anche il referente temi pace del Comune di Modena Francesco Zarzana. L’incontro si presenta come un’occasione per rilanciare il tema del disarmo atomico. Il nostro Paese deve contribuire attivamente a quest’obiettivo, impegnandosi per la rimozione delle 90 testate custodite presso la base Usaf di Aviano (Pordenone) e la base dell’Aeronautica Militare Italiana di Ghedi Torre (Brescia). Accettando la presenza di tali ordigni, l’Italia viola il Trattato di Non Proliferazione Nucleare, ratificato nel 1975 e tuttora in vigore.

Intanto il Coordinamento modenese Un futuro senza atomiche – costituito recentemente da Acli, Amnesty International, Arci, Arcoiris TV, Associazione per la Pace, Casa per la Pace, Fiom-Cgil, Gavci, Greenpeace, Legambiente, Libera associazioni nomi e numeri contro le mafie, Pax Christi, Rete Lilliput e Udi – proseguirà con la raccolta delle firme, organizzando tavolini informativi tutti i sabati pomeriggio fino a Natale. I residenti nei comuni di Modena e di Nonantola potranno firmare anche presso l’ufficio protocollo dei rispettivi comuni negli orari di apertura degli uffici (a Modena lunedì 9:30-12:30 e 15-17:30, martedì 9-12:30 e 15-17:30, mercoledì e venerdì 9-12:30, giovedì 9-13 e 14-18; a Nonantola dal lunedì al sabato 8:30-12:30).

Per informazioni e adesioni:www.unfuturosenzatomiche.org, ml-modena@unfuturosenzatomiche.org, 338/4769515 o 348/2220552.

Coordinamento modenese “Un futuro senza atomiche”:

Acli, Amnesty International, Arci, Arcoiris TV, Associazione per la Pace, Casa per la Pace, Fiom-Cgil, Gavci, Greenpeace, Legambiente, Libera associazioni nomi e numeri contro le mafie, Pax Christi, Rete Lilliput, Udi.


COMUNICATO COORDINAMENTO MODENESE UN FUTURO SENZA ATOMICHE

Modena, 13 novembre 2007 – La messa al bando di tutte le armi nucleari è un’aspirazione condivisa da tutta l’umanità, ma a livello internazionale stanno aumentando ricerca e produzione di nuovi tipi di bombe atomiche. In Italia abbiamo 90 testate atomiche. Non dovrebbero esserci, dato che nel 1975 il nostro Paese ha ratificato il Trattato di Non Proliferazione nucleare impegnandosi (art. 2) a non produrre né ad accettare mai sul proprio territorio armi nucleari.

Per questo 53 realtà associative a livello nazionale hanno lanciato la campagna “Un futuro senza atomiche” (vedi www.unufuturosenzatomiche.org ), una raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare per il bando delle armi nucleari dall’Italia.

E per questo noi di Amnesty International, Arci, Arcoiris TV, Associazione per la Pace, Casa per la Pace, Fiom-Cgil, Gavci, Greenpeace, Libera associazioni nomi e numeri contro le mafie, Pax Christi, Rete Lilliput abbiamo deciso di unire le nostre forze, dando vita al Coordinamento modenese “Un futuro senza atomiche”.

Il Coordinamento ha già trovato il sostegno di Francesco Zarzana, referente temi Pace del Comune di Modena, e di alcuni consiglieri comunali (Tesauro, Prampolini, Rosamaria, Massamba, Colombo, Montorsi), che hanno firmato una proposta di ordine del giorno a sostegno dell’iniziativa, proposta presentata dal Coordinamento a tutti i capigruppo in Consiglio Comunale e Provinciale e che verrà discussa in Comune nei prossimi mesi.

Il Coordinamento curerà la raccolta delle firme, che sarà resa possibile anche grazie dalla collaborazione dei consiglieri che hanno comunicato o comunicheranno la propria disponibilità per l’autenticazione. Si potrà firmare ai tavolini informativi nei sabati pomeriggio dal 17 novembre al 22 dicembre, in via Emilia Centro, sotto al Portico del Collegio, nonché presso l’ufficio protocollo del Comune di Modena, in piazza Grande, negli orari di apertura dell’ufficio (lunedì 9.30-12.30 e 15-17.30, martedì 9-12.30 e 15-1730, mercoledì e venerdì 9-12.30, giovedì 9-13 e 14-18).

Per informazioni: tel.338/4769515 oppure 348/2220552,
e-mail ml-modena@unfuturosenzatomiche.org.

Coordinamento modenese “Un futuro senza atomiche”:
Amnesty International, Arci, Arcoiris TV, Associazione per la Pace, Casa per la Pace, Fiom-Cgil, Gavci, Greenpeace, Libera associazioni nomi e numeri contro le mafie, Pax Christi, Rete Lilliput


Sostegno alla Campagna “Un futuro senza atomiche”

IL CONSIGLIO COMUNALE DI MODENA

CONSIDERATO

che nel 1975 l’Italia ha ratificato il Trattato di Non Proliferazione nucleare, in qualità di Stato non dotato di armi nucleari; all’articolo 2 del trattato si è impegnata “a non ricevere da chicchessia armi nucleari” nonché a rinunciare per sempre alla produzione e allo sviluppo di tali armi;
che l’Italia ribadisce in ogni occasione, nei consessi internazionali, l’universalità del Trattato di Non Proliferazione nucleare, quale pietra angolare dei negoziati per il disarmo nel mondo;
che la Corte Internazionale di Giustizia ha emesso all’unanimità l’8 luglio 1996 una sentenza consultiva ribadendo che persiste un obbligo a perseguire in buona fede negoziati internazionali che portino ad un disarmo nucleare totale e globale;

PRESO ATTO

del rapporto della Natural Resources Defense Council, di Kristensen e Norris, che comprova la presenza di armi nucleari del tipo B61 di proprietà statunitense nella base USAF di Aviano (Pordenone) e nella base dell’Aeronautica Militare Italiana di Ghedi Torre (Brescia),
dello stato di violazione del Trattato di Non Proliferazione nucleare in cui si trova l’Italia per il fatto di ospitare 90 armi nucleari del tipo B61 sul suo territorio;

PRESO ATTO ALTRESI’

della Campagna “Un futuro senza atomiche”, promossa da un Comitato Promotore costituito da 53 realtà italiane, che propone una Legge d’iniziativa popolare che dichiari l’Italia “Paese Libero da Armi Nucleari”, tramite la raccolta di almeno 50.000 firme autenticate per presentare la proposta di legge in Parlamento, all’interno di una campagna internazionale mirante a escludere l’uso delle armi nucleari e a contrastare la loro diffusione;
della presenza nel Comitato Promotore di due importanti coordinamenti di Enti Locali italiani, il Coordinamento degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani e la Rete del Nuovo Municipio;

ADERISCE

formalmente alla Campagna “Un futuro senza atomiche”, che riguarda l’Italia ma ovviamente non si limita ad essa, facendosi promotore di tale iniziativa nel Comune e in tutti i Quartieri;

INVITA

i Consiglieri Comunali, il Presidente del Consiglio Comunale, i Presidenti di Commissione, il Sindaco e gli Assessori ad aderire alla campagna ed a sostenerla attraverso la pubblicizzazione della campagna e l’autenticazione delle firme;

IMPEGNA

il Sindaco a sollecitare il Governo a dichiarare l’Italia “Paese libero da armi nucleari”;

INVITA ALTRESI’

i Parlamentari locali eletti al Parlamento Italiano ed Europeo ad impegnarsi perché l’Italia sia dichiarata “Paese libero da armi nucleari”

Mauro Tesauro - capogruppo Verdi
Giorgio Prampolini – capogruppo SD
Rosa Maria Fino – capogruppo Società Civile
Isabella Massamba N’Siala – SD
Alvaro Colombo – PRC
Giancarlo Montorsi – capogruppo PRC


SOLIDARIETA’ AI MEDICI CONTRO GLI ATTACCHI DEL MINISTRO BERSANI.

Il Comitato Modena Salute e Ambiente e il WWF Modena esprimono piena solidarietà alla Federazione Regionale dell’Emilia Romagna degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, recentemente attaccata dal Ministro allo Sviluppo Economico Pier Luigi Bersani.

Troviamo inaudite le dichiarazioni di Bersani e siamo indignati di fronte all’invito, avanzato dal Ministro ai suoi colleghi Clemente Mastella e Livia Turco, ad avviare contro la Frer provvedimenti disciplinari.
Non si può essere d’accordo con Bersani quando dice che la richiesta di moratoria a nuovi impianti di incenerimento – inviata dalla Frer il 10 settembre scorso al Presidente della Regione, ai Presidenti delle Province, ai Sindaci dei capoluoghi di provincia e agli assessori comunali e provinciali alla Sanità e all’Ambiente, compresi i modenesi Pighi, Arletti, Orlando, Sabattini, Guaitoli e Caldana – “non riporta nessuna motivazione sostanziale” e “non appare suffragata da alcun fondamento tecnico-scientifico riconosciuto”.

Il Ministro infatti dimentica che la lettera dei medici si richiama a quanto emerso dall’incontro del 3 luglio scorso tra la Federazione e il prof. Benedetto Terracini (coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico preposto alla valutazione della fattibilità dei progetti di ricerca, finanziati dalla Regione, sulla valutazione degli impatti sanitari dei nove inceneritori già presenti in Emilia Romagna), nonché all’esposto presentato da Nicolino D’Autilia a nome dell’Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri di Modena. Come sappiamo, l’esposto di D’Autilia, al pari di simili iniziative condotte dagli Ordini o da singoli medici di altre province, è completo di riferimenti a studi scientifici accreditati, come la rassegna epidemiologica della Franchini e colleghi, edita dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2004.

Se Bersani – cui fa eco Gian Carlo Muzzarelli, presidente della commissione regionale Territorio Ambiente Mobilità – sostiene che “la realizzazione degli impianti in esame e il loro funzionamento sono disciplinati dalle norme comunitarie e nazionali di tutela della salute e dell'ambiente” e già vincolati alla valutazione dei tecnici dell’Arpa e del personale sanitario delle Asl, a noi preme ricordare che non sempre la normativa è garanzia sufficiente per la salute e l’ambiente. In particolare, i limiti di legge per le emissioni in atmosfera degli inceneritori sono del tutto inadeguati: si basano sulle concentrazioni e non sui flussi di massa; non considerano gli effetti sinergici delle diverse sostanze; pretendono di regolamentare agenti che hanno azione cancerogena e mutagena anche a piccole dosi; non prendono in considerazione tutta la gamma degli inquinanti emessi dagli impianti, ad esempio non valutano le PM 2,5 e 0,1.

D’altro canto, la normativa, il cui rispetto è invocato dal Ministro, è palesemente violata dall’Italia, che continua ad elargire, tramite il sistema del Cip6 e dei certificati verdi, incentivi alla combustione dei rifiuti inorganici, contravvenendo alla direttiva comunitaria in materia di rinnovabili.

L’azione dei medici della Frer, in compenso, risponde appieno ai principi di prevenzione e precauzione, presenti nel proprio codice deontologico, così come nella normativa nazionale (art. 178 del D.Lgs. n.152 del 2006), e si muove nella direzione indicata dalla stessa Costituzione italiana, che all’art.32 sancisce il diritto dei cittadini alla salute. Sottolineiamo anche che, a differenza degli organismi istituzionali, soggetti alle pressioni delle grandi Spa ex municipalizzate gestrici degli impianti, gli Ordini dei medici si trovano nella condizione di poter esprimere con maggior libertà le proprie valutazioni, valutazioni tecniche che invitiamo tutti gli amministratori ad ascoltare.

Rifiuti a Modena: parte il progetto del CSV


Partiranno in autunno a Modena le iniziative pubbliche del progetto “Il territorio, l’uomo e l’ambiente”.

Il progetto è promosso da un gruppo di associazioni ambientaliste modenesi, e viene realizzato con il sostegno del Centro Servizi per il Volontariato provinciale. Le attività saranno rivolte ai volontari delle associazioni e a tutti i cittadini interessati e si articoleranno in due fasi.

Entro la fine dell'anno verrà realizzato un percorso formativo che offrirà la possibilità di approfondire, nel corso di incontri serali a cadenza settimanale, questioni di diritto ambientale, con particolare riguardo per le modalità di accesso agli atti amministrativi e per il tema della gestione dei rifiuti.

Il programma prevede:

- elementi di base di diritto ambientale, dalle normative europee alla costituzione alla legislazione nazionale

- elementi di base di diritto amministrativo con particolare riferimento alla trasparenza della pubblica amministrazione, all’accesso agli atti amministrativi agli istituti di partecipazione popolare

- elementi di legislazione europea e nazionale sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e assimilati

- Piano Provinciale per la Gestione Rifiuti

- Regolamento dei Servizi di Smaltimento dei rifiuti urbani di Modena

Con l'anno nuovo, da gennaio 2008, la seconda fase vedrà i partecipanti organizzarsi in gruppi di lavoro, al fine di elaborare proposte da sottoporre agli Enti locali.

Obiettivi dei lavori di gruppo:

- sollecitare la creazione di una banca dati/centro virtuale di documentazione sulla normativa ambientale

- progettare nuovi servizi per la raccolta “porta a porta” dei rifiuti e la loro riduzione a monte.

Per informazioni e pre-adesioni, si prega di contattare sin da ora i referenti delle associazioni o il Centro Servizi per il Volontariato (aldo.arbore@volontariamo.it).


Una buona estate a tutti.


Greenpeace: l´EFSA continua a non proteggere i cittadini europei dal rischio mais OGM


Bruxelles, 28 giugno 2007 - Oggi l´EFSA (l´Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, con sede a Parma), ha perso l´occasione di riguadagnare credibilità come ente di controllo delle autorizzazioni sugli OGM in Europa.
L´autorità ha, infatti, liquidato la richiesta di ulteriori studi indipendenti sul mais Monsanto MON863, già approvato per la vendita in Europa e oggetto di una nuova analisi scientifica lo scorso marzo (1), che evidenziava gli impatti negativi sui topi alimentati con il MON863.
Gli autori dello studio avevano già avvertito che non tenere conto dei segni di tossicità per fegato e reni degli animali coinvolti, evidenziati dallo studio, sarebbe risultato in un pericolo per la salute umana e animale.
Il rifiuto dell´EFSA di riaprire la pratica sul MON863 alla luce di questo studio è coerente con il testardo rifiuto dell´Autorità di esaminare in maniera equilibrata e indipendente le richieste di autorizzazione dei prodotti geneticamente modificati; dalla sua istituzione nel 2002, l´EFSA ha approvato ogni singola richiesta per nuovi OGM. Basandosi unicamente sui dati presentati dalle aziende biotech, non tenendo conto degli impatti a lungo termine sulla salute e sull´ambiente, e ignorando ripetutamente le opinioni scientifiche contrarie.
La tempistica di quest´annuncio è chiara. Avendo atteso più di tre mesi per emettere il suo parere, non è certo una coincidenza il fatto che l´EFSA abbia deciso di farlo oggi, lo stesso giorno durante il quale i Ministri europei dell´ambiente devono ridiscutere l´analisi del rischio degli OGM e il caso del mais MON863. Un tentativo così ovvio di influenzare la decisione del Consiglio rende chiare le reali motivazioni dell´EFSA, di fatto una delle agenzie dell´Unione Europa. Almeno ora sarà chiaro a tutti che l´EFSA sta portando avanti la campagna per influenzare le decisioni dell´Unione Europea, promuovendo rischiosi OGM a scapito di un pubblico inconsapevole.
Due settimane fa, Greenpeace ha annunciato i risultati di un nuovo studio scientifico francese che mostrava analoghe minacce di tossicità relative ad un altro mais geneticamente modificato Monsanto, l´NK603, di cui l´EFSA ha approvato, anche in questo caso, la commercializzazione, salvo non aver mai approfondito anomalie nei topi alimentati con questo mais.

Greenpeace non è la sola a criticare l´EFSA per non aver reso effettiva una legge europea mentre si trova a valutare i rischi degli Ogm. Ad Aprile 2006, la Commissione europea ha rilasciato una dichiarazione (2) per chiedere protocolli migliori per i test e una maggiore ricerca sugli effetti a lungo termine degli Ogm. Anche il Consiglio ha ripetutamente espresso preoccupazioni sull´operato dell´EFSA. Le raccomandazioni dell´EFSA sugli Ogm non hanno mai ottenuto il consenso formale dai due terzi richiesti della maggioranza degli Stati Membri dell´Ue.

"Per questo motivo, Greenpeace sta invitando gli Stati Membri dell´Ue e la Commissione europea a mettere in atto una seria riforma dell´operato dell´EFSA per accertarsi che la legge Ue che regola la valutazione dei rischi legati agli Ogm venga correttamente applicata" dichiara Federica Ferrario, responsabile campagna Ogm di Greenpeace. "Fino a quando la riforma non verrà portata a termine, nessun nuovo Ogm dovrebbe essere autorizzato. La Commissione dovrebbe anche ritirare le autorizzazioni già assegnate agli altri prodotti geneticamente modificati, dato che sono stati approvati secondo la stessa inadeguata procedura di valutazione del rischio. È ora che l´Ue metta il principio di precauzione prima degli interessi di aziende biotech come la Monsanto." aggiunge la Ferrario I ministri dell´Ambiente dell´Ue oggi discuteranno la proposta di effettuare ulteriori ricerche sul mais Monsanto MON863 e sulla valutazione dei rischi degli Ogm.


Greenpeace: l´Unione Europea non ha saputo impedire l´esposizione dei cittadini al rischio OGM


Bruxelles, 28 giugno 2007 - Gli attivisti di Greenpeace hanno aperto questa mattina in Lussemburgo un enorme striscione "Proteggete l´Europa dai rischi degli alimenti OGM" fuori dal Consiglio per l´Ambiente, rivolgendosi ai Ministri riuniti per un incontro sul tema. Tra gli argomenti in agenda, il Consiglio discuterà, infatti, le lacune del processo europeo per l´analisi del rischio applicato agli organismi geneticamente modificati.
La discussione del Consiglio è stata supportata da nuove evidenze scientifiche che dimostrano impatti negativi per la salute dei topi di laboratorio nutriti con mais Monsanto, MON863, già approvato e commercializzato in Europa. Altri volontari hanno montato una gabbia fuori dall´edificio del Consiglio, all´interno della quale due attivisti bendati mangiano mais geneticamente modificato, rimandando così al fatto che consumando prodotti frutto dell´ingegneria genetica testati impropriamente, i consumatori si trasformano in cavie da laboratorio, protagonisti inconsapevoli di un gigantesco esperimento genetico.

"E´ scandaloso che gli organismi geneticamente modificati (OGM) non vengano testati coerentemente con la normativa europea, che richiede analisi di lungo termine sugli effetti di questi prodotti per l´ambiente e la salute" ha detto Federica Ferrario, responsabile campagna OGM di Greenpeace Italia. "Ora, abbiamo anche la prova scientifica che dimostra che i prodotti geneticamente modificati possono avere inaspettati effetti nocivi sulla salute umana e animale, così come sull´ambiente.
Anche per questa ragione è importante liberare la filiera di produzione del nostro Parmigiano-Reggiano dal rischio OGM. I cittadini europei non devono essere trattati come cavie da laboratorio, esposti al rischio di OGM nella catena alimentare."
Greenpeace ha chiesto ai ministri di ritirare l´autorizzazione concessa alla Monsanto per il mais MON863, fino alla rivalutazione del dossier presentato dall´azienda, a sostegno di un sistema di valutazione del rischio rigoroso, indipendente e trasparente che rispetti le istanze legali e sia in grado di garantire la sicurezza.

Tutte le autorizzazioni precedenti dovrebbero essere ritirate fino a quando le lacune dimostrate nel sistema autorizzativo non verranno corrette.

"Speriamo che gli Stati Membri chiariscano una volta per tutte che ne hanno abbastanza della conformità incondizionata dell´EFSA (European Food Safety Authority), sostenuta dalla Commissione, a qualsiasi richiesta di introdurre un prodotto Ogm nel mercato europeo. I consumatori, molti dei quali non vogliano mangiare Ogm, si aspettano che i politici mettano la loro salute, la loro sicurezza alimentare e l´ambiente, prima degli interessi economici di poche aziende biotech."


Teak di guerra e distruzione delle foreste della Birmania:

Le foreste della Birmania sono uno degli ultimi  spot di foresta primaria tropicale nell'Asia  continentale, ma il commercio internazionale di  Teak ne minaccia la sopravvivenza: infatti questo legno è prelevato in quantita' eccessive per sovvenzionare un regime sanguinario, grazie alla costante domanda da parte dell'industria del parquet e della cantieristica navale.

La Birmania e' in stato di guerra dl giorno della sua indipendenza, nel 1948, una guerra combattuta prevalentemente per il controllo delle risorse naturali. Combattimenti costati di migliaia di morti, mentre tutt'ora 300.000 sono i rifugiati all'estero e un milione nel paese.

Dal 1988 il regime militare (il Consiglio di Stato per la Pace e lo Sviluppo, o SPDC) e' stato arbitro assoluto delle risorse forestali, che assieme al petrolio, ha consentito al governo di raddoppiare le spese militari per sostenere al potere una brutale dittatura ed alimentare la guerra con le minoranze etniche. La giunta al potere controlla le foreste ed il loro sfruttamento. Anche i gruppi armati delle minoranze etniche usano il legname nelle zone di frontiera per finanziare le proprie milizie. Paesi come la Cina e la Thailandia hanno sostenuto in passato gruppi ribelli, ottenendo in cambio l'accesso a risorse naturali, come il legno.

Le violazioni dei diritti umani sono ben documentate, e nessuna delle parti in conflitto e' priva di responsabilita'. Mentre i civili pagano il prezzo del conflitto, governo, esercito e milizie usano le proprie posizioni di privilegio per arricchirsi, ai danni delle comunita' che dicono di proteggere.

Dopo il cessate il fuoco dei primi anni '90, nuove aree di foresta ai confini con la Cina e la Thailandia sono state sfruttate intensivamente, minacciando ecosistemi unici e preziosi.

Le operazioni forestali in Birmania, anche quando non direttamente coinvolte nel conflitto, sono in genere foremente distruttive. Un'indagine a campione condotta dal Dipartimento Foreste nel dipartimento di Bago Yoma, a nord di Rangoon, ha evidenziato una drastica carenza di alberi al di sotto dei 20 anni di età. È stato registrato appena un ottavo del numero previsto di piante col tronco del diametro tra i 60 e i 90 centimetri, mentre in generale la densità delle piante di teak era calata da 50 a sei piante per
ettaro, ossia riduzione del 90%.In ogni caso l'industria del teak non rappresenta per la popolazione civile un contributo allo sviluppo. Solo per fare un esempio, il 40% circa del prodotto nazionale lordo (e quasi la metà
della spesa pubblica) finisce in armamenti o nel sostegno dell'enorme apparato militare. D'altro canto appena lo 0,3% viene investito nel sistema
sanitario, col risultato che la mortalità infantile raggiunge il 109 per mille.

Intanto propri in questi giorni sono stati rinnovati gli arresti domiciliari del premio nobel Aung San Suu Kyi e leader dell'opposizione, la donna che aveva vinto le elezioni del 1990 e da allora e' sotto il controllo dei militari.


Greenpeace: salviamo il Parmigiano-Reggiano dagli Ogm


Roma, 21 giugno 2007 - Greenpeace lancia oggi la campagna per salvare il Parmigiano-Reggiano dagli Ogm. Nonostante l‘esistenza del Consorzio di Tutela di quella che è una delle produzioni più apprezzate dai consumatori e invidiate dal mercato, il Parmigiano-Reggiano è incappato nella trappola Ogm: nei mangimi utilizzati per integrare la dieta delle bovine che forniscono il prezioso latte destinato alla produzione del Parmigiano, si è insinuata, infatti, la soia transgenica della Monsanto.

Gli Ogm, oltre agli ormai comprovati pericoli legati al loro rilascio in ambiente, continuano a essere al centro dell’attenzione anche a causa delle incertezze legate al loro consumo umano e animale. La comunità scientifica è divisa, e nuovi studi indipendenti dimostrano che gli Ogm non vengono adeguatamente studiati prima di ottenere l’autorizzazione al commercio e al consumo, confermando il fallimento dell’attuale sistema autorizzativo europeo sugli Ogm.

I consumatori continuano a rifiutarli e lo scorso febbraio, Greenpeace ha consegnato alla Commissione europea, una petizione firmata da oltre un milione di cittadini, per chiedere l’etichettatura dei prodotti derivati da animali nutriti con Ogm, come latte, carne, uova o formaggio. E il nostro parmigiano? In un contesto europeo e mondiale dove sempre più spesso i prodotti italiani di qualità vengono copiati o camuffati - basti pensare ai vari Parmesan, Regianito o Parmesao - la garanzia di sopravvivenza è data dalla qualità e dalla sicurezza al 100 per cento. Il Parmigiano-Reggiano ha alle spalle otto secoli di storia e tradizione, e oggi, la sua genuinità non può essere minacciata dalla comparsa degli Ogm nella sua filiera produttiva.

“Il problema riguarda i mangimi. Il disciplinare di produzione del Parmigiano oggi non vieta l’uso degli Ogm nell’alimentazione animale. Nella pratica, ciò significa che le bovine che forniscono il latte ai caseifici aderenti al Consorzio, si nutrono anche di soia Ogm” ha chiarito Federica Ferrario, responsabile campagna OGM di Greenpeace. “Proprio perché amiamo il Parmigiano Reggiano, vogliamo essere certi che venga tutelato, e che questa tutela porti con sé garanzia di qualità e sicurezza, per l’ambiente e per i consumatori.”

Oggi in Italia, sono sempre più numerosi i prodotti e i produttori, che escludono l'uso di Ogm in tutti i passaggi della produzione - sia negli ingredienti che nei mangimi animali. “Il Consorzio del Parmigiano-Reggiano non è riuscito, fino ad ora, a evitare l'impiego di mangimi contenenti Ogm dal disciplinare di produzione, ma questa scelta è possibile e praticabile oltre che necessaria per tutelare questa produzione” ha spiegato la Ferrario. “Nel circuito del Parmigiano, questo già avviene per la produzione biologica e per quei primi produttori che, autonomamente, hanno già attivato filiere completamente non-Ogm anche nei mangimi, una voce che il Consorzio dovrebbe ascoltare.”

Greenpeace è disponibile a collaborare col Consorzio del Parmigiano per eliminare l’utilizzo degli Ogm nella filiera produttiva e mette a disposizione dei consumatori un sito web http://www.parmigiaNOgm.it per avere maggiori informazioni e scrivere al consorzio di modificare il disciplinare, non usando più Ogm nei mangimi.
Nel pomeriggio, l’associazione organizza in piazza Campo dé Fiori, nel centro di Roma, un aperitivo a base di parmigiano non-ogm.

Per scaricare il rapporto sul caso del Parmigiano-Reggiano:
http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/parmigiano-reggiano


ALEMANNO E RONCHI: SI A GREENPEACE PER LA TUTELA DEL PARMIGIANO LIBERO DA OGM


Roma, 21.06.07 – Un plauso bi-partisan alla campagna Greenpeace “ParmigiaNOgm”, per liberare la filiera di produzione del Parmigiano-Reggiano dagli OGM è stato dato stamattina dagli ex-Ministri On. Gianni Alemanno (AN) e dal Sen. Edo Ronchi (Ulivo) al lancio ufficiale dell’iniziativa. “Condivido pienamente gli obiettivi della campagna per salvare il parmigiano dagli OGM” ha affermato Alemanno “e sottoscrivo l’appello di Greenpeace al Consorzio di Tutela per inserire nel disciplinare di produzione una chiara esclusione degli OGM da tutta la filiera produttiva, mangimi compresi.” Dello stesso tenore la posizione di Ronchi: “Esprimo il mio apprezzamento e adesione all’iniziativa di Greenpeace volta alla salvaguardia del Parmigiano-Reggiano, condividendone gli obiettivi di grande valore e utilità per la sicurezza di consumatori e ambiente, e per la salvaguardia di uno dei prodotti più amati e apprezzati.”
Greenpeace si è detta disponibile a collaborare col Consorzio del Parmigiano per eliminare l’utilizzo degli Ogm nella filiera produttiva e mette da oggi a disposizione dei consumatori un sito web http://www.parmigiaNOgm.it per avere maggiori informazioni e scrivere al consorzio di modificare il disciplinare, non usando più Ogm nei mangimi.
Nel pomeriggio, alle ore 18, l’associazione organizza in piazza Campo dé Fiori, nel centro di Roma, un aperitivo a base di Parmigiano non-ogm.


Ogm: il caso Parmigiano-Reggiano


20 Giugno 2007 Le mucche del Consorzio del Parmigiano-Reggiano mangiano soia geneticamente modificata. 

Roma, Italia — Il Parmigiano-Reggiano è a rischio Ogm. Le mucche del Consorzio mangiano soia geneticamente modificata. E gli Ogm entrano nella filiera produttiva di uno dei prodotti italiani più famosi e apprezzati al mondo. Per salvare il Parmigiano e tutelarne la qualità, Greenpeace lancia oggi un sito web e invita i navigatori a scrivere per chiedere una modifica del disciplinare di produzione. Le alternative ci sono. Basta scegliere.

Questa mattina, in conferenza stampa, a Roma, Greenpeace ha lanciato la sua campagna per salvare il Parmigiano-Reggiano e ha presentato un rapporto che svela i retroscena Ogm del Parmigiano. Nella tarda mattinata sono arrivate le dichiarazioni degli ex Ministri, Gianni Alemanno ed Edo Ronchi: entrambi hanno espresso solidarietà con l'iniziativa di Greenpeace.

Il problema è quello dei mangimi. Il disciplinare di produzione del Parmigiano non vieta al momento l'uso degli Ogm per l'alimentazione degli animali. Nella pratica, ciò significa che le bovine che forniscono il latte ai caseifici aderenti al Consorzio, si nutrono anche di soia Ogm.

È una grave lacuna. Il Parmigiano-Reggiano non può rischiare di compromettere la sua immagine basata sui concetti di controllo, sicurezza e qualità assoluta del prodotto.
La concorrenza è spietata. Il mercato non perdona questo tipo di passi falsi. E quello degli Ogm è un tema sul quale i consumatori sono molto sensibili: nel 2007 Greenpeace ha, ad esempio, raccolto 1.000.000 di firme per chiedere l'introduzione dell'etichettatura obbligatoria dei prodotti derivati da animali nutriti con Ogm. E l'avversione dei consumatori agli Ogm è fuori discussione.

Greenpeace chiede al Consorzio di adempiere ai suoi compiti istituzionali e tutelare la credibilità del Parmigiano-Reggiano. Il problema Ogm va affrontato con determinazione: occorre modificare il disciplinare di produzione ed escluderli da tutte le fasi di produzione.

Le alternative ci sono. E sono a portata di mano. La soia certificata non-Ogm è disponibile sul mercato. In grandi quantità e a costi ragionevoli. Oggi in Italia, sono sempre più numerosi i produttori che escludono gli Ogm da tutta la filiera - sia negli ingredienti che nei mangimi animali. Alcuni degli aderenti al Consorzio - soprattutto nel settore della produzione biologica - hanno già imboccato questa strada.

La buona volontà di pochi deve però diventare un esempio per tutti. Greenpeace offre la sua collaborazione e chiede al Consorzio di regalare a tutti noi un Parmigiano-Reggiano senza Ogm!Scrivi al Consorzio Scrivi al Presidente del Consorzio del Parmigiano-Reggiano e chiedigli di modificare
il disciplinare di produzione per un Parmigiano senza Ogm.
Visita il sito http://www.parmigiaNOgm.it.


IL SI DEI MINISTRI EUROPEI ALLA CONTAMINAZIONE OGM SUL BIOLOGICO. GREENPEACE: UN PERICOLO PER L´INTERO SETTORE.

Roma, 11.06.07 - "Il Consiglio dell´agricoltura UE ha messo in discussione il diritto dei consumatori europei a consumare alimenti privi di Ogm" - così Federica Ferrario, responsabile campagna Ogm di Greenpeace, commenta la decisione del Consiglio di permettere la contaminazione dei prodotti biologici con Ogm fino allo 0,9 per cento.

"Come dimostra il successo dell´agricoltura biologica - continua Ferrario - i consumatori cercano sempre più alimenti sicuri e di qualità, senza Ogm.
L´atteggiamento permissivo verso la contaminazione assunto dalla Commissione Europea e da alcuni Stati membri ignora, invece, le richieste dei consumatori europei.
Rischia inoltre di mettere a repentaglio l´intero settore del biologico: in pratica, livelli minimi di Ogm potrebbero cominciare a insinuarsi negli alimenti biologici".

Il Parlamento Europeo, Greenpeace e altre organizzazioni ambientaliste avevano chiesto che la soglia dello 0,9 per cento non venisse applicata.
Gli attuali strumenti analitici sono in grado di rilevare livelli di contaminazione tendenti allo zero. Valori di questo genere (0,9 per cento) sono perciò privi di senso logico, servono solo ad aiutare le aziende biotech a contaminare i nostri campi e le nostre tavole, a scapito di consumatori, produttori e agricoltori, soprattutto in Italia, dove il biologico e´ un settore molto importante.


GREENPEACE AL G8: IL VOSTRO E´ UN FALLIMENTO, EVIDENTEMENTE CON IL CLIMA NON SI GUADAGNA...

Heiliengdamm, 07.06.07 - Greenpeace condanna i leader presenti al G8 per aver mancato l´opportunità storica di incidere sui cambiamenti climatici, non trovando un accordo per mantenere l´aumento delle temperature sotto i due gradi centigradi, rispetto ai livelli pre-industriali. "Evidentemente si trae poco profitto a prevenire pericolosi cambiamenti climatici" ha detto Daniel Mittler, consulente politico sul clima di Greenpeace International.

Greenpeace aveva accolto favorevolmente il fatto che il G8 fornisse un chiaro mandato politico per impostare negoziazioni serie per la seconda fase del Protocollo di Kyoto, che avranno inizio alla prossima conferenza sul clima delle Nazioni Unite a Bali il prossimo dicembre.

"L´isolamento degli Stati Uniti nel rifiutare i rigorosi tagli alle emissioni è diventato desolatamente ovvio durante questo incontro.
L´amministrazione Bush ha dichiarato di voler `considerare seriamente´ il fatto che il resto del mondo stia fissando obiettivi di riduzione vincolanti, ma sono ben lontani, come sempre, dal considerare questi obiettivi validi anche per loro." ha aggiunto Mittler.

Greenpeace ha ricordato ai governi del G8 che è fondamentale che le loro emissioni vengano ridotte dell´80-90% entro il 2050 se il mondo vuole davvero evitare i catastrofici impatti del cambiamento climatico. "I governi hanno fallito nel non riconoscere ciò che la scienza ci indica qui come necessario. Devono agire urgentemente in questa direzione nell´ambito delle Nazioni Unite", ha aggiunto Mittler.


GREENPEACE: DA SALERNO A RAVENNA, CONTINUA IL CONTROLLO SUL LEGNO DEL CONGO

Ravenna, 07.06.07 - Gli attivisti di Greenpeace hanno seguito oggi nel porto di Ravenna lo scarico di tronchi originari delle foreste pluviali della Repubblica Democratica del Congo (RDC), fino agli impianti di lavorazione. Il carico proveniva dalla stessa nave, la Andreas K, giunta da Matadi e già fermata da Greenpeace alcuni giorni fa nel porto di Salerno. Sull´azione, si era pronunciato anche il Ministro Pecoraro Scanio, che aveva annunciato in un comunicato di sostenere le ragioni della protesta lanciata a Salerno, mentre il Nucleo Operativo Cites del Corpo Forestale dello Stato ha avviato controlli sul carico.

A Ravenna, Greenpeace ha ispezionato il carico, marcando i tronchi di provenienza RDC, per seguirne il percorso fino a destinazione. Il legname tropicale trasportato era destinato in gran parte ai produttori italiani, tra cui anche fabbricanti di parquet, che lo esportano in tutta l'Europa.
La nave Andreas K aveva a bordo legno proveniente da compagnie che operano nelle foreste pluviali del Congo, come la Soforma, parte del gruppo Nordsudtimber, e il gruppo Danzer. In particolare, tra il 2002 e il 2003 il gruppo Nordsudtimber, vero e proprio colosso del settore, con sede in Lichtenstein e 4,7 milioni di ettari di foresta controllati nella RDC, ha riorganizzato l'assetto dei propri titoli di taglio, abbandonando aree di foresta ormai improduttive e ottenendo - con la collaborazione di alcuni funzionari ministeriali - nuove concessioni. Da notare, però, che quasi il 65 per cento delle aree forestali attualmente controllate dal gruppo Nordsudtimber - per una superficie totale pari a circa 3 milioni di ettari, un´area grande quanto la Val d'Aosta - si riferiscono a titoli concessi dopo il 2002 e cioè dopo l'entrata in vigore della moratoria introdotta dal Governo.
Nella Repubblica Democratica del Congo, il Governo locale ha varato dal maggio 2002 una moratoria sull'allocazione di nuovi titoli di taglio.
Tuttavia, secondo il recente rapporto diffuso da Greenpeace, "Il saccheggio delle foreste del Congo", ben 107 titoli di taglio, pari a un'area di oltre 15 milioni di ettari di foresta, su un totale di 156, sono stati firmati dopo l'entrata in vigore della moratoria e perciò in palese violazione della legge.

"Il saccheggio delle foreste del Congo" riporta con dati ed esempi come la Banca Mondiale abbia fallito nei suoi obiettivi di controllare l'industria del legno.
I titoli di taglio della Sodefor, per esempio, sono situati in aree di grande importanza, come Maringa-Lopori-Wamba, già identificata quale priorità di conservazione dalla Congo Basin Forest Partnership che unisce organizzazioni governative e non governative per lo sviluppo sostenibile delle foreste del bacino del Congo. La stessa Banca Mondiale ha dovuto ammettere che negli ultimi tre anni non un solo dollaro delle tasse forestali è tornato alle comunità coinvolte.
Una revisione della legalità dei titoli di taglio è ancora in corso e Greenpeace teme che molte concessioni rilasciate in violazione alla moratoria vengano legalizzate, lasciando preziose foreste senza protezione. Il settore forestale è ormai fuori controllo: se la moratoria sui nuovi titoli di taglio sarà sospesa, avverte Greenpeace, le preziose foreste pluviali del bacino del Congo saranno velocemente svendute, in un contesto di corruzione endemica e di impunità, come quello che caratterizza il settore dell'industria forestale.
Per non parlare del contributo al riscaldamento globale. La distruzione delle sole foreste tropicali, infatti, è responsabile del 25 per cento delle emissione totali di anidride carbonica di origine umana. Il bacino del Congo custodisce da solo circa l'8 per cento delle riserve di carbonio: se la deforestazione continuasse, entro il 2050 saranno rilasciati 34,4 miliardi di tonnellate di CO2, pari a circa sessanta volte le emissioni attuali dell'Italia.


GREENPEACE: ATTIVISTI IN AZIONE NEL PORTO DI SALERNO CONTRO IL TAGLIO ILLEGALE DEL LEGNO AFRICANO

SALERNO, 23.05.07 - Questa mattina all´alba, nel porto di Salerno,attivisti di Greenpeace hanno abbordato la nave Andreas K, carica di tronchi e legnami tropicali provenienti dal porto di Matadi, nella Repubblica Democratica del Congo, e destinati prevalentemente ai produttori italiani. Ostacolando le manovre di attracco, i gommoni di Greenpeace hanno permesso agli scalatori di arrampicarsi a bordo lungo le gru, dalle quali sono stati issati due enormi striscioni "Proteggiamo le foreste" e "No alla distruzione delle foreste primarie". Nel frattempo, una dozzina di attivisti si sono incatenati ai tronchi, bloccandone lo sbarco.

L´Andreas K trasporta legno proveniente da compagnie che operano nelle foreste pluviali del Congo, come la Sodefor (parte del gruppo Nord-Sud Timber). Il bacino del Congo ospita la seconda foresta pluviale del pianeta, una delle aree esistenti di maggiore biodiversità e una risorsa essenziale per la difesa dai cambiamenti climatici. Nella Repubblica Democratica del Congo, il Governo locale ha varato dal maggio 2002 una moratoria sull´allocazione di nuovi titoli di taglio. Tuttavia, secondo il recente rapporto diffuso da Greenpeace "Il saccheggio delle foreste del Congo", ben 107 titoli di taglio, pari ad un´area di oltre 15 milioni di ettari di foresta, su un totale di 156 sono stati firmati dopo l´entrata in vigore della moratoria e perciò in palese violazione della legge.

Una revisione della legalità dei titoli di taglio è ancora in corso e Greenpeace teme che molte concessioni rilasciate in violazione alla moratoria vengano legalizzate, lasciando preziose foreste senza protezione. "Le compagnie attive in Congo, come la Sodefor, sono responsabili di un vero e proprio caos ambientale", spiega Sergio Baffoni, responsabile Campagna Foreste di Greenpeace. "Queste imprese sono ormai fuori controllo. Se la moratoria sui nuovi titoli di taglio sarà sospesa, le preziose foreste pluviali del bacino del Congo saranno velocemente svendute, in un contesto di corruzione endemica e di impunità, come quello che caratterizza il settore dell´industria forestale".

"Il saccheggio delle foreste del Congo" riporta con dati ed esempi come la Banca Mondiale abbia fallito nei suoi obiettivi di controllare l´industria del legno. I titoli di taglio della Sodefor, per esempio, sono situati in aree di grande importanza, come Maringa-Lopori-Wamba, già identificata quale priorità di conservazione dalla Congo Basin Forest Partnership (che unisce organizzazioni governative e non governative per lo sviluppo sostenibile delle foreste del bacino del Congo). "Circa quaranta milioni di persone dipendono dalle foreste congolesi per la propria sopravvivenza e traggono ben pochi vantaggi dall´avanzata dell´industria del legno", aggiunge Baffoni. "La stessa Banca Mondiale ha dovuto ammettere che negli ultimi tre anni non un solo dollaro delle tasse forestali è tornato alle comunità coinvolte. Imprese come la Sodefor saccheggiano preziose foreste in cambio di piccole regali, come un sacco di sale o poche bottiglie di birra, proprio come ai tempi delle colonie".

Per non parlare del contributo al riscaldamento globale. La distruzione delle sole foreste tropicali, infatti, è responsabile del 25 per cento delle emissioni totali di anidride carbonica di origine umana. Il bacino del Congo custodisce da solo circa l´8 per cento delle riserve di carbonio: se la deforestazione continuasse, entro il 2050 saranno rilasciati 34,4 miliardi di tonnellate di CO2, pari a circa sessanta volte le emissioni attuali dell´Italia.

Greenpeace chiede che tutti i titoli di taglio rilasciati dopo l'entrata in vigore della moratoria del 2002 siano cancellati, e che la moratoria sia attuata ed estesa fino a quando non verrà completato un processo partecipatorio di destinazione d'uso delle diverse aree forestali. Un processo che non potrà non comprendere una rete adeguata di aree protette.

Documentazione e immagini:
L'industria del legno in Congo: il caso Sodefor
http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/sodefor

La deforestazione in Congo:
http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/congo

Il caso Danzer:
http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/forest-crime-file-danzer-grou

Immagini: http://www.greenpeace.it/pics/


Per informazioni: Sergio Baffoni, campagna foreste cell. 3483988680 /
Ufficio Stampa Greenpeace tel. 0668136061 int. 203-222 /Andrea Pinchera,
comunicazione e fundraising cell. 3483988607


SONDAGGIO DI GREENPEACE ALLO “STUZZICAGENTE”: I PRODOTTI TIPICI? NESSUNO LI VUOLE OGM!

Modena, 22 Maggio 2007

In occasione dello “Stuzzicagente”, il fortunato evento di promozione enogastronomica tenutosi domenica scorsa nelle vie della Pomposa, i volontari del Gruppo Locale di Greenpeace hanno proposto a clienti e ristoratori un sondaggio a tema OGM (Organismi Geneticamente Modificati). Pur senza pretese di validità statistica, i dati emersi forniscono utili indicazioni sulle opinioni dei cittadini modenesi in merito agli OGM, rispetto ai quali, ricordiamo, il Comune e la Provincia di Modena hanno già abbracciato il principio di precauzione, impedendone la coltivazione e l’allevamento sul nostro territorio.
Ma veniamo ai risultati del sondaggio: 120 le persone coinvolte, tra cui la maggior parte dei ristoratori aderenti all’iniziativa; 36 anni l’età media dei partecipanti, principalmente modenesi; assai eterogenea l’occupazione lavorativa, da docenti a operai, da impiegati ad imprenditori.
Soltanto il 10% degli intervistati ha dichiarato di non sapere cosa sia un OGM, e il 72% si è dimostrato a conoscenza della principale forma con la quale gli OGM si trovano sul mercato italiano, ovvero nei mangimi destinati agli animali d’allevamento. Dal sondaggio è emersa un po’ di confusione riguardo alla normativa sull’etichettatura, che ne prevede l’obbligo per gli alimenti destinati al consumo umano, qualora la contaminazione di OGM superi lo 0,9% dell’ingrediente considerato, ma esenta i prodotti derivati da animali nutriti con OGM, come carne, uova e formaggio. La maggior parte degli intervistati sostiene di non voler consumare prodotti OGM o derivanti da animali nutriti con OGM. Il dato più interessante è emerso riguardo alla tutela dei prodotti tipici ad elevata qualità, in quanto soltanto una persona ha dichiarato che possano essere considerati tali anche se derivanti da animali nutriti con OGM provenienti dall’estero. La metà degli intervistati ritiene che un prodotto tipico acquisirebbe un valore aggiunto se si presentasse con filiera certificata NON-OGM, e l’altra metà vorrebbe addirittura vedere su tali prodotti una certificazione di agricoltura o allevamento biologico.
Purtroppo la realtà è assai diversa: fatta eccezione per le produzioni biologiche e quelle certificate NON-OGM, la maggior parte degli animali allevati, anche per le produzioni tipiche regionali, vengono ad oggi nutriti con OGM provenienti principalmente da Stati Uniti e Argentina.
Greenpeace sta lavorando per ottenere in sede europea l’obbligo di etichettatura di alimenti derivanti da animali nutriti con OGM, e invita i produttori locali a salvaguardare le produzioni che segnano l’eccellenza del nostro Paese, tutelando e assecondando il volere dei consumatori.


LEGAMBIENTE, GREENPEACE, WWF: "NO AL CARBONE A CIVITAVECCHIA, OPZIONE IMPRATICABILE RISPETTO AGLI OBIETTIVI DI KYOTO"

Roma, 21 Maggio 2007

Bloccare i lavori di riconversione a carbone della centrale di Civitavecchia e riaprire la Valutazione di impatto ambientale, perché il carbone è la fonte fossile a maggiori emissioni specifiche di anidride carbonica. Questo l´appello congiunto lanciato oggi da Legambiente, Greenpeace e WWF in occasione della seduta congiunta dei Consigli provinciali di Roma e Viterbo.
"E´ giunto il momento che l´Enel e il governo si rendano conto del grave errore - dicono le tre associazioni ambientaliste -. In questi anni i danni sull´ambiente e sulla salute del progetto di riconversione della centrale di Torre Valdaliga sono stati ampiamente documentati da comitati di esperti indipendenti"**.** **Il carbone usato Civitavecchia produrrà veleni e polveri sottili non filtrabili e fonte di tumori e danni al sistema nervoso e circolatorio che arriveranno anche nei cieli di Roma. Gli inquinanti prodotti dalla centrale contribuiranno a peggiorare la situazione già preoccupante delle polveri sottili emesse dal traffico nella capitale.**
"L´Enel dichiara che con il progetto di conversione a carbone della centrale di Torrevaldaliga Nord le emissioni di CO2 verranno ridotte - continuano Legambiente, Greepeace e WWF - ma in realtà non è così: se convertita a carbone la centrale di Torrevaldaliga riverserà ogni anno nell´aria circa 10 milioni di tonnellate di anidride carbonica, contro i 5,9 milioni emessi in media dal 2000 ad oggi. L´aumento sarebbe pari quasi al doppio".
L´Italia è in ritardo cronico rispetto alle politiche di Kyoto per difendere il nostro pianeta dall´effetto serra e dai mutamenti climatici e promuovere l´utilizzo del carbone è in totale controtendenza con quelli che sono gli obiettivi nazionali per il contenimento delle emissioni di gas serra.. L´Europa ha inoltre recentemente fissato nuovi obiettivi di riduzione assai più restrittivi per il 2020. "Lo sforzo da fare sarà enorme - concludono le tre associazioni ambientaliste - il carbone non è un´opzione praticabile".


11.880 CONFEZIONI DI RISO OGM CINESE SEQUESTRATO IN ITALIA: GREENPEACE CHIEDETRASPARENZA E CONTROLLI CAPILLARI

Roma, 21 Maggio 2007

Greenpeace ha ricevuto comunicazione dal Ministero della Salute che sono state poste sotto sequestro 11.880 confezioni di un prodotto a base di riso, di provenienza cinese, con data di produzione 06/12/2006. I prodotti in questione sono risultati positivi alla presenza di riso transgenico illegale Bt63. Il sequestro e' stato effettuato dai NAS di Brescia.
La scoperta di riso Ogm illegale in prodotti di provenienza cinese venduti in Italia evidenzia un grave problema di contaminazione dai contorni incerti. Come più volte denunciato da Greenpeace, dalla scoperta di questa contaminazione in Cina nell'aprile 2005, si tratta di riso transgenico illegale, mai approvato da nessuna autorità al mondo.
Probabilmente è solo la punta dell'iceberg, dato che potrebbero essere contaminati prodotti contenenti riso di ogni genere, dagli alimenti per bambini allo yogurt.
"Sono notizie molto preoccupanti" avverte Federica Ferrario, responsabile Campagna OGM di Greenpeace. "Per questo, da tempo, abbiamo scritto ai ministri competenti perché in Italia ed in Europa vengano adottate immediatamente tutte le misure necessarie - controlli, ritiri immediati, un sistema di monitoraggio per i Paesi ad alto rischio di contaminazione - per bloccare questa contaminazione. Per tutelare i consumatori" conclude la Ferrario "e' necessario rendere immediatamente pubbliche tutte le informazioni sui prodotti sequestrati: marca, tipo di prodotto, azienda importatrice."
Il riso Ogm illegale è stato modificato per essere resistente agli insetti e contiene una proteina, Cry1Ac, che ha già prodotto reazioni allergiche nei topi. Alcuni scienziati indipendenti hanno recentemente rilasciato una dichiarazione ufficiale, confermando le preoccupazioni di Greenpeace sui rischi per la salute. Questa contaminazione del riso in Cina ha avuto inizio con i campi sperimentali: il riso in questione non è stato ancora approvato per la coltivazione commerciale proprio in ragione delle crescenti preoccupazioni sulla sua sicurezza. Eppure un'indagine di Greenpeace nel 2005 ha mostrato che istituti di ricerca e aziende sementiere in Cina hanno venduto illegalmente semi di riso Ogm illegali agli agricoltori.
"Una volta che gli Ogm entrano nella catena alimentare" spiega la Ferrario "diventa difficile e costoso eliminarli. Per questo, è meglio prevenire la contaminazione a monte. Attualmente, l´EFSA sta valutando la richiesta della Bayer per l´importazione in Europa di un altro riso OGM, il LLRICE62. La Bayer non ha però fornito nessuna garanzia e nessun piano per evitare la contaminazione dell´ambiente con questo OGM, mentre permangono seri dubbi sulla sua sicurezza per il consumo umano. L´Italia è il maggior produttore europeo di riso, ovvero quello che rischia maggiormente in caso di contaminazione. In assenza di dati certi" conclude la Ferrario "l´EFSA deve dare parere negativo per questo OGM a tutela di consumatori e ambiente."
Greenpeace chiede al governo italiano di adottare misure immediate per proteggere i consumatori, fornendo tutte le informazioni necessarie per evitare i prodotti contaminati e prevenendo futuri ingressi di riso illegale in Italia.


GREENPEACE AL SALONE DEL LIBRO ACCOGLIE GLI SCRITTORI "VERDI"

TORINO, 12.05.07 - In occasione della Fiera Internazionale del Libro in corso a Torino, Greenpeace ha organizzato una giornata per le foreste, con lo slogan "Per fare un libro NON ci vuole un albero". Così, sul piazzale antistante la Fiera, un grande libro fabbricato in legno certificato FSC (Forest Stewardship Council) ha salutato i visitatori, raccogliendo messaggi in favore delle foreste e di una editoria responsabile.
L'iniziativa sottolinea il successo del progetto "Scrittori Amici delle Foreste", che raccoglie gli autori italiani impegnati a proteggere le foreste a partire dai propri libi, facendoli stampare su carta riciclata. Proprio in questi giorni, infatti, il progetto segna un altro successo: Bompiani ha annunciato che stamperà tutti i suoi libri su carte riciclate o su carta certificata FSC, che garantisce l'impiego di fibre provenienti da una gestione forestale pienamente rispettosa degli ecosistemi e dei popoli nativi.
In Italia, grazie alla partecipazione attiva di scrittori come Andrea De Carlo, Niccolo' Ammanniti, Sandro Veronesi, Sandrone Dazieri, Wu Ming, Camilla Baresani, Carlo Grande, Edoardo Albinati, Giancarlo De Cataldo, Enrico Brizzi, Erri De Luca, Giovanni Dal Ponte, Acava Mmaka, Marinella Correggia, Girolamo De Michele, Fernanda Pivano, Dacia Maraini, Lidia Ravera, Rosetta Loi, Lisa Ginzburg, Luciano De Crescenzo e tanti altri, sono stati stampati su carta riciclata milioni di libri.
Sono sempre più numerose, inoltre, le case editrici che stanno scegliendo di stampare tutti i propri libri su carta riciclata. Tra queste, Fandango, Larcher, Edizioni il Foglio Clandestino, Gaffi, Prospettiva editrice, Il Rovescio, oltre alle edizioni italiane di Lonely Planet ed alla collana di Rizzoli Oltreconfine.


RITRATTAMENTO DEL COMBUSTIBILE NUCLEARE IN FRANCIA. MA LE SCORIE SONO PRONTE A TORNARE

Roma, 09.05.07 - Greenpeace contesta il contratto siglato oggi tra l'italiana Sogin e la francese Areva per il ritrattamento del combustibile irraggiato in Francia, che, a partire dal 2015, prevedrà l'invio oltralpe di 235 tonnellate di combustibile irraggiato (gran parte ancora a Caorso) e il suo ritorno in Italia sotto forma di scorie vetrificate.
Il ritrattamento di combustibile irraggiato(o "riprocessamento") era stato abbandonato dal primo governo Prodi nel 1999 a favore dello stoccaggio a secco, prassi prevalente nel mondo, meno rischiosa e meno costosa. Il motivo storico per cui si è sviluppata la tecnica del ritrattamento è legato all'estrazione del plutonio dalle barre irraggiate, elemento il cui scopo fondamentale è di tipo militare. In assoluto, il riprocessamento è la fase più inquinante del ciclo dell'uranio. In passato, l'Italia aveva inviato barre di combustibile irraggiato a Sellafield, impianto inglese chiuso dopo l'ennesimo incidente nel 2005. Nel febbraio 2005, proprio per protestare contro questa scelta, Greenpeace aveva cercato di bloccare un carico di scorie.
Recentemente i 12 attivisti di Greenpeace sono stati tutti assolti al processo di primo grado.
"Si è ingenerata nelle popolazioni l'attesa di essere "liberati" dalle scorie", afferma Giuseppe Onufrio, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia.
"Si tratta però di un'attesa ingiustificata: le scorie torneranno e, in assenza di un deposito dove ospitarle, torneranno molto probabilmente agli impianti che le hanno generate. La legge francese, infatti, vieta di importare scorie e l'accordo intergovernativo ha fissato le date dei rientri in Italia. In tutti i casi", conclude Onufrio, "la gran parte del volume delle scorie è costituito proprio dalle parti contaminate degli impianti stessi, che dovranno essere "custodite" per almeno tre secoli".
Altre frazioni di rifiuti nucleari di terza categoria di cui oggi non è chiaro il destino, secondo il documento di Greenpeace, sono:
-il combustibile proveniente dal reattore statunitense Elk River (ossidi misti uranio-torio) che rimane in Trisaia (Basilicata) e che non si sa che destinazione possa mai avere. Già  di proprietà  statunitense la responsabilità della sua gestione per la sistemazione è stata rifiutata dagli Usa;
-i rifiuti liquidi di Saluggia (240 metri cubi di materiale altamente radioattivo sciolto in acido nitrico) che devono essere condizionati (solidificati) in sito e comunque messi in un deposito italiano;
-i 3000 metri cubi di grafite contaminata da carbonio 14 nell'impianto di Latina di cui non sono note modalità  di smantellamento e condizionamento e che comunque dovranno andare in un deposito italiano.

In sostanza, i contribuenti italiani spenderanno oltre 250 milioni di euro per un viaggio di andata e ritorno che non risolve nessun problema: una operazione costosa, rischiosa e inquinante fatta solo per perdere tempo e illudere le popolazioni locali che verranno "liberate".

Greenpeace chiede dunque al governo di:
- Informare la popolazione italiana sulla effettivo stato di sicurezza radiologica dei siti dove sono stoccate le scorie nucleari e sulle operazioni necessarie a mettere in sicurezza queste scorie;
- Rivedere l'opzione del "riprocessamento" per il combustibile nucleare irraggiato e riprendere in considerazione l'opzione "stoccaggio a secco", già a suo tempo scelta durante il primo governo Prodi.

Per informazioni:
Giuseppe Onufrio - Direttore Campagne Greenpeace Italia cell.340.6404056
Ufficio Stampa Greenpeace - Tel. 0668136203


L' ENEL INVESTE NEL NUCLEARE SOVIETICO, ANCHE A MODENA LA PROTESTA DI GREENPEACE


Modena 18 aprile 2007 - Arriva a Modena stamane la protesta di Greenpeace contro la decisione di Enel di investire 1,8 miliardi di euro per il completamento di due reattori nucleari a Mochovce, in Slovacchia.

Dalle 11.30 circa i volontari di Greenpeace Modena distribuiranno di fronte alla sede di Banca Intesa di via Università, così come già successo ieri davanti a tante altre banche nelle principali città italiane, degli ironici fac-simile della pubblicità dell'Enel in cui si mostra come in realtà anziché investire sull'innovazione, si investe in una centrale di tecnologia sovietica addirittura precedente al disastro di Cernobyl.
In Europa Greenpeace ha protestato ieri anche di fronte alle ambasciate italiane in Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria e Bulgaria. Il governo italiano è infatti l´azionista di riferimento di Enel, con una quota complessiva pari a circa il 30%.
Nella lettera inviata alle nostre istituzioni si sottolinea come l'Italia, che ha chiuso le proprie centrali con un referendum non possa esportare all'estero il rischio atomico.
Le critiche principali al progetto riguardano la scarsa sicurezza ma anche la discutibilità economica.
A Mochovce verrebbero realizzati due reattori sovietici VVER-440/213, che erano stati progettati negli anni '70.
I reattori sono ben al di sotto degli attuali standard di sicurezza e difficilmente verrebbero autorizzati in gran parte degli stati europei.
Per esempio non dispongono di un doppio guscio protettivo in caso di impatto con un aereo. Non solo, per Greenpeace c'è anche un problema di legittimità, perchè il progetto era stato autorizzato nel 1986 dall'allora governo comunista senza nessuna valutazione d´impatto ambientale, ne il coinvolgimento dell'opinione pubblica. Ancora oggi il ministero dell'ambiente slovacco si rifiuta di avviare una valutazione d'impatto ambientale.
La partecipazione finanziaria del governo slovacco all´iniziativa sarebbe poi illegale secondo la vigente legislazione europea, in quanto si configurerebbe come aiuti di stato. L'Enel ha iniziato a valutare l'ipotesi di costruire i due reattori dopo aver acquistato nella primavera del 2006 una quota del 66 per cento dell'azienda elettrica slovacca "Slovenske elektrarne" in seguito alla privatizzazione.
Il prossimo mese l'Enel dovrebbe prendere la decisione finale su Mochovce e Greenpeace ha lanciato una petizione elettronica per chiedere al governo italiano di intervenire.

«Chiediamo a Prodi di abbandonare subito questo progetto. E' inaccettabile che il nostro Paese pratichi il doppio standard, esportando il rischio nucleare che noi italiani non ci siamo voluti giustamente assumere» afferma Giuseppe Onufrio, Direttore delle Campagne di Greenpeace Italia.

Invia anche tu la lettera a Prodi:
http://www.greenpeace.it/community/index.php?id_action=8

Per informazioni: 348/2220552 Davanti via Università: 349/2551123


BLITZ DI GREENPEACE MODENA:
MAGARI QUESTI ALBERI SI SALVANO, LE FORESTE AFRICANE NO

Modena, 12 aprile 2007 - Nei giorni scorsi sono comparsi a Modena numerosi cartelli sugli alberi del Parco Amendola e del Parco della Repubblica, che ne annunciavano l’abbattimento. Non era vero. Ma non era neppure uno scherzo. Era solo la riproduzione in scala ridotta di quello che avviene dall’altra parte del nostro negozio di mobili o parquet. Rappresentava il disperato grido di aiuto di foreste bellissime che vengono decimate, giorno dopo giorno, ora dopo ora.

"Immaginate una ruspa che entri in casa nostra sfondando le pareti, i quadri, i mobili" ha commentato Silvia D’Amico, del Gruppo Locale di Greenpeace di Modena - "È quello che accade ogni momento ai popoli indigeni della foresta, quando le motoseghe e le ruspe si fanno spazio devastando la loro casa, il loro supermercato, la loro biblioteca: tutto il loro mondo".

Ogni due secondi un’area di foresta grande quanto un campo da calcio viene distrutta per sempre. In Africa, per esempio, foreste millenarie vengono saccheggiate per portare via legni pregiati come iroko, wengè, afrormosia.

Lasciando le comunità che le abita senza casa e senza cibo. Mettendo a rischio la sopravvivenza stessa di numerose specie animali, come i nostri più vicini parenti nel mondo animale, gorilla, bonobo e scimpanzè. Un’area di foresta africana grande una volta e mezzo l’Italia è stata già data alle compagnie del legno. Greenpeace rassicura quindi tutti i cittadini che sono rimasti scossi alla vista di quei cartelli, ma li invita a riflettere cosa vuol dire la perdita, non di uno o due alberi, ma di interi ecosistemi, intere regioni. Il futuro del nostro ossigeno e del nostro clima.

Questa mattina presso la sede della Banca d'Italia a Roma Greenpeace ha proposto a Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia e Governatore italiano della Banca Mondiale, di vendere il palazzo per due pacchi di sale, 18 barre di sapone, quattro pacchetti di caffè, 24 bottiglie di birra e due sacchi di zucchero, quello che le multinazionali del legno offrono alla gente dei villaggi del Congo in cambio dell'accesso alle loro preziose foreste.

In vista dell'incontro della Banca Mondiale, che si terrà a Washington nei prossimi giorni, Greenpeace ha consegnato a Draghi il rapporto "Sos Congo" che rivela come gli sforzi di quest'istituzione di controllare l' industria del legno stiano fallendo. Nell'illusione che, estraendo il legno, si possa combattere la povertà, stiamo distruggendo la foresta pluviale del Congo, la seconda per estensione dopo quella Amazzonica, una delle principali difese del pianeta contro i cambiamenti climatici.

Per informazioni: Gruppo Locale di Modena, tel.348/2220552


GREENPEACE: MAIS OGM MON863, LA VERITA' VIENE A GALLA

Roma, 26 marzo 2007 - L' Efsa (Autorita'  europea per la sicurezza alimentare) ha ammesso oggi pubblicamente che e' necessaria maggiore ricerca sul mais Ogm MON863. La realtà  e' che spesso i dati forniti dalle aziende biotech vengono assunti acriticamente, senza considerare le opinioni scientifiche divergenti e gli impatti a lungo termine sull'ambiente e la salute.
La Commissione europea aveva chiesto all'Efsa di esaminare con attenzione lo studio del CRIIGEN, reso noto da Greenpeace, sul mais della Monsanto MON863 e di rivedere il proprio parere positivo. Dallo studio risultano, infatti, segni di tossicità su fegato e reni delle cavie nutrite con questo mais Ogm. E' la prima volta che un prodotto transgenico, autorizzato per il consumo umano e animale, mostra segni di tossicità per gli organi interni.
"Il sistema autorizzativo degli Ogm ha perso ogni credibilità, permettendo l'approvazione di un prodotto altamente rischioso, nonostante l'evidenza dei possibili rischi" spiega Federica Ferrario, responsabile campagna Ogm di Greenpeace. "Ora bisogna ritirare immediatamente il  MON863 dal mercato. Il principio di precauzione deve avere la precedenza sugli interessi di multinazionali come la Monsanto. I governi nazionali devono agire con urgenza per rivalutare gli altri Ogm attualmente autorizzati oltre a rivedere i metodi analitici impiegati. Tutti gli Ogm attualmente autorizzati sono caratterizzati dalle stesse carenti valutazioni di rischio". 

Leggi la dichiarazione di oggi dell'Efsa sul proprio sito web:
http://www.efsa.europa.eu/en/press_room/press_statements/mon863.html


IN ITALIA CARTA E LEGNO ILLEGALE DALLA RUSSIA, IL GOVERNO INDAGA SULLE DENUNCE DI GREENPEACE


Roma, 14 marzo 2007 - Un'indagine immediata sulle massicce violazioni della legge forestale nella repubblica russa della Carelia. L'ha disposta il direttore dell'Agenzia forestale russa Valery Roschupkin, in seguito alle denunce di Greenpeace, che l'anno scorso aveva divulgato il rapporto "Complici nel crimine: Un'indagine di Greenpeace sul traffico di legno illegale con la Russia", provando l'ampia diffusione del taglio illegale nella repubblica russa della Carelia.
Greenpeace ha dimostrato poi l'acquisto massiccio di legname della Carelia da parte dei giganti scandinavi della carta, tra cui Upm e Stora Enso, fornitori importanti anche per le case editrici italiane. La Finlandia è il principale importatore di legno russo, ed esporta circa il 90 per cento della propria produzione di carta, principalmente verso i paesi dell'Unione Europea.
La commissione, che inizierà i suoi lavori all'inizio di aprile, sarà presieduta dallo stesso vicedirettore dell'Agenzia forestale, Mikhail Giryaev, e vedrà la partecipazione di polizia e guardia di finanza. "Il  taglio illegale sta provocando devastanti danni ambientali, economici e sociali. Il governo russo si è finalmente impegnato a indagare sull'illegalità dell'industria forestale in Carelia e sulle esportazioni del legname verso la Finlandia. Questo dimostra la gravità delle nostre  accuse. È tempo che l'Europa si assuma tutte le proprie responsabilità" commenta Sergio Baffoni, di Greenpeace.
Greenpeace si è unita ad altre 180 associazioni e 80 imprese per richiedere misure concrete per vietare l'ingresso in Italia di legname di origine illegale o sconosciuta, e per assicurare che i prodotti a base di legno importati provengano da una gestione responsabile delle foreste.

Leggi il rapporto "Complici nel crimine: Un'indagine di Greenpeace sul traffico di legno illegale con la Russia", disponibile in inglese su:  http://www.greenpeace.org/forests/illegal-logging-finn-russia

La dichiarazione delle imprese in favore di misure contro l'importazione di legno illegale: http://www.greenpeace.org/forests/finn-russia-industry


LE MEZZE VERITA' DELLA FAO. GREENPEACE: I DESERTI VERDI NON COMPENSANO LA DEVASTAZIONE DELLE FORESTE TROPICALI

Roma, 13 Marzo 2007 - La Fao annuncia oggi con ottimismo, pubblicando il rapporto sullo stato delle foreste nel mondo, il rallentamento della deforestazione a livello mondiale. In realtà, a crescere è il numero degli alberi piantati in Paesi che hanno già perso le proprie foreste naturali, mentre continua il vertiginoso declino delle grandi foreste naturali, soprattutto quelle tropicali.

L'Africa e L'America Latina, come confermato dalla Fao, continuano a perdere foreste ad un tasso allarmante. Ogni anno l'Amazzonia perde 25.276 chilometri quadrati di foresta, un'area grande quanto la Sicilia. Secondo la Fao, in Asia aumenta la superficie forestale grazie ai quattro milioni di ettari di piantumazioni in Cina, ma le piantagioni certo non compensano la devastazione delle foreste tropicali dell'Indonesia, dove la deforestazione, secondo la Fao stessa, avanza ad un tasso annuale del 2 per cento, ed ogni anno viene distrutta una superficie di foresta grande quanto un'intera regione italiana (20 mila chilometri quadrati).

Secondo un rapporto rilasciato alcuni mesi fa dall'Organizzazione per le foreste tropicali (ITTO) meno del 5 per cento delle foreste tropicali sono gestite secondo pratiche sostenibili. Intanto il fenomeno del taglio illegale continua ad affliggere queste foreste. "I nostri più vicini parenti nel mondo animale, gorilla, scimpanzè, bonobo e orango, rischiano di scomparire per sempre per la perdita del loro habitat. Certo non vivranno nelle piantagioni di eucalipto" commenta Sergio Baffoni, di Greenpeace. "Con loro scompariranno moltissimi altri animali: i due terzi delle specie animali e vegetali terrestri hanno nelle foreste il proprio habitat. Confondere una piantagione con una foresta intatta è un tragico errore".

Anche le foreste boreali sono a rischio. La Finlandia incrementa la propria superficie boscata, ma allo stesso tempo si appresta a distruggere gli ultimi frammenti di foresta primaria, malgrado gli avvertimenti di tutta la comunità scientifica del paese. In Canada continua la pratica del taglio a raso, che erode progressivamente le preziose foreste borali. Non si tratta solo di proteggere la biodiversità sempre più minacciata. Secondo la Banca Mondiale 1,2 miliardi di persone hanno bisogno delle foreste per sopravvivere. La perdita delle foreste naturali causerà un incremento della povertà, dell'insicurezza sociale e dell'instabilità.

Greenpeace chiede ai governi di non nascondersi dietro rassicuranti illusioni, ed affrontare con misure concrete il declino delle grandi foreste naturali del pianeta, prima che sia troppo tardi.

La mappa globale di Greenpeace delle foreste intatte del pianeta:
http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/atlante-foreste


GREENPEACE: NUOVA RICERCA MOSTRA SEGNI DI TOSSICITA´ DEL MAIS OGM MONSANTO APPROVATO PER IL CONSUMO UMANO

Roma 13 marzo 2007 - Una nuova ricerca, condotta su cavie da laboratorio nutrite con un mais geneticamente modificato prodotto dalla Monsanto, mostra segni di tossicità per reni e fegato. E' la prima volta che un prodotto transgenico, autorizzato per il consumo umano e animale, mostra segni di tossicità per gli organi interni.

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica"Archives of Environmental Contamination and Toxicology", ha analizzato i risultati dei test sulla sicurezza, sottoposti dalla Monsanto alla Commissione europea, quando l´azienda ha chiesto l´autorizzazione per la commercializzazione del proprio mais Ogm MON863 nell´Unione europea. Gli scienziati concludono che il mais geneticamente modificato MON863 non si può considerare un prodotto sicuro. Ciò nonostante, la Commissione europea ha autorizzato la commercializzazione di questo mais sia per il consumo umano che per uso mangimistico, pur con l´opposizione della maggioranza degli stati membri. Anche Australia, Canada, Cina, Giappone, Messico, Filippine e Usa lo hanno autorizzato.

I dati sono stati ottenuti da Greenpeace in seguito a una vicenda giudiziaria, e trasmessi, per una adeguata valutazione, ad un gruppo di scienziati indipendenti diretti dal professor Gilles Eric Séralini, un esperto governativo in ingegneria genetica dell´università di Caen (Francia).

Nella conferenza stampa, tenuta oggi da Séralini insieme a Greenpeace, il professore ha dichiarato: "Le analisi della Monsanto non superano un controllo minuzioso. Per cominciare, i loro protocolli statistici sono altamente discutibili. Peggio, l´azienda non ha effettuato una sufficiente analisi delle differenze nel peso degli animali studiati. Dati cruciali dei test delle urine sono stati cancellati dal dossier dall´azienda stessa."

Greenpeace chiede il totale e immediato ritiro dal mercato del mais Monsanto MON863 e chiede ai governi nazionali di dare il via urgentemente ad una nuova valutazione di tutte le altre autorizzazioni concesse a prodotti Ogm, oltre ad una precisa revisione dei correnti metodi analitici. "L´attuale sistema autorizzativo per gli Ogm non ha più alcuna credibilità, dopo che è stato approvato un prodotto ad alto rischio nonostante chiare evidenze dei possibili pericoli" afferma Federica Ferrario, responsabile campagna Ogm di Greenpeace Italia.

I dati in questione sono stato oggetto di un feroce dibattito fin dal 2003,
quando differenze significative sono state identificate nel sangue degli animali nutriti con il MON863.

Leggi il resoconto di Greenpeace dello studio è disponibile al seguente link- "Il fallimento del sistema autorizzativo degli Ogm - Il caso del MON863":
http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/mon-863-07

Leggi "Mais MON863 - Cronaca di un sistematico inganno":
http://www.greenpeace.org/raw/content/italy/ufficiostampa/file/cronologia-mon-863.pdf

Richiedi lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica"Archives of Environmental Contamination and Toxicology": ufficiostampa@greenpeace.it - tel. 06/68136061 int. 211

Per informazioni: Federica Ferrario, campagna Ogm, cell. 348/3988616


RIVISTE PATINATE GRAZIE ALLA DISTRUZIONE DELLE FORESTE PRIMARIE FINLANDESI

Roma, 12 marzo 2007 - La rivista patinata dalla bella carta lucida e morbida che state sfogliando potrebbe essere il frutto della distruzione delle ultime foreste primarie in Finlandia. Per questo oggi gli attivisti di Greenpeace hanno protestato, a Helsinki, di fronte alla direzione del gigante finnico-svedese Stora Enso. Si tratta, infatti, del principale acquirente di fibre di legno dall'agenzia statale Metsähallitus, che sta distruggendo le preziose foreste affidatele. Con il legno proveniente da queste preziose foreste, Stora Enso produce carta per riviste stampate in tutto il mondo, Italia inclusa, e risme da fotocopie.

Pochi giorni fa 240 scienziati finlandesi hanno richiesto di fermare il taglio nelle foreste naturali del Paese, perché non sostenibile dal punto di vista ecologico. Secondo questi scienziati, che rappresentano università e istituti statali di ricerca, l'industria forestale viola gli accordi internazionali sottoscritti dalla Finlandia per la protezione della biodiversità.

Eppure, Stora Enso ha deciso di continuare ad acquistare legname proveniente dalle aree contestate, assicurando ai propri clienti che la biodiversità in quelle foreste è adeguatamente salvaguardata, ma sono proprio gli scienziati ad avvertire che le operazioni forestali in programma causeranno un cambiamento irreversibile nell'habitat.

Solo il 5 per cento delle foreste originarie è ancora intatto in Finlandia. Queste rappresentano meno del 2,5 per cento della superficie boscata del paese, e non sono quindi indispensabili per la sua economia. Il prossimo 29 marzo, all'assemblea degli azionisti della Stora Enso, Greenpeace chiederà all'azienda di cancellare i contratti di acquisto di legname proveniente dalle foreste primarie.


Cari tutti.

Vi scrivo perché sono stata molto - spiacevolmente - colpita dall'intervento del prof. Forabosco mercoledì sera al Foro Boario, in particolare dalle sue affermazioni riguardo agli "effetti collaterali" delle bombe atomiche.
Prego il presidente della Consulta Ambiente Salemme di girare queste mie righe al professore e agli altri relatori dell'altra sera di cui non ho indirizzo.

Ogni intervento sarà gradito.

Provo a sintetizzare la questione per chi non era presente. Mi scusino gli esperti se uso termini o concetti non corretti. Le precisazioni sono benvenute.
Mercoledì sera al dibattito "Mal d'aria", il prof. Forabosco, genetista, ha invitato a contenere i toni allarmistici specie quando si parla di effetti mutageni e teratogeni. A sostegno di questo suo invito, ha affermato che il follow up degli esposti alle radiazioni, ad esempio alle atomiche di Hiroshima e Nagasaki, non ha evidenziato un'incidenza significativa nelle malformazioni alla nascita: i casi registrati non sarebbero superiori a quelli attesi.

chernobil.jpg

Ora, mi spiace che il professore non abbia citato le fonti delle sue affermazioni. Io non sono un genetista, un epidemiologo o un medico, ma ho letto in giro ben altri dati.
Rimando ad esempio a questi siti e articoli (in molti si parla per lo più di Cernobyl, ma la questione è la stessa):

http://www.dipmat.unipg.it/~mamone/sci-dem/nuocontri_1/baracca4.pdf

http://www.greenpeace.org/raw/content/international/press/reports/chernobylhealthreport.pdf

http://www.tempomedico.it/2006/812/new.php?id=004

http://www.diario.it/home_diario.php?page=cn04041005

http://www.progettohumus.it

Ripeto non sono un'esperta, ma non posso non notare - e so di non essere la prima a farlo - come l'epidemiologia venga sempre più adoperata per liquidare "gli allarmismi": come se pochi studi tranquillizzanti bastassero a liquidare ricerche con esiti opposti! Ma sì, cosa sarà mai il principio di precauzione...!
Purtroppo è ormai la regola: si è sempre pronti a enfatizzare i falsi positivi - specie, come il grande Tomatis ci insegna, quelli del metodo sperimentale, il metodo invocato anche l'altra sera da chi, tra il pubblico, proponeva di far respirare i fumi del camino dell'inceneritore a topi anziché attendere la solita conta delle cavie umane che siamo diventati - e mai a considerare la possibilità di falsi negativi!

E dire che i falsi negativi sono frequenti in epidemiologia, laddove si considera un risultato negativo il fatto di non poter stabilire sicure correlazione causa-effetto tra una fonte puntuale e una o più patologie.
Ringrazio comunque il professor Forabosco per la disponibilità e le osservazioni in merito all'importanza dell'ecografia e di altri metodi di diagnosi prenatale, osservazioni in virtù delle quali si è finalmente convenuto che studi epidemiologici basati sui nati malformati sono di scarsa significatività - per non dire inutili o peggio - poiché distorti dalla mancata registrazione dei malformati volontariamente abortiti in seguito a diagnosi prenatale.

E' anche su un simile studio che i nostri amministratori affermano che l'inceneritore è sicuro! Ah! Sì, possiamo proprio dormire tranquilli!

Un cordiale saluto a tutti
Silvia D'Amico,
cittadina modenese che non risiede né lavora nella circoscrizione 2, ma non per questo meno preoccupata della propria e altrui salute


GREENPEACE: 8 MARZO, VOGLIAMO OBIETTIVI VINCOLANTI PER LE RINNOVABILI


Roma, 6 marzo 2007 - Ieri gli orsi polari si sono recati a Palazzo Chigi per chiedere a Prodi di sostenere l'adozione di obiettivi vincolanti per le rinnovabili. L' 8 marzo si terrà infatti il "Summit europeo di Primavera" ma le riserve sui costi di questo impegno espresse oggi dal consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio dei ministri, Stefano Sannino, non convincono Greenpeace.

Il governo aveva rassicurato ieri di non essere contrario a obiettivi vincolanti mentre ora aspetta che informazioni più specifiche vengano fornite dalla Commissione sui costi che il Paese dovrà sostenere.

Investire sulle rinnovabili non solo permetterà di abbattere la cronica dipendenza energetica dell´Italia dall´estero, ma sarà altresì necessario per conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra imposti dal Protocollo di Kyoto. Obiettivi su cui l´Italia ha già accumulato un enorme ritardo. «In quest´ottica il Governo dovrebbe vedere nelle rinnovabili una possibilità per ridurre in futuro i costi del Paese» afferma Francesco Tedesco, responsabile Campagna Energia e Clima di Greenpeace. «Eurobarometro ha appena reso noto che l´83 per cento degli europei si dichiara favorevole a obiettivi vincolanti per lo sviluppo delle rinnovabili».

Greenpeace rinnova quindi la richiesta al governo di dare pieno sostegno all´obiettivo vincolante del 20 per cento di energia primaria da fonti rinnovabili al 2020, così come chiede la Commissione europea.


GREENPEACE SCORTA LA FLOTTA BALENIERA GIAPPONESE FUORI DAI TERRITORI DI CACCIA


Roma, 28 Febbraio 2007 - La nave "Esperanza" di Greenpeace ha scortato oggi la flotta baleniera giapponese fuori dalle acque antartiche e lontano dall´area di caccia.

Passati i 60 gradi di latitudine, Karli Thomas, capo della spedizione di Greenpeace, a bordo dell´"Esperanza", ha inviato un messaggio radio alla Nisshin Maru, la nave mattatoio danneggiata da un incendio:
"Comprendiamo il vostro dolore per la perdita di un membro dell´equipaggio e riconosciamo anche il lavoro che avete fatto giorno e notte per riparare la vostra nave, ma questa deve essere l´ultima volta che il vostro governo vi manda nell´Oceano meridionale a cacciare balene e a minacciare l´ambiente antartico. Per il bene dell´ambiente e delle balene - mai più!"

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Contemporaneamente due gommoni dall´"Esperanza" hanno raggiunto la flotta baleniera, con un messaggio per l´equipaggio in giapponese e inglese: "Mai più!"."In aggiunta all´assurdità della caccia alle balene all´interno di un santuario internazionale, questa stagione è stata segnata da una tragedia umana e da una minaccia davvero concreta all´ambiente incontaminato dell´Antartide" ha commentato Thomas. "Il governo giapponese e la comunità internazionale devono ora promettere che questa stagione di caccia sarà l´ultima".

L´"Esperanza" continuerà a scortare la flotta baleniera finché sarà chiaro che non c´è più alcuna intenzione di tornare a cacciare. La nave di Greenpeace navigherà poi verso l´Australia per chiudere la campagna "Defending Our Oceans", una spedizione di quattordici mesi per denunciare tutte le minacce agli oceani.


GREENPEACE: L'ENEL IN SLOVACCHIA INVESTE NEL NUCLEARE SOVIETICO

Roma, 23 febbraio 2007 - Oggi pomeriggio, il primo ministro slovacco Robert Fico, ha incontrato l´amministratore delegato dell'Enel, Fulvio Conti, per chiudere l'accordo che prevede l'investimento di 1,6 miliardi di euro per completare due reattori nucleari sovietici di seconda generazione a Mochovce, in Slovacchia, per circa 800 Megawatt. Intanto lo studio di fattibilità del Progetto di completamento, previsto per aprile, non è stato ancora completato.

Nel complesso è un investimento maggiore di quello che secondo il piano industriale di Enel è stato effettuato in Italia per realizzare cinquemila Megawatt di impianti a gas a ciclo combinato. «Se la "vera rivoluzione è non cambiare il Mondo", come recita la monumentale campagna pubblicitaria di Enel, questa operazione è sicuramente un bell´esempio di coerenza» commenta Giuseppe Onufrio, direttore delle Campagne di Greenpeace.

La decisione di completare la costruzione dei reattori 3 e 4 di Mochovce è illegittima. Nessuna procedura di Valutazione di Impatto Ambientale è stata avviata da vent´anni a questa parte dalle Autorità locali per la realizzazione di tali reattori ed Enel si guarda bene da richiedere l´avvio di un processo di consultazione pubblica. Costruire reattori di tecnologia sovietica risalenti a più di trent´anni fa senza alcuna Via rappresenta una violazione inaccettabile delle normative europee.

Il progetto rappresenta inoltre un enorme pericolo. I due fatiscenti reattori slovacchi di tipo VVER-440/213 risalgono ai primi anni Settanta e, non potendo essere migliorati i livelli di sicurezza, non soddisfano i requisiti minimi di sicurezza richiesti dall´Europa. Nel 2012, una volta ultimati i lavori, i reattori saranno datati di oltre 40 anni!

La ERBD, la Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo, si rifiutò di finanziarne il completamento, mentre un reattore dello stesso tipo venne chiuso nel 1990 a Greisfwald, in Germania, appena entrò in funzione. Anche la costruzione di altre tre unità di terza generazione VVER, più nuove di quelle che Enel dovrà completare a Mochovce, furono bloccate dalle autorità tedesche dopo la riunificazione della Germania.

«Per entrare nel mercato elettrico slovacco, Enel accetta di finanziare una operazione molto discutibile sia sul piano della sicurezza che su quello dei costi. Dalle informazioni finora in possesso di Greenpeace, il governo slovacco farà degli sconti sui costi di smantellamento e di gestione delle scorie, sconti che si configurano come aiuti di stato» aggiunge Onufrio.


GREENPEACE: IL TAGLIO ILLEGALE DISTRUGGE LE FORESTE DEL CONGO

Roma, 23 febbraio 2007 - Dopo l'Amazzonia, la foresta del Bacino del Congo è la seconda al mondo per estensione. Oggi però è in pericolo per l'avanzare della deforestazione. Lo denuncia Greenpeace, che ha documentato numerose operazioni di taglio illegali: la moratoria, introdotta dal governo nel maggio 2002, Avrebbe dovuto invece proteggere queste foreste.

In particolare, la ITB (Industrie de transformation de bois), che opera nella regione del lago Tumba, ha violato la moratoria. Prima del 2002 aveva un'autorizzazione al taglio, che tra il 2002 e il 2005 è stata "scambiata" con due permessi, che coprono un'area ben più vasta di quella precedentemente concessa. Tra i legni pregiati estratti, il wengè, importato in grandi volumi in Italia per la produzione di parquet.

Le foreste del lago Tumba, dove vivono i pigmei Twa e i bantù, rappresentano un habitat fondamentale per specie minacciate come il bonobo e l´elefante di foresta. "L'industria del legno afferma di contribuire al benessere delle comunità locali, ma nessun beneficio arriva in realtà alle popolazioni indigene, che dipendono in tutto e per tutto dalla foresta" afferma Sergio Baffoni, responsabile campagna Foreste di Greenpeace.

La prossima settimana si terrà a Bruxelles una conferenza sulla gestione

sostenibile delle foreste della Repubblica Democratica del Congo. Intanto all´industria del legname sono stati già assegnati più di 21 milioni di ettari di foresta pluviale, un´area grande quasi sette volte il Belgio. "A Bruxelles si discuterà sul futuro delle foreste pluviali. Ma per queste foreste non ci sarà futuro, se tutti i permessi di taglio illegali non verranno cancellati" sostiene Baffoni. "Per fermare l´assalto alle foreste, la moratoria dovrà essere estesa fino a che il governo del Congo non sarà in grado di controllare il settore e non verrà pianificata la destinazione d'uso delle foreste".

Per maggiori informazioni:
Sergio Baffoni, campagna foreste di Greenpeace, tel. 348/3988680


GREENPEACE: SUGLI OGM TERZA SCONFITTA PER LA COMMISSIONE EUROPEA


Roma, 20 febbraio 2007 - Per la terza volta il Consiglio dei ministri dell'ambiente dell'Ue ha respinto la richiesta della Commissione europea di mettere fine alla clausola di salvaguardia nazionale che vieta la coltivazione di Ogm. Questa volta i ministri si sono espressi in favore del mantenimento del bando al mais transgenico Mon 810 in Ungheria.
Il Mon810 era stato autorizzato in Europa nel 1998, prima che gli Stati membri decidessero una moratoria sulle nuove autorizzazioni. Studi scientifici effettuati in Austria e Ungheria mostrano che questo mais può avere effetti dannosi su piante e animali.

"La decisione di oggi è molto importante. Greenpeace continuerà a difendere il diritto dei Paesi europei a prendere le misure necessarie per evitare ogni possibile contaminazione di coltivazioni convenzionali e biologiche" afferma Federica Ferrario, responsabile Ogm di Greenpeace. "Aspettiamo con impazienza il giorno in cui la Commissione europea metterà finalmente gli interessi dei consumatori davanti a quelli delle lobby agricole statunitensi" .

Proprio ieri Greenpeace e GeneWatch hanno pubblicato "Il registro su Ogm e contaminazione genetica", che offre una dettagliata panoramica delle più significative contaminazioni registrate nel corso del 2006 a livello mondiale e mostra che le contaminazioni hanno raggiunto livelli record, con un totale di 24 incidenti rilevanti riportati.
Leggi il registro on-line (http://www.gmcontaminationregister.org/)


ANNIVERSARIO DI KYOTO. GREENPEACE PRESENTA LA "RIVOLUZIONE DELL'EFFICIENZA"


Milano, 16 febbraio 2007 - In occasione del secondo anniversario del Protocollo di Kyoto, Greenpeace ha presentato il rapporto "La rivoluzione dell´efficienza", commissionato al gruppo eERG del Politecnico di Milano. Il rapporto fa il punto sui potenziali di risparmio conseguibili in Italia negli usi elettrici da qui al 2020. Tali consumi si potrebbero ridurre del 20 per cento al 2020 con un beneficio economico netto di 65 miliardi di euro e emissioni di gas serra evitate pari a 50 milioni di tonnellate. Investire in efficienza energetica permetterà inoltre di creare almeno il triplo dell´occupazione indotta rispetto alla costruzione di nuove centrali elettriche.

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«Non serve costruire nuove centrali, tanto meno a carbone» afferma Francesco Tedesco, responsabile Campagna Clima ed Energia di Greenpeace. «I consumi di elettricità possono essere stabilizzati semplicemente investendo in misure di efficienza energetica, e il nostro studio mostra che risparmiare un kilowattora di elettricità costa meno che produrlo». Enormi margini di risparmio sono possibili per l'industria, il settore commerciale, la pubblica amministrazione e i singoli cittadini. Le maggiori opportunità di risparmio esistono per l´illuminazione pubblica e privata e la sostituzione dei motori industriali.
Leggi il rapporto:
http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/efficienza2020


Per informazioni:
Ufficio stampa, tel. 06/68136061 (int.203-222) - 348/3988615
Francesco Tedesco 340/0856944 


GIAPPONE ACCETTI L'AIUTO DI GREENPEACE, A RISCHIO L'AMBIENTE E LE PERSONE


Roma, 16 febbraio 2007 - La baleniera giapponese "Nisshin Maru", dopo l'incendio scoppiato ieri a bordo, deve essere soccorsa al più presto per evitare rischi per l'equipaggio e per l'ambiente ma continua a rifiutare l'aiuto di Greenpeace.

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"La nostra nave Esperanza la raggiungerà in meno di 24 ore e potrebbe rimorchiarla in porto, mentre servirebbero giorni ad un'altra nave per portarle soccorsi" spiega Alessandro Giannì, responsabile campagna mare di Greenpeace. "Il capitano dell'"Esperanza", Frank Kamp ha dieci anni di esperienza nel recupero di navi in difficoltà".

Un membro dell'equipaggio giapponese intanto è ancora disperso e la baleniera stiva circa mille tonnellate di carburante, che se disperso in acqua raggiungerebbe presto la maggiore colonia di pinguini di Adelia al mondo. "Abbiamo un obbligo morale e legale, non capisco come si possa rifiutare il nostro aiuto. Il Trattato Antartico, che protegge quest'ambiente unico, impone alla Nisshin Maru di farci intervenire per evitare una potenziale tragedia umana e un disastro ambientale". La Nuova Zelanda ha già chiesto al Giappone di accettare ogni aiuto disponibile mentre Greenpeace ha preso contatto con il ministero degli Affari Esteri italiano perché anche il nostro paese, membro del Trattato Antartico, faccia altrettanto.


GREENPEACE: MIRACOLO, L' ITALIA MOLTIPLICA I TONNI

Roma, 7 febbraio 2007 - Non sarà come la moltiplicazione dei pani e dei  pesci, ma l'Italia è riuscita quasi a raddoppiare la capacità degli impianti di ingrasso del tonno che è passata negli ultimi sei mesi da 5.800 a 10.900 tonnellate. Questi i dati presentati alla Commissione Internazionale per la gestione del tonno rosso (Iccat), l'organismo che dovrebbe tutelare questa specie ittica. Visto che la quota italiana della pesca al tonno dovrebbe essere di circa 4.700 tonnellate, i casi sono due: o abbiamo scoperto come moltiplicare i pesci, oppure facciamo affidamento sulla pesca illegale.
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Nel corso della riunione della scorsa settimana in Giappone è stato affondato il pur misero "piano di recupero" negoziato a Dubrovnik (Croazia) lo scorso novembre. Nonostante il Comitato Scientifico dell´Iccat avesse chiesto di ridurre le catture da 32 mila a 15 mila tonnellate/anno (-53 per cento), il piano prevede solo riduzioni da 29.500 tonnellate/anno nel 2007 (-8 per cento) fino a 25.500 tonnellate/anno nel 2010 (-20 per cento). Ma se la riunione di Dubrovnik era avvenuta alla presenza di osservatori, come Greenpeace, a Tokio tutto si è svolto a porte chiuse. "La verità comincia a venire a galla: la vera quota sarà di 32.500 tonnellate. Il piano di recupero proposto dall´Ue è morto" afferma Alessandro Giannì, responsabile della Campagna Mare di Greenpeace.

Il Comitato Scientifico Iccat ha ammesso che le catture reali del tonno sono probabilmente intorno a 50 mila tonnellate/anno, quindi su tre tonni pescati nel Mediterraneo, uno è frutto della pesca illegale che serve, in gran parte, ad alimentare il business dell´ingrasso. "E' necessaria una moratoria alla costruzione di nuovi impianti d´ingrasso e per questo parteciperemo sabato ad un convegno a Maiori, sui progetti di ingrasso che, oltre che al futuro del tonno rosso, mettono a rischio anche la Costiera Amalfitana" conclude Giannì.

Greenpeace chiede anche una netta riduzione delle catture e la definizione di una rete di riserve marine per tutelare la popolazione del tonno nella delicata fase della riproduzione.

NOTA Il convegno sui progetti di ingrasso del tonno rosso si terrà sabato 10 febbraio alle ore 15:30 all´Auditorium l´Incontro di Maiori (Sa).
Per informazioni: Alessandro Giannì, tel.340/8009534


GREENPEACE: INDUSTRIA DEL RISO OGM SULL'ORLO DEL COLLASSO

Roma, 6 Febbraio 2007 -  Il riso Ogm non lo vogliamo. Lo dicono oggi,nel nuovo rapporto di Greenpeace, 40 fra i maggiori esportatori,trasformatori e rivenditori di riso del mondo che si sono impegnati a restare Ogm free.

Il rapporto "L'industria del riso sull´orlo del collasso" contiene dichiarazioni di aziende risicole di Asia, Europa, Australia, Nord e Sud America, incluso l´impegno della Ebro Puleva, la maggiore azienda di trasformazione del settore, a interrompere l´acquisto di riso dagli Stati Uniti. Questa presa di posizione arriva in seguito alla grave contaminazione avvenuta lo scorso anno, delle forniture mondiali di riso, con una varietà sperimentale ed assolutamente illegale di riso geneticamente modificato prodotto dalla Bayer.

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A causa della contaminazione si è registrato il più brusco calo giornaliero del prezzo del riso da anni. Gli esperti hanno previsto che le esportazioni di riso statunitense potranno ridursi anche del 16 per cento nel 2006/2007. Diverse azioni legali, del valore di milioni di dollari, sono state promosse dagli agricoltori americani  contro la Bayer. Agricoltori, trasformatori, e commercianti in tutto il mondo,stanno affrontando ingenti costi in termini economici per analisi e ritiri dal mercato, ordini annullati, bandi alle importazioni, e per la sfiducia dei consumatori - sfiducia che potrebbe durare anni.

"Mentre da un lato la Bayer preme per ottenere l´autorizzazione per il riso Ogm, dall´altro continua a rifiutare la responsabilità per l´enorme danno economico che il suo riso ha causato negli Stati Uniti e altrove.

Nella fattispecie, la Bayer accusa gli agricoltori o  "il fato" di questa contaminazione, quando in realtà tutti gli indizi portano diritti alla Bayer" afferma Adam Levitt,  dello studio legale di Chicago Wolf Haldenstein Adler Freeman & Herz, uno degli studi che stanno portando avanti azioni legali contro la multinazionale.

"Bisogna bloccare ogni sperimentazione del prodotto. Con i soli campi

sperimentali, la Bayer ha causato ingenti danni economici a tutta la filiera mondiale del riso. La crescita a livello commerciale di riso Ogm sarebbe disastrosa per la più importante risorsa alimentare al mondo" afferma Federica Ferrario, responsabile della campagna Ogm di Greenpeace. "L'Italia è il principale produttore europeo di riso: il governo deve rispondere dei danni a livello economico e ambientale causati dalla contaminazione, rifiutando in modo netto qualsiasi autorizzazione del riso transgenico"  

LEGGI IL RAPPORTO "L'industria del riso sull´orlo del collasso":
http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/riso-ogm-2007
Per informazioni: Federica Ferrario, campagna Ogm, cell. 348 3988616


COMUNICATO DAL COORDINAMENTO PROVINCIALE RIFIUTI ZERO MODENA
Autorizzata la quarta linea dell’inceneritore: perpetuato l’attacco alla salute e all’ambiente.

Apprendiamo oggi con enorme rammarico che la Provincia ha rilasciato ad Hera l’AIA, Autorizzazione Ambientale Integrata alla quarta linea dell’inceneritore di Modena, a dispetto delle osservazioni presentate il 3 agosto scorso da Comitato Modena Salute e Ambiente, WWF, Legambiente, Italia Nostra, Greenpeace, LAC, Lega per la difesa ecologica il 3 agosto scorso.
In attesa di leggere il documento di cui non siamo ancora entrati in possesso, rinnoviamo la nostra ferma opposizione a questa scelta. 

Se anche pare verrà adottato il filtro catalitico per l’abbattimento degli NOx, che oggi fuoriescono dai fumi in quantità sfiorando sempre i limiti giornalieri, il raddoppio dell’inceneritore non potrà non incidere sulla già gravosa situazione di altre emissioni inquinanti. Non da ultimo delle PM10, per le quali, ricordiamo, la nostra provincia registra di continuo livelli al di sopra dei limiti di legge.

Noncuranti del dissenso dei cittadini e delle preoccupazioni espresse lo scorso giugno dall’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Modena, i nostri amministratori approvano quindi il raddoppio e con esso il perpetuarsi di un falso modello di sviluppo basato sul mito della crescita illimitata di consumi e rifiuti.

Mentre a Parigi la comunità scientifica internazionale rinnova l’allarme per il cambiamento climatico in corso invitando ancora una volta a ridurre le emissioni di gas serra, la piccola e cieca Modena rimane legata al mito del fuoco che tutto purifica. Ma ciò che brucia non si distrugge: si trasforma in emissioni clima-alteranti e nocive per la salute, nonché fanghi e ceneri tossiche che andranno smaltiti in discarica. Quale discarica chiediamo ancora una volta ai nostri amministratori? Quella di via Caruso che si doveva chiudere? O altre ne sorgeranno sul nostro territorio?

In questa triste giornata ripetiamo che l’incenerimento e la discarica possono sembrare strade di comodo, ma non sono sostenibili. È come nascondere “le prove” del misfatto sotto il tappeto o gettarle in un caminetto. Prima o poi qualcuno ne pagherà il conto. Una politica razionale e lungimirante dovrebbe affrontare i problemi ricercandone le cause per rimuoverli alla base: nel caso dei rifiuti, incentivare non lo smaltimento, ma la riduzione alla fonte e la raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio dei materiali e la gestione a freddo del residuo. Obiettivi questi che non saranno mai raggiunti finché si continuerà ad investire i nostri soldi negli inceneritori, macchine costose e non flessibili che richiedono un apporto costante di rifiuti da bruciare.

Rinnoviamo ai nostri amministratori la richiesta di mettere in atto serie politiche di riduzione alla fonte dei rifiuti, tramite accordi con la grande distribuzione, raccolta “porta a porta” su tutto il territorio provinciale e per tutte le utenze, calcolo puntuale della tariffa, in modo da portare anche la nostra provincia ai risultati del 70 o 80% di raccolta differenziata che sono il vanto di tante realtà straniere e italiane.

Invitiamo altresì i cittadini tutti ad attivarsi in prima persona in questa e altre lotte per la salute e l’ambiente, accorrendo numerosi ai momenti di informazione e discussione promossi da comitati e associazioni. Ricordiamo a tal proposito che mercoledì 7 gennaio si parlerà anche di rifiuti al primo incontro del ciclo “Sbilanciamoci!” promosso dal nodo di Modena della Rete Lilliput. Appuntamento alle 20:45 nella sala della circoscrizione 1, in piazza Redecocca. Interverrà per il Comitato Modena Salute e Ambiente Marco Cattini, docente di Storia Economica.


Coordinamento provinciale "Rifiuti Zero"

Modena 29 gennaio 2007 Il Coordinamento provinciale "Rifiuti Zero" riunitosi il 24/1/07 presso la sede di Legambiente Modena in via Caselline esprime la sua attiva solidarietà al Coordinamento Ambiente e Salute di Rivara impegnato nella lotta contro la costruzione del deposito di gas.

Il progetto del deposito di gas, così come il raddoppio dell'inceneritore, sono l'ennesima dimostrazione della cecità della classe politica dirigente che continua a perseverare nella costruzione di progetti inutili e fortemente nocivi per la salute degli abitanti e l'ambiente naturale, e a vantaggio di pochi privati.

Ricordiamo che Modena e la sua provincia sono prime in Italia per numero di malati di tumore nonché situate nella Pianura Padana, una delle zone più inquinate del Pianeta e col più alto numero di giorni di superamento dei valori soglia di qualità dell'aria.

Per contrastare questo modello ambientale suicida e per proporre delle valide alternative a difesa dell'ambiente e del territorio, i gruppi e i comitati riuniti nell'assemblea hanno deciso di costituire il "Coordinamento provinciale Ambiente e Salute" all'interno del quale si attueranno iniziative di reciproco sostegno e solidarietà. Al fine di costruire un'alternativa all'attuale modello di sviluppo e difendere l'ambiente e il territorio dal degrado, il Coordinamento provinciale Ambiente e Salute sarà attivo non soltanto in tema di rifiuti, ma anche di energia e cambiamenti climatici, cementificazione, trasporti ecc.


LA SFIDA DI GREENPEACE: GRAZIE A EFFICIENZA E RINNOVABILI IL 50 % DELL'ENERGIA NEL 2050


Roma, 25 Gennaio 2007 - La vera rivoluzione passa per l'efficienza  energetica. Solo investendo in misure di questo tipo nell'edilizia,  nell'industria e nei trasporti si potrà soddisfare quasi metà del fabbisogno mondiale di energia con fonti rinnovabili. Investire in efficienza energetica è un requisito fondamentale per lo sviluppo delle rinnovabili e la progressiva eliminazione di fonti fossili e nucleare. Ad affermarlo è il rapporto "Energy [R]evolution: A sustainable World Energy Outlook" lanciato oggi da Greenpeace in tutto il mondo ed elaborato insieme a Erec (European Renewable Energy Council).

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Il settore dell´elettricità sarà il pioniere nell´uso dell´energia rinnovabile: entro il 2050 circa il 75 per cento dell´elettricità potrebbe essere prodotta da fonti rinnovabili (idroelettrico, eolico e solare). Nel settore della fornitura di calore il contributo delle rinnovabili (biomasse, collettori solari e geotermico) potrebbe crescere fino al 65 per cento entro la stessa data. Sarà così possibile dimezzare le emissioni di gas serra, per scongiurare la minaccia dei cambiamenti climatici.

Contenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C, soglia oltre cui il processo rischia di diventare irreversibile, è possibile. Europa, Stati Uniti ed economie in transizione dovranno tagliare la CO2 oltre il 70 per cento, mentre Cina, India e Sud America potranno fermarsi al 35 per cento rispetto ai livelli del 1990. Anche in questi Paesi però le rinnovabili potranno avere un boom.

Greenpeace, nel suo rapporto, offre per prima, una strategia globale e dettagliata su come ristrutturare il sistema energetico mondiale, mettendo in evidenza l´urgenza di prendere decisioni chiave in campo energetico da parte di governi, società finanziarie e compagnie di elettricità. I prossimi dieci anni saranno cruciali in quanto i Paesi in via di sviluppo stanno rapidamente costruendo nuove infrastrutture energetiche, e molti degli impianti nei Paesi industrializzati sono invece vecchi e dovranno essere sostituiti.

"In Italia rinnovabili ed efficienza sono l´unica strada per conseguire contemporaneamente tre obiettivi fondamentali: rilanciare l´economia creando nuovi posti di lavoro, allentare la morsa della dipendenza energetica del Paese dall´estero, e porre un freno alla minaccia del riscaldamento globale" afferma Francesco Tedesco, responsabile Campagna
Clima ed Energia di Greenpeace.
"È giunta l'ora di una vera rivoluzione energetica: il governo si esprima a favore di obiettivi vincolanti per le rinnovabili al 2020 e potenzi le misure in materia di efficienza energetica: con l´attuale modello energetico i grandi impianti centralizzati sprecano oltre i due terzi dell´energia prodotta: il Pianeta non può permettersi questo lusso".


GREENPEACE. CAMBIAMENTI CLIMATICI: IN AUMENTO I DANNI DA EVENTI ESTREMI

Roma, 19 Gennaio 2007 - Inverno torrido al sud e devastanti cicloni al nord, ma non è solo l´Europa ad essere colpita dagli effetti dei cambiamenti climatici in queste prime settimane del 2007. Anche gli Stati Uniti accusano il colpo degli effetti del riscaldamento globale e la neo presidentessa della Camera, Nancy Pelosi, ha appena creato una Commissione che lavorerà su iniziative tese a ridurre l'effetto serra.

Il tutto per la felicità di Al Gore: il suo film "The Unconvinient Truth" non potrebbe essere più attuale, specialmente in Italia.

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I cambiamenti climatici sono una realtà e da diverso tempo anche le maggiori compagnie assicurative internazionali diffondono dati e rapporti. Il settore finanziario infatti registra su scala globale danni crescenti dovuti ai fenomeni climatici estremi. Secondo Munich Re (Climate Change and Disaster Losses: Understanding and Attributing Trends and Projections, 2006) le perdite totali del settore assicurativo a livello mondiale sono passate da una media di 4 miliardi/anno negli anni ottanta, a 40 miliardi/anno negli anni novanta. Nel 2005 si è avuto il picco, sfiorando quota 225 miliardi. I danni assicurati sono invece passati da 400 milioni/anno negli anni ottanta a 83 miliardi nel 2005.

Secondo la compagnia assicurativa Swiss Re (The effects of Climate Change: storm damage in Europe on the rise, 2006), le perdite dovute a tempeste invernali come quella causata dal ciclone Kyrill sono attualmente pari a 2,6 miliardi di euro in Europa. Tra 80 anni si potrà raggiungere quota 3,5 miliardi di euro. Questo metterà a dura prova la capacità delle assicurazioni di far fronte ai rischi dei cambiamenti climatici e la Società avverte che occorrerà studiare soluzioni concertate con altri soggetti del mondo economico e sociale.

«Quello a cui stiamo assistendo è un primo monito degli effetti del riscaldamento globale sul Pianeta» commenta Francesco Tedesco, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. «Per fermare il riscaldamento globale bisogna che i Paesi industrializzati abbattano le proprie emissioni del 30 per cento al 2020 e di oltre il 60 per cento al 2050. L´iniziativa della Commissione Europea di proporre un obiettivo unilaterale di abbattimento del 20 per cento al 2020 è coraggioso, ma non sufficiente». Occorre fare di più: l´Italia è in colossale ritardo nel rispetto degli obblighi di Kyoto e delle rinnovabili, servono obiettivi vincolanti al 2020.


GLI OGM PERDONO TERRENO. IL BILANCIO DI GREENPEACE

Roma, 18 gennaio 2007 - Il rifiuto nei confronti degli Ogm continua a crescere. Lo afferma Greenpeace in un rapporto reso noto oggi che evidenzia come sia in continua crescita l'opposizione a queste coltivazioni da parte di agricoltori, consumatori e governi. Nelle prossime ore anche l'Isaaa (International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications), un organismo finanziato dall'industria biotech, diffonderà il proprio rapporto annuale.

Lo scandalo più significativo del 2006 è quello del riso Ogm della Bayer, LLRICE601. Ad agosto del 2006, il governo statunitense ha annunciato che significative quantità di riso americano a grana lunga erano state contaminate da questo riso non autorizzato.
"La reazione al recente scandalo del riso contaminato da Ogm, che si è esteso anche all'Italia, è stata di enormi proporzioni" afferma Federica Ferrario, responsabile Ogm di Greenpeace. "Diversi Paesi hanno bandito gli Ogm, ad esempio la Romania, che aveva 85.000 ettari a soia Ogm nel 2005, scenderà a zero quest'anno, in linea con la nuova politica del governo".

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I produttori di riso della California hanno chiesto di proibire di tutte le coltivazioni riso Ogm, inclusi i campi sperimentali. Anche giganti dell'industria del riso, tra cui la spagnola Ebro Puleva, maggiore trasformatore di riso al mondo, si sono impegnati sulla strada dell'Ogm free.

In Asia, l'associazione di esportatori di riso dell'India, ha formalmente richiesto al governo indiano di proibire i campi sperimentali di riso Ogm laddove si coltiva il riso Basmati. Numerosi campi sperimentali sono stati bruciati per il timore di contaminazioni.

"I rischi per il sostentamento degli agricoltori in India sono chiari. Il fallimento del cotone Bt mostra chiaramente che gli Ogm sono pericolosi per l'uomo e per l'ambiente. Chiediamo la distruzione dei campi sperimentali di riso Ogm" dichiara Rakesh Tikait, portavoce di una delle maggiori associazioni agricole indiane, la Bharathiya Kisan Union. Gli operatori di Tailandia e Vietnam, due dei maggiori Paesi che esportano riso, hanno firmato un accordo che li impegna a restare ge-free, mentre il comitato cinese per la biosicurezza ha richiesto ancora una volta ulteriori dati e valutazioni sulla sicurezza del riso Ogm, rinviando ancora una decisione sull'approvazione del prodotto per il commercio, nonostante il comitato lo stia valutando da oltre due anni.

"L' Isaaa potrà anche raccontare che le coltivazioni Ogm sono un successo, ma la reazione globale allo scandalo Bayer del 2006 mostra un quadro molto meno roseo. L'opposizione è globale da parte di consumatori che non vogliono comprarne, agricoltori che non vogliono coltivarne e governi che non vogliono autorizzarne" conclude Ferrario.


MIELE OGM. GREENPEACE:

DIRITTO DI SCELTA ANCHE PER LE API


Roma, 3 gennaio 2007 - "E' di tutta evidenza che alle api le coltivazioni Ogm non piacciono e dobbiamo difendere, come per i consumatori, anche il loro diritto di scelta" commenta ironicamente Federica Ferrario, responsabile Ogm di Greenpeace, la grave notizia secondo cui nei campi Ogm si è verificata una forte riduzione del numero delle api presenti e un altrettanto forte deficit nell'attività di impollinazione.

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Greenpeace ricorda come la coltivazione degli Ogm minacci sia la biodiversità agricola che la libertà di scelta dei consumatori.

Un recente rapporto dell'organizzazione ambientalista, sulla base di analisi di laboratorio e campionature in quaranta campi di mais spagnoli, convenzionali e biologici, dimostra l'impossibilità della cosiddetta `coesistenza'. In almeno un quarto dei casi si è registrata la contaminazione non voluta con Ogm. In alcuni casi, la contaminazione è arrivata addirittura a percentuali del 12.6 per cento. In molti casi gli agricoltori hanno subito perdite economiche, non riuscendo più a vendere il mais contaminato al prezzo concordato per le varietà non transgeniche e biologiche. In ben tre casi analizzati sono state contaminate varietà locali di mais, frutto di anni di selezione che ora non potranno più essere impiegate.

Leggi il rapporto di Greenpeace sulla coesistenza:
http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/rapporto-coesistenza


GREENPEACE AL GOVERNO: STOP ALLO SCANDALO DELLE FONTI ASSIMILATE

Roma, 19 dicembre 2006

È ora di dire definitivamente basta allo scandalo tutto italiano dei sussidi alle fonti rinnovabili dirottati invece verso rifiuti e derivati del petrolio tramite il "trucco" delle fonti assimilate. Con i cosiddetti CIP6 e i certificati verdi, nel 2005 gli incentivi sottratti allo sviluppo delle vere fonti rinnovabili sono stati ben 3,1 miliardi di euro, pagati dagli italiani attraverso la componente A3 della bolletta.

«Una cifra scandalosa se si pensa che termovalorizzatori e impianti CIP6 sono tra i maggiori emettitori di CO2, con emissioni specifiche perfino peggiori del carbone» afferma Francesco Tedesco, responsabile Campagna Clima ed Energia di Greenpeace, di ritorno da Porto Tolle, dove l´organizzazione ha occupato per tre giorni la centrale Enel per bloccarne la riconversione a carbone.

Greenpeace sostiene la richiesta dei senatori Tommaso Sodano di Rifondazione Comunista e Angelo Bonelli dei Verdi, di correggere entro la fine dell´anno l' "errore materiale" contenuto all´interno della Finanziaria, sull'emendamento che abolisce i CIP6 per i produttori di energie non rinnovabili. Nella stesura attuale la norma CIP6 permetterebbe di incentivare non solo gli impianti già realizzati ma anche quelli in via di autorizzazione fino al 31 dicembre, circa un centinaio.

Continuare a incentivare le fonti fossili allontana l´Italia dagli impegni di Kyoto e provoca costi che dovranno essere sostenuti dall´intera collettività.

"Fidatevi dei sogni, perchè in essi è nascosto il passaggio verso l'eternità"
Kahalil Gibran


GREENPEACE A MODENA PER L'EFFICIENZA ENERGETICA

Greenpeace entra in azione nei megastore dell'elettronica di tutta Italia. L'obiettivo sono i cosiddetti "centri dell'inefficienza", punti vendita dove si trovano prodotti elettrici ed elettronici che consumano troppo. Nella città di Modena i volontari saranno attivi oggi pomeriggio davanti ad un punto vendita di una nota catena.

L'invito che viene rivolto dagli attivisti di Greenpeace è quello di privilegiare i prodotti ad alta efficienza energetica, ad esempio gli elettrodomestici A+ e A++.

Gli elettrodomestici efficienti, oltre ad essere più rispettosi dell'ambiente, permettono di risparmiare fino al 50 per cento della spesa in bolletta.

Un frigo-congelatore di classe A++, ad esempio, porta a un risparmio in bolletta fino a 70 euro l’anno e a una riduzione di emissioni di CO2 fino a 240 chili l’anno.

"Se potessimo sostituire oggi tutte le apparecchiature che utilizzano elettricità con tecnologie efficienti già disponibili sul mercato potremmo risparmiare fino al 30 per cento di elettricità" afferma Silvia D’Amico, di Greenpeace Modena. "Da solo tale risparmio equivarrebbe ad abbattere di oltre un terzo le emissioni di CO2 che l’Europa e l’Italia si sono impegnate a ridurre firmando il Protocollo di Kyoto. È proprio l’efficienza energetica la grande “riserva” da cui attingere per salvare il pianeta dal riscaldamento globale"

Per chi volesse incontrarci, prendere materiale informativo firmare le nostre petizioni (è tutto gratis!), oppure farci qualche offerta in cambio di libri, magliette, calendari 2007, ecc. saremo:

sabato 23 in via Emilia-portico ex Coop,dalle 15.30 alle 18.30 circa.

Per ulteriori informazioni:
Silvia D'Amico tel. 348/2220552
Greenpeace Gruppo Locale di Modena, tel. 348/2220552
Francesco Tedesco, campagna energia/clima di Greenpeace 340/0856944


OLTRE 1200 FIRME PER L'ESPOSTO CONTRO LE BOMBE ATOMICHE PRESENTATO DA GREENPEACE. 243 NELLA SOLA MODENA.


Pieno successo dell'iniziativa di Greenpeace di sabato scorso contro le bombe atomiche nelle basi Nato. Per la giornata di denuncia si sono mobilitate in Italia una ventina di città ed è stato presentato un esposto a firma di oltre 1200 cittadini italiani.

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A Modena il Gruppo Locale di Greenpeace, insieme a Rete Lilliput, al Gavci e Casa per la Pace di Modena, ha attirato la curiosità dei passanti con un coloratissimo banchetto, animato dalla presenza di un clown che invitava a "Non scherzare col fuoco atomico", un fungo velenoso (perché persino l'Amanita Muscaria è meglio del fungo atomico!"), missili bomba umani, cartelloni, striscioni, e tanto ancora, raccogliendo in poco più di tre ore 243 firme che sono state consegnate in questura la sera stessa.

Si tratta di una vera e propria denuncia contro i governi che, come il nostro, appoggiano la politica pro-nucleare della Nato. Un’azione concreta per chiedere la rimozione e lo smantellamento di testate atomiche di proprietà statunitense sparse su territorio europeo.

"Siamo soddisfatti di come i nostri concittadini, per lo più ignari della presenza di bombe atomiche nel nostro Paese, abbiano voluto unirsi alla nostra denuncia" fanno sapere i volontari di Greenpeace Modena.

"Ora attendiamo di conoscere come procederà la Procura di Modena, se vorrà avviare le indagini o inoltrare la pratica alle Procure di Pordenone e di Brescia, dal momento che le 90 testate atomiche di cui si ha notizia si trovano nelle basi Nato di Aviano (in provincia di Pordenone, 50 bombe) e di Ghedi Torre (provincia di Brescia, 40 bombe)".


BOMBE ATOMICHE A MONTECITORIO


Roma, Italia — In vista dell'imminente Summit Nato di Riga, Greenpeace protesta a Montecitorio con sei riproduzioni di bombe atomiche tipo B61 a grandezza naturale. Il messaggio è forte e chiaro: serve il disarmo nucleare
per bloccare la proliferazione atomica.

Nelle basi Nato italiane di Aviano e Ghedi Torre ci sono 90 testate nucleari di tipo B61 a gravità. In tutta Europa le bombe atomiche parcheggiate nelle
varie basi della Nato sono 480. Dei 26 Paesi della Nato solo 6 ospitano armi nucleari, in violazione del Trattato di non proliferazione, mentre altri 4
Paesi - Canada, Grecia, Islanda e Danimarca - hanno smantellato le basi nucleari che avevano nel loro territorio.

Ognuna di queste bombe è un potenziale obiettivo: le basi di Aviano e Ghedi Torre sono un bersaglio militare che mette potenzialmente a rischio le popolazioni di una vasta area. Secondo un recente sondaggio Eurisko svolto su un campione di 1000 intervistati [ vedi tabella ], la maggioranza degli italiani non sa nulla dell'esistenza di questi ordigni nucleari sul territorio nazionale. Queste novanta bombe atomiche, perfettamente operative e pronte a essere impiegate per distruggere i laboratori nucleari in Iran, sono un pericolo subdolo e invisibile, a un passo dalle nostre case, dalle nostre cose, dalla nostra vita. Ma gli italiani non lo sanno.

Secondo Greenpeace, c'è bisogno di una nuova stagione di disarmo nucleare per contrastare le spinte alla proliferazione atomica. La protesta di oggi si aggiunge alle altre iniziative intraprese negli ultimi mesi da Greenpeace in Italia e in Europa.

A maggio è stato presentato il rapporto "Ordigni nucleari USA NATO in Italia". Per denunciare la proliferazione di queste armi, alcuni volontari di Greenpeace hanno fatto irruzione nella parata militare del 2 giugno. Pochi giorni dopo attivisti italiani, francesi, tedeschi e belgi hanno manifestato invece di fronte al quartier generale della Nato a Bruxelles.
Più recente la protesta, di fronte all'ambasciata nordcoreana a Roma, per la
decisione di effettuare il primo test atomico.

Domani attivisti di Greenpeace e di altre associazioni si recheranno nelle stazioni di polizia in una ventina di città in tutta Italia – tra le quali Roma, Firenze, Milano, Torino, Napoli e Palermo - per presentare un esposto contro la presenza di armi nucleari nel nostro Paese in violazione del Trattato di non proliferazione.

L'Italia ha tutta la credibilità per avanzare nelle sedi appropriate la richiesta di riaprire una stagione di disarmo nucleare. Se le grandi potenze non riprendono questa strada, sarà molto più difficile bloccare la proliferazione nucleare.


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