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Il declino del bioetanolo
Alessandro Ursic
Scoppiata la bolla, le aziende produttrici sono sull'orlo del fallimento. Ma all'orizzonte ci sono già nuovi compratori
Quando il prezzo del petrolio non sembrava poter far altro che salire e gli effetti delle emissioni nocive sul clima erano sempre più dibattuti sui media, il bioetanolo sembrava il carburante del futuro. Gli Stati Uniti ci puntavano forte, con cospicui sussidi per le aziende nazionali del settore, inseguendo il miraggio dell'indipendenza energetica. Era così solo sei mesi fa. Ma oggi che la crisi economica mette le radici, quei tempi sembrano improvvisamente appartenere a un'epoca lontana. E' scoppiata la bolla, e in America i produttori di bioetanolo sono sull'orlo del fallimento.
Il settore è vittima di una tempesta perfetta. Da una parte, il costo del greggio è sceso dai 147 dollari al barile dello scorso luglio ai 37 di oggi. Dall'altra, i prezzi del grano sono anche scesi, ma solo della metà. Tale differenza comprime i margini che i produttori di bioetanolo americani hanno per realizzare un profitto: tanto più che, prima per l'alto prezzo del carburante e poi per la gravità della recessione, come risultato gli americani ora guidano e quindi consumano meno. Gli investimenti per la costruzione di nuove centrali, pianificati quando tutti scommettevano su una continua ascesa dei prezzi, sono invece al palo a causa della stretta creditizia. Sulle nuove frontiere per un etanolo più "pulito", come quello ricavato dalla cellulosa o dalla biomassa, gli esperti ormai scherzano definendole "sempre a cinque anni dalla commercializzazione".
La crisi del bioetanolo non è solo di identità, è un vero e proprio crollo finanziario e industriale. La VeraSun, seconda azienda statunitense nel settore, si è impegnata in contratti di fornitura di grano sottoscritti quando i prezzi erano alle stelle: nel giro di pochi mesi ha dovuto ricorrere all'amministrazione controllata. Altre società hanno visto le loro azioni perdere il 95 percento del valore. La Renewable Fuels Assocation ha calcolato che 24 centrali su 180 nel Paese hanno chiuso i battenti negli ultimi novanta giorni. E la scorsa settimana la Archer Daniels Midland, leader del settore negli Usa, ha dichiarato che la capacità produttiva nazionale di bioetanolo è scesa del 21 percento.
Le leggi introdotte negli ultimi anni dal Congresso, però, incoraggiano l'uso del bioetanolo americano, fissando delle quote del carburante "verde" da mescolare alla normale benzina (e sussidi per contrastare l'importazione del bioetanolo brasiliano, estratto dalla canna da zucchero e molto più economico): al momento la miscela è fissata al 10 percento, una quota che i grandi costruttori di automobili non vorrebbero veder alzata - per loro la conversione dei motori rappresenta un costo - ma che l'attuale Congresso a maggioranza democratica, mentre negli Usa tira un forte vento di protezionismo, potrebbe benissimo ritoccare nei prossimi anni. Inoltre, già le leggi attuali impongono un raddoppio dell'uso di bioetanolo da grano entro il 2015, per poi raggiungere nel 2022 un consumo di biocarburante (prodotto anche con le ipotetiche nuove tecniche) quadruplo rispetto a quello di oggi.
Sul futuro dell'etanolo scommettono quindi ancora in tanti, e annusano la possibilità di fare affari già da ora. A iniziare dai pesci grossi del settore petrolifero: la scorsa settimana la Valero Energy, uno dei colossi statunitensi della raffinazione, ha comprato per 280 milioni di dollari le cinque centrali della VeraSun non ancora chiuse. L'accordo è stato annunciato con soddisfazione dai vertici della compagnia: secondo le loro stime, il valore reale delle strutture comprate sarebbe tre volte tanto di quanto pagato. E' per questo che il bioetanolo estratto dal grano, per quanto criticato da molti analisti per la sua scarsa efficienza energetica e per la sua eticità (a partire da un rapporto dell'Onu, che l'ha accusato di contribuire all'aumento dei prezzi dei cereali), per quanto ora stia pagando gli effetti della crisi, difficilmente sparirà. Se altre aziende petrolifere seguiranno la scommessa della Valero, tra qualche anno forse si discuterà di come il mercato del bioetanolo sarà uscito dalla sua prima crisi alla maniera di tutti i settori economici nuovi: con un selezione naturale delle aziende produttrici. E i vecchi nemici, come appunto le società del greggio, che preferiscono fagocitare il rivale invece di combatterci contro.
da Peacereporter
17/2/09
Argentina, emergenza siccità
Per il settore agricolo da mesi in grave crisi misure eccezionali varate dal governo
Davanti alla siccità che ha colpito il Paese nuove misure economiche per il settore agricolo.
Non si vedeva una situazione simile da almeno 70 anni. Intere e sterminate campagne secche, senza una goccia d'acqua. Un intero settore merceologico, quello agricolo, in balia degli eventi gestiti da madre natura. Un problema in più per la presidente, Cristina Fernandez, che con il settore non è mai andata d'amore e d'accordo. E allora via con una serie di misure straordinarie di cui potranno beneficiare produttori, agricoltori e in generale tutto il settore fortemente colpito dalla siccità. Dopo la proclamazione dello stato d'emergenza, infatti, l'amministrazione di Buenos Aires ha deciso: i produttori colpiti dall'ondata di siccità potranno pagare le tasse dovute allo Stato con ritardo di un anno. Alcuni maligni sostengono che la misura adottata dal governo sia più che altro un gesto distensivo fra la presidente e i rappresentanti del settore agricolo che nel corso dell'ultimo anno hanno avuto diversi scontri sfociati con le proteste contro l'aumento dei dazi doganali sulle esportazioni di grano.
In ogni caso gli impiegati nel settore storcono il naso. "Le misure prese sono ben lontane dal risolvere la situazione" racconta Eduardo Buzzi, leader della Federacion Agraria Argentina. Il responsabile commerciale della federazione, però, picchia ancora più duro: "Le dichiarazioni di Cristina Fernandez e le misure adottate in seguito alla grave crisi che ci sta colpendo contemplano solo il diritto di posticipare il pagamento delle tasse. E serve a poco una misura del genere quando il produttore ha perso tutto il raccolto". "Non avevo mai visto nulla di simile" racconta Juan Galletti, operatore di organizzazioni non governative di passaggio in Argentina. "Non piove, non c'è acqua. Senza acqua il seme non si sviluppa e il raccolto va a farsi benedire. Una situazione simile si può definire con una solo parola: catastrofe. E' davvero impressionante: tutti si lamentano, tutti avrebbero qualcosa da dire ai governanti. Credo, però, che a porre fine a questa situazione potrà essere solo mamma natura nel momento in cui deciderà di far piovere".
E come dare torto a Galletti quando si leggono le cifre che la siccità si porta dietro. Almeno 800mila capi di bestiame sarebbero morti di stenti. In alcune regioni il 90 percento dei raccolti di mais è andato perso in altri invece le cifre dicono che probabilmente si salverà solo il 35/40 percento delle coltivazioni. E le preoccupazioni aumentano quando si pensa alla coltivazione della soia, la principale coltivazione del paese, che potrebbe vedere perdite per 4 miliardi di dollari.Non meglio va nel vicino Uruguay. La siccità, anche nel piccolo paese affacciato sull'Atlantico, non ha dato tregua e ha causato un'impennata nei prezzi della carne. Nel sud del Paese, nella regione di San Josè, non si ricordavano una siccità di questo tipo da almeno 90 anni. "Forse nel 1920 abbiamo provato qualcosa di simile" racconta un agricoltore della zona. "Ma è dall'aprile del 2007 che non siamo in grado di produrre perchè non piove". E secondo gli esperti non pioverà ancora per un bel po' di tempo. Anche in questo caso il governo ha deciso di intraprendere misure urgenti per dare una mano al settore agricolo. Ma non è tutto così semplice come sembra. "Lo stato d'emergenza dichiarato dal governo, a mio avviso arriva troppo tardi. Dovevano pensarci prima. La situazione così come è oggi va avanti ormai da quattro mesi".
27 gennaio 2009
Dove metteremo i
rifiuti? Finiremo come Napoli? All’indomani della
sentenza del Tar che ha annullato l’Autorizzazione Integrata
Ambientale al raddoppio dell’inceneritore, sono in molti ad
interrogarsi sul futuro della propria provincia. “Dove metteremo i
rifiuti?” “Finiremo come Napoli?”
Con questa lettera, vogliamo rassicurare i nostri
concittadini e, allo stesso tempo, rivolgere un appello agli
amministratori.
Cari
concittadini,
ci
preme far subito chiarezza su un punto: le alternative
all'incenerimento esistono. La scelta non è tra inceneritore e
discarica ed agitare lo spauracchio della “monnezza campana” è
fuorviante.
Di
certo, ci vuole una ferma volontà politica e l’impegno di
tutti, per rivedere interamente l’attuale gestione dei rifiuti. Il
problema va infatti affrontato “alla fonte” e non “a valle”.
La strategia da adottare è la cosiddetta strategia delle
“Erre”: Riduzione alla fonte, Riuso, Raccolta differenziata,
Riciclo.
Il
campo di intervento sul lato della prevenzione (riduzione) è
enorme. In Europa, e ora anche in Italia, si stanno sempre più
diffondendo le positive esperienze di reintroduzione della vendita
dei prodotti alla spina (dalle bevande ai detersivi) o con vuoto a
rendere. Sempre in tema di riduzione occorre rifiutare la cultura
dell’usa e getta. Si potrebbe, ad esempio, vietare l’utilizzo di
stoviglie usa e getta in mense, sagre, feste, ecc. o, per lo meno,
incentivare – tramite specifici capitolati nei bandi di appalto –
l’uso di stoviglie lavabili e riutilizzabili o in materiale
biodegradabile. Altri strumenti per prevenire la produzione di
rifiuti sono la promozione del noleggio e del mercato dell’usato e
della pratica dell’autocompostaggio domestico. È
vero, qualcosa in questo senso è già stato attuato nel
nostro territorio: esistono sconti ( esigui però )sulla
tariffa d’igiene ambientale per chi pratica l’autocompostaggio ed
esistono isole ecologiche e mercatini dell’usato, come il Tric
Trac. Questi interventi non sono sufficienti. Bisogna ancora fare
molto sul fronte della raccolta differenziata. Sulla
modalità di organizzazione della raccolta differenziata non
esiste un’unica ricetta applicabile in tutte le realtà.
Tuttavia, le esperienze dimostrano che la raccolta effettuata con le
campane stradali nelle migliori delle ipotesi permette di raggiungere
circa il 30%. La vera svolta operativa che permette di far balzare in
pochi mesi al 60, 70 e anche 80% la raccolta differenziata è
il sistema “porta a porta”. È
questo il sistema richiesto nella proposta di delibera d’iniziativa
popolare presentata in Comune da WWF, Comitato Modena Salute Ambiente
e Meetup di Grillo. Sono passati oltre 6 mesi e non è ancora
stata discussa in Consiglio Comunale. Ora, ci auguriamo che la
sentenza emessa dal Tar possa spingere i nostri amministratori a
prendere in considerazione le proposte costruttive presentate dai
cittadini.
Ma
come funzione il porta a porta? Con
il vero porta a porta si tolgono i cassonetti dalle strade e vengono
raccolte casa per casa, a giorni alterni, tutte le diverse frazioni
di rifiuto. L’eliminazione dei cassonetti stradali permette di
evitare il conferimento illecito di rifiuti provenienti da attività
produttive, oltre che migliorare l’aspetto delle nostre strade. Ma
soprattutto la raccolta “porta a porta” è l’unico metodo
per misurare quanti rifiuti ogni cittadino effettivamente produce e
quindi applicare la tariffa puntuale. Con la tariffa puntuale trova
applicazione il principio “chi inquina paga”: le famiglie
pagheranno in base alla quantità di rifiuti prodotti, e non
calcolando solo la superficie dell’abitazione e il numero dei
componenti il nucleo familiare come oggi accade. Ad esempio è
possibile calcolare la tariffa in base al numero di svuotamenti del
bidoncino del rifiuto indifferenziato, modalità che permette
di premiare i comportamenti virtuosi, incentivando la massima
separazione possibile dei rifiuti riciclabili e la riduzione dei
rifiuti non riciclabili né compostabili. Le diverse esperienze
di raccolta porta a porta, attuate in Italia e nel mondo, dimostrano
che questo metodo:
-
contribuisce a ridurre la produzione di rifiuti, -
permette di far balzare la raccolta differenziata fino ad oltre
l’80%, -
riduce il conferimento in discarica, -
non comporta grandi variazioni nel costo complessivo del servizio,
dal momento che l’aumento dei costi per la raccolta sono ampiamente
ripagati dalla riduzione dei costi per lo smaltimento e dai proventi
della vendita del materiale riciclabile, -
crea nuovi posti di lavoro, -
libera spazi pubblici, vie e piazze dal degrado dei cassonetti,
spesso sommersi da rifiuti abbandonati, -
è da sfatare il problema della laboriosità da parte dei
cittadini: la raccolta domiciliare, per chi differenzia i rifiuti,
può essere solo un vantaggio ed una comodità.
Un
esempio ormai classico di porta a porta è quello realizzato
dal Consorzio Intercomunale Priula, che riunisce 23 comuni in
Provincia di Treviso e serve un
totale di 224.000 abitanti. Nel 2006 la raccolta porta a porta nel
territorio del Priula ha permesso di raggiungere quota 77%, con punte
dell’83%. Ma
anche diverse realtà a noi più vicine hanno adottato il
sistema del porta a porta e con ottimi risultati. Si veda il caso di
Carpi o quello di Fidenza. La
nostra speranza è allora che tutti voi vi uniate alla
battaglia contro il raddoppio dell’inceneritore, chiedendo agli
amministratori che non sprechino il loro prezioso tempo e i vostri
soldi nel tentativo di impugnare la sentenza del Tar o ottenere una
nuova autorizzazione, ma che adottino piuttosto, e nel più
breve tempo possibile, il porta a porta con tariffa puntuale. Così
si potrà non solo fare a meno del raddoppio, ma anche, in
futuro, spegnere del tutto l’inceneritore. Infatti, nel momento in
cui la raccolta differenziata arriverà a percentuali del
70-80%, non ci saranno più rifiuti da bruciare: il rimanente
15-30% di rifiuti indifferenziati potrà essere sottoposto ad
un trattamento meccanico-biologico (TMB), un trattamento a freddo che
stabilizza e riduce ulteriormente la quantità e la
pericolosità dei rifiuti da portare in discarica, quantità
e pericolosità che saranno ben inferiori a quelle di ceneri e
fanghi dell’attuale inceneritore.
Il Comitato Modena Salute e Ambiente
Riguardo la sentenza emessa dal Tar
sull’Autorizzazione Integrata Ambientale al raddoppio
dell’inceneritore, trasmettiamo una dichiarazione del presidente
del Comitato Modena Salute Ambiente, Silvano Guerzoni:
“Il Comitato Modena Salute Ambiente
non esulta, ma si rammarica del fatto che semplici cittadini che più
volte hanno cercato di instaurare un dialogo con gli amministratori,
debbano ricorrere al Giudice per veder tutelati i propri diritti.
Già negli anni ’90, vincemmo
un ricorso, inerente l’inceneritore dei tossici nocivi di via
Caruso. Anche allora la risposta dei politici fu che era una vittoria
di Pirro. Eppure quell’impianto non entrò mai in funzione.
Tornando all’oggi, la Provincia
minimizza il significato della sentenza del Tar, affermando che
sarebbe stato riscontrato niente più che un vizio formale. Ma
l’errore della Provincia e di Hera è fondamentale: si sono
valutate attraverso due diversi procedimenti impianti che sono tra
loro connessi, tanto più che l’impianto di trattamento
chimico fisico in questione tratta per lo più le acque di
scarico dell’inceneritore. L’autorizzazione integrata ambientale
(Aia), che deriva da una direttiva dell’Unione Europea, prevede
proprio che l’ente autorizzato per il rilascio della procedura
(Provincia di Modena) verifichi tutte le emissioni ambientali di un
sito, così da giudicare se esiste pericolo per la salute dei
cittadini.
A questo punto, l’impianto potrà
entrare in funzione solo nel caso in cui la Provincia ed Hera
riescano ad impugnare la sentenza del Tar con un ricorso al Consiglio
di Stato, oppure nel caso in cui ottengano una nuova autorizzazione
entro il 31 marzo 2008. In realtà, noi abbiamo intenzione di
verificare se non occorra anche una nuova Valutazione d’impatto
ambientale (Via), dal momento che lo studio su cui si basa quella
rilasciata nel 2004 prende in considerazione una direzione dei venti
(e quindi un’area di ricaduta degli inquinanti atmosferici) errata.
Concludo con una doverosa precisazione
riguardo a quanto affermato dalla Provincia (stando almeno a quanto
pubblicato sul Televideo di una nota emittente locale). La Provincia
pare aver dichiarato che l’annullamento dell’Aia cancellerebbe
anche le migliorie all’impianto introdotte successivamente alla Via
(ad es. il filtro catalitico). Quest’affermazione è falsa:
l’adozione delle migliori tecnologie disponibili (Bat) è
obbligatoria per legge. Ad ogni modo, crediamo che non esista
tecnologia sufficiente a tutelare l’ambiente e la salute dei
cittadini. Il nostro obiettivo resta lo spegnimento dell’impianto”.
REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'EMILIA-ROMAGNA
BOLOGNA SEZIONE I
Registro Sentenze: 3365/2007 Registro Generale: 491/2007
nelle persone dei Signori:
CALOGERO PISCITELLO Presidente CARLO TESTORI Consigliere, relatore SERGIO FINA Consigliere
ha pronunciato la seguente SENTENZA
sul ricorso n. 491/2007
proposto da:
- W.W.F. - ONLUS in persona del Presidente e legale rappresentante
p.t., arch. Fulco Pratesi;
- ITALIA NOSTRA - ONLUS in persona del Presidente e legale
rappresentante p.t., dott. Giovanni Losavio;
- COMITATO MODENA SALUTE AMBIENTE in persona del Presidente e legale
rappresentante p.t., sig. Silvano Guerzoni;
- ACCARDO CATERINA, ANDERLINI MAURO, BARALDI DANIELE, CIONI GIANNI,
CIONI LISA, CORRADINI LUCIANO, DI BONA SIMONA, FERRARI ENRICO,
FERRETTI PAOLA, GHELFI MIRELLA, GOLDONI ALFONSO, GOLDONI LINO,
GOLDONI RENATO, LUPPI IGINIO, MAGNONI CARLO, MARINELLI GIORGIO,
MESCHIARI NADIA, MICHELINI BRUNA, PARENTI VALENTINA, PEZZETTI ROMANO,
POPPI CARLO, RASPA PIERINO PIETRO, RIGHI GIOVANNA, RIGHI LAURA, SALVE
MARIA GISELDA, SANGUETTI MASSIMO, SCHIAVI ALBERTO, VACCARI PAOLA,
VENTURELLI ANNA, VERGANTI CECILIA, VERONESI LORELLA
tutti rappresentati e difesi da: CERUTI AVV. MATTEO MINOTTI AVV. FRANCESCA con domicilio eletto in BOLOGNA GALLERIA MARCONI N.2 presso MINOTTI AVV. FRANCESCA
contro
PROVINCIA DI MODENA rappresentata e difesa da: ZANNINI AVV. ROBERTA GIAMPIETRO AVV. PASQUALE con domicilio eletto in BOLOGNA VIA MURRI 9 presso TIRAPANI AVV. STEFANO
-
COMUNE DI MODENA rappresentato e difeso da: MARITAN AVV. RAFFAELLA VILLANI AVV. VINCENZO MAINI AVV. STEFANO con domicilio eletto in BOLOGNA VIA CASTIGLIONE 4
presso MARITAN AVV. RAFFAELLA
e nei confronti di: HERA SPA
rappresentata e difesa da: CARULLO AVV. ANTONIO con domicilio eletto in BOLOGNA STRADA MAGGIORE 47 presso CARULLO AVV. ANTONIO
AZIENDA U.S.L. DI MODENA n.c.
ARPA - AGENZIA REG.LE PREVENZIONE AMBIENTE E. R. n.c.
per l'annullamento, previa
sospensione,
della determinazione n. 74 del 2/2/2007,
con avviso pubblicato sul BURER del 28/2/2007, con cui il Dirigente
del Servizio gestione integrata sistemi ambientali della Provincia di
Modena ha rilasciato ad HERA s.p.a. l'autorizzazione integrata
ambientale per l'impianto di termovalorizzazione di rifiuti urbani,
speciali non pericolosi, rifiuti sanitari non pericolosi e pericolosi
a solo rischio infettivo con capacità superiore a 3 tonnellate
all'ora sito in Comune di Modena via Cavazza n. 45; nonché di
ogni altro atto presupposto, collegato, inerente, conseguente e
derivato, ivi compresi: il parere favorevole al rilascio dell’AIA
espresso dal Sindaco di Modena e, ove occorrer possa, le
determinazioni assunte dalla conferenza di servizi, le richieste di
integrazioni istruttorie, nonché i pareri favorevoli espressi
da ARPA ed AUSL.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Modena,
del Comune di Modena e di HERA s.p.a.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle
rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il Cons. Carlo Testori;
Uditi alla pubblica udienza del 25 ottobre
2007 i difensori delle parti, presenti come da verbale;
Considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
Hera s.p.a. gestisce in Comune di Modena, via Cavazza n. 45, un
impianto di termovalorizzazione di rifiuti urbani, speciali non
pericolosi, rifiuti sanitari non pericolosi e pericolosi a solo
rischio infettivo con capacità superiore a 3 tonnellate
all'ora, originariamente costituito da tre linee e autorizzato allo
smaltimento di 140.000 t/anno di rifiuti. Con deliberazione n. 429
del 26/10/2004 la Giunta provinciale di Modena ha positivamente
concluso la procedura di VIA relativa ad un progetto di adeguamento
funzionale dell'impianto in questione che ne prevedeva la
configurazione su quattro linee (una nuova e tre ristrutturate) per
una potenzialità di trattamento massima autorizzabile di
240.000 t/anno di rifiuti. In data 30/5/2006 Hera s.p.a. ha
presentato allo Sportello Unico del Comune di Modena domanda intesa
ad ottenere il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale
(AIA) per la gestione del predetto impianto secondo la nuova
configurazione prevista; la Provincia di Modena, quale autorità
competente al rilascio dell'autorizzazione richiesta, ha avviato la
procedura d'esame, convocando apposita conferenza di servizi; a
conclusione dell'iter procedimentale il Dirigente del Servizio
gestione integrata sistemi ambientali ha adottato la determinazione
n. 74 del 2/2/2007 con cui ha rilasciato l'autorizzazione integrata
ambientale richiesta da Hera s.p.a., dettando specifiche prescrizioni
e articolando le fasi di realizzazione ed attivazione dell'impianto
nella nuova configurazione sulla base di un dettagliato
cronoprogramma che, in conclusione, prevede dal 30/11/2009 il
funzionamento a regime delle sole linee 3 (già esistente e
ristrutturata) e 4 (nuova).
Tale determinazione è stata impugnata davanti a questo
Tribunale dalle associazioni WWF e Italia Nostra, dal Comitato Modena
Salute Ambiente e da 31 cittadini qualificatisi come residenti e
proprietari di immobili nelle immediate vicinanze dell'impianto in
questione e nelle aree di ricaduta degli inquinanti emessi, che hanno
presentato il ricorso in epigrafe prospettando vizi di violazione di
legge ed eccesso di potere sotto molteplici profili.
Si sono costituiti in giudizio la Provincia di Modena, il Comune di
Modena ed Hera s.p.a. che hanno formulato eccezioni in ordine,
soprattutto, alla legittimazione ad agire dei ricorrenti ed hanno,
comunque, chiesto la reiezione del gravame perché infondato.
Per la trattazione della causa nel merito è stata fissata la
pubblica udienza del 25 ottobre 2007, in vista della quale hanno
depositato memorie e documenti le parti ricorrenti ed Hera s.p.a.; la
causa è quindi passata in decisione.
DIRITTO
1) Vanno innanzitutto esaminate le
eccezioni di inammissibilità del ricorso formulate, in
particolare, da Hera s.p.a. con riferimento innanzitutto alla
legittimazione ad agire dei ricorrenti, rispetto ai quali vanno
tenute distinte le posizioni di: a) WWF - Associazione Italiana per
il World Wide Fund for Nature – Onlus e Italia Nostra - Onlus; b)
Comitato Modena Salute Ambiente; c) i 31 cittadini firmatari del
ricorso. In proposito si osserva quanto segue:
a) la legittimazione ad agire di WWF e
Italia Nostra va riconosciuta perché tali associazioni sono
state individuate dall’art. 1 del D.M. Ambiente 20/2/1987, in
attuazione dell’art. 13 della legge 8 luglio 1986 n. 349, tra
quelle di protezione ambientale che, a norma dell’art. 18 comma 5
della medesima legge "possono……ricorrere
in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti
illegittimi";
tale disposizione ha trovato poi conferma nell’art. 17 comma 46
della legge 15 maggio 1997 n. 127, che recita: "Le
associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale,
individuate dal decreto del ministro dell'Ambiente 20 febbraio 1987,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 1987, come
modificato dal decreto del ministro dell'Ambiente 17 febbraio 1995,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 98 del 28 aprile 1995,
possono, nei casi previsti dall'articolo 18 della legge 8 luglio
1986, n. 349, impugnare davanti al giudice amministrativo gli atti di
competenza delle regioni, delle province e dei comuni";
va infine sottolineato che detta speciale legittimazione riguarda,
secondo la prevalente giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez.
IV, 14 aprile 2006 n. 2151; TAR Bologna, Sez. I, 6 luglio 2007 n.
1618) le associazioni ambientalistiche nazionali formalmente
riconosciute e non le loro strutture territoriali: e in questo caso
il ricorso è stato correttamente proposto dalle due
associazioni nazionali, in persona dei rispettivi presidenti e legali
rappresentanti;
b) quanto alla legittimazione ad agire del
Comitato Modena Salute Ambiente è particolarmente utile il
richiamo alla recente sentenza della Quinta Sezione del Consiglio di
Stato 23 aprile 2007 n. 1830 che, nell'affrontare il tema della
legittimazione di associazioni ambientaliste costituite a livello
locale, ha puntualizzato:
che la "giurisprudenza
tradizionale formatasi in materia ha, invero, in modo pressoché
uniforme, riconosciuto che possono essere considerati legittimati ad
impugnare i provvedimenti amministrativi eventualmente lesivi
dell’ambiente le sole associazioni protezionistiche espressamente
individuate con D.M., ai sensi del combinato disposto degli artt. 13
e 18 della L. n. 349 del 1986…";
che la "giurisprudenza
più avanzata…, invece, afferma che il giudice
amministrativo può riconoscere, caso per caso, la
legittimazione ad impugnare atti amministrativi a tutela
dell’ambiente ad associazioni locali (indipendentemente dalla loro
natura giuridica), purchè a) perseguano statutariamente in
modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, b) abbiano un
adeguato grado di rappresentatività e stabilità e c)
un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è
situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso, anche se
non ricomprese nell’elenco delle associazioni a carattere
nazionale individuate dal Ministero dell’Ambiente ai sensi
dell’art. 13 della Legge 8.7.1986, n. 349, poiché tale
norma ha creato un ulteriore criterio di legittimazione che si è
aggiunto e non sostituito a quelli in precedenza elaborati dalla
giurisprudenza per l’azionabilità dei c.d. “interessi
diffusi” in materia ambientale";
che in ogni caso "Non
basta…il mero scopo associativo a rendere differenziato un
interesse diffuso o adespota, facente capo alla popolazione nel suo
complesso, quale l’interesse alla salvaguardia dell’ambiente,
specie quando tale scopo associativo si risolva,…, senza
mediazione alcuna di altre finalità, nell’utilizzazione di
tutti i mezzi leciti per non consentire la realizzazione di un
determinato progetto e, quindi, in definitiva, nella stessa finalità
di proporre l’azione giurisdizionale";
e che la "giurisprudenza di merito ha,
al riguardo, più volte chiarito che un semplice Comitato di
cittadini caratterizzato da una forma associativa temporanea, volta
alla protezione degli interessi dei soggetti che ne sono parte, non
ha legittimazione a ricorrere avverso gli atti di localizzazione di
impianti per il trattamento e lo smaltimento di rifiuti, essendo
privo – oltre che del riconoscimento ministeriale di cui all’art.
13 L. n. 349 del 1986 – del carattere di ente esponenziale in via
stabile e continuativa di interessi diffusi radicati sul
territorio".
È documentato in giudizio che il
Comitato Modena Salute Ambiente è stato costituito in Modena
il 5/9/2005 con lo scopo di promuovere (art. 2 punto 3 dello Statuto)
"la partecipazione dei propri associati
alla vita della comunità locale, con particolare riferimento
agli aspetti di tutela e di rispetto dell'ambiente, alla salvaguardia
della salute pubblica, alle politiche di smaltimento dei rifiuti",
facendo anche ricorso (art. 2 cit. punto 6) a "provvedimenti
giudiziari a tutela dei cittadini, singoli o associati, a tutela del
loro diritto alla salute e a tutela dell'ambiente".
È altresì documentato che il predetto Comitato è
iscritto nel registro provinciale delle associazioni di promozione
sociale di cui alle leggi regionali n. 34/2002 e n. 3/1999 ed è,
tra l'altro, intervenuto nell'iter procedimentale conclusosi con il
rilascio dell'autorizzazione impugnata. Quanto sopra porta il
Collegio a ritenere che il Comitato in questione presenta le
caratteristiche (precedentemente richiamate sub
a), b) c), a cui la giurisprudenza
"più avanzata"
(secondo la definizione della citata sentenza del Consiglio di Stato)
subordina il riconoscimento della legittimazione ad agire nella
materia di cui si tratta; ed i medesimi elementi inducono, per
converso, ad escludere che il Comitato Modena Salute Ambiente sia
stato costituito al precipuo scopo di contrastare la realizzazione
del progetto di potenziamento dell'impianto di cui si controverte nel
presente giudizio, caratterizzandosi, in sostanza, come una
aggregazione temporanea, volta alla protezione degli specifici
interessi dei soggetti che ne fanno parte. Su tali basi va dunque
riconosciuta la legittimazione ad agire anche del Comitato predetto;
c) restano i 31 privati cittadini che hanno
agito in giudizio qualificandosi come "residenti
e proprietari di immobili nelle immediate vicinanze dell'impianto di
incenerimento di rifiuti in esame e nelle aree di ricaduta degli
inquinanti emessi", i quali
deriverebbero la loro legittimazione dal paventato "degrado
ambientale ed igienico-sanitario del territorio conseguente al
potenziamento dell'impianto e all'esercizio del medesimo ed il
conseguente deprezzamento del valore dei propri immobili".
Anche a questo proposito è puntuale il riferimento alla citata
decisione n. 1830/2007 della Quinta Sezione del Consiglio di Stato,
in cui si richiama l'orientamento giurisprudenziale secondo cui "la
mera vicinanza di un’abitazione ad una discarica non legittima il
proprietario frontista ad insorgere avverso il provvedimento di
approvazione dell’opera (cfr. Cons. St., sez. V, 16.4.2003, n.
1948), essendo al riguardo necessaria la prova del danno che da
questo egli riceve nella sua sfera giuridica o per il fatto che la
localizzazione dell’impianto riduce il valore economico del fondo
situato nelle sue vicinanze, o perché le prescrizioni dettate
dall’autorità competente in ordine alle modalità di
gestione dell’impianto sono inidonee a salvaguardare la salute di
chi vive nelle sue vicinanze"; nel caso
in esame si rileva:
che a conforto della prospettata incidenza
negativa del potenziamento dell'impianto nei termini autorizzati con
il provvedimento impugnato è stata allegata al ricorso una
relazione asseverata concernente le distanze delle proprietà
e residenze dei ricorrenti dall'impianto e la stimata riduzione del
valore di mercato degli immobili in questione;
che tale relazione risulta, ad avviso del
Collegio, idonea ad evidenziare un profilo di concreto pregiudizio
che i soggetti interessati potrebbero subire per effetto
dell'esecuzione del provvedimento impugnato;
che detto documento, peraltro, riguarda
solo 16 dei 31 privati ricorrenti, tutti residenti in Modena: si
tratta dei sigg. Accardo Caterina, Cioni Gianni,
Cioni Lisa, Corradini Luciano, Ferretti Paola, Ghelfi Mirella,
Goldoni Lino, Goldoni Renato, Luppi Iginio, Pezzetti
Romano, Righi Giovanna, Righi Laura, Salve Maria Giselda, Sanguetti
Massimo, Venturelli Anna, Veronesi Lorella;
che per i restanti 15 ricorrenti, alcuni
dei quali neppure residenti in Comune di Modena, la documentazione
(anagrafica, catastale e cartografica) prodotta non è
sufficiente a dar conto dell'esistenza di una posizione
differenziata e qualificata idonea a legittimarli ad agire nel
presente giudizio; ne consegue la parziale inammissibilità
del ricorso, nella sola parte relativa all'azione proposta dai sigg.
Anderlini Mauro, Baraldi Daniele, Di Bona Simona, Ferrari Enrico,
Goldoni Alfonso, Magnoni Carlo, Marinelli
Giorgio, Meschiari Nadia, Michelini Bruna, Parenti Valentina, Poppi
Carlo, Raspa Pierino Pietro, Schiavi Alberto, Vaccari Paola,
Verganti Cecilia.
2) Sotto un diverso profilo Hera s.p.a. ha
sostenuto che il ricorso è inammissibile perché non è
stata tempestivamente impugnata la deliberazione
n. 429 del 26/10/2004 con cui la Giunta provinciale di Modena ha
positivamente concluso la procedura di VIA relativa al progetto di
adeguamento funzionale dell'impianto di via Cavazza. La tesi non può
essere condivisa; l'autorizzazione integrata ambientale è,
secondo la definizione di cui all’art 2 lett. l) del D.Lgs. 18
febbraio 2005 n. 59 (recante "Attuazione
integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e
riduzione integrate dell'inquinamento")
"il
provvedimento che autorizza l'esercizio di un impianto o di parte di
esso a determinate condizioni che devono garantire che l'impianto sia
conforme ai requisiti del presente decreto";
detto provvedimento si inquadra tra le "misure
intese ad evitare oppure, qualora non sia possibile, ridurre le
emissioni (delle
attività industriali inquinanti normativamente individuate)
nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai
rifiuti e per conseguire un livello elevato di protezione
dell'ambiente nel suo complesso"
(cfr. art.1 comma 1 del citato D.Lgs. n. 59/2005, nonché art.
1 comma 2 L.R. Emilia Romagna 11 ottobre 2004 n. 21, intitolata
"Disciplina
della prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento").
Si tratta, dunque, di un provvedimento che (sostituendosi, tra
l'altro, a tutte le preesistenti autorizzazioni ambientali di cui
all’allegato 2 al citato decreto legislativo) incide specificamente
sugli aspetti gestionali dell'impianto, mentre la procedura di VIA
investe più propriamente i profili localizzativi e
strutturali. Perciò, se anche nel caso di specie l'esito
positivo della valutazione di impatto ambientale costituisce
presupposto dell’AIA impugnata, quest'ultima non può essere
configurata come atto strettamente conseguenziale rispetto alla
prima, ma anzi, in quanto produttiva di propri specifici effetti, può
essere autonomamente impugnata (a prescindere dall'impugnazione della
VIA) da chi intenda agire contro pregiudizi direttamente derivanti
dalla predetta autorizzazione. Ciò è quanto si verifica
nel presente giudizio: di qui l'ammissibilità del ricorso in
esame.
3) Le numerose censure formulate dalle
parti ricorrenti possono essere schematicamente distinte in due
gruppi: da un lato quelle relative a pretesi vizi procedimentali,
dall'altro quelle che attengono a profili più strettamente
tecnici; appartengono al primo gruppo le censure rubricate ai nn.
1-8, tra le quali il Collegio ritiene fondata e decisiva quella (n.
8) con cui, testualmente, si deduce la "violazione
dell’art. 2 del D.Lgs. 133/2005 e dell’art. 2 del D.lgs. 59/2005
in relazione all'omessa considerazione dell'impianto di incenerimento
in termini di sito". In sintesi con
detto motivo di ricorso si sostiene:
che la procedura di AIA relativa
all'impianto di cui si controverte doveva essere estesa a tutte le
attività comunque connesse o accessorie all'impianto medesimo
e dunque doveva coinvolgere altresì:
un impianto di trattamento chimico fisico
rifiuti liquidi (gestito da Hera s.p.a.) e un impianto di
depurazione biologica rifiuti liquidi e reflui civili (gestito da
Hera Modena s.r.l.), entrambi oggetto di distinte domande di
autorizzazione integrata ambientale, ubicati nel medesimo sito di
via Cavazza;
ulteriori attività tecnicamente
connesse all'incenerimento (stoccaggio di rifiuti in fossa;
demineralizzazione acque, recupero energetico, utilities) svolte
sempre nello stesso sito;
un impianto di inertizzazione delle
ceneri e delle polveri dell'inceneritore posto nell'area
impiantistica di via Caruso, nonché la discarica esercitata
nella medesima località e l’impianto per il recupero
parziale delle scorie pesanti (entrata in esercizio prevista entro
settembre 2007);
che la esclusione di tali impianti ed
attività dalla procedura di AIA conclusasi con il
provvedimento impugnato determina l'illegittimità dell'iter
procedimentale seguito e dell’AIA infine rilasciata.
L’art. 2 del D.Lgs. 11 maggio 2005 n. 133
(recante "
Attuazione
della direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei
rifiuti")
fornisce la seguente definizione:
"d)
impianto di incenerimento: qualsiasi unità e attrezzatura
tecnica, fissa o mobile, destinata al trattamento termico di rifiuti
ai fini dello smaltimento, con o senza recupero del calore prodotto
dalla combustione. Sono compresi in questa definizione
l'incenerimento mediante ossidazione dei rifiuti, nonché altri
processi di trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la
gassificazione ed il processo al plasma, a condizione che le sostanze
risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite. La
definizione include il sito e l'intero impianto di incenerimento,
compresi le linee di incenerimento, la ricezione dei rifiuti in
ingresso allo stabilimento e lo stoccaggio, le installazioni di
pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione dei rifiuti, del
combustibile ausiliario e dell'aria di combustione, i generatori di
calore, le apparecchiature di trattamento, movimentazione e
stoccaggio in loco delle acque reflue e dei rifiuti risultanti dal
processo di incenerimento, le apparecchiature di trattamento degli
effluenti gassosi, i camini, i dispositivi ed i sistemi di controllo
delle varie operazioni e di registrazione e monitoraggio delle
condizioni di incenerimento".
L’art. 2 lett. c) del D.Lgs. n. 59/2005
fornisce la seguente definizione di "impianto:
l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più
attività elencate nell'allegato I e qualsiasi altra attività
accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività
svolte nel luogo suddetto e possano influire sulle emissioni e
sull'inquinamento".
Per valutare la fondatezza o meno della censura occorre, altresì,
richiamare il già citato art. 2 lett. l) del D.Lgs. n. 59/2005
che, nel fornire la definizione di autorizzazione integrata
ambientale (riportata al precedente punto 2), precisa:
"Un'autorizzazione integrata ambientale
può valere per uno o più impianti o parti di essi, che
siano localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore".
Premessi i dati normativi appena citati, si deve puntualizzare quanto
segue:
non è in discussione che l'impianto di via Cavazza oggetto
dell’AIA impugnata sia qualificabile come impianto di
incenerimento ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 133/2005; in tale
nozione vanno considerati unitariamente il sito e l’insieme delle
attrezzature destinate allo svolgimento delle
attività funzionali allo smaltimento dei rifiuti;
ai fini del rilascio dell’AIA un impianto di tal genere va
valutato anche tenendo conto delle attività che si
configurino come accessorie (secondo quanto precisato dall’art. 2
lett. l) del D.Lgs. n. 59/2005), in quanto
"siano
tecnicamente connesse…… e possano influire sulle emissioni e
sull'inquinamento";
l'autorizzazione integrata ambientale al potenziamento dell'impianto
di cui si discute doveva dunque "coprire" l’impianto
medesimo nella sua complessità e unitarietà - in
conformità con le nozioni precedentemente richiamate -, nel
rispetto peraltro dei limiti dettati dall’art. 2 lett. l) del
D.Lgs. n. 59/2005 relativamente all'identità di sito e di
gestore.
Per applicare correttamente la disciplina vigente alla fattispecie in
esame è particolarmente utile il richiamo (peraltro operato
anche dalle parti) alla circolare del Ministero dell'Ambiente 13
luglio 2004, interpretativa in materia di prevenzione e riduzione
integrate dell'inquinamento. Detta circolare è stata emanata
in vigenza del D.Lgs. 4 agosto 1999 n. 372 (recante "Attuazione
della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione
integrate dell'inquinamento"),
abrogato dal D.Lgs. n. 59/2005 (art. 19), ma conserva tuttora
attualità, atteso che la normativa sopravvenuta non ha
introdotto novità nella disciplina della materia con
riferimento ai profili che interessano nel presente giudizio. In
particolare, si ritiene opportuno richiamare due definizioni
contenute nella circolare in questione, che riguardano:
"a) svolta dallo stesso gestore;
b) svolta nello stesso sito dell'attività principale o in
un sito contiguo e direttamente connesso al sito dell'attività
principale per mezzo di infrastrutture tecnologiche funzionali alla
conduzione dell'attività principale;
c) le cui modalità di svolgimento hanno qualche
implicazione tecnica con le modalità di svolgimento
dell'attività principale";
il concetto di "sito", da intendersi (con riferimento alla
normativa ambientale e, in particolare, alla definizione di cui
all’art. 2 punto t) del regolamento (CE) del Parlamento europeo e
del Consiglio n. 761/2001 del 19 marzo 2001) come "tutto il
terreno, in una zona geografica precisa, sotto il controllo
gestionale di un'organizzazione che comprenda attività,
prodotti e servizi. Esso include qualsiasi infrastruttura, impianto
e materiali".
Alla luce di quanto sopra il Collegio ritiene di formulare le
seguenti conclusioni:
a) la procedura concernente la domanda di AIA presentata da Hera
s.p.a. per l'impianto di via Cavazza non poteva riguardare anche la
distinta area impiantistica di via Caruso, mancando il requisito
della localizzazione "sullo stesso
sito" a cui fa riferimento
l’art. 2 lett. l) del D.Lgs. n. 59/2005; accogliendo il concetto di
"sito" come definito nella citata circolare ministeriale
13/7/2004, non può ravvisarsi identità di sito in
relazione ad aree geograficamente diverse ed anzi (secondo quanto
affermato nella memoria di costituzione della Provincia di Modena a
pag. 26 e non contestato) distanti tra loro alcuni chilometri;
b) quanto agli impianti presenti in via Cavazza, la procedura di cui
si discute non doveva necessariamente interessare anche quello di
depurazione biologica rifiuti liquidi e reflui civili gestito da Hera
Modena s.r.l., perché in questo caso all'identità del
sito non si accompagna l'identità del gestore; infatti, anche
se si riconosce che Hera Modena s.r.l. fa parte del gruppo Hera al
pari di Hera s.p.a., risulta però indubbio che si tratta di
due società diverse e dunque di due soggetti giuridici
distinti, a cui fanno capo distinte attività e responsabilità
gestionali; per superare tale profilo occorrerebbe riferire la
nozione di "gestore" all'intero gruppo a cui appartenga il
soggetto titolare di un impianto in cui si svolgono attività
connesse a quella (principale) soggetta ad autorizzazione integrata
ambientale, ma tale conclusione appare eccessiva e dunque non
applicabile, nel caso di specie, ad Hera Modena s.r.l. (che è,
oltretutto, soggetto estraneo al presente giudizio);
c) diverso è il caso dell'impianto di trattamento chimico
fisico rifiuti liquidi, anche esso presente in via Cavazza:
all'identità del sito si accompagna l'identità del
gestore (Hera s.p.a.) rispetto all'impianto principale; la Provincia
di Modena afferma però che non sussiste un rapporto di stretta
connessione tra i due impianti, posto che quello di trattamento
chimico fisico rifiuti liquidi "svolge anche un'autonoma
attività di depurazione di rifiuti liquidi, conferiti da
terzi, tramite autobotte"; analoghe argomentazioni svolge
Hera s.p.a., escludendo altresì che l'attività
dell'impianto in questione presenti le caratteristiche di attività
connessa, secondo la definizione contenuta nella circolare
ministeriale 13/7/2004; le difese delle controparti non sono però
convincenti perché smentite da una pluralità di
elementi; in particolare:
nella definizione di "impianto
di incenerimento" fornita
dall’art. 2 lett. d) del D.Lgs. n. 133/2005 sono
espressamente comprese anche "le
apparecchiature di trattamento, movimentazione e stoccaggio in loco
delle acque reflue e dei rifiuti risultanti dal processo di
incenerimento";
tra la documentazione depositata dalle parti ricorrenti in data
3/10/2007 figura una nota di ARPA - Sezione provinciale di Modena in
data 31/8/2007, relativa a esalazioni provenienti dall'area di via
Cavazza, in cui si legge: "L'impianto di trattamento chimico
fisico risulta prevalentemente a servizio dell'inceneritore dei
rifiuti solidi urbani, del quale tratta le acque di spegnimento
delle scorie e le acque di lavaggio dei fumi…";
nella memoria depositata dalle parti ricorrenti 12/10/2007 si
richiamano puntualmente gli scritti difensivi di Hera (memoria
depositata il 23/5/2007 pag. 35) e della Provincia di Modena
(memoria depositata il 22/5/2007 pag. 33) che, nel controdedurre al
motivo di ricorso rubricato al n. 11, così si esprimono,
rispettivamente, in merito ai reflui in uscita dell'impianto di
termovalorizzazione:
- "Essi passano da un impianto all'altro di un medesimo
gestore in un medesimo sito, alla stregua di un residuo liquido che,
prodotto nel corso di una lavorazione sia inviato ad un impianto di
trattamento prima dello scarico";
- "tali reflui… vengono direttamente convogliati, senza
soluzione di continuità, mediante "tubazione dedicata"…
non in un corpo ricettore ma nell'impianto chimico fisico…".
Quanto sopra è, ad avviso del Collegio, sufficiente per
affermare che l'impianto di trattamento chimico fisico in questione,
da un lato, svolge attività connessa a quella principale del
termovalorizzatore di via Cavazza (ex C.M. 13/7/2004), dall'altro si
configura come parte integrante dell'impianto di incenerimento (ex
art. 2 lett. d) D.Lgs. n. 133/2005), risultando irrilevante lo
svolgimento di attività di depurazione di rifiuti conferiti da
terzi, a fronte del prevalente rapporto di servizio in favore
dell'impianto Hera di cui si controverte in questa sede. In tale
quadro è fondata la censura secondo cui la procedura di AIA
avrebbe dovuto interessare, oltre all'impianto di termovalorizzazione
strettamente inteso, anche l'impianto di trattamento chimico fisico
presente nel medesimo sito e direttamente connesso al primo; la
diversa (e riduttiva) scelta operata dall'Amministrazione competente
contrasta dunque con la disciplina vigente in tema di prevenzione e
riduzione integrate dell'inquinamento, invocata dalle parti
ricorrenti, né a tale carenza si può efficacemente
opporre che, ai fini della valutazione degli effetti cumulativi degli
impianti in questione, è stato predisposto un piano di
monitoraggio complessivo, perché - come evidenziato dalle
parti ricorrenti - ciò si traduce (contraddittoriamente) in
una considerazione unitaria del sito operata ex post (in fase
di monitoraggio) e non ex ante ( in fase istruttoria), come
doveva essere; ciò determina l'illegittimità del
procedimento in questione e, conseguentemente, del provvedimento
finale di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale.
4) Per le ragioni illustrate il ricorso merita accoglimento, restando
assorbite le ulteriori censure dedotte, che peraltro attengono a
profili destinati ad essere rimessi in gioco in una prospettiva di
corretto rifacimento della procedura; il provvedimento impugnato va
conseguentemente annullato.
La complessità della vicenda e la particolarità delle
questioni trattate giustificano l'integrale compensazione delle spese
del giudizio tra le parti.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna –
Bologna, Sezione Prima:
a) dichiara la parziale inammissibilità del ricorso, nella
sola parte relativa all'azione proposta dai sigg. Anderlini Mauro,
Baraldi Daniele, Di Bona Simona, Ferrari Enrico, Goldoni Alfonso,
Magnoni Carlo, Marinelli Giorgio, Meschiari Nadia, Michelini Bruna,
Parenti Valentina, Poppi Carlo, Raspa Pierino Pietro, Schiavi
Alberto, Vaccari Paola, Verganti Cecilia;
b) accoglie l'azione impugnatoria proposta dalle altre parti
ricorrenti e conseguentemente annulla il provvedimento impugnato;
c) compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna nella Camera di Consiglio
del 25 ottobre 2007.
f.to - Presidente (C. Piscitello) f.to
- Cons. Rel.
Est. (C. Testori)
Depositata in Segreteria in data 26.11.2007 Bologna li 26.11.2007 Il Segretario f.to Luciana Berenga
COMUNICATO COORDINAMENTO
MODENESE UN FUTURO SENZA ATOMICHE
Modena, venerdì 23
novembre 2007 – Continua a Modena la mobilitazione per “Un futuro
senza atomiche”, la proposta di legge per il bando delle armi
nucleari dall’Italia, lanciata a livello nazionale da oltre 50
realtà associative. Dopo la firma dell’ordine del giorno a
sostegno della campagna da parte dei capigruppo e consiglieri
comunali Tesauro, Prampolini, Fino, Massamba, Colombo e Montorsi, è
arrivata anche quella dei capigruppo della maggioranza in Consiglio
Provinciale: Malavasi, Tomei, Telleri.
A supporto della campagna
si svolge oggi a Firenze il convegno Mayor for Peace “Le città
non sono bersagli” (volantino allegato), convegno al quale
parteciperà anche il referente temi pace del Comune di Modena
Francesco Zarzana. L’incontro si presenta come un’occasione per
rilanciare il tema del disarmo atomico. Il nostro Paese deve
contribuire attivamente a quest’obiettivo, impegnandosi per la
rimozione delle 90 testate custodite presso la base Usaf di Aviano
(Pordenone) e la base dell’Aeronautica Militare Italiana di Ghedi
Torre (Brescia). Accettando la presenza di tali ordigni, l’Italia
viola il Trattato di Non Proliferazione Nucleare, ratificato nel 1975
e tuttora in vigore.
Intanto il Coordinamento
modenese Un futuro senza atomiche – costituito recentemente da
Acli, Amnesty International, Arci, Arcoiris TV, Associazione per la
Pace, Casa per la Pace, Fiom-Cgil, Gavci, Greenpeace, Legambiente,
Libera associazioni nomi e numeri contro le mafie, Pax Christi, Rete
Lilliput e Udi – proseguirà con la raccolta delle firme,
organizzando tavolini informativi tutti i sabati pomeriggio fino a
Natale. I residenti nei comuni di Modena e di Nonantola potranno
firmare anche presso l’ufficio protocollo dei rispettivi comuni
negli orari di apertura degli uffici (a Modena lunedì
9:30-12:30 e 15-17:30, martedì 9-12:30 e 15-17:30, mercoledì
e venerdì 9-12:30, giovedì 9-13 e 14-18; a Nonantola
dal lunedì al sabato 8:30-12:30).
Per informazioni e
adesioni:www.unfuturosenzatomiche.org,
ml-modena@unfuturosenzatomiche.org,
338/4769515 o 348/2220552.
Coordinamento modenese
“Un futuro senza atomiche”:
Acli, Amnesty
International, Arci, Arcoiris TV, Associazione per la Pace, Casa per
la Pace, Fiom-Cgil, Gavci, Greenpeace, Legambiente, Libera
associazioni nomi e numeri contro le mafie, Pax Christi, Rete
Lilliput, Udi.
COMUNICATO COORDINAMENTO
MODENESE UN FUTURO SENZA ATOMICHE
Modena, 13 novembre 2007
– La messa al bando di tutte le armi nucleari è
un’aspirazione condivisa da tutta l’umanità, ma a livello
internazionale stanno aumentando ricerca e produzione di nuovi tipi
di bombe atomiche. In Italia abbiamo 90 testate atomiche. Non
dovrebbero esserci, dato che nel 1975 il nostro Paese ha ratificato
il Trattato di Non Proliferazione nucleare impegnandosi (art. 2) a
non produrre né ad accettare mai sul proprio territorio armi
nucleari.
Per questo 53 realtà
associative a livello nazionale hanno lanciato la campagna “Un
futuro senza atomiche” (vedi www.unufuturosenzatomiche.org
), una raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare per il
bando delle armi nucleari dall’Italia.
E per questo noi di
Amnesty International, Arci, Arcoiris TV, Associazione per la Pace,
Casa per la Pace, Fiom-Cgil, Gavci, Greenpeace, Libera associazioni
nomi e numeri contro le mafie, Pax Christi, Rete Lilliput abbiamo
deciso di unire le nostre forze, dando vita al Coordinamento modenese
“Un futuro senza atomiche”.
Il Coordinamento ha già
trovato il sostegno di Francesco Zarzana, referente temi Pace del
Comune di Modena, e di alcuni consiglieri comunali (Tesauro,
Prampolini, Rosamaria, Massamba, Colombo, Montorsi), che hanno
firmato una proposta di ordine del giorno a sostegno dell’iniziativa,
proposta presentata dal Coordinamento a tutti i capigruppo in
Consiglio Comunale e Provinciale e che verrà discussa in
Comune nei prossimi mesi.
Il Coordinamento curerà
la raccolta delle firme, che sarà resa possibile anche grazie
dalla collaborazione dei consiglieri che hanno comunicato o
comunicheranno la propria disponibilità per l’autenticazione.
Si potrà firmare ai tavolini informativi nei sabati pomeriggio
dal 17 novembre al 22 dicembre, in via Emilia Centro, sotto al
Portico del Collegio, nonché presso l’ufficio protocollo del
Comune di Modena, in piazza Grande, negli orari di apertura
dell’ufficio (lunedì 9.30-12.30 e 15-17.30, martedì
9-12.30 e 15-1730, mercoledì e venerdì 9-12.30, giovedì
9-13 e 14-18).
Per informazioni: tel.338/4769515 oppure
348/2220552, e-mail ml-modena@unfuturosenzatomiche.org.
Coordinamento modenese
“Un futuro senza atomiche”: Amnesty International,
Arci, Arcoiris TV, Associazione per la Pace, Casa per la Pace,
Fiom-Cgil, Gavci, Greenpeace, Libera associazioni nomi e numeri
contro le mafie, Pax Christi, Rete Lilliput
Sostegno alla Campagna “Un futuro
senza atomiche”
IL CONSIGLIO COMUNALE DI
MODENA
CONSIDERATO
che nel 1975 l’Italia
ha ratificato il Trattato di Non Proliferazione nucleare, in qualità
di Stato non dotato di armi nucleari; all’articolo 2 del trattato
si è impegnata “a non ricevere da chicchessia armi nucleari”
nonché a rinunciare per sempre alla produzione e allo sviluppo
di tali armi; che l’Italia ribadisce
in ogni occasione, nei consessi internazionali, l’universalità
del Trattato di Non Proliferazione nucleare, quale pietra angolare
dei negoziati per il disarmo nel mondo; che la Corte
Internazionale di Giustizia ha emesso all’unanimità l’8
luglio 1996 una sentenza consultiva ribadendo che persiste un obbligo
a perseguire in buona fede negoziati internazionali che portino ad un
disarmo nucleare totale e globale;
PRESO ATTO
del rapporto della
Natural Resources Defense Council, di Kristensen e Norris, che
comprova la presenza di armi nucleari del tipo B61 di proprietà
statunitense nella base USAF di Aviano (Pordenone) e nella base
dell’Aeronautica Militare Italiana di Ghedi Torre (Brescia), dello stato di violazione
del Trattato di Non Proliferazione nucleare in cui si trova l’Italia
per il fatto di ospitare 90 armi nucleari del tipo B61 sul suo
territorio;
PRESO ATTO ALTRESI’
della Campagna “Un
futuro senza atomiche”, promossa da un Comitato Promotore
costituito da 53 realtà italiane, che propone una Legge
d’iniziativa popolare che dichiari l’Italia “Paese Libero da
Armi Nucleari”, tramite la raccolta di almeno 50.000 firme
autenticate per presentare la proposta di legge in Parlamento,
all’interno di una campagna internazionale mirante a escludere
l’uso delle armi nucleari e a contrastare la loro diffusione; della presenza nel
Comitato Promotore di due importanti coordinamenti di Enti Locali
italiani, il Coordinamento degli Enti Locali per la Pace e i Diritti
Umani e la Rete del Nuovo Municipio;
ADERISCE
formalmente alla Campagna
“Un futuro senza atomiche”, che riguarda l’Italia ma ovviamente
non si limita ad essa, facendosi promotore di tale iniziativa nel
Comune e in tutti i Quartieri;
INVITA
i Consiglieri Comunali,
il Presidente del Consiglio Comunale, i Presidenti di Commissione, il
Sindaco e gli Assessori ad aderire alla campagna ed a sostenerla
attraverso la pubblicizzazione della campagna e l’autenticazione
delle firme;
IMPEGNA
il Sindaco a sollecitare
il Governo a dichiarare l’Italia “Paese libero da armi nucleari”;
INVITA ALTRESI’
i Parlamentari locali
eletti al Parlamento Italiano ed Europeo ad impegnarsi perché
l’Italia sia dichiarata “Paese libero da armi nucleari”
Mauro
Tesauro - capogruppo Verdi Giorgio Prampolini –
capogruppo SD Rosa
Maria Fino – capogruppo Società Civile Isabella
Massamba N’Siala – SD Alvaro
Colombo – PRC Giancarlo
Montorsi – capogruppo PRC
SOLIDARIETA’ AI MEDICI CONTRO GLI ATTACCHI DEL MINISTRO BERSANI.
Il Comitato Modena Salute e Ambiente e il WWF Modena esprimono piena solidarietà alla Federazione Regionale dell’Emilia Romagna degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, recentemente attaccata dal Ministro allo Sviluppo Economico Pier Luigi Bersani.
Troviamo inaudite le dichiarazioni di Bersani e siamo indignati di fronte all’invito, avanzato dal Ministro ai suoi colleghi Clemente Mastella e Livia Turco, ad avviare contro la Frer provvedimenti disciplinari. Non si può essere d’accordo con Bersani quando dice che la richiesta di moratoria a nuovi impianti di incenerimento – inviata dalla Frer il 10 settembre scorso al Presidente della Regione, ai Presidenti delle Province, ai Sindaci dei capoluoghi di provincia e agli assessori comunali e provinciali alla Sanità e all’Ambiente, compresi i modenesi Pighi, Arletti, Orlando, Sabattini, Guaitoli e Caldana – “non riporta nessuna motivazione sostanziale” e “non appare suffragata da alcun fondamento tecnico-scientifico riconosciuto”.
Il Ministro infatti dimentica che la lettera dei medici si richiama a quanto emerso dall’incontro del 3 luglio scorso tra la Federazione e il prof. Benedetto Terracini (coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico preposto alla valutazione della fattibilità dei progetti di ricerca, finanziati dalla Regione, sulla valutazione degli impatti sanitari dei nove inceneritori già presenti in Emilia Romagna), nonché all’esposto presentato da Nicolino D’Autilia a nome dell’Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri di Modena. Come sappiamo, l’esposto di D’Autilia, al pari di simili iniziative condotte dagli Ordini o da singoli medici di altre province, è completo di riferimenti a studi scientifici accreditati, come la rassegna epidemiologica della Franchini e colleghi, edita dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2004.
Se Bersani – cui fa eco Gian Carlo Muzzarelli, presidente della commissione regionale Territorio Ambiente Mobilità – sostiene che “la realizzazione degli impianti in esame e il loro funzionamento sono disciplinati dalle norme comunitarie e nazionali di tutela della salute e dell'ambiente” e già vincolati alla valutazione dei tecnici dell’Arpa e del personale sanitario delle Asl, a noi preme ricordare che non sempre la normativa è garanzia sufficiente per la salute e l’ambiente. In particolare, i limiti di legge per le emissioni in atmosfera degli inceneritori sono del tutto inadeguati: si basano sulle concentrazioni e non sui flussi di massa; non considerano gli effetti sinergici delle diverse sostanze; pretendono di regolamentare agenti che hanno azione cancerogena e mutagena anche a piccole dosi; non prendono in considerazione tutta la gamma degli inquinanti emessi dagli impianti, ad esempio non valutano le PM 2,5 e 0,1.
D’altro canto, la normativa, il cui rispetto è invocato dal Ministro, è palesemente violata dall’Italia, che continua ad elargire, tramite il sistema del Cip6 e dei certificati verdi, incentivi alla combustione dei rifiuti inorganici, contravvenendo alla direttiva comunitaria in materia di rinnovabili.
L’azione dei medici della Frer, in compenso, risponde appieno ai principi di prevenzione e precauzione, presenti nel proprio codice deontologico, così come nella normativa nazionale (art. 178 del D.Lgs. n.152 del 2006), e si muove nella direzione indicata dalla stessa Costituzione italiana, che all’art.32 sancisce il diritto dei cittadini alla salute. Sottolineiamo anche che, a differenza degli organismi istituzionali, soggetti alle pressioni delle grandi Spa ex municipalizzate gestrici degli impianti, gli Ordini dei medici si trovano nella condizione di poter esprimere con maggior libertà le proprie valutazioni, valutazioni tecniche che invitiamo tutti gli amministratori ad ascoltare.
Rifiuti a Modena: parte il progetto del CSV Partiranno in autunno a Modena le iniziative pubbliche del progetto “Il territorio, l’uomo e l’ambiente”.
Il progetto è promosso da un gruppo di associazioni ambientaliste modenesi, e viene realizzato con il sostegno del Centro Servizi per il Volontariato provinciale. Le attività saranno rivolte ai volontari delle associazioni e a tutti i cittadini interessati e si articoleranno in due fasi. Entro la fine dell'anno verrà realizzato un percorso formativo che offrirà la possibilità di approfondire, nel corso di incontri serali a cadenza settimanale, questioni di diritto ambientale, con particolare riguardo per le modalità di accesso agli atti amministrativi e per il tema della gestione dei rifiuti. Il programma prevede: - elementi di base di diritto ambientale, dalle normative europee alla costituzione alla legislazione nazionale - elementi di base di diritto amministrativo con particolare riferimento alla trasparenza della pubblica amministrazione, all’accesso agli atti amministrativi agli istituti di partecipazione popolare - elementi di legislazione europea e nazionale sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e assimilati - Piano Provinciale per la Gestione Rifiuti - Regolamento dei Servizi di Smaltimento dei rifiuti urbani di Modena Con l'anno nuovo, da gennaio 2008, la seconda fase vedrà i partecipanti organizzarsi in gruppi di lavoro, al fine di elaborare proposte da sottoporre agli Enti locali. Obiettivi dei lavori di gruppo: - sollecitare la creazione di una banca dati/centro virtuale di documentazione sulla normativa ambientale - progettare nuovi servizi per la raccolta “porta a porta” dei rifiuti e la loro riduzione a monte.
Per informazioni e pre-adesioni, si prega di contattare sin da ora i referenti delle associazioni o il Centro Servizi per il Volontariato (aldo.arbore@volontariamo.it). Una buona estate a tutti.
Greenpeace: l´EFSA continua a non proteggere i cittadini europei dal rischio mais OGM Bruxelles, 28 giugno 2007 - Oggi l´EFSA (l´Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, con sede a Parma), ha perso l´occasione di riguadagnare credibilità come ente di controllo delle autorizzazioni sugli OGM in Europa. L´autorità ha, infatti, liquidato la richiesta di ulteriori studi indipendenti sul mais Monsanto MON863, già approvato per la vendita in Europa e oggetto di una nuova analisi scientifica lo scorso marzo (1), che evidenziava gli impatti negativi sui topi alimentati con il MON863. Gli autori dello studio avevano già avvertito che non tenere conto dei segni di tossicità per fegato e reni degli animali coinvolti, evidenziati dallo studio, sarebbe risultato in un pericolo per la salute umana e animale. Il rifiuto dell´EFSA di riaprire la pratica sul MON863 alla luce di questo studio è coerente con il testardo rifiuto dell´Autorità di esaminare in maniera equilibrata e indipendente le richieste di autorizzazione dei prodotti geneticamente modificati; dalla sua istituzione nel 2002, l´EFSA ha approvato ogni singola richiesta per nuovi OGM. Basandosi unicamente sui dati presentati dalle aziende biotech, non tenendo conto degli impatti a lungo termine sulla salute e sull´ambiente, e ignorando ripetutamente le opinioni scientifiche contrarie. La tempistica di quest´annuncio è chiara. Avendo atteso più di tre mesi per emettere il suo parere, non è certo una coincidenza il fatto che l´EFSA abbia deciso di farlo oggi, lo stesso giorno durante il quale i Ministri europei dell´ambiente devono ridiscutere l´analisi del rischio degli OGM e il caso del mais MON863. Un tentativo così ovvio di influenzare la decisione del Consiglio rende chiare le reali motivazioni dell´EFSA, di fatto una delle agenzie dell´Unione Europa. Almeno ora sarà chiaro a tutti che l´EFSA sta portando avanti la campagna per influenzare le decisioni dell´Unione Europea, promuovendo rischiosi OGM a scapito di un pubblico inconsapevole. Due settimane fa, Greenpeace ha annunciato i risultati di un nuovo studio scientifico francese che mostrava analoghe minacce di tossicità relative ad un altro mais geneticamente modificato Monsanto, l´NK603, di cui l´EFSA ha approvato, anche in questo caso, la commercializzazione, salvo non aver mai approfondito anomalie nei topi alimentati con questo mais.
Greenpeace non è la sola a criticare l´EFSA per non aver reso effettiva una legge europea mentre si trova a valutare i rischi degli Ogm. Ad Aprile 2006, la Commissione europea ha rilasciato una dichiarazione (2) per chiedere protocolli migliori per i test e una maggiore ricerca sugli effetti a lungo termine degli Ogm. Anche il Consiglio ha ripetutamente espresso preoccupazioni sull´operato dell´EFSA. Le raccomandazioni dell´EFSA sugli Ogm non hanno mai ottenuto il consenso formale dai due terzi richiesti della maggioranza degli Stati Membri dell´Ue. "Per questo motivo, Greenpeace sta invitando gli Stati Membri dell´Ue e la Commissione europea a mettere in atto una seria riforma dell´operato dell´EFSA per accertarsi che la legge Ue che regola la valutazione dei rischi legati agli Ogm venga correttamente applicata" dichiara Federica Ferrario, responsabile campagna Ogm di Greenpeace. "Fino a quando la riforma non verrà portata a termine, nessun nuovo Ogm dovrebbe essere autorizzato. La Commissione dovrebbe anche ritirare le autorizzazioni già assegnate agli altri prodotti geneticamente modificati, dato che sono stati approvati secondo la stessa inadeguata procedura di valutazione del rischio. È ora che l´Ue metta il principio di precauzione prima degli interessi di aziende biotech come la Monsanto." aggiunge la Ferrario I ministri dell´Ambiente dell´Ue oggi discuteranno la proposta di effettuare ulteriori ricerche sul mais Monsanto MON863 e sulla valutazione dei rischi degli Ogm.
Greenpeace: l´Unione Europea non ha saputo impedire l´esposizione dei cittadini al rischio OGM Bruxelles, 28 giugno 2007 - Gli attivisti di Greenpeace hanno aperto questa mattina in Lussemburgo un enorme striscione "Proteggete l´Europa dai rischi degli alimenti OGM" fuori dal Consiglio per l´Ambiente, rivolgendosi ai Ministri riuniti per un incontro sul tema. Tra gli argomenti in agenda, il Consiglio discuterà, infatti, le lacune del processo europeo per l´analisi del rischio applicato agli organismi geneticamente modificati. La discussione del Consiglio è stata supportata da nuove evidenze scientifiche che dimostrano impatti negativi per la salute dei topi di laboratorio nutriti con mais Monsanto, MON863, già approvato e commercializzato in Europa. Altri volontari hanno montato una gabbia fuori dall´edificio del Consiglio, all´interno della quale due attivisti bendati mangiano mais geneticamente modificato, rimandando così al fatto che consumando prodotti frutto dell´ingegneria genetica testati impropriamente, i consumatori si trasformano in cavie da laboratorio, protagonisti inconsapevoli di un gigantesco esperimento genetico.
"E´ scandaloso che gli organismi geneticamente modificati (OGM) non vengano testati coerentemente con la normativa europea, che richiede analisi di lungo termine sugli effetti di questi prodotti per l´ambiente e la salute" ha detto Federica Ferrario, responsabile campagna OGM di Greenpeace Italia. "Ora, abbiamo anche la prova scientifica che dimostra che i prodotti geneticamente modificati possono avere inaspettati effetti nocivi sulla salute umana e animale, così come sull´ambiente. Anche per questa ragione è importante liberare la filiera di produzione del nostro Parmigiano-Reggiano dal rischio OGM. I cittadini europei non devono essere trattati come cavie da laboratorio, esposti al rischio di OGM nella catena alimentare." Greenpeace ha chiesto ai ministri di ritirare l´autorizzazione concessa alla Monsanto per il mais MON863, fino alla rivalutazione del dossier presentato dall´azienda, a sostegno di un sistema di valutazione del rischio rigoroso, indipendente e trasparente che rispetti le istanze legali e sia in grado di garantire la sicurezza. Tutte le autorizzazioni precedenti dovrebbero essere ritirate fino a quando le lacune dimostrate nel sistema autorizzativo non verranno corrette. "Speriamo che gli Stati Membri chiariscano una volta per tutte che ne hanno abbastanza della conformità incondizionata dell´EFSA (European Food Safety Authority), sostenuta dalla Commissione, a qualsiasi richiesta di introdurre un prodotto Ogm nel mercato europeo. I consumatori, molti dei quali non vogliano mangiare Ogm, si aspettano che i politici mettano la loro salute, la loro sicurezza alimentare e l´ambiente, prima degli interessi economici di poche aziende biotech."
Teak di guerra e distruzione delle foreste della Birmania:
Le foreste della Birmania sono uno degli ultimi spot di foresta primaria tropicale nell'Asia continentale, ma il commercio internazionale di Teak ne minaccia la sopravvivenza: infatti questo legno è prelevato in quantita' eccessive per sovvenzionare un regime sanguinario, grazie alla costante domanda da parte dell'industria del parquet e della cantieristica navale.
La Birmania e' in stato di guerra dl giorno della sua indipendenza, nel 1948, una guerra combattuta prevalentemente per il controllo delle risorse naturali. Combattimenti costati di migliaia di morti, mentre tutt'ora 300.000 sono i rifugiati all'estero e un milione nel paese.
Dal 1988 il regime militare (il Consiglio di Stato per la Pace e lo Sviluppo, o SPDC) e' stato arbitro assoluto delle risorse forestali, che assieme al petrolio, ha consentito al governo di raddoppiare le spese militari per sostenere al potere una brutale dittatura ed alimentare la guerra con le minoranze etniche. La giunta al potere controlla le foreste ed il loro sfruttamento. Anche i gruppi armati delle minoranze etniche usano il legname nelle zone di frontiera per finanziare le proprie milizie. Paesi come la Cina e la Thailandia hanno sostenuto in passato gruppi ribelli, ottenendo in cambio l'accesso a risorse naturali, come il legno.
Le violazioni dei diritti umani sono ben documentate, e nessuna delle parti in conflitto e' priva di responsabilita'. Mentre i civili pagano il prezzo del conflitto, governo, esercito e milizie usano le proprie posizioni di privilegio per arricchirsi, ai danni delle comunita' che dicono di proteggere.
Dopo il cessate il fuoco dei primi anni '90, nuove aree di foresta ai confini con la Cina e la Thailandia sono state sfruttate intensivamente, minacciando ecosistemi unici e preziosi.
Le operazioni forestali in Birmania, anche quando non direttamente coinvolte nel conflitto, sono in genere foremente distruttive. Un'indagine a campione condotta dal Dipartimento Foreste nel dipartimento di Bago Yoma, a nord di Rangoon, ha evidenziato una drastica carenza di alberi al di sotto dei 20 anni di età. È stato registrato appena un ottavo del numero previsto di piante col tronco del diametro tra i 60 e i 90 centimetri, mentre in generale la densità delle piante di teak era calata da 50 a sei piante per ettaro, ossia riduzione del 90%.In ogni caso l'industria del teak non rappresenta per la popolazione civile un contributo allo sviluppo. Solo per fare un esempio, il 40% circa del prodotto nazionale lordo (e quasi la metà della spesa pubblica) finisce in armamenti o nel sostegno dell'enorme apparato militare. D'altro canto appena lo 0,3% viene investito nel sistema sanitario, col risultato che la mortalità infantile raggiunge il 109 per mille.
Intanto propri in questi giorni sono stati rinnovati gli arresti domiciliari del premio nobel Aung San Suu Kyi e leader dell'opposizione, la donna che aveva vinto le elezioni del 1990 e da allora e' sotto il controllo dei militari.
Greenpeace: salviamo il Parmigiano-Reggiano dagli Ogm Roma, 21 giugno 2007 - Greenpeace lancia oggi la campagna per salvare il Parmigiano-Reggiano dagli Ogm. Nonostante l‘esistenza del Consorzio di Tutela di quella che è una delle produzioni più apprezzate dai consumatori e invidiate dal mercato, il Parmigiano-Reggiano è incappato nella trappola Ogm: nei mangimi utilizzati per integrare la dieta delle bovine che forniscono il prezioso latte destinato alla produzione del Parmigiano, si è insinuata, infatti, la soia transgenica della Monsanto.
Gli Ogm, oltre agli ormai comprovati pericoli legati al loro rilascio in ambiente, continuano a essere al centro dell’attenzione anche a causa delle incertezze legate al loro consumo umano e animale. La comunità scientifica è divisa, e nuovi studi indipendenti dimostrano che gli Ogm non vengono adeguatamente studiati prima di ottenere l’autorizzazione al commercio e al consumo, confermando il fallimento dell’attuale sistema autorizzativo europeo sugli Ogm.
I consumatori continuano a rifiutarli e lo scorso febbraio, Greenpeace ha consegnato alla Commissione europea, una petizione firmata da oltre un milione di cittadini, per chiedere l’etichettatura dei prodotti derivati da animali nutriti con Ogm, come latte, carne, uova o formaggio. E il nostro parmigiano? In un contesto europeo e mondiale dove sempre più spesso i prodotti italiani di qualità vengono copiati o camuffati - basti pensare ai vari Parmesan, Regianito o Parmesao - la garanzia di sopravvivenza è data dalla qualità e dalla sicurezza al 100 per cento. Il Parmigiano-Reggiano ha alle spalle otto secoli di storia e tradizione, e oggi, la sua genuinità non può essere minacciata dalla comparsa degli Ogm nella sua filiera produttiva.
“Il problema riguarda i mangimi. Il disciplinare di produzione del Parmigiano oggi non vieta l’uso degli Ogm nell’alimentazione animale. Nella pratica, ciò significa che le bovine che forniscono il latte ai caseifici aderenti al Consorzio, si nutrono anche di soia Ogm” ha chiarito Federica Ferrario, responsabile campagna OGM di Greenpeace. “Proprio perché amiamo il Parmigiano Reggiano, vogliamo essere certi che venga tutelato, e che questa tutela porti con sé garanzia di qualità e sicurezza, per l’ambiente e per i consumatori.”
Oggi in Italia, sono sempre più numerosi i prodotti e i produttori, che escludono l'uso di Ogm in tutti i passaggi della produzione - sia negli ingredienti che nei mangimi animali. “Il Consorzio del Parmigiano-Reggiano non è riuscito, fino ad ora, a evitare l'impiego di mangimi contenenti Ogm dal disciplinare di produzione, ma questa scelta è possibile e praticabile oltre che necessaria per tutelare questa produzione” ha spiegato la Ferrario. “Nel circuito del Parmigiano, questo già avviene per la produzione biologica e per quei primi produttori che, autonomamente, hanno già attivato filiere completamente non-Ogm anche nei mangimi, una voce che il Consorzio dovrebbe ascoltare.”
Greenpeace è disponibile a collaborare col Consorzio del Parmigiano per eliminare l’utilizzo degli Ogm nella filiera produttiva e mette a disposizione dei consumatori un sito web http://www.parmigiaNOgm.it per avere maggiori informazioni e scrivere al consorzio di modificare il disciplinare, non usando più Ogm nei mangimi. Nel pomeriggio, l’associazione organizza in piazza Campo dé Fiori, nel centro di Roma, un aperitivo a base di parmigiano non-ogm.
Per scaricare il rapporto sul caso del Parmigiano-Reggiano: http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/parmigiano-reggiano
ALEMANNO E RONCHI: SI A GREENPEACE PER LA TUTELA DEL PARMIGIANO LIBERO DA OGM
Roma, 21.06.07 – Un plauso bi-partisan alla campagna Greenpeace “ParmigiaNOgm”, per liberare la filiera di produzione del Parmigiano-Reggiano dagli OGM è stato dato stamattina dagli ex-Ministri On. Gianni Alemanno (AN) e dal Sen. Edo Ronchi (Ulivo) al lancio ufficiale dell’iniziativa. “Condivido pienamente gli obiettivi della campagna per salvare il parmigiano dagli OGM” ha affermato Alemanno “e sottoscrivo l’appello di Greenpeace al Consorzio di Tutela per inserire nel disciplinare di produzione una chiara esclusione degli OGM da tutta la filiera produttiva, mangimi compresi.” Dello stesso tenore la posizione di Ronchi: “Esprimo il mio apprezzamento e adesione all’iniziativa di Greenpeace volta alla salvaguardia del Parmigiano-Reggiano, condividendone gli obiettivi di grande valore e utilità per la sicurezza di consumatori e ambiente, e per la salvaguardia di uno dei prodotti più amati e apprezzati.” Greenpeace si è detta disponibile a collaborare col Consorzio del Parmigiano per eliminare l’utilizzo degli Ogm nella filiera produttiva e mette da oggi a disposizione dei consumatori un sito web http://www.parmigiaNOgm.it per avere maggiori informazioni e scrivere al consorzio di modificare il disciplinare, non usando più Ogm nei mangimi. Nel pomeriggio, alle ore 18, l’associazione organizza in piazza Campo dé Fiori, nel centro di Roma, un aperitivo a base di Parmigiano non-ogm.
Ogm: il caso Parmigiano-Reggiano 20 Giugno 2007 Le mucche del Consorzio del Parmigiano-Reggiano mangiano soia geneticamente modificata.
Roma, Italia — Il Parmigiano-Reggiano è a rischio Ogm. Le mucche del Consorzio mangiano soia geneticamente modificata. E gli Ogm entrano nella filiera produttiva di uno dei prodotti italiani più famosi e apprezzati al mondo. Per salvare il Parmigiano e tutelarne la qualità, Greenpeace lancia oggi un sito web e invita i navigatori a scrivere per chiedere una modifica del disciplinare di produzione. Le alternative ci sono. Basta scegliere.
Questa mattina, in conferenza stampa, a Roma, Greenpeace ha lanciato la sua campagna per salvare il Parmigiano-Reggiano e ha presentato un rapporto che svela i retroscena Ogm del Parmigiano. Nella tarda mattinata sono arrivate le dichiarazioni degli ex Ministri, Gianni Alemanno ed Edo Ronchi: entrambi hanno espresso solidarietà con l'iniziativa di Greenpeace.
Il problema è quello dei mangimi. Il disciplinare di produzione del Parmigiano non vieta al momento l'uso degli Ogm per l'alimentazione degli animali. Nella pratica, ciò significa che le bovine che forniscono il latte ai caseifici aderenti al Consorzio, si nutrono anche di soia Ogm.
È una grave lacuna. Il Parmigiano-Reggiano non può rischiare di compromettere la sua immagine basata sui concetti di controllo, sicurezza e qualità assoluta del prodotto. La concorrenza è spietata. Il mercato non perdona questo tipo di passi falsi. E quello degli Ogm è un tema sul quale i consumatori sono molto sensibili: nel 2007 Greenpeace ha, ad esempio, raccolto 1.000.000 di firme per chiedere l'introduzione dell'etichettatura obbligatoria dei prodotti derivati da animali nutriti con Ogm. E l'avversione dei consumatori agli Ogm è fuori discussione.
Greenpeace chiede al Consorzio di adempiere ai suoi compiti istituzionali e tutelare la credibilità del Parmigiano-Reggiano. Il problema Ogm va affrontato con determinazione: occorre modificare il disciplinare di produzione ed escluderli da tutte le fasi di produzione.
Le alternative ci sono. E sono a portata di mano. La soia certificata non-Ogm è disponibile sul mercato. In grandi quantità e a costi ragionevoli. Oggi in Italia, sono sempre più numerosi i produttori che escludono gli Ogm da tutta la filiera - sia negli ingredienti che nei mangimi animali. Alcuni degli aderenti al Consorzio - soprattutto nel settore della produzione biologica - hanno già imboccato questa strada.
La buona volontà di pochi deve però diventare un esempio per tutti. Greenpeace offre la sua collaborazione e chiede al Consorzio di regalare a tutti noi un Parmigiano-Reggiano senza Ogm!Scrivi al Consorzio Scrivi al Presidente del Consorzio del Parmigiano-Reggiano e chiedigli di modificare il disciplinare di produzione per un Parmigiano senza Ogm. Visita il sito http://www.parmigiaNOgm.it.
IL SI DEI MINISTRI EUROPEI ALLA CONTAMINAZIONE OGM SUL BIOLOGICO. GREENPEACE: UN PERICOLO PER L´INTERO SETTORE. Roma, 11.06.07 - "Il Consiglio dell´agricoltura UE ha messo in discussione il diritto dei consumatori europei a consumare alimenti privi di Ogm" - così Federica Ferrario, responsabile campagna Ogm di Greenpeace, commenta la decisione del Consiglio di permettere la contaminazione dei prodotti biologici con Ogm fino allo 0,9 per cento. "Come dimostra il successo dell´agricoltura biologica - continua Ferrario - i consumatori cercano sempre più alimenti sicuri e di qualità, senza Ogm. L´atteggiamento permissivo verso la contaminazione assunto dalla Commissione Europea e da alcuni Stati membri ignora, invece, le richieste dei consumatori europei. Rischia inoltre di mettere a repentaglio l´intero settore del biologico: in pratica, livelli minimi di Ogm potrebbero cominciare a insinuarsi negli alimenti biologici".
Il Parlamento Europeo, Greenpeace e altre organizzazioni ambientaliste avevano chiesto che la soglia dello 0,9 per cento non venisse applicata. Gli attuali strumenti analitici sono in grado di rilevare livelli di contaminazione tendenti allo zero. Valori di questo genere (0,9 per cento) sono perciò privi di senso logico, servono solo ad aiutare le aziende biotech a contaminare i nostri campi e le nostre tavole, a scapito di consumatori, produttori e agricoltori, soprattutto in Italia, dove il biologico e´ un settore molto importante.
GREENPEACE AL G8: IL VOSTRO E´ UN FALLIMENTO, EVIDENTEMENTE CON IL CLIMA NON SI GUADAGNA... Heiliengdamm, 07.06.07 - Greenpeace condanna i leader presenti al G8 per aver mancato l´opportunità storica di incidere sui cambiamenti climatici, non trovando un accordo per mantenere l´aumento delle temperature sotto i due gradi centigradi, rispetto ai livelli pre-industriali. "Evidentemente si trae poco profitto a prevenire pericolosi cambiamenti climatici" ha detto Daniel Mittler, consulente politico sul clima di Greenpeace International.
Greenpeace aveva accolto favorevolmente il fatto che il G8 fornisse un chiaro mandato politico per impostare negoziazioni serie per la seconda fase del Protocollo di Kyoto, che avranno inizio alla prossima conferenza sul clima delle Nazioni Unite a Bali il prossimo dicembre.
"L´isolamento degli Stati Uniti nel rifiutare i rigorosi tagli alle emissioni è diventato desolatamente ovvio durante questo incontro. L´amministrazione Bush ha dichiarato di voler `considerare seriamente´ il fatto che il resto del mondo stia fissando obiettivi di riduzione vincolanti, ma sono ben lontani, come sempre, dal considerare questi obiettivi validi anche per loro." ha aggiunto Mittler.
Greenpeace ha ricordato ai governi del G8 che è fondamentale che le loro emissioni vengano ridotte dell´80-90% entro il 2050 se il mondo vuole davvero evitare i catastrofici impatti del cambiamento climatico. "I governi hanno fallito nel non riconoscere ciò che la scienza ci indica qui come necessario. Devono agire urgentemente in questa direzione nell´ambito delle Nazioni Unite", ha aggiunto Mittler.
GREENPEACE: DA SALERNO A RAVENNA, CONTINUA IL CONTROLLO SUL LEGNO DEL CONGO Ravenna, 07.06.07 - Gli attivisti di Greenpeace hanno seguito oggi nel porto di Ravenna lo scarico di tronchi originari delle foreste pluviali della Repubblica Democratica del Congo (RDC), fino agli impianti di lavorazione. Il carico proveniva dalla stessa nave, la Andreas K, giunta da Matadi e già fermata da Greenpeace alcuni giorni fa nel porto di Salerno. Sull´azione, si era pronunciato anche il Ministro Pecoraro Scanio, che aveva annunciato in un comunicato di sostenere le ragioni della protesta lanciata a Salerno, mentre il Nucleo Operativo Cites del Corpo Forestale dello Stato ha avviato controlli sul carico.
A Ravenna, Greenpeace ha ispezionato il carico, marcando i tronchi di provenienza RDC, per seguirne il percorso fino a destinazione. Il legname tropicale trasportato era destinato in gran parte ai produttori italiani, tra cui anche fabbricanti di parquet, che lo esportano in tutta l'Europa. La nave Andreas K aveva a bordo legno proveniente da compagnie che operano nelle foreste pluviali del Congo, come la Soforma, parte del gruppo Nordsudtimber, e il gruppo Danzer. In particolare, tra il 2002 e il 2003 il gruppo Nordsudtimber, vero e proprio colosso del settore, con sede in Lichtenstein e 4,7 milioni di ettari di foresta controllati nella RDC, ha riorganizzato l'assetto dei propri titoli di taglio, abbandonando aree di foresta ormai improduttive e ottenendo - con la collaborazione di alcuni funzionari ministeriali - nuove concessioni. Da notare, però, che quasi il 65 per cento delle aree forestali attualmente controllate dal gruppo Nordsudtimber - per una superficie totale pari a circa 3 milioni di ettari, un´area grande quanto la Val d'Aosta - si riferiscono a titoli concessi dopo il 2002 e cioè dopo l'entrata in vigore della moratoria introdotta dal Governo. Nella Repubblica Democratica del Congo, il Governo locale ha varato dal maggio 2002 una moratoria sull'allocazione di nuovi titoli di taglio. Tuttavia, secondo il recente rapporto diffuso da Greenpeace, "Il saccheggio delle foreste del Congo", ben 107 titoli di taglio, pari a un'area di oltre 15 milioni di ettari di foresta, su un totale di 156, sono stati firmati dopo l'entrata in vigore della moratoria e perciò in palese violazione della legge. "Il saccheggio delle foreste del Congo" riporta con dati ed esempi come la Banca Mondiale abbia fallito nei suoi obiettivi di controllare l'industria del legno. I titoli di taglio della Sodefor, per esempio, sono situati in aree di grande importanza, come Maringa-Lopori-Wamba, già identificata quale priorità di conservazione dalla Congo Basin Forest Partnership che unisce organizzazioni governative e non governative per lo sviluppo sostenibile delle foreste del bacino del Congo. La stessa Banca Mondiale ha dovuto ammettere che negli ultimi tre anni non un solo dollaro delle tasse forestali è tornato alle comunità coinvolte. Una revisione della legalità dei titoli di taglio è ancora in corso e Greenpeace teme che molte concessioni rilasciate in violazione alla moratoria vengano legalizzate, lasciando preziose foreste senza protezione. Il settore forestale è ormai fuori controllo: se la moratoria sui nuovi titoli di taglio sarà sospesa, avverte Greenpeace, le preziose foreste pluviali del bacino del Congo saranno velocemente svendute, in un contesto di corruzione endemica e di impunità, come quello che caratterizza il settore dell'industria forestale. Per non parlare del contributo al riscaldamento globale. La distruzione delle sole foreste tropicali, infatti, è responsabile del 25 per cento delle emissione totali di anidride carbonica di origine umana. Il bacino del Congo custodisce da solo circa l'8 per cento delle riserve di carbonio: se la deforestazione continuasse, entro il 2050 saranno rilasciati 34,4 miliardi di tonnellate di CO2, pari a circa sessanta volte le emissioni attuali dell'Italia.
GREENPEACE:
ATTIVISTI IN AZIONE NEL PORTO DI SALERNO CONTRO IL TAGLIO ILLEGALE DEL
LEGNO AFRICANO
SALERNO,
23.05.07 - Questa mattina all´alba, nel porto di Salerno,attivisti di Greenpeace
hanno abbordato la nave Andreas K, carica di tronchi e legnami tropicali
provenienti dal porto di Matadi, nella Repubblica Democratica del Congo,
e destinati prevalentemente ai produttori italiani. Ostacolando le manovre
di attracco, i gommoni di Greenpeace hanno permesso agli scalatori di
arrampicarsi a bordo lungo le gru, dalle quali sono stati issati due
enormi striscioni "Proteggiamo le foreste" e "No alla
distruzione delle foreste primarie". Nel frattempo, una dozzina
di attivisti si sono incatenati ai tronchi, bloccandone lo sbarco.
L´Andreas
K trasporta legno proveniente da compagnie che operano nelle foreste
pluviali del Congo, come la Sodefor (parte del gruppo Nord-Sud
Timber). Il bacino del Congo ospita la seconda foresta pluviale del
pianeta, una delle aree esistenti di maggiore biodiversità e
una risorsa essenziale per la difesa dai cambiamenti climatici. Nella
Repubblica Democratica del Congo, il Governo locale ha varato dal
maggio 2002 una moratoria sull´allocazione di nuovi titoli di
taglio. Tuttavia, secondo il recente rapporto diffuso da Greenpeace
"Il saccheggio delle foreste del Congo", ben 107 titoli di
taglio, pari ad un´area di oltre 15 milioni di ettari di
foresta, su un totale di 156 sono stati firmati dopo l´entrata
in vigore della moratoria e perciò in palese violazione della
legge.
Una
revisione della legalità dei titoli di taglio è ancora
in corso e Greenpeace teme che molte concessioni rilasciate in
violazione alla moratoria vengano legalizzate, lasciando preziose
foreste senza protezione. "Le compagnie attive in Congo, come la
Sodefor, sono responsabili di un vero e proprio caos ambientale",
spiega Sergio Baffoni, responsabile Campagna Foreste di Greenpeace.
"Queste imprese sono ormai fuori controllo. Se la moratoria sui nuovi
titoli di taglio sarà sospesa, le preziose foreste pluviali
del bacino del Congo saranno velocemente svendute, in un contesto di
corruzione endemica e di impunità, come quello che
caratterizza il settore dell´industria forestale".
"Il
saccheggio delle foreste del Congo" riporta con dati ed esempi
come la Banca Mondiale abbia fallito nei suoi obiettivi di
controllare l´industria del legno. I titoli di taglio della
Sodefor, per esempio, sono situati in aree di grande
importanza, come Maringa-Lopori-Wamba, già identificata quale
priorità di conservazione dalla Congo Basin Forest Partnership
(che unisce organizzazioni governative e non governative per lo
sviluppo sostenibile delle foreste del bacino del Congo). "Circa
quaranta milioni di persone dipendono dalle foreste congolesi per la
propria sopravvivenza e traggono ben pochi vantaggi dall´avanzata
dell´industria del legno", aggiunge Baffoni. "La
stessa Banca
Mondiale ha dovuto ammettere che negli ultimi tre anni non un solo dollaro
delle tasse forestali è tornato alle comunità
coinvolte. Imprese come la
Sodefor saccheggiano preziose foreste in cambio di piccole regali,
come un sacco
di sale o poche bottiglie di birra, proprio come ai tempi delle
colonie".
Per
non parlare del contributo al riscaldamento globale. La distruzione
delle sole
foreste tropicali, infatti, è responsabile del 25 per cento
delle emissioni totali di anidride carbonica di origine umana. Il
bacino del Congo custodisce da solo circa l´8 per cento delle
riserve di carbonio: se la deforestazione continuasse, entro il 2050
saranno rilasciati 34,4 miliardi di tonnellate di CO2, pari a circa
sessanta volte le emissioni attuali dell´Italia.
Greenpeace
chiede che tutti i titoli di taglio rilasciati dopo l'entrata in
vigore della moratoria del 2002 siano cancellati, e che la moratoria
sia attuata ed estesa fino a quando non verrà completato un
processo partecipatorio di destinazione d'uso delle diverse aree
forestali. Un processo che non potrà non comprendere una rete
adeguata di aree protette.
Documentazione
e immagini: L'industria
del legno in Congo: il caso Sodefor http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/sodefor
La
deforestazione in Congo: http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/congo
Il
caso Danzer: http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/forest-crime-file-danzer-grou
Immagini:
http://www.greenpeace.it/pics/
Per
informazioni: Sergio Baffoni, campagna foreste cell. 3483988680 / Ufficio
Stampa Greenpeace tel. 0668136061 int. 203-222 /Andrea Pinchera, comunicazione
e fundraising cell. 3483988607
SONDAGGIO DI GREENPEACE ALLO “STUZZICAGENTE”: I PRODOTTI TIPICI? NESSUNO LI VUOLE OGM! Modena, 22 Maggio 2007
In occasione dello “Stuzzicagente”, il fortunato evento di promozione enogastronomica tenutosi domenica scorsa nelle vie della Pomposa, i volontari del Gruppo Locale di Greenpeace hanno proposto a clienti e ristoratori un sondaggio a tema OGM (Organismi Geneticamente Modificati). Pur senza pretese di validità statistica, i dati emersi forniscono utili indicazioni sulle opinioni dei cittadini modenesi in merito agli OGM, rispetto ai quali, ricordiamo, il Comune e la Provincia di Modena hanno già abbracciato il principio di precauzione, impedendone la coltivazione e l’allevamento sul nostro territorio. Ma veniamo ai risultati del sondaggio: 120 le persone coinvolte, tra cui la maggior parte dei ristoratori aderenti all’iniziativa; 36 anni l’età media dei partecipanti, principalmente modenesi; assai eterogenea l’occupazione lavorativa, da docenti a operai, da impiegati ad imprenditori. Soltanto il 10% degli intervistati ha dichiarato di non sapere cosa sia un OGM, e il 72% si è dimostrato a conoscenza della principale forma con la quale gli OGM si trovano sul mercato italiano, ovvero nei mangimi destinati agli animali d’allevamento. Dal sondaggio è emersa un po’ di confusione riguardo alla normativa sull’etichettatura, che ne prevede l’obbligo per gli alimenti destinati al consumo umano, qualora la contaminazione di OGM superi lo 0,9% dell’ingrediente considerato, ma esenta i prodotti derivati da animali nutriti con OGM, come carne, uova e formaggio. La maggior parte degli intervistati sostiene di non voler consumare prodotti OGM o derivanti da animali nutriti con OGM. Il dato più interessante è emerso riguardo alla tutela dei prodotti tipici ad elevata qualità, in quanto soltanto una persona ha dichiarato che possano essere considerati tali anche se derivanti da animali nutriti con OGM provenienti dall’estero. La metà degli intervistati ritiene che un prodotto tipico acquisirebbe un valore aggiunto se si presentasse con filiera certificata NON-OGM, e l’altra metà vorrebbe addirittura vedere su tali prodotti una certificazione di agricoltura o allevamento biologico. Purtroppo la realtà è assai diversa: fatta eccezione per le produzioni biologiche e quelle certificate NON-OGM, la maggior parte degli animali allevati, anche per le produzioni tipiche regionali, vengono ad oggi nutriti con OGM provenienti principalmente da Stati Uniti e Argentina. Greenpeace sta lavorando per ottenere in sede europea l’obbligo di etichettatura di alimenti derivanti da animali nutriti con OGM, e invita i produttori locali a salvaguardare le produzioni che segnano l’eccellenza del nostro Paese, tutelando e assecondando il volere dei consumatori.
LEGAMBIENTE, GREENPEACE, WWF: "NO AL CARBONE A CIVITAVECCHIA, OPZIONE IMPRATICABILE RISPETTO AGLI OBIETTIVI DI KYOTO" Roma, 21 Maggio 2007 Bloccare i lavori di riconversione a carbone della centrale di Civitavecchia e riaprire la Valutazione di impatto ambientale, perché il carbone è la fonte fossile a maggiori emissioni specifiche di anidride carbonica. Questo l´appello congiunto lanciato oggi da Legambiente, Greenpeace e WWF in occasione della seduta congiunta dei Consigli provinciali di Roma e Viterbo. "E´ giunto il momento che l´Enel e il governo si rendano conto del grave errore - dicono le tre associazioni ambientaliste -. In questi anni i danni sull´ambiente e sulla salute del progetto di riconversione della centrale di Torre Valdaliga sono stati ampiamente documentati da comitati di esperti indipendenti"**.** **Il carbone usato Civitavecchia produrrà veleni e polveri sottili non filtrabili e fonte di tumori e danni al sistema nervoso e circolatorio che arriveranno anche nei cieli di Roma. Gli inquinanti prodotti dalla centrale contribuiranno a peggiorare la situazione già preoccupante delle polveri sottili emesse dal traffico nella capitale.** "L´Enel dichiara che con il progetto di conversione a carbone della centrale di Torrevaldaliga Nord le emissioni di CO2 verranno ridotte - continuano Legambiente, Greepeace e WWF - ma in realtà non è così: se convertita a carbone la centrale di Torrevaldaliga riverserà ogni anno nell´aria circa 10 milioni di tonnellate di anidride carbonica, contro i 5,9 milioni emessi in media dal 2000 ad oggi. L´aumento sarebbe pari quasi al doppio". L´Italia è in ritardo cronico rispetto alle politiche di Kyoto per difendere il nostro pianeta dall´effetto serra e dai mutamenti climatici e promuovere l´utilizzo del carbone è in totale controtendenza con quelli che sono gli obiettivi nazionali per il contenimento delle emissioni di gas serra.. L´Europa ha inoltre recentemente fissato nuovi obiettivi di riduzione assai più restrittivi per il 2020. "Lo sforzo da fare sarà enorme - concludono le tre associazioni ambientaliste - il carbone non è un´opzione praticabile".
11.880 CONFEZIONI DI RISO OGM CINESE SEQUESTRATO IN ITALIA: GREENPEACE CHIEDETRASPARENZA E CONTROLLI CAPILLARI Roma, 21 Maggio 2007
Greenpeace ha ricevuto comunicazione dal Ministero della Salute che sono state poste sotto sequestro 11.880 confezioni di un prodotto a base di riso, di provenienza cinese, con data di produzione 06/12/2006. I prodotti in questione sono risultati positivi alla presenza di riso transgenico illegale Bt63. Il sequestro e' stato effettuato dai NAS di Brescia. La scoperta di riso Ogm illegale in prodotti di provenienza cinese venduti in Italia evidenzia un grave problema di contaminazione dai contorni incerti. Come più volte denunciato da Greenpeace, dalla scoperta di questa contaminazione in Cina nell'aprile 2005, si tratta di riso transgenico illegale, mai approvato da nessuna autorità al mondo. Probabilmente è solo la punta dell'iceberg, dato che potrebbero essere contaminati prodotti contenenti riso di ogni genere, dagli alimenti per bambini allo yogurt. "Sono notizie molto preoccupanti" avverte Federica Ferrario, responsabile Campagna OGM di Greenpeace. "Per questo, da tempo, abbiamo scritto ai ministri competenti perché in Italia ed in Europa vengano adottate immediatamente tutte le misure necessarie - controlli, ritiri immediati, un sistema di monitoraggio per i Paesi ad alto rischio di contaminazione - per bloccare questa contaminazione. Per tutelare i consumatori" conclude la Ferrario "e' necessario rendere immediatamente pubbliche tutte le informazioni sui prodotti sequestrati: marca, tipo di prodotto, azienda importatrice." Il riso Ogm illegale è stato modificato per essere resistente agli insetti e contiene una proteina, Cry1Ac, che ha già prodotto reazioni allergiche nei topi. Alcuni scienziati indipendenti hanno recentemente rilasciato una dichiarazione ufficiale, confermando le preoccupazioni di Greenpeace sui rischi per la salute. Questa contaminazione del riso in Cina ha avuto inizio con i campi sperimentali: il riso in questione non è stato ancora approvato per la coltivazione commerciale proprio in ragione delle crescenti preoccupazioni sulla sua sicurezza. Eppure un'indagine di Greenpeace nel 2005 ha mostrato che istituti di ricerca e aziende sementiere in Cina hanno venduto illegalmente semi di riso Ogm illegali agli agricoltori. "Una volta che gli Ogm entrano nella catena alimentare" spiega la Ferrario "diventa difficile e costoso eliminarli. Per questo, è meglio prevenire la contaminazione a monte. Attualmente, l´EFSA sta valutando la richiesta della Bayer per l´importazione in Europa di un altro riso OGM, il LLRICE62. La Bayer non ha però fornito nessuna garanzia e nessun piano per evitare la contaminazione dell´ambiente con questo OGM, mentre permangono seri dubbi sulla sua sicurezza per il consumo umano. L´Italia è il maggior produttore europeo di riso, ovvero quello che rischia maggiormente in caso di contaminazione. In assenza di dati certi" conclude la Ferrario "l´EFSA deve dare parere negativo per questo OGM a tutela di consumatori e ambiente." Greenpeace chiede al governo italiano di adottare misure immediate per proteggere i consumatori, fornendo tutte le informazioni necessarie per evitare i prodotti contaminati e prevenendo futuri ingressi di riso illegale in Italia.
GREENPEACE AL SALONE DEL LIBRO ACCOGLIE GLI SCRITTORI "VERDI"
TORINO, 12.05.07 - In occasione della Fiera Internazionale del Libro in corso a Torino, Greenpeace ha organizzato una giornata per le foreste, con lo slogan "Per fare un libro NON ci vuole un albero". Così, sul piazzale antistante la Fiera, un grande libro fabbricato in legno certificato FSC (Forest Stewardship Council) ha salutato i visitatori, raccogliendo messaggi in favore delle foreste e di una editoria responsabile. L'iniziativa sottolinea il successo del progetto "Scrittori Amici delle Foreste", che raccoglie gli autori italiani impegnati a proteggere le foreste a partire dai propri libi, facendoli stampare su carta riciclata. Proprio in questi giorni, infatti, il progetto segna un altro successo: Bompiani ha annunciato che stamperà tutti i suoi libri su carte riciclate o su carta certificata FSC, che garantisce l'impiego di fibre provenienti da una gestione forestale pienamente rispettosa degli ecosistemi e dei popoli nativi. In Italia, grazie alla partecipazione attiva di scrittori come Andrea De Carlo, Niccolo' Ammanniti, Sandro Veronesi, Sandrone Dazieri, Wu Ming, Camilla Baresani, Carlo Grande, Edoardo Albinati, Giancarlo De Cataldo, Enrico Brizzi, Erri De Luca, Giovanni Dal Ponte, Acava Mmaka, Marinella Correggia, Girolamo De Michele, Fernanda Pivano, Dacia Maraini, Lidia Ravera, Rosetta Loi, Lisa Ginzburg, Luciano De Crescenzo e tanti altri, sono stati stampati su carta riciclata milioni di libri. Sono sempre più numerose, inoltre, le case editrici che stanno scegliendo di stampare tutti i propri libri su carta riciclata. Tra queste, Fandango, Larcher, Edizioni il Foglio Clandestino, Gaffi, Prospettiva editrice, Il Rovescio, oltre alle edizioni italiane di Lonely Planet ed alla collana di Rizzoli Oltreconfine.
RITRATTAMENTO DEL COMBUSTIBILE NUCLEARE IN FRANCIA. MA LE SCORIE SONO PRONTE A TORNARE Roma, 09.05.07 - Greenpeace contesta il contratto siglato oggi tra l'italiana Sogin e la francese Areva per il ritrattamento del combustibile irraggiato in Francia, che, a partire dal 2015, prevedrà l'invio oltralpe di 235 tonnellate di combustibile irraggiato (gran parte ancora a Caorso) e il suo ritorno in Italia sotto forma di scorie vetrificate. Il ritrattamento di combustibile irraggiato(o "riprocessamento") era stato abbandonato dal primo governo Prodi nel 1999 a favore dello stoccaggio a secco, prassi prevalente nel mondo, meno rischiosa e meno costosa. Il motivo storico per cui si è sviluppata la tecnica del ritrattamento è legato all'estrazione del plutonio dalle barre irraggiate, elemento il cui scopo fondamentale è di tipo militare. In assoluto, il riprocessamento è la fase più inquinante del ciclo dell'uranio. In passato, l'Italia aveva inviato barre di combustibile irraggiato a Sellafield, impianto inglese chiuso dopo l'ennesimo incidente nel 2005. Nel febbraio 2005, proprio per protestare contro questa scelta, Greenpeace aveva cercato di bloccare un carico di scorie. Recentemente i 12 attivisti di Greenpeace sono stati tutti assolti al processo di primo grado. "Si è ingenerata nelle popolazioni l'attesa di essere "liberati" dalle scorie", afferma Giuseppe Onufrio, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia. "Si tratta però di un'attesa ingiustificata: le scorie torneranno e, in assenza di un deposito dove ospitarle, torneranno molto probabilmente agli impianti che le hanno generate. La legge francese, infatti, vieta di importare scorie e l'accordo intergovernativo ha fissato le date dei rientri in Italia. In tutti i casi", conclude Onufrio, "la gran parte del volume delle scorie è costituito proprio dalle parti contaminate degli impianti stessi, che dovranno essere "custodite" per almeno tre secoli". Altre frazioni di rifiuti nucleari di terza categoria di cui oggi non è chiaro il destino, secondo il documento di Greenpeace, sono: -il combustibile proveniente dal reattore statunitense Elk River (ossidi misti uranio-torio) che rimane in Trisaia (Basilicata) e che non si sa che destinazione possa mai avere. Già di proprietà statunitense la responsabilità della sua gestione per la sistemazione è stata rifiutata dagli Usa; -i rifiuti liquidi di Saluggia (240 metri cubi di materiale altamente radioattivo sciolto in acido nitrico) che devono essere condizionati (solidificati) in sito e comunque messi in un deposito italiano; -i 3000 metri cubi di grafite contaminata da carbonio 14 nell'impianto di Latina di cui non sono note modalità di smantellamento e condizionamento e che comunque dovranno andare in un deposito italiano. In sostanza, i contribuenti italiani spenderanno oltre 250 milioni di euro per un viaggio di andata e ritorno che non risolve nessun problema: una operazione costosa, rischiosa e inquinante fatta solo per perdere tempo e illudere le popolazioni locali che verranno "liberate". Greenpeace chiede dunque al governo di: - Informare la popolazione italiana sulla effettivo stato di sicurezza radiologica dei siti dove sono stoccate le scorie nucleari e sulle operazioni necessarie a mettere in sicurezza queste scorie; - Rivedere l'opzione del "riprocessamento" per il combustibile nucleare irraggiato e riprendere in considerazione l'opzione "stoccaggio a secco", già a suo tempo scelta durante il primo governo Prodi. Per informazioni: Giuseppe Onufrio - Direttore Campagne Greenpeace Italia cell.340.6404056 Ufficio Stampa Greenpeace - Tel. 0668136203
L' ENEL INVESTE NEL NUCLEARE SOVIETICO, ANCHE A MODENA LA PROTESTA DI GREENPEACE Modena 18 aprile 2007 - Arriva a Modena stamane la protesta di Greenpeace contro la decisione di Enel di investire 1,8 miliardi di euro per il completamento di due reattori nucleari a Mochovce, in Slovacchia.
Dalle 11.30 circa i volontari di Greenpeace Modena distribuiranno di fronte alla sede di Banca Intesa di via Università, così come già successo ieri davanti a tante altre banche nelle principali città italiane, degli ironici fac-simile della pubblicità dell'Enel in cui si mostra come in realtà anziché investire sull'innovazione, si investe in una centrale di tecnologia sovietica addirittura precedente al disastro di Cernobyl. In Europa Greenpeace ha protestato ieri anche di fronte alle ambasciate italiane in Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria e Bulgaria. Il governo italiano è infatti l´azionista di riferimento di Enel, con una quota complessiva pari a circa il 30%. Nella lettera inviata alle nostre istituzioni si sottolinea come l'Italia, che ha chiuso le proprie centrali con un referendum non possa esportare all'estero il rischio atomico. Le critiche principali al progetto riguardano la scarsa sicurezza ma anche la discutibilità economica. A Mochovce verrebbero realizzati due reattori sovietici VVER-440/213, che erano stati progettati negli anni '70. I reattori sono ben al di sotto degli attuali standard di sicurezza e difficilmente verrebbero autorizzati in gran parte degli stati europei. Per esempio non dispongono di un doppio guscio protettivo in caso di impatto con un aereo. Non solo, per Greenpeace c'è anche un problema di legittimità, perchè il progetto era stato autorizzato nel 1986 dall'allora governo comunista senza nessuna valutazione d´impatto ambientale, ne il coinvolgimento dell'opinione pubblica. Ancora oggi il ministero dell'ambiente slovacco si rifiuta di avviare una valutazione d'impatto ambientale. La partecipazione finanziaria del governo slovacco all´iniziativa sarebbe poi illegale secondo la vigente legislazione europea, in quanto si configurerebbe come aiuti di stato. L'Enel ha iniziato a valutare l'ipotesi di costruire i due reattori dopo aver acquistato nella primavera del 2006 una quota del 66 per cento dell'azienda elettrica slovacca "Slovenske elektrarne" in seguito alla privatizzazione. Il prossimo mese l'Enel dovrebbe prendere la decisione finale su Mochovce e Greenpeace ha lanciato una petizione elettronica per chiedere al governo italiano di intervenire. «Chiediamo a Prodi di abbandonare subito questo progetto. E' inaccettabile che il nostro Paese pratichi il doppio standard, esportando il rischio nucleare che noi italiani non ci siamo voluti giustamente assumere» afferma Giuseppe Onufrio, Direttore delle Campagne di Greenpeace Italia. Invia anche tu la lettera a Prodi: http://www.greenpeace.it/community/index.php?id_action=8 Per informazioni: 348/2220552 Davanti via Università: 349/2551123
BLITZ
DI GREENPEACE MODENA:
MAGARI
QUESTI ALBERI SI SALVANO, LE FORESTE AFRICANE NO
Modena,
12 aprile 2007 - Nei giorni scorsi sono comparsi a Modena numerosi cartelli
sugli alberi del Parco Amendola e del Parco della Repubblica, che ne annunciavano
l’abbattimento. Non era vero. Ma non era neppure uno scherzo. Era
solo la riproduzione in scala ridotta di quello che avviene
dall’altra parte del
nostro negozio di mobili o parquet. Rappresentava il disperato grido
di aiuto
di foreste bellissime che vengono decimate, giorno dopo giorno, ora
dopo ora.
"Immaginate
una ruspa che entri in casa nostra sfondando le pareti, i quadri, i mobili"
ha commentato Silvia D’Amico, del Gruppo Locale di Greenpeace di
Modena - "È quello che accade ogni momento ai popoli
indigeni della foresta, quando le motoseghe e le ruspe si fanno
spazio devastando la loro casa, il loro supermercato,
la loro biblioteca: tutto il loro mondo".
Ogni
due secondi un’area di foresta grande quanto un campo da calcio
viene distrutta
per sempre. In Africa, per esempio, foreste millenarie vengono saccheggiate
per portare via legni pregiati come iroko, wengè, afrormosia.
Lasciando
le comunità che le abita senza casa e senza cibo. Mettendo a
rischio la
sopravvivenza stessa di numerose specie animali, come i nostri più
vicini parenti
nel mondo animale, gorilla, bonobo e scimpanzè. Un’area di
foresta africana
grande una volta e mezzo l’Italia è stata già data
alle compagnie del legno.
Greenpeace rassicura quindi tutti i cittadini che sono rimasti scossi
alla vista
di quei cartelli, ma li invita a riflettere cosa vuol dire la
perdita, non di
uno o due alberi, ma di interi ecosistemi, intere regioni. Il futuro
del nostro
ossigeno e del nostro clima.
Questa
mattina presso la sede della Banca d'Italia a Roma Greenpeace ha proposto
a Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia e Governatore italiano
della Banca Mondiale, di vendere il palazzo per due pacchi di sale,
18 barre
di sapone, quattro pacchetti di caffè, 24 bottiglie di birra e
due sacchi di
zucchero, quello che le multinazionali del legno offrono alla gente
dei villaggi
del Congo in cambio dell'accesso alle loro preziose foreste.
In
vista dell'incontro della Banca Mondiale, che si terrà a
Washington nei prossimi
giorni, Greenpeace ha consegnato a Draghi il rapporto "Sos Congo" che rivela come gli sforzi di quest'istituzione di
controllare l' industria del legno
stiano fallendo. Nell'illusione che, estraendo il legno, si possa combattere
la povertà, stiamo distruggendo la foresta pluviale del Congo,
la seconda
per estensione dopo quella Amazzonica, una delle principali difese
del pianeta
contro i cambiamenti climatici.
Per
informazioni: Gruppo
Locale di Modena, tel.348/2220552
GREENPEACE: MAIS OGM MON863, LA VERITA' VIENE A GALLA
Roma, 26 marzo 2007 - L' Efsa (Autorita' europea
per la sicurezza alimentare) ha ammesso oggi pubblicamente che e'
necessaria maggiore ricerca sul mais Ogm MON863. La realtà e' che
spesso i dati forniti dalle aziende biotech vengono assunti
acriticamente, senza considerare le opinioni scientifiche divergenti e
gli impatti a lungo termine sull'ambiente e la salute.
La Commissione europea aveva chiesto all'Efsa di esaminare con
attenzione lo studio del CRIIGEN, reso noto da Greenpeace, sul mais
della Monsanto MON863 e di rivedere il proprio parere positivo. Dallo
studio risultano, infatti, segni di tossicità su fegato e reni delle
cavie nutrite con questo mais Ogm. E' la prima volta che un prodotto
transgenico, autorizzato per il consumo umano e animale, mostra segni
di tossicità per gli organi interni.
"Il sistema autorizzativo degli Ogm ha perso ogni credibilità,
permettendo l'approvazione di un prodotto altamente rischioso,
nonostante l'evidenza dei possibili rischi" spiega Federica Ferrario,
responsabile campagna Ogm di Greenpeace. "Ora bisogna ritirare
immediatamente il MON863 dal mercato. Il principio di precauzione
deve avere la precedenza sugli interessi di multinazionali come la
Monsanto. I governi nazionali devono agire con urgenza per rivalutare
gli altri Ogm attualmente autorizzati oltre a rivedere i metodi
analitici impiegati. Tutti gli Ogm attualmente autorizzati sono
caratterizzati dalle stesse carenti valutazioni di rischio".
Leggi la dichiarazione di oggi dell'Efsa sul proprio sito web:
http://www.efsa.europa.eu/en/press_room/press_statements/mon863.html
IN ITALIA CARTA E LEGNO ILLEGALE DALLA RUSSIA, IL GOVERNO INDAGA SULLE DENUNCE DI GREENPEACE Roma, 14 marzo 2007
- Un'indagine immediata sulle massicce violazioni della legge forestale
nella repubblica russa della Carelia. L'ha disposta il direttore
dell'Agenzia forestale russa Valery Roschupkin, in seguito alle denunce
di Greenpeace, che l'anno scorso aveva divulgato il rapporto "Complici
nel crimine: Un'indagine di Greenpeace sul traffico di legno illegale
con la Russia", provando l'ampia diffusione del taglio illegale nella
repubblica russa della Carelia. Greenpeace ha dimostrato poi
l'acquisto massiccio di legname della Carelia da parte dei giganti
scandinavi della carta, tra cui Upm e Stora Enso, fornitori importanti
anche per le case editrici italiane. La Finlandia è il principale
importatore di legno russo, ed esporta circa il 90 per cento della
propria produzione di carta, principalmente verso i paesi dell'Unione
Europea. La commissione, che inizierà i suoi lavori all'inizio di
aprile, sarà presieduta dallo stesso vicedirettore dell'Agenzia
forestale, Mikhail Giryaev, e vedrà la partecipazione di polizia e
guardia di finanza. "Il taglio illegale sta provocando devastanti
danni ambientali, economici e sociali. Il governo russo si è finalmente
impegnato a indagare sull'illegalità dell'industria forestale in
Carelia e sulle esportazioni del legname verso la Finlandia. Questo
dimostra la gravità delle nostre accuse. È tempo che l'Europa si
assuma tutte le proprie responsabilità" commenta Sergio Baffoni, di
Greenpeace. Greenpeace si è unita ad altre 180 associazioni e 80
imprese per richiedere misure concrete per vietare l'ingresso in Italia
di legname di origine illegale o sconosciuta, e per assicurare che i
prodotti a base di legno importati provengano da una gestione
responsabile delle foreste.
Leggi il rapporto "Complici nel
crimine: Un'indagine di Greenpeace sul traffico di legno illegale con
la Russia", disponibile in inglese su: http://www.greenpeace.org/forests/illegal-logging-finn-russia
La dichiarazione delle imprese in favore di misure contro l'importazione di legno illegale: http://www.greenpeace.org/forests/finn-russia-industry
LE
MEZZE VERITA' DELLA FAO. GREENPEACE: I DESERTI VERDI NON COMPENSANO
LA DEVASTAZIONE
DELLE FORESTE TROPICALI
Roma,
13 Marzo 2007 - La Fao annuncia oggi con ottimismo, pubblicando il rapporto
sullo stato delle foreste nel mondo, il rallentamento della deforestazione
a livello mondiale. In realtà, a crescere è il numero
degli alberi
piantati in Paesi che hanno già perso le proprie foreste
naturali, mentre
continua il vertiginoso declino delle grandi foreste naturali,
soprattutto quelle tropicali.
L'Africa
e L'America Latina, come confermato dalla Fao, continuano a perdere foreste
ad un tasso allarmante. Ogni anno l'Amazzonia perde 25.276 chilometri quadrati
di foresta, un'area grande quanto la Sicilia. Secondo la Fao, in Asia aumenta
la superficie forestale grazie ai quattro milioni di ettari di
piantumazioni in Cina, ma le piantagioni certo non compensano la
devastazione delle foreste tropicali dell'Indonesia, dove la
deforestazione, secondo la Fao stessa, avanza ad un tasso annuale del
2 per cento, ed ogni anno viene distrutta una superficie di foresta
grande quanto un'intera regione italiana (20 mila chilometri
quadrati).
Secondo
un rapporto rilasciato alcuni mesi fa dall'Organizzazione per le
foreste tropicali (ITTO) meno del 5 per cento delle foreste tropicali
sono gestite secondo pratiche sostenibili. Intanto il fenomeno del
taglio illegale continua ad affliggere queste foreste. "I nostri
più vicini parenti nel mondo animale, gorilla, scimpanzè,
bonobo e orango, rischiano di scomparire per sempre per la perdita
del loro habitat. Certo non vivranno nelle piantagioni di eucalipto"
commenta Sergio Baffoni, di Greenpeace. "Con loro scompariranno
moltissimi altri animali: i due terzi delle specie animali e vegetali
terrestri hanno nelle foreste il proprio habitat. Confondere una
piantagione con una foresta intatta è un tragico errore".
Anche
le foreste boreali sono a rischio. La Finlandia incrementa la propria superficie
boscata, ma allo stesso tempo si appresta a distruggere gli ultimi frammenti
di foresta primaria, malgrado gli avvertimenti di tutta la comunità scientifica
del paese. In Canada continua la pratica del taglio a raso, che erode
progressivamente le preziose foreste borali. Non si tratta solo di
proteggere la biodiversità sempre più minacciata.
Secondo la Banca Mondiale 1,2 miliardi di persone hanno bisogno delle
foreste per sopravvivere. La perdita delle foreste naturali causerà
un incremento della povertà, dell'insicurezza sociale e
dell'instabilità.
Greenpeace
chiede ai governi di non nascondersi dietro rassicuranti illusioni, ed
affrontare con misure concrete il declino delle grandi foreste
naturali del pianeta,
prima che sia troppo tardi.
La
mappa globale di Greenpeace delle foreste intatte del pianeta: http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/atlante-foreste
GREENPEACE:
NUOVA RICERCA MOSTRA SEGNI DI TOSSICITA´ DEL MAIS OGM MONSANTO
APPROVATO PER IL CONSUMO UMANO
Roma
13 marzo 2007 - Una nuova ricerca, condotta su cavie da laboratorio nutrite
con un mais geneticamente modificato prodotto dalla Monsanto, mostra segni
di tossicità per reni e fegato. E' la prima volta che un
prodotto transgenico,
autorizzato per il consumo umano e animale, mostra segni di tossicità
per gli organi interni.
Lo
studio, pubblicato sulla rivista scientifica"Archives of
Environmental Contamination
and Toxicology", ha analizzato i risultati dei test sulla sicurezza,
sottoposti dalla Monsanto alla Commissione europea, quando l´azienda
ha chiesto l´autorizzazione per la commercializzazione del
proprio mais Ogm MON863 nell´Unione europea. Gli scienziati
concludono che il mais geneticamente modificato MON863 non si può
considerare un prodotto sicuro. Ciò nonostante, la Commissione
europea ha autorizzato la commercializzazione di questo mais sia per
il consumo umano che per uso mangimistico, pur con l´opposizione
della maggioranza degli stati membri. Anche Australia, Canada, Cina,
Giappone, Messico, Filippine e Usa lo hanno autorizzato.
I dati
sono stati ottenuti da Greenpeace in seguito a una vicenda
giudiziaria, e trasmessi, per una adeguata valutazione, ad un gruppo
di scienziati indipendenti diretti dal professor Gilles Eric
Séralini, un esperto governativo in ingegneria genetica
dell´università di Caen (Francia).
Nella
conferenza stampa, tenuta oggi da Séralini insieme a
Greenpeace, il professore
ha dichiarato: "Le analisi della Monsanto non superano un
controllo minuzioso.
Per cominciare, i loro protocolli statistici sono altamente
discutibili. Peggio, l´azienda non ha effettuato una
sufficiente analisi delle differenze nel peso degli animali studiati.
Dati cruciali dei test delle urine sono stati cancellati dal dossier
dall´azienda stessa."
Greenpeace
chiede il totale e immediato ritiro dal mercato del mais Monsanto MON863
e chiede ai governi nazionali di dare il via urgentemente ad una
nuova valutazione
di tutte le altre autorizzazioni concesse a prodotti Ogm, oltre ad una
precisa revisione dei correnti metodi analitici. "L´attuale
sistema autorizzativo per gli Ogm non ha più alcuna
credibilità, dopo che è stato approvato
un prodotto ad alto rischio nonostante chiare evidenze dei possibili pericoli"
afferma Federica Ferrario, responsabile campagna Ogm di Greenpeace Italia.
I dati
in questione sono stato oggetto di un feroce dibattito fin dal 2003, quando
differenze significative sono state identificate nel sangue degli animali
nutriti con il MON863.
Leggi
il resoconto di Greenpeace dello studio è disponibile al
seguente link- "Il
fallimento del sistema autorizzativo degli Ogm - Il caso del MON863": http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/mon-863-07
Leggi
"Mais MON863 - Cronaca di un sistematico inganno": http://www.greenpeace.org/raw/content/italy/ufficiostampa/file/cronologia-mon-863.pdf
Richiedi
lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica"Archives of Environmental
Contamination and Toxicology": ufficiostampa@greenpeace.it -
tel. 06/68136061 int. 211
Per
informazioni: Federica Ferrario, campagna Ogm, cell. 348/3988616
RIVISTE
PATINATE GRAZIE ALLA DISTRUZIONE DELLE FORESTE PRIMARIE FINLANDESI
Roma,
12 marzo 2007 - La rivista patinata dalla bella carta lucida e
morbida che state sfogliando potrebbe essere il frutto della
distruzione delle ultime foreste primarie in Finlandia. Per questo
oggi gli attivisti di Greenpeace hanno protestato, a Helsinki, di
fronte alla direzione del gigante finnico-svedese Stora Enso. Si
tratta, infatti, del principale acquirente di fibre di legno
dall'agenzia statale Metsähallitus, che sta distruggendo le
preziose foreste affidatele. Con il
legno proveniente da queste preziose foreste, Stora Enso produce
carta per riviste stampate in tutto il mondo, Italia inclusa, e risme
da fotocopie.
Pochi
giorni fa 240 scienziati finlandesi hanno richiesto di fermare il
taglio nelle foreste naturali del Paese, perché non
sostenibile dal punto di vista ecologico. Secondo questi scienziati,
che rappresentano università e istituti statali di ricerca,
l'industria forestale viola gli accordi internazionali sottoscritti
dalla Finlandia per la protezione della biodiversità.
Eppure,
Stora Enso ha deciso di continuare ad acquistare legname proveniente
dalle aree contestate, assicurando ai propri clienti che la
biodiversità in quelle foreste è adeguatamente
salvaguardata, ma sono proprio gli scienziati ad avvertire che le
operazioni forestali in programma causeranno un cambiamento
irreversibile nell'habitat.
Solo
il 5 per cento delle foreste originarie è ancora intatto in
Finlandia. Queste rappresentano meno del 2,5 per cento della
superficie boscata del paese, e non sono quindi indispensabili per la
sua economia. Il prossimo 29 marzo, all'assemblea degli azionisti
della Stora Enso, Greenpeace chiederà all'azienda di
cancellare i contratti di acquisto di legname proveniente dalle
foreste primarie.
Cari
tutti.
Vi
scrivo perché sono stata molto - spiacevolmente - colpita
dall'intervento del
prof. Forabosco mercoledì sera al Foro Boario, in particolare
dalle sue affermazioni
riguardo agli "effetti collaterali" delle bombe atomiche. Prego
il presidente della Consulta Ambiente Salemme di girare queste mie
righe al
professore e agli altri relatori dell'altra sera di cui non ho
indirizzo.
Ogni
intervento sarà gradito.
Provo
a sintetizzare la questione per chi non era presente. Mi scusino gli esperti
se uso termini o concetti non corretti. Le precisazioni sono
benvenute. Mercoledì
sera al dibattito "Mal d'aria", il prof. Forabosco,
genetista, ha invitato
a contenere i toni allarmistici specie quando si parla di effetti mutageni
e teratogeni. A sostegno di questo suo invito, ha affermato che il follow
up degli esposti alle radiazioni, ad esempio alle atomiche di
Hiroshima e
Nagasaki, non ha evidenziato un'incidenza significativa nelle
malformazioni alla
nascita: i casi registrati non sarebbero superiori a quelli attesi.
Ora,
mi spiace che il professore non abbia citato le fonti delle sue
affermazioni. Io non sono un genetista, un epidemiologo o un medico,
ma ho letto
in giro ben altri dati. Rimando
ad esempio a questi siti e articoli (in molti si parla per lo più
di Cernobyl,
ma la questione è la stessa):
http://www.dipmat.unipg.it/~mamone/sci-dem/nuocontri_1/baracca4.pdf
http://www.greenpeace.org/raw/content/international/press/reports/chernobylhealthreport.pdf
http://www.tempomedico.it/2006/812/new.php?id=004
http://www.diario.it/home_diario.php?page=cn04041005
http://www.progettohumus.it
Ripeto
non sono un'esperta, ma non posso non notare - e so di non essere la prima
a farlo - come l'epidemiologia venga sempre più adoperata per
liquidare "gli
allarmismi": come se pochi studi tranquillizzanti bastassero a
liquidare ricerche
con esiti opposti! Ma sì, cosa sarà mai il principio di
precauzione...! Purtroppo
è ormai la regola: si è sempre pronti a enfatizzare i
falsi positivi -
specie, come il grande Tomatis ci insegna, quelli del metodo sperimentale, il metodo
invocato anche l'altra sera da chi, tra il pubblico, proponeva di far respirare
i fumi del camino dell'inceneritore a topi anziché attendere
la solita
conta delle cavie umane che siamo diventati - e mai a considerare la possibilità
di falsi negativi!
E
dire che i falsi negativi sono frequenti in epidemiologia, laddove si
considera un risultato negativo il fatto di non poter stabilire
sicure correlazione
causa-effetto tra una fonte puntuale e una o più patologie. Ringrazio
comunque il professor Forabosco per la disponibilità e le
osservazioni in merito all'importanza dell'ecografia e di altri
metodi di diagnosi prenatale, osservazioni in virtù delle
quali si è finalmente convenuto che studi epidemiologici
basati sui nati malformati sono di scarsa significatività -
per non dire inutili o peggio - poiché distorti dalla mancata
registrazione dei malformati volontariamente abortiti in seguito a
diagnosi prenatale.
E'
anche su un simile studio che i nostri amministratori affermano che l'inceneritore
è sicuro! Ah! Sì, possiamo proprio dormire tranquilli!
Un
cordiale saluto a tutti Silvia
D'Amico, cittadina
modenese che non risiede né lavora nella circoscrizione 2, ma
non per questo
meno preoccupata della propria e altrui salute
GREENPEACE: 8 MARZO, VOGLIAMO OBIETTIVI VINCOLANTI PER LE RINNOVABILI Roma,
6 marzo 2007 - Ieri gli orsi polari si sono recati a Palazzo Chigi per
chiedere a Prodi di sostenere l'adozione di obiettivi vincolanti per le
rinnovabili. L' 8 marzo si terrà infatti il "Summit europeo di
Primavera" ma le riserve sui costi di questo impegno espresse oggi dal
consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio dei ministri,
Stefano Sannino, non convincono Greenpeace.
Il governo aveva
rassicurato ieri di non essere contrario a obiettivi vincolanti mentre
ora aspetta che informazioni più specifiche vengano fornite dalla
Commissione sui costi che il Paese dovrà sostenere.
Investire
sulle rinnovabili non solo permetterà di abbattere la cronica
dipendenza energetica dell´Italia dall´estero, ma sarà altresì
necessario per conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni di
gas serra imposti dal Protocollo di Kyoto. Obiettivi su cui l´Italia ha
già accumulato un enorme ritardo. «In quest´ottica il Governo dovrebbe
vedere nelle rinnovabili una possibilità per ridurre in futuro i costi
del Paese» afferma Francesco Tedesco, responsabile Campagna Energia e
Clima di Greenpeace. «Eurobarometro ha appena reso noto che l´83 per
cento degli europei si dichiara favorevole a obiettivi vincolanti per
lo sviluppo delle rinnovabili».
Greenpeace rinnova quindi la
richiesta al governo di dare pieno sostegno all´obiettivo vincolante
del 20 per cento di energia primaria da fonti rinnovabili al 2020, così
come chiede la Commissione europea.
GREENPEACE SCORTA LA FLOTTA BALENIERA GIAPPONESE FUORI DAI TERRITORI DI CACCIA Roma, 28 Febbraio 2007
- La nave "Esperanza" di Greenpeace ha scortato oggi la flotta
baleniera giapponese fuori dalle acque antartiche e lontano dall´area
di caccia.
Passati i 60 gradi di latitudine, Karli Thomas, capo
della spedizione di Greenpeace, a bordo dell´"Esperanza", ha inviato un
messaggio radio alla Nisshin Maru, la nave mattatoio danneggiata da un
incendio: "Comprendiamo il vostro dolore per la perdita di un
membro dell´equipaggio e riconosciamo anche il lavoro che avete fatto
giorno e notte per riparare la vostra nave, ma questa deve essere
l´ultima volta che il vostro governo vi manda nell´Oceano meridionale a
cacciare balene e a minacciare l´ambiente antartico. Per il bene
dell´ambiente e delle balene - mai più!"
Contemporaneamente
due gommoni dall´"Esperanza" hanno raggiunto la flotta baleniera, con
un messaggio per l´equipaggio in giapponese e inglese: "Mai più!"."In
aggiunta all´assurdità della caccia alle balene all´interno di un
santuario internazionale, questa stagione è stata segnata da una
tragedia umana e da una minaccia davvero concreta all´ambiente
incontaminato dell´Antartide" ha commentato Thomas. "Il governo
giapponese e la comunità internazionale devono ora promettere che
questa stagione di caccia sarà l´ultima".
L´"Esperanza"
continuerà a scortare la flotta baleniera finché sarà chiaro che non
c´è più alcuna intenzione di tornare a cacciare. La nave di Greenpeace
navigherà poi verso l´Australia per chiudere la campagna "Defending Our
Oceans", una spedizione di quattordici mesi per denunciare tutte le
minacce agli oceani.
GREENPEACE:
L'ENEL IN SLOVACCHIA INVESTE NEL NUCLEARE SOVIETICO
Roma,
23 febbraio 2007 - Oggi pomeriggio, il primo ministro slovacco Robert
Fico, ha incontrato l´amministratore delegato dell'Enel, Fulvio
Conti, per chiudere l'accordo che prevede l'investimento di 1,6
miliardi di euro per completare due reattori nucleari sovietici di
seconda generazione a Mochovce, in Slovacchia, per circa 800
Megawatt. Intanto lo studio di fattibilità del Progetto di
completamento, previsto per aprile, non è stato ancora
completato.
Nel
complesso è un investimento maggiore di quello che secondo il
piano industriale di Enel è stato effettuato in Italia per
realizzare cinquemila Megawatt di impianti a gas a ciclo combinato.
«Se la "vera rivoluzione è non cambiare il Mondo",
come recita la monumentale campagna pubblicitaria di Enel, questa
operazione è sicuramente un bell´esempio di coerenza»
commenta Giuseppe Onufrio, direttore delle Campagne di Greenpeace.
La
decisione di completare la costruzione dei reattori 3 e 4 di Mochovce
è illegittima. Nessuna procedura di Valutazione di Impatto
Ambientale è stata avviata da vent´anni a questa parte
dalle Autorità locali per la realizzazione di tali reattori ed
Enel si guarda bene da richiedere l´avvio di un processo di
consultazione pubblica. Costruire reattori di tecnologia sovietica
risalenti a più di trent´anni fa senza alcuna Via
rappresenta una violazione inaccettabile delle normative europee.
Il
progetto rappresenta inoltre un enorme pericolo. I due fatiscenti
reattori slovacchi di tipo VVER-440/213 risalgono ai primi anni
Settanta e, non potendo essere migliorati i livelli di sicurezza, non
soddisfano i requisiti minimi di sicurezza richiesti dall´Europa.
Nel 2012, una volta ultimati i lavori, i reattori saranno datati di
oltre 40 anni!
La
ERBD, la Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo, si rifiutò
di finanziarne il completamento, mentre un reattore dello stesso tipo
venne chiuso nel 1990 a Greisfwald, in Germania, appena entrò
in funzione. Anche la costruzione di altre tre unità di terza
generazione VVER, più nuove di quelle che Enel dovrà
completare a Mochovce, furono bloccate dalle autorità tedesche
dopo la riunificazione della Germania.
«Per
entrare nel mercato elettrico slovacco, Enel accetta di finanziare
una operazione molto discutibile sia sul piano della sicurezza che su
quello dei costi. Dalle informazioni finora in possesso di
Greenpeace, il governo slovacco farà degli sconti sui costi di
smantellamento e di gestione delle scorie, sconti che si configurano
come aiuti di stato» aggiunge Onufrio.
GREENPEACE:
IL TAGLIO ILLEGALE DISTRUGGE LE FORESTE DEL CONGO
Roma,
23 febbraio 2007 - Dopo l'Amazzonia, la foresta del Bacino del Congo
è la seconda al mondo per estensione. Oggi però è
in pericolo per l'avanzare della deforestazione. Lo denuncia
Greenpeace, che ha documentato numerose operazioni di taglio
illegali: la moratoria, introdotta dal governo nel maggio 2002,
Avrebbe dovuto invece proteggere queste foreste.
In
particolare, la ITB (Industrie de transformation de bois), che opera
nella regione del lago Tumba, ha violato la moratoria. Prima del 2002
aveva un'autorizzazione al taglio, che tra il 2002 e il 2005 è
stata "scambiata" con due permessi, che coprono un'area ben
più vasta di quella precedentemente concessa. Tra i legni
pregiati estratti, il wengè, importato in grandi volumi in
Italia per la produzione di parquet.
Le
foreste del lago Tumba, dove vivono i pigmei Twa e i bantù,
rappresentano un habitat fondamentale per specie minacciate come il
bonobo e l´elefante di foresta. "L'industria del legno
afferma di contribuire al benessere delle comunità locali, ma
nessun beneficio arriva in realtà alle popolazioni indigene,
che dipendono in tutto e per tutto dalla foresta" afferma Sergio
Baffoni, responsabile campagna Foreste di Greenpeace.
La
prossima settimana si terrà a Bruxelles una conferenza sulla
gestione
sostenibile
delle foreste della Repubblica Democratica del Congo. Intanto
all´industria del legname sono stati già assegnati più
di 21 milioni di ettari di foresta pluviale, un´area grande
quasi sette volte il Belgio. "A Bruxelles si discuterà
sul futuro delle foreste pluviali. Ma per queste foreste non ci sarà
futuro, se tutti i permessi di taglio illegali non verranno
cancellati" sostiene Baffoni. "Per fermare l´assalto
alle foreste, la moratoria dovrà essere estesa fino a che il
governo del Congo non sarà in grado di controllare il settore
e non verrà pianificata la destinazione d'uso delle foreste".
Per
maggiori informazioni: Sergio
Baffoni, campagna foreste di Greenpeace, tel. 348/3988680
GREENPEACE: SUGLI OGM TERZA SCONFITTA PER LA COMMISSIONE EUROPEA
Roma, 20 febbraio 2007 - Per la terza volta il Consiglio dei ministri dell'ambiente dell'Ue ha respinto la richiesta della Commissione europea di mettere fine alla clausola di salvaguardia nazionale che vieta la coltivazione di Ogm. Questa volta i ministri si sono espressi in favore del mantenimento del bando al mais transgenico Mon 810 in Ungheria. Il Mon810 era stato autorizzato in Europa nel 1998, prima che gli Stati membri decidessero una moratoria sulle nuove autorizzazioni. Studi scientifici effettuati in Austria e Ungheria mostrano che questo mais può avere effetti dannosi su piante e animali.
"La decisione di oggi è molto importante. Greenpeace continuerà a difendere il diritto dei Paesi europei a prendere le misure necessarie per evitare ogni possibile contaminazione di coltivazioni convenzionali e biologiche" afferma Federica Ferrario, responsabile Ogm di Greenpeace. "Aspettiamo con impazienza il giorno in cui la Commissione europea metterà finalmente gli interessi dei consumatori davanti a quelli delle lobby agricole statunitensi" .
Proprio ieri Greenpeace e GeneWatch hanno pubblicato "Il registro su Ogm e contaminazione genetica", che offre una dettagliata panoramica delle più significative contaminazioni registrate nel corso del 2006 a livello mondiale e mostra che le contaminazioni hanno raggiunto livelli record, con un totale di 24 incidenti rilevanti riportati. Leggi il registro on-line (http://www.gmcontaminationregister.org/)
ANNIVERSARIO DI KYOTO. GREENPEACE PRESENTA LA "RIVOLUZIONE DELL'EFFICIENZA" Milano, 16 febbraio 2007 - In occasione del secondo anniversario del Protocollo di Kyoto, Greenpeace ha presentato il rapporto "La rivoluzione dell´efficienza", commissionato al gruppo eERG del Politecnico di Milano. Il rapporto fa il punto sui potenziali di risparmio conseguibili in Italia negli usi elettrici da qui al 2020. Tali consumi si potrebbero ridurre del 20 per cento al 2020 con un beneficio economico netto di 65 miliardi di euro e emissioni di gas serra evitate pari a 50 milioni di tonnellate. Investire in efficienza energetica permetterà inoltre di creare almeno il triplo dell´occupazione indotta rispetto alla costruzione di nuove centrali elettriche.
«Non serve costruire nuove centrali, tanto meno a carbone» afferma Francesco Tedesco, responsabile Campagna Clima ed Energia di Greenpeace. «I consumi di elettricità possono essere stabilizzati semplicemente investendo in misure di efficienza energetica, e il nostro studio mostra che risparmiare un kilowattora di elettricità costa meno che produrlo». Enormi margini di risparmio sono possibili per l'industria, il settore commerciale, la pubblica amministrazione e i singoli cittadini. Le maggiori opportunità di risparmio esistono per l´illuminazione pubblica e privata e la sostituzione dei motori industriali. Leggi il rapporto: http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/efficienza2020 Per informazioni: Ufficio stampa, tel. 06/68136061 (int.203-222) - 348/3988615 Francesco Tedesco 340/0856944
GIAPPONE ACCETTI L'AIUTO DI GREENPEACE, A RISCHIO L'AMBIENTE E LE PERSONE Roma, 16 febbraio 2007 - La baleniera giapponese "Nisshin Maru", dopo l'incendio scoppiato ieri a bordo, deve essere soccorsa al più presto per evitare rischi per l'equipaggio e per l'ambiente ma continua a rifiutare l'aiuto di Greenpeace.
"La nostra nave Esperanza la raggiungerà in meno di 24 ore e potrebbe rimorchiarla in porto, mentre servirebbero giorni ad un'altra nave per portarle soccorsi" spiega Alessandro Giannì, responsabile campagna mare di Greenpeace. "Il capitano dell'"Esperanza", Frank Kamp ha dieci anni di esperienza nel recupero di navi in difficoltà".
Un membro dell'equipaggio giapponese intanto è ancora disperso e la baleniera stiva circa mille tonnellate di carburante, che se disperso in acqua raggiungerebbe presto la maggiore colonia di pinguini di Adelia al mondo. "Abbiamo un obbligo morale e legale, non capisco come si possa rifiutare il nostro aiuto. Il Trattato Antartico, che protegge quest'ambiente unico, impone alla Nisshin Maru di farci intervenire per evitare una potenziale tragedia umana e un disastro ambientale". La Nuova Zelanda ha già chiesto al Giappone di accettare ogni aiuto disponibile mentre Greenpeace ha preso contatto con il ministero degli Affari Esteri italiano perché anche il nostro paese, membro del Trattato Antartico, faccia altrettanto.
GREENPEACE: MIRACOLO, L' ITALIA MOLTIPLICA I TONNI
Roma, 7 febbraio 2007 - Non sarà come la moltiplicazione dei pani e dei pesci, ma l'Italia è riuscita quasi a raddoppiare la capacità degli impianti di ingrasso del tonno che è passata negli ultimi sei mesi da 5.800 a 10.900 tonnellate. Questi i dati presentati alla Commissione Internazionale per la gestione del tonno rosso (Iccat), l'organismo che dovrebbe tutelare questa specie ittica. Visto che la quota italiana della pesca al tonno dovrebbe essere di circa 4.700 tonnellate, i casi sono due: o abbiamo scoperto come moltiplicare i pesci, oppure facciamo affidamento sulla pesca illegale. Nel corso della riunione della scorsa settimana in Giappone è stato affondato il pur misero "piano di recupero" negoziato a Dubrovnik (Croazia) lo scorso novembre. Nonostante il Comitato Scientifico dell´Iccat avesse chiesto di ridurre le catture da 32 mila a 15 mila tonnellate/anno (-53 per cento), il piano prevede solo riduzioni da 29.500 tonnellate/anno nel 2007 (-8 per cento) fino a 25.500 tonnellate/anno nel 2010 (-20 per cento). Ma se la riunione di Dubrovnik era avvenuta alla presenza di osservatori, come Greenpeace, a Tokio tutto si è svolto a porte chiuse. "La verità comincia a venire a galla: la vera quota sarà di 32.500 tonnellate. Il piano di recupero proposto dall´Ue è morto" afferma Alessandro Giannì, responsabile della Campagna Mare di Greenpeace.Il Comitato Scientifico Iccat ha ammesso che le catture reali del tonno sono probabilmente intorno a 50 mila tonnellate/anno, quindi su tre tonni pescati nel Mediterraneo, uno è frutto della pesca illegale che serve, in gran parte, ad alimentare il business dell´ingrasso. "E' necessaria una moratoria alla costruzione di nuovi impianti d´ingrasso e per questo parteciperemo sabato ad un convegno a Maiori, sui progetti di ingrasso che, oltre che al futuro del tonno rosso, mettono a rischio anche la Costiera Amalfitana" conclude Giannì.Greenpeace chiede anche una netta riduzione delle catture e la definizione di una rete di riserve marine per tutelare la popolazione del tonno nella delicata fase della riproduzione.
NOTA Il convegno sui progetti di ingrasso del tonno rosso si terrà sabato 10 febbraio alle ore 15:30 all´Auditorium l´Incontro di Maiori (Sa). Per informazioni: Alessandro Giannì, tel.340/8009534
GREENPEACE: INDUSTRIA DEL RISO OGM SULL'ORLO DEL
COLLASSO
Roma, 6 Febbraio 2007 - Il riso Ogm non lo vogliamo. Lo dicono oggi,nel nuovo rapporto di
Greenpeace, 40 fra i maggiori esportatori,trasformatori e rivenditori di riso
del mondo che si sono impegnati a restare Ogm free.
Il rapporto "L'industria del riso sull´orlo
del collasso" contiene dichiarazioni di aziende risicole di Asia, Europa,
Australia, Nord e Sud America, incluso l´impegno della Ebro Puleva, la maggiore
azienda di trasformazione del settore, a interrompere l´acquisto di riso dagli
Stati Uniti. Questa presa di posizione arriva in seguito alla grave
contaminazione avvenuta lo scorso anno, delle forniture mondiali di riso, con
una varietà sperimentale ed assolutamente illegale di riso geneticamente
modificato prodotto dalla Bayer.
A causa della contaminazione si è registrato il più
brusco calo giornaliero del prezzo del riso da anni. Gli esperti hanno previsto
che le esportazioni di riso statunitense potranno ridursi anche del 16 per
cento nel 2006/2007. Diverse azioni legali, del valore di milioni di dollari,
sono state promosse dagli agricoltori americani contro la Bayer. Agricoltori, trasformatori, e commercianti in
tutto il mondo,stanno affrontando ingenti costi in termini economici per analisi
e ritiri dal mercato, ordini annullati, bandi alle importazioni, e per la
sfiducia dei consumatori - sfiducia che potrebbe durare anni.
"Mentre da un lato la Bayer preme per ottenere
l´autorizzazione per il riso Ogm, dall´altro continua a rifiutare la
responsabilità per l´enorme danno economico che il suo riso ha causato negli
Stati Uniti e altrove.
Nella fattispecie, la Bayer accusa gli agricoltori
o "il fato" di questa
contaminazione, quando in realtà tutti gli indizi portano diritti alla
Bayer" afferma Adam Levitt, dello
studio legale di Chicago Wolf Haldenstein Adler Freeman & Herz, uno degli
studi che stanno portando avanti azioni legali contro la multinazionale.
"Bisogna bloccare ogni sperimentazione del
prodotto. Con i soli campi
sperimentali, la Bayer ha causato ingenti danni
economici a tutta la filiera mondiale del riso. La crescita a livello
commerciale di riso Ogm sarebbe disastrosa per la più importante risorsa
alimentare al mondo" afferma Federica Ferrario, responsabile della campagna
Ogm di Greenpeace. "L'Italia è il principale produttore europeo di riso:
il governo deve rispondere dei danni a livello economico e ambientale causati
dalla contaminazione, rifiutando in modo netto qualsiasi autorizzazione del
riso transgenico"
LEGGI IL RAPPORTO "L'industria del riso
sull´orlo del collasso":
http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/riso-ogm-2007
Per informazioni:
Federica Ferrario, campagna Ogm, cell. 348 3988616
COMUNICATO DAL COORDINAMENTO PROVINCIALE RIFIUTI ZERO MODENA
Autorizzata
la quarta linea dell’inceneritore: perpetuato l’attacco alla salute e
all’ambiente.
Apprendiamo
oggi con enorme rammarico che la Provincia ha rilasciato ad Hera l’AIA,
Autorizzazione Ambientale Integrata alla quarta linea dell’inceneritore di
Modena, a dispetto delle osservazioni presentate il 3 agosto scorso da Comitato
Modena Salute e Ambiente, WWF, Legambiente, Italia Nostra, Greenpeace, LAC,
Lega per la difesa ecologica il 3 agosto scorso.
In attesa di leggere il documento di cui non siamo ancora entrati in possesso,
rinnoviamo la nostra ferma opposizione a questa scelta.
Se
anche pare verrà adottato il filtro catalitico per l’abbattimento degli NOx,
che oggi fuoriescono dai fumi in quantità sfiorando sempre i limiti
giornalieri, il raddoppio dell’inceneritore non potrà non incidere sulla già
gravosa situazione di altre emissioni inquinanti. Non da ultimo delle PM10, per
le quali, ricordiamo, la nostra provincia registra di continuo livelli al di
sopra dei limiti di legge.
Noncuranti
del dissenso dei cittadini e delle preoccupazioni espresse lo scorso giugno
dall’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Modena, i nostri
amministratori approvano quindi il raddoppio e con esso il perpetuarsi di un
falso modello di sviluppo basato sul mito della crescita illimitata di consumi
e rifiuti.
Mentre
a Parigi la comunità scientifica internazionale rinnova l’allarme per il
cambiamento climatico in corso invitando ancora una volta a ridurre le
emissioni di gas serra, la piccola e cieca Modena rimane legata al mito del
fuoco che tutto purifica. Ma ciò che brucia non si distrugge: si trasforma in
emissioni clima-alteranti e nocive per la salute, nonché fanghi e ceneri
tossiche che andranno smaltiti in discarica. Quale discarica chiediamo ancora
una volta ai nostri amministratori? Quella di via Caruso che si doveva
chiudere? O altre ne sorgeranno sul nostro territorio?
In
questa triste giornata ripetiamo che l’incenerimento e la discarica possono
sembrare strade di comodo, ma non sono sostenibili. È come nascondere “le
prove” del misfatto sotto il tappeto o gettarle in un caminetto. Prima o poi
qualcuno ne pagherà il conto. Una politica razionale e lungimirante dovrebbe
affrontare i problemi ricercandone le cause per rimuoverli alla base: nel caso
dei rifiuti, incentivare non lo smaltimento, ma la riduzione alla fonte e la
raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio dei materiali e la gestione a
freddo del residuo. Obiettivi questi che non saranno mai raggiunti finché si
continuerà ad investire i nostri soldi negli inceneritori, macchine costose e
non flessibili che richiedono un apporto costante di rifiuti da bruciare.
Rinnoviamo
ai nostri amministratori la richiesta di mettere in atto serie politiche di
riduzione alla fonte dei rifiuti, tramite accordi con la grande distribuzione,
raccolta “porta a porta” su tutto il territorio provinciale e per tutte le
utenze, calcolo puntuale della tariffa, in modo da portare anche la nostra
provincia ai risultati del 70 o 80% di raccolta differenziata che sono il vanto
di tante realtà straniere e italiane.
Invitiamo
altresì i cittadini tutti ad attivarsi in prima persona in questa e altre lotte
per la salute e l’ambiente, accorrendo numerosi ai momenti di informazione e
discussione promossi da comitati e associazioni. Ricordiamo a tal proposito che
mercoledì 7 gennaio si parlerà anche di rifiuti al primo incontro del ciclo
“Sbilanciamoci!” promosso dal nodo di Modena della Rete Lilliput. Appuntamento
alle 20:45 nella sala della circoscrizione 1, in piazza Redecocca. Interverrà
per il Comitato Modena Salute e Ambiente Marco Cattini, docente di Storia
Economica.
Coordinamento provinciale "Rifiuti Zero"Modena 29 gennaio 2007 Il
Coordinamento provinciale "Rifiuti Zero" riunitosi il 24/1/07 presso la
sede di Legambiente Modena in via Caselline esprime la sua attiva
solidarietà al Coordinamento Ambiente e Salute di Rivara impegnato
nella lotta contro la costruzione del deposito di gas. Il
progetto del deposito di gas, così come il raddoppio dell'inceneritore,
sono l'ennesima dimostrazione della cecità della classe politica
dirigente che continua a perseverare nella costruzione di progetti
inutili e fortemente nocivi per la salute degli abitanti e l'ambiente
naturale, e a vantaggio di pochi privati.
Ricordiamo che Modena
e la sua provincia sono prime in Italia per numero di malati di tumore
nonché situate nella Pianura Padana, una delle zone più inquinate del
Pianeta e col più alto numero di giorni di superamento dei valori
soglia di qualità dell'aria. Per
contrastare questo modello ambientale suicida e per proporre delle
valide alternative a difesa dell'ambiente e del territorio, i gruppi e
i comitati riuniti nell'assemblea hanno deciso di costituire il
"Coordinamento provinciale Ambiente e Salute" all'interno del quale si
attueranno iniziative di reciproco sostegno e solidarietà. Al fine di
costruire un'alternativa all'attuale modello di sviluppo e difendere
l'ambiente e il territorio dal degrado, il Coordinamento provinciale
Ambiente e Salute sarà attivo non soltanto in tema di rifiuti, ma anche
di energia e cambiamenti climatici, cementificazione, trasporti ecc.
LA SFIDA DI GREENPEACE: GRAZIE A EFFICIENZA E RINNOVABILI IL 50 % DELL'ENERGIA NEL 2050
Roma, 25 Gennaio 2007 - La vera rivoluzione passa per l'efficienza energetica. Solo investendo in misure di questo tipo nell'edilizia, nell'industria e nei trasporti si potrà soddisfare quasi metà del fabbisogno mondiale di energia con fonti rinnovabili. Investire in efficienza energetica è un requisito fondamentale per lo sviluppo delle rinnovabili e la progressiva eliminazione di fonti fossili e nucleare. Ad affermarlo è il rapporto "Energy [R]evolution: A sustainable World Energy Outlook" lanciato oggi da Greenpeace in tutto il mondo ed elaborato insieme a Erec (European Renewable Energy Council).
Il settore dell´elettricità sarà il pioniere nell´uso dell´energia rinnovabile: entro il 2050 circa il 75 per cento dell´elettricità potrebbe essere prodotta da fonti rinnovabili (idroelettrico, eolico e solare). Nel settore della fornitura di calore il contributo delle rinnovabili (biomasse, collettori solari e geotermico) potrebbe crescere fino al 65 per cento entro la stessa data. Sarà così possibile dimezzare le emissioni di gas serra, per scongiurare la minaccia dei cambiamenti climatici.
Contenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C, soglia oltre cui il processo rischia di diventare irreversibile, è possibile. Europa, Stati Uniti ed economie in transizione dovranno tagliare la CO2 oltre il 70 per cento, mentre Cina, India e Sud America potranno fermarsi al 35 per cento rispetto ai livelli del 1990. Anche in questi Paesi però le rinnovabili potranno avere un boom.
Greenpeace, nel suo rapporto, offre per prima, una strategia globale e dettagliata su come ristrutturare il sistema energetico mondiale, mettendo in evidenza l´urgenza di prendere decisioni chiave in campo energetico da parte di governi, società finanziarie e compagnie di elettricità. I prossimi dieci anni saranno cruciali in quanto i Paesi in via di sviluppo stanno rapidamente costruendo nuove infrastrutture energetiche, e molti degli impianti nei Paesi industrializzati sono invece vecchi e dovranno essere sostituiti.
"In Italia rinnovabili ed efficienza sono l´unica strada per conseguire contemporaneamente tre obiettivi fondamentali: rilanciare l´economia creando nuovi posti di lavoro, allentare la morsa della dipendenza energetica del Paese dall´estero, e porre un freno alla minaccia del riscaldamento globale" afferma Francesco Tedesco, responsabile Campagna Clima ed Energia di Greenpeace. "È giunta l'ora di una vera rivoluzione energetica: il governo si esprima a favore di obiettivi vincolanti per le rinnovabili al 2020 e potenzi le misure in materia di efficienza energetica: con l´attuale modello energetico i grandi impianti centralizzati sprecano oltre i due terzi dell´energia prodotta: il Pianeta non può permettersi questo lusso".
GREENPEACE. CAMBIAMENTI CLIMATICI: IN AUMENTO I DANNI DA EVENTI ESTREMI Roma, 19 Gennaio 2007 - Inverno torrido al sud e devastanti cicloni al nord, ma non è solo l´Europa ad essere colpita dagli effetti dei cambiamenti climatici in queste prime settimane del 2007. Anche gli Stati Uniti accusano il colpo degli effetti del riscaldamento globale e la neo presidentessa della Camera, Nancy Pelosi, ha appena creato una Commissione che lavorerà su iniziative tese a ridurre l'effetto serra. Il tutto per la felicità di Al Gore: il suo film "The Unconvinient Truth" non potrebbe essere più attuale, specialmente in Italia. I cambiamenti climatici sono una realtà e da diverso tempo anche le maggiori compagnie assicurative internazionali diffondono dati e rapporti. Il settore finanziario infatti registra su scala globale danni crescenti dovuti ai fenomeni climatici estremi. Secondo Munich Re (Climate Change and Disaster Losses: Understanding and Attributing Trends and Projections, 2006) le perdite totali del settore assicurativo a livello mondiale sono passate da una media di 4 miliardi/anno negli anni ottanta, a 40 miliardi/anno negli anni novanta. Nel 2005 si è avuto il picco, sfiorando quota 225 miliardi. I danni assicurati sono invece passati da 400 milioni/anno negli anni ottanta a 83 miliardi nel 2005. Secondo la compagnia assicurativa Swiss Re (The effects of Climate Change: storm damage in Europe on the rise, 2006), le perdite dovute a tempeste invernali come quella causata dal ciclone Kyrill sono attualmente pari a 2,6 miliardi di euro in Europa. Tra 80 anni si potrà raggiungere quota 3,5 miliardi di euro. Questo metterà a dura prova la capacità delle assicurazioni di far fronte ai rischi dei cambiamenti climatici e la Società avverte che occorrerà studiare soluzioni concertate con altri soggetti del mondo economico e sociale.
«Quello a cui stiamo assistendo è un primo monito degli effetti del riscaldamento globale sul Pianeta» commenta Francesco Tedesco, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. «Per fermare il riscaldamento globale bisogna che i Paesi industrializzati abbattano le proprie emissioni del 30 per cento al 2020 e di oltre il 60 per cento al 2050. L´iniziativa della Commissione Europea di proporre un obiettivo unilaterale di abbattimento del 20 per cento al 2020 è coraggioso, ma non sufficiente». Occorre fare di più: l´Italia è in colossale ritardo nel rispetto degli obblighi di Kyoto e delle rinnovabili, servono obiettivi vincolanti al 2020.
GLI OGM PERDONO TERRENO. IL BILANCIO DI GREENPEACE
Roma, 18 gennaio 2007 - Il rifiuto nei confronti degli Ogm continua a crescere. Lo afferma Greenpeace in un rapporto reso noto oggi che evidenzia come sia in continua crescita l'opposizione a queste coltivazioni da parte di agricoltori, consumatori e governi. Nelle prossime ore anche l'Isaaa (International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications), un organismo finanziato dall'industria biotech, diffonderà il proprio rapporto annuale.
Lo scandalo più significativo del 2006 è quello del riso Ogm della Bayer, LLRICE601. Ad agosto del 2006, il governo statunitense ha annunciato che significative quantità di riso americano a grana lunga erano state contaminate da questo riso non autorizzato. "La reazione al recente scandalo del riso contaminato da Ogm, che si è esteso anche all'Italia, è stata di enormi proporzioni" afferma Federica Ferrario, responsabile Ogm di Greenpeace. "Diversi Paesi hanno bandito gli Ogm, ad esempio la Romania, che aveva 85.000 ettari a soia Ogm nel 2005, scenderà a zero quest'anno, in linea con la nuova politica del governo". I produttori di riso della California hanno chiesto di proibire di tutte le coltivazioni riso Ogm, inclusi i campi sperimentali. Anche giganti dell'industria del riso, tra cui la spagnola Ebro Puleva, maggiore trasformatore di riso al mondo, si sono impegnati sulla strada dell'Ogm free.
In Asia, l'associazione di esportatori di riso dell'India, ha formalmente richiesto al governo indiano di proibire i campi sperimentali di riso Ogm laddove si coltiva il riso Basmati. Numerosi campi sperimentali sono stati bruciati per il timore di contaminazioni.
"I rischi per il sostentamento degli agricoltori in India sono chiari. Il fallimento del cotone Bt mostra chiaramente che gli Ogm sono pericolosi per l'uomo e per l'ambiente. Chiediamo la distruzione dei campi sperimentali di riso Ogm" dichiara Rakesh Tikait, portavoce di una delle maggiori associazioni agricole indiane, la Bharathiya Kisan Union. Gli operatori di Tailandia e Vietnam, due dei maggiori Paesi che esportano riso, hanno firmato un accordo che li impegna a restare ge-free, mentre il comitato cinese per la biosicurezza ha richiesto ancora una volta ulteriori dati e valutazioni sulla sicurezza del riso Ogm, rinviando ancora una decisione sull'approvazione del prodotto per il commercio, nonostante il comitato lo stia valutando da oltre due anni.
"L' Isaaa potrà anche raccontare che le coltivazioni Ogm sono un successo, ma la reazione globale allo scandalo Bayer del 2006 mostra un quadro molto meno roseo. L'opposizione è globale da parte di consumatori che non vogliono comprarne, agricoltori che non vogliono coltivarne e governi che non vogliono autorizzarne" conclude Ferrario.
MIELE OGM. GREENPEACE:
DIRITTO DI SCELTA ANCHE PER
LE API
Roma, 3 gennaio 2007 - "E' di tutta evidenza che alle api le coltivazioni Ogm non piacciono e dobbiamo difendere, come per i consumatori, anche il loro diritto di scelta" commenta ironicamente Federica Ferrario, responsabile Ogm di Greenpeace, la grave notizia secondo cui nei campi Ogm si è verificata una forte riduzione del numero delle api presenti e un altrettanto forte deficit nell'attività di impollinazione.
Greenpeace ricorda come la coltivazione degli Ogm minacci sia la biodiversità agricola che la libertà di scelta dei consumatori.
Un recente rapporto dell'organizzazione ambientalista, sulla base di analisi di laboratorio e campionature in quaranta campi di mais spagnoli, convenzionali e biologici, dimostra l'impossibilità della cosiddetta `coesistenza'. In almeno un quarto dei casi si è registrata la contaminazione non voluta con Ogm. In alcuni casi, la contaminazione è arrivata addirittura a percentuali del 12.6 per cento. In molti casi gli agricoltori hanno subito perdite economiche, non riuscendo più a vendere il mais contaminato al prezzo concordato per le varietà non transgeniche e biologiche. In ben tre casi analizzati sono state contaminate varietà locali di mais, frutto di anni di selezione che ora non potranno più essere impiegate.
Leggi il rapporto di Greenpeace sulla coesistenza: http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/rapporti/rapporto-coesistenza
GREENPEACE
AL GOVERNO: STOP ALLO SCANDALO DELLE FONTI ASSIMILATE
Roma,
19 dicembre 2006
È ora di dire definitivamente basta allo scandalo
tutto italiano dei sussidi alle fonti rinnovabili dirottati invece
verso rifiuti e derivati del petrolio tramite il "trucco"
delle fonti
assimilate. Con i cosiddetti CIP6 e i certificati verdi, nel 2005 gli
incentivi sottratti allo sviluppo delle vere fonti rinnovabili sono stati
ben 3,1 miliardi di euro, pagati dagli italiani attraverso la componente
A3 della bolletta.
«Una
cifra scandalosa se si pensa che termovalorizzatori e impianti CIP6 sono
tra i maggiori emettitori di CO2, con emissioni specifiche perfino peggiori
del carbone» afferma Francesco Tedesco, responsabile Campagna Clima
ed Energia di Greenpeace, di ritorno da Porto Tolle, dove l´organizzazione
ha occupato per tre giorni la centrale Enel per bloccarne
la riconversione a carbone.
Greenpeace
sostiene la richiesta dei senatori Tommaso Sodano di Rifondazione
Comunista e Angelo Bonelli dei Verdi, di correggere entro la
fine dell´anno l' "errore materiale" contenuto
all´interno della Finanziaria,
sull'emendamento che abolisce i CIP6 per i produttori di energie
non rinnovabili. Nella stesura attuale la norma CIP6 permetterebbe
di incentivare non solo gli impianti già realizzati ma anche
quelli in via di autorizzazione fino al 31 dicembre, circa un centinaio.
Continuare
a incentivare le fonti fossili allontana l´Italia dagli impegni
di Kyoto e provoca costi che dovranno essere sostenuti dall´intera
collettività.
"Fidatevi
dei sogni, perchè in essi è nascosto il passaggio verso
l'eternità" Kahalil
Gibran
GREENPEACE A MODENA PER L'EFFICIENZA ENERGETICA
Greenpeace entra in azione nei megastore dell'elettronica di tutta Italia.
L'obiettivo sono i cosiddetti "centri dell'inefficienza", punti
vendita dove si trovano prodotti elettrici ed elettronici che consumano troppo.
Nella città di Modena i volontari saranno attivi oggi pomeriggio davanti ad un
punto vendita di una nota catena.
L'invito che viene rivolto
dagli attivisti di Greenpeace è quello di privilegiare i prodotti ad alta
efficienza energetica, ad esempio gli elettrodomestici A+ e A++.
Gli elettrodomestici
efficienti, oltre ad essere più rispettosi dell'ambiente, permettono di
risparmiare fino al 50 per cento della spesa in bolletta.
Un frigo-congelatore di
classe A++, ad esempio, porta a un risparmio in bolletta fino a 70 euro l’anno
e a una riduzione di emissioni di CO2 fino a 240 chili l’anno.
"Se potessimo
sostituire oggi tutte le apparecchiature che utilizzano elettricità con
tecnologie efficienti già disponibili sul mercato potremmo risparmiare fino al
30 per cento di elettricità" afferma Silvia D’Amico, di Greenpeace Modena.
"Da solo tale risparmio equivarrebbe ad abbattere di oltre un terzo le
emissioni di CO2 che l’Europa e l’Italia si sono impegnate a ridurre firmando
il Protocollo di Kyoto. È proprio l’efficienza energetica la grande “riserva”
da cui attingere per salvare il pianeta dal riscaldamento globale"
Per chi volesse incontrarci, prendere materiale informativo firmare le
nostre petizioni (è tutto gratis!), oppure farci qualche offerta in cambio
di libri, magliette, calendari 2007, ecc. saremo:
sabato 23 in via Emilia-portico ex Coop,dalle 15.30 alle 18.30 circa.
Per
ulteriori informazioni:
Silvia D'Amico
tel. 348/2220552
Greenpeace Gruppo Locale
di Modena, tel. 348/2220552
Francesco Tedesco, campagna
energia/clima di Greenpeace 340/0856944
OLTRE 1200 FIRME PER L'ESPOSTO CONTRO LE BOMBE ATOMICHE PRESENTATO
DA GREENPEACE. 243 NELLA SOLA MODENA.
Pieno successo dell'iniziativa
di Greenpeace di sabato scorso contro le bombe atomiche nelle basi Nato. Per
la giornata di denuncia si sono mobilitate in Italia una ventina di città ed
è stato presentato un esposto a firma di oltre 1200 cittadini
italiani.
A Modena il Gruppo Locale di Greenpeace, insieme a Rete
Lilliput, al Gavci e Casa per la Pace di Modena, ha attirato la curiosità
dei passanti con un coloratissimo banchetto, animato dalla presenza di un
clown che invitava a "Non scherzare col fuoco atomico", un fungo velenoso
(perché persino l'Amanita Muscaria è meglio del fungo atomico!"), missili
bomba umani, cartelloni, striscioni, e tanto ancora, raccogliendo in poco più
di tre ore 243 firme che sono state consegnate in questura la sera
stessa.
Si tratta di una vera e propria denuncia contro i governi che,
come il nostro, appoggiano la politica pro-nucleare della Nato. Un’azione
concreta per chiedere la rimozione e lo smantellamento di testate atomiche
di proprietà statunitense sparse su territorio europeo.
"Siamo
soddisfatti di come i nostri concittadini, per lo più ignari della presenza
di bombe atomiche nel nostro Paese, abbiano voluto unirsi alla nostra
denuncia" fanno sapere i volontari di Greenpeace Modena.
"Ora attendiamo
di conoscere come procederà la Procura di Modena, se vorrà avviare le
indagini o inoltrare la pratica alle Procure di Pordenone e di Brescia, dal
momento che le 90 testate atomiche di cui si ha notizia si trovano nelle basi
Nato di Aviano (in provincia di Pordenone, 50 bombe) e di Ghedi Torre
(provincia di Brescia, 40 bombe)".
BOMBE ATOMICHE A MONTECITORIO
Roma, Italia — In vista dell'imminente
Summit Nato di Riga, Greenpeace protesta a Montecitorio con sei riproduzioni
di bombe atomiche tipo B61 a grandezza naturale. Il messaggio è forte e
chiaro: serve il disarmo nucleare
per bloccare la proliferazione
atomica.
Nelle basi Nato italiane di Aviano e Ghedi Torre ci sono 90
testate nucleari di tipo B61 a gravità. In tutta Europa le bombe atomiche
parcheggiate nelle
varie basi della Nato sono 480. Dei 26 Paesi della Nato
solo 6 ospitano armi nucleari, in violazione del Trattato di non
proliferazione, mentre altri 4
Paesi - Canada, Grecia, Islanda e Danimarca -
hanno smantellato le basi nucleari che avevano nel loro
territorio.
Ognuna di queste bombe è un potenziale obiettivo: le basi di
Aviano e Ghedi Torre sono un bersaglio militare che mette potenzialmente a
rischio le popolazioni di una vasta area. Secondo un recente sondaggio
Eurisko svolto su un campione di 1000 intervistati [ vedi tabella ], la
maggioranza degli italiani non sa nulla dell'esistenza di questi ordigni
nucleari sul territorio nazionale. Queste novanta bombe atomiche,
perfettamente operative e pronte a essere impiegate per distruggere i
laboratori nucleari in Iran, sono un pericolo subdolo e invisibile, a un
passo dalle nostre case, dalle nostre cose, dalla nostra vita. Ma gli
italiani non lo sanno.
Secondo Greenpeace, c'è bisogno di una nuova
stagione di disarmo nucleare per contrastare le spinte alla proliferazione
atomica. La protesta di oggi si aggiunge alle altre iniziative intraprese
negli ultimi mesi da Greenpeace in Italia e in Europa.
A maggio è
stato presentato il rapporto "Ordigni nucleari USA NATO in Italia". Per
denunciare la proliferazione di queste armi, alcuni volontari di Greenpeace
hanno fatto irruzione nella parata militare del 2 giugno. Pochi giorni dopo
attivisti italiani, francesi, tedeschi e belgi hanno manifestato invece di
fronte al quartier generale della Nato a Bruxelles.
Più recente la protesta,
di fronte all'ambasciata nordcoreana a Roma, per la
decisione di effettuare
il primo test atomico.
Domani attivisti di Greenpeace e di altre associazioni
si recheranno nelle stazioni di polizia in una ventina di città in tutta
Italia – tra le quali Roma, Firenze, Milano, Torino, Napoli e Palermo - per
presentare un esposto contro la presenza di armi nucleari nel nostro Paese in
violazione del Trattato di non proliferazione.
L'Italia ha tutta la
credibilità per avanzare nelle sedi appropriate la richiesta di riaprire una
stagione di disarmo nucleare. Se le grandi potenze non riprendono questa
strada, sarà molto più difficile bloccare la proliferazione nucleare.
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