LA FIOM VOTA NO
NELLA
CONSULTAZIONE VOTIAMO NO ALL’ACCORDO DEL 23 LUGLIO 2007
Siamo
delegate e delegati Rsu dell’Emilia-Romagna iscritti/e alla Cgil e
appartenenti a diverse categorie. Ci accomuna il giudizio negativo
sull’accordo del 23 luglio 2007 firmato da Cgil, Cisl, Uil sia nel
metodo che nel merito.
Sul
metodo consideriamo un precedente pericoloso il non avere coinvolto
le lavoratrici e i lavoratori nella discussione su una vera
piattaforma rivendicativa da presentare al governo e il fatto di non
averla validata con un loro voto. Questo apre per la prima volta
nella nostra organizzazione sindacale una crisi profonda di
partecipazione e di democrazia e nel rapporto con le lavoratrici e i
lavoratori.
Nel
merito giudichiamo l’accordo negativo per
le lavoratrici, i lavoratori, i pensionati, i giovani e i precari. Le
poche luci (aumento delle pensioni più basse e del sussidio di
disoccupazione) a vantaggio di alcuni pensionati e di una parte dei
disoccupati, vengono pagate integralmente
da tutti gli altri lavoratori/trici e pensionati/e con l’aumento
delle tasse e dei contributi e con il peggioramento dei diritti.
Sulle
pensioni si passa dalla scalone
Maroni agli scalini portando l’età pensionabile a 62 anni,
con 35 di contributi o a 61 con 36, a partire dal 2013.
Sui
lavori usuranti l’accordo si rivela una beffa: non più di
5.000 lavoratori/trici all’anno saranno inizialmente esentati dallo
scalone, ma poi dovranno andare in pensione con almeno 58 anni d’età
e 36 di contributi.
Sui
coefficienti si peggiora la stessa riforma Dini tagliandoli, a
partire dal 2010, del 6-8%. Da allora ogni tre anni verranno rivisti
automaticamente al ribasso, con una scala mobile al rovescio. La
commissione tra le parti potrà solo, entro il 2008, decidere
le esenzioni. Il limite del 60% per le pensioni più basse dei
precari è solo un’ipotesi di studio.
A
partire dal 2011, se non saranno fatti risparmi a sufficienza con la
ristrutturazione degli enti previdenziali, aumenteranno ancora i
contributi sulla busta paga dei dipendenti e per i parasubordinati.
Vengono
aumentate le pensioni più basse e l’indennità di
disoccupazione, utilizzando i soldi del “tesoretto”, cioè
le tasse in più pagate in primo luogo dai lavoratori/trici,
che ammontano a oltre 10 miliardi di euro. Di questi solo un miliardo
e mezzo tornano a una parte dei pensionati e dei disoccupati.
Sulla
contrattazione la scandalosa eliminazione della sovracontribuzione
per il lavoro straordinario costituisce un grave incentivo
all’aumento dell’orario di lavoro con un danno all’occupazione
e al bilancio dell’Inps; mentre la detassazione del salario
aziendale totalmente variabile indebolisce fortemente la
contrattazione collettiva e, in particolare, il contratto nazionale.
In
tema di mercato del lavoro viene confermata la Legge 30 e con essa
tutta la legislazione che in questi anni ha precarizzato il mercato
del lavoro. I contratti a termine potranno durare anche oltre 36
mesi, senza alcun limite, con procedure conciliative fatte presso gli
uffici del lavoro con l’assistenza dei sindacati. Nella sostanza i
lavoratori potranno subire all’infinito il succedersi dei vari
contratti precari.
Per
queste ragioni invitiamo tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori a
votare NO nella consultazione.
Primi
firmatari:
Rsu
KPL PACKAGING-Bologna, Gabriele Cesari Rsu VODAFONE-Bologna, Giorgio
Paglieri Rsu VODAFONE-Bologna, Daniele Americola Rsu
VODAFONE-Bologna, Alessandro Borroni Rsu VODAFONE-Bologna, Roberto
Bozzi Rsu Fatro-Bologna, Stefano Bozzi Rsu Fatro-Bologna, David Muñoz
Rsu COOP Adriatica, Roberto Santi Rsu Ipercoop-Bologna, Miriam
Planesio Rsa IKEA-Bologna, Luca Montebugnoli Rsu Eurodent-Bologna,
Gianplacido Ottaviano Rsu Bonfiglioli Riduttori-Bologna, Ferruccio
Benedetto Rsu Rizzoli Ortopedia-Bologna, Vincenzo Guerrieri Rsu
Titan-Bologna, Giovanni Anselmi Rsu Titan-Bologna, Domenico Pirulli
Rsu Titan-Bologna, Andrea Costa Rsu OAM-Bologna, Gianpietro Montanari
Rsu Cesab-Bologna, Alessandro Matteo Rsu Cesab-Bologna, Davide
Bacchelli Rsu IMA-Bologna, Orlando Maviglia Rsu Motori
Minarelli-Bologna, Umberto Cotti Rsu SCIC-Parma, Paolo Belletti Rsu
ENEL-Parma, Guardiani Rsu Gazzetta di Parma, Claudio Adorni Rsu
Barilla-Parma, Cinzia Dondi Rsu Wittur-Parma
Paolo Brini Rsu Smalti-Modena,Michele Roncaglia Rsu
Smalti-Modena,Leonardo Roverati Rsu Smalti-Modena, Renzo Ferri Rsu
Ferrari-Modena,Daniele Manzini Rsu Ferrari-Modena,Paolo Ventrella Rsu
Ferrari-Modena,Parlati Matteo Rsu Ferrari-Modena,Elvis Fischetti Rsu
Ferrari-Modena
Amedeo Cusano Rsu Ferrari-Modena,Santo Giuffreda
Rsu Ferrari-Modena,Claudio De Cicco Rsu Macerati-Modena,Giovanni
Iozzoli Rsu PFB.Modena,Francesco Santoro Rsu Terim-Modena
Piero
Ficiarà Rsu Terim-Modena,Antonio Grimaldi Rsu Inalca (Gruppo
Cremonini)-Modena
Pasquale Auciello Rsu Inalca (Gruppo
Cremonini)-Modena,Santo Carderopoli Rsu Autogru PM-Modena,Simona
Bolelli Rsu Sps-Modena,Antonio Serena Rsu Sirti-Modena,Giovanni
Colletta Rsu GSM-Modena,Castro
Ramirez Luis Enrique Rsu-RanCellofan-Ravenna
Per
adesioni: no23luglio2007@alice.it
NELLA CONSULTAZIONE VOTA NO ALL' ACCORDO DEL 23 LUGLIO 2007
L’accordo
che viene portato alla consultazione da Cgil, Cisl e Uil è
complessivamente negativo per le lavoratrici, i lavoratori, i
pensionati, i giovani e i precari. E’ vero che alcuni settori dei
pensionati e una parte dei disoccupati hanno qualche guadagno, ma
tutto questo è integralmente pagato da tutti gli altri
lavoratori e pensionati con l’aumento delle tasse e dei contributi
e con il peggioramento dei diritti. Questi infatti sono i contenuti
fondamentali dell’accordo:
PENSIONI
Si
porta l’età pensionabile a 62 anni, con 35 di contributi o a
61 con 36, a partire dal 2013. Chi ha 40 anni di contributi
continuerà a uscire con le “finestre” e anche chi ha la
pensione di vecchiaia dovrà aspettare le “finestre”. Così
la pensione di vecchiaia delle donne, sale oltre i 60 anni e quella
degli uomini oltre i 65.
Il
miglior trattamento per chi fa lavori usuranti si rivela una beffa:
non più di 5.000 lavoratori all’anno saranno inizialmente
esentati dallo scalone, ma poi dovranno andare in pensione con almeno
58 anni d’età e 36 di contributi. Chi non rientra nella
quota prefissata e chi è andato a lavorare giovanissimo e ha
fatto lavori usuranti e faticosi, dovrà lavorare comunque più
di 40 anni, perché non gli verrà riconosciuto alcun
diritto.
Si
peggiora la riforma Dini sui coefficienti, che verranno tagliati a
partire dal 2010 del 6-8%. Da allora ogni tre anni verranno rivisti
automaticamente al ribasso, con una scala mobile al rovescio. La
commissione tra le parti potrà solo, entro il 2008, decidere
le esenzioni. Il limite del 60% per le pensioni più basse dei
precari è solo un’ipotesi di studio.
A
partire dal 2011, se non saranno fatti risparmi a sufficienza con la
ristrutturazione degli enti previdenziali, aumenteranno ancora i
contributi sulla busta paga dei dipendenti e per i parasubordinati.
Vengono
aumentate le pensioni più basse e l’indennità di
disoccupazione, utilizzando i soldi del “tesoretto”, cioè
le tasse in più pagate in primo luogo dai lavoratori, che
ammontano a oltre 10 miliardi di euro. Di questi solo un miliardo e
mezzo tornano a una parte dei pensionati e dei disoccupati.
MERCATO
DEL LAVORO E COMPETITIVITÀ
Vengono
scandalosamente ridotti i contributi pensionistici per le ore di
straordinario. Così si danneggia l’occupazione e anche il
bilancio dell’Inps, mentre non ci sono i soldi per cancellare lo
scalone.
Viene
confermata la Legge 30 e con essa tutta la legislazione che in questi
anni ha reso legale e diffusa la precarietà del lavoro. Resta
anche il lavoro interinale a tempo indeterminato (staff leasing). I
contratti a termine potranno durare anche oltre 36 mesi, senza alcun
limite, con procedure conciliative fatte presso gli uffici del lavoro
con l’assistenza dei sindacati. Nessun limite per i contratti
interinali e per tutte le forme di lavoro precario. Nella sostanza i
lavoratori potranno subire all’infinito il succedersi dei vari
contratti precari.
Si
riducono le tasse sul salario variabile aziendale, a condizione che
esso sia totalmente flessibile, cioè possa esserci o non
esserci. Nulla si fa sugli aumenti dei contratti nazionali e sul
salario garantito su cui, anzi, cresce la pressione fiscale.
AMMORTIZZATORI
SOCIALI
Si
migliora l’indennità di disoccupazione, ma si rischia un
drammatico peggioramento della cassa integrazione che, annuncia il
protocollo, nel futuro potrà essere trattata come l’indennità
di mobilità e cioè diventare una vera e propria
anticamera del licenziamento. Infatti il lavoratore in casa
integrazione che dovesse rifiutare un’occupazione qualsiasi, anche
a 50 chilometri dal suo posto di lavoro, rischierebbe di perdere la
cassa integrazione.
Si
rilancia il ruolo degli Enti bilaterali tra sindacato e aziende, per
la regolarizzazione dei rapporti di lavoro. Scelta questa che può
dare luogo a un vero e proprio conflitto di interessi nel sindacato,
tra la tutela dei diritti dei lavoratori e la certificazione
dell’assunzione.
Ai
giovani precari che perdono il posto di lavoro invece che garantire
il salario e più diritti, si dà la possibilità
di farsi prestare dei soldi a tasso agevolato. Soldi che comunque
dovranno essere restituiti, magari quando si è ancora
disoccupati.
Il
bilancio complessivo di questo accordo, tra il dare e l’avere, ha
il segno negativo per le lavoratrici, i lavoratori, i pensionati, i
precari. Restano ancora tutte le ingiustizie, i privilegi, l’evasione
fiscale e contributiva. Resta la vergogna per cui chi lavora
duramente dovrà andare in pensione come minimo a 62 anni,
mentre per un parlamentare bastano meno di 5 anni di legislatura, per
avere una buona pensione.
Per
cambiare allora bisogna prima di tutto votare no nella consultazione.
Il
No per cambiare
Roma,
11 settembre 2007
Giorgio
Cremaschi: “Dopo il no della Fiom, il no nei luoghi di lavoro per
cambiare un accordo ingiusto”
“Il
fatto che, per la prima volta nel dopoguerra, il Comitato Centrale
della Fiom abbia bocciato un accordo interconfederale è un
fatto di grandissima rilevanza che dovrebbe far riflettere tutto il
sindacato.”
“Il
giudizio della Fiom è molto semplice: i danni che vengono da
quell’accordo per lavoratori, pensionati e soprattutto per i
precari, sono maggiori dei benefici. Per questo l’accordo è
stato bocciato, per questo dovrebbe essere profondamente modificato.”
“A
questo punto sono necessari tantissimi no in tutti i luoghi di
lavoro, per mettere in discussione un accordo ingiusto.”
Roma,
11 settembre 2007
Dopo
il voto della Fiom contro l’accordo Organizzare
una forte campagna per il NO
di
Paolo Brini Comitato Centrale Fiom-Cgil
Il
compagno Guglielmo Epifani durante il direttivo nazionale Cgil di
metà luglio in cui si discuteva del protocollo di intesa su
pensioni e mercato del lavoro disse, testuali parole, che in quel
documento erano contenute delle “porcherie”. Il giorno seguente,
senza dare alcuna spiegazione logica, lo stesso Epifani cambiò
completamente idea e pose la sua firma su quel protocollo poi
definito del 23 luglio 07.
Si,
il compagno Epifani aveva proprio ragione, l’accordo del 23 luglio
contiene delle vere e proprie porcherie e la Fiom, pur con i limiti
che tra breve spiegherò, ha fatto bene ad esprimere un
giudizio negativo su quell’accordo. Naturalmente un episodio così
clamoroso non avviene per caso ma è in ultima analisi il
riflesso del clima che si respira nelle fabbriche e nei posti di
lavoro, non solo tra i metalmeccanici ma in tutte le categorie del
lavoro dipendente. Un clima di rabbia e di insofferenza che ad ora
non riesce a trovare una via di espressione a causa del freno che è
stato posto dai vertici sindacali in questo anno e mezzo di governo
prodi al conflitto di classe. Nei primi sei mesi del 2007 si è
registrato un calo del 63% delle ore di sciopero rispetto all’anno
scorso, segno non della scarsa propensione dei lavoratori alla lotta,
ma dell’imponente paralisi e disorientamento che la logica del
“governo amico” abbracciata da Cgil-Cisl-Uil ha generato.
Questa
vicenda del 23 luglio ricorda in maniera a dir poco impressionante
quello che è accaduto solo pochi mesi fa con la finanziaria.
Per oltre un mese alla vigilia dell’approvazione della manovra 2007
i sindacati si sono stracciati le vesti per spiegare ai lavoratori
quanto positiva essa fosse e come per la prima volta una finanziaria
tassasse i ricchi e redistribuisse ai poveri e ai lavoratori
attraverso il fisco. Salvo poi concludere tutta la vicenda in maniera
ignobile con un intervista ad Epifani del 12/09/06 in cui egli
ammette candidamente che sul fisco “siamo stati fregati” perché
anche redditi da 1000 euro si son visti sottrarre ben 50 euro in più
al mese.
Anche
oggi ci si dice che questo accordo è il migliore possibile. In
realtà siamo di fronte ad una intesa che peggiora in maniera
sostanziale le condizioni di vita e di lavoro ed apre a principi
politici estremamente gravi e che rischiano di mettere in discussione
anche gli ultimi diritti conquistati dalle lotte del movimento
operaio negli anni 70. Quello che è ancora più grave è
che tutto ciò avviene senza che si sia dichiarata nemmeno
un’ora di sciopero!
Il
modo migliore per capire la portato di questa intesa è entravi
nel merito. Il primo elemento da tener in considerazione è che
anche i pochi provvedimenti che possono essere definiti “lievi
miglioramenti” in realtà sono subordinati al principio
aberrante “della compatibilità con gli equilibri della
finanza pubblica”. Questo significa che non stiamo parlando diritti
acquisiti ma di concessioni che vengono fatte solo se “ci sono i
soldi”. Ovvero se il ministro delle finanze, i banchieri centrali o
chi per loro, danno il benestare. Dato che questa manovra (da 10
miliardi di euro) per “superare” lo scalone è a costo zero
per il governo, ciò significa che viene completamente fatto a
pezzi ogni barlume rimasto del concetto di redistribuzione della
ricchezza “dai più ricchi ai più poveri”.
Semplicemente si introduce il principio che le classi meno abbienti
devono dividersi la miseria, innescando una becera e vergognosa
guerra tra poveri.
Facciamo
qualche esempio. Per quanto riguarda la parte previdenziale è
previsto un aumento di 300 euro all’anno per le pensioni più
basse. Oltre al fatto che 30 euro in più al mese per chi campa
con 300-500 euro davvero sono una cifra irrisoria, la domanda è:
Da dove vengono presi i soldi per finanziare l’operazione?dai
ricchi? dai padroni? Dai banchieri? No semplicemente si aumenta di 5
anni l’età della pensione per tutti e le più colpite
saranno proprio le nuove generazioni. Su questo il 23 luglio è
pure peggiorativo dello scalone Maroni. Infatti se la riforma Damiano
da un lato permette nei prossimi 3 anni a 100mila lavoratori, che con
la Maroni sarebbero stati esclusi, di andare in pensione, dall’altro
anticipa “un ipotetico” (ma non automatico) aumento nel 2014
dell’età pensionabile a 62 anni con 35 di contributi, con
“uno sicuro” (di uguale entità) nel 2013. La domanda che
allora si pongono i giovani lavoratori è : qual è la
differenza tra lo scalone Maroni e gli scalini Damiano? La risposta è
NESSUNA. Anzi è pure peggiorativa! Poi ci si lamenta se il
qualunquismo di Grillo porta in piazza 300mila persone. Chi semina
vento non può che raccogliere tempesta.
Per
quanto poi riguarda la questione dei lavori usuranti siamo alla
parodia. In primo luogo ogni anno non possono essere riconosciuti più
di 5000 lavoratori .e se fossero 6000 o 7000? Guerra tra poveri e chi
è più fortunato la vince. Alla faccia dei diritti
acquisiti e uguali per tutti! Inoltre a chi verrà riconosciuto
la qualifica di lavoro usurante, vedrà l’età
pensionabile aumentata di almeno un anno. Se non vi sarà la
copertura finanziaria nel 2010 verranno aumentati di un ulteriore
0,09% i contributi previdenziali dei lavoratori! Ecco cosa vuol dire
ridistribuirsi la miseria.
Già
in finanziaria i lavoratori dipendenti avevano subito un aumento
dello 0,30% dei contributi previdenziali, ma quei soldi non sono
stati utilizzati per migliorare la nostra pensione, ma per pagare il
debito pubblico. Quindi sono soldi che ogni anno saranno regalati
alle banche! E tutto questo mentre il fondo INPS dichiara solo per
quest’anno un attivo di 3miliardi di euro!
Infine
la beffa sui coefficienti di calcolo. L’accordo afferma che si
proverà (ma non si dice come) a far in modo che la pensione in
futuro arrivi al 60% dell’ultimo salario, ma due righe dopo si dice
che SICURAMENTE a partire dal 2010 scatta la revisione automatica dei
coefficienti di calcolo delle pensioni che ne prevedono una riduzione
del 6-8%. Anche in questo caso si è accettato quanto
Cgil-Cisl-Uil dicevano non avrebbero mai approvato.
Capitolo
ancora più aberrante è quello sul mercato del lavoro.
Qui si accetta il precariato selvaggio in tutte le sue forme più
becere. Infatti la sostanza dell’intesa prevede che non vi siano
limiti né di percentuali di dipendenti precari per azienda, né
di periodo massimo in cui un lavoratore può essere tenuto
precario. In sostanza si accetta lo scenario in cui sui posti di
lavoro anche tutti i lavoratori possono essere precari per un numero
indefinito di anni. A questo va aggiunto che per i contratti a Tempo
Determinato è prevista la possibilità per le nuove
aziende di andare in deroga (dunque di non rispettare) eventuali
limitazioni previste dai contratti nazionali di riferimento. Inoltre
vengono detassati gli straordinari con la conseguenza che non solo
non si favorisce l’occupazione ma altresì si peggiora la
qualità della vita dei lavoratori. Il protocollo prevede anche
sgravi sui premi aziendali esclusivamente variabili (cioè
legati all’andamento dell’azienda) si capisce quale colpo mortale
il 23 luglio dia al ruolo del contratto Nazionale.
Da
tutto questo emerge molto chiaramente qual è il significato
politico di questo accordo. Con questa intesa la Cgil firma quel
Patto per L’Italia che non aveva firmato nel 2003 e si piega nei
fatti alla linea politica della Cisl. All’ultimo congresso, il
documento conclusivo (per quanto moderato) prevedeva 3 punti cardine:
l’abolizione(non il superamento) dello scalone Maroni,
l’abrogazione della legge 30 e la difesa del ruolo del contratto
nazionale. Con l’intesa del 23 luglio la Cgil si è
rimangiata tutti gli impegni presi con la propria base. Pertanto un
gruppo dirigente serio non avrebbe altro da fare che dimettersi ed
aprire la discussione tra i militanti ed i lavoratori sul futuro e
sulla linea che la Cgil dovrà seguire nei prossimi anni.
Invece nulla di tutto questo è in cantiere ed anzi ancora con
più vigore si sostengono le ragioni del “governo amico” e
della necessità di fare la quinta colonna del governo Prodi.
Le conseguenze di ciò sono, come si può ben vedere,
disastrose per il movimento dei lavoratori.
Esattamente
per tutte queste ragioni al Comitato Centrale della Fiom-Cgil
tenutosi il 10 e 11 settembre ho sostenuto il documento, approvato a
larga maggioranza, che boccia tale accordo.
Da
qui prende corpo il livore con cui il segretario della Cgil e della
Cisl si sono scagliati contro i metalmeccanici Cgil. I quotidiani
padronali, Corriere della sera e Repubblica in testa, guarda caso per
un giorno smettono di accusare la Cgil di essere vecchia e
corporativa, per sostenerla contro chi per i padroni ora rappresenta
il vero pericolo.
Si
preparano per la Fiom nuovi giorni difficili. Solo un risultato
significativo del No potrà ridimensionare l’attacco. Lo
stesso Rinaldini ne è consapevole ed è preoccupato che
il disagio dei lavoratori invece che tradursi in una bocciatura
dell’accordo possa esprimersi con un’astensione. Proprio perché
crediamo che la Fiom debba essere difesa riteniamo che sia un errore
non rivendicare il diritto di poter portare avanti una aperta
campagna per il No. Solo cosi e impegnando i compagni della Fiom
nell’intervenire nelle assemblee delle altre categorie si può
spezzare l’isolamento in cui Epifani la vuole relegare. Per questo
motivo al Comitato centrale ho presentato un emendamento al documento
di Rinaldini in cui chiedevo che la fiom desse esplicitamente
indicazione ai lavoratori di votare No. Purtroppo, avendo Rinaldini
rigettato questo emendamento, un regolamento macchinoso e discutibile
mi ha costretto a ritirarlo (l’alternativa era trasformarlo in un
terzo documento, cosa che ho declinato votando il documento di
Rinaldini per evitare strumentalizzazioni). Un occasione persa anche
per la Rete 28 aprile, che vede nella Fiom la sua forza e radicamento
maggiore. Sono infatti convinto che, una presa di posizione netta ed
esplicita da parte della Rete in Fiom ed in Cgil che invitasse anche
i funzionari nelle assemblee ad esprimere il loro giudizio di
contrarietà all’accordo, renderebbe senz’altro più
facile il compito di quanti in Fiom ed in Cgil vorrebbero esprimere
il loro dissenso ma ne sono impediti da regole non esplicitamente
scritte ma imposte con inaudite pressioni.
Per
quello che ci riguarda come delegati, militanti della Cgil e della
Rete 28 aprile ci spenderemo al massimo nelle prossime settimane nel
portare avanti la propaganda per il No ovunque possibile, senza
temere le intimidazioni di chi antepone la salute di questo governo
agli interessi dei lavoratori.
Saremo
quindi presenti ovunque potremo con volantini, banchetti informativi
e interverremo alle assemblee a cui potremo partecipare. Perché
il dovere di dire ai lavoratori come stanno le cose ha la priorità
su qualunque altra considerazione, perché il No può
ottenere un risultato significativo.