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Consigli
per una miglior cura dell’anima di
Ermanno Bugamelli
Fili
di parole
La Zona Bibliotecaria dell’associazione
Terre d’Acqua, comprendenti i comuni di Anzola
dell’Emilia, Calderara di Reno, Crevalcore, Sala Bolognese,
San Giovanni in Persiceto e Sant’Agata Bolognese, ha
organizzato per il secondo anno consecutivo la manifestazione “Fili
di Parole”.
Nei sei comuni della Provincia di
Bologna che hanno scelto da tempo di stringere un sodalizio che va
ben oltre le iniziative di carattere sociale e culturale, si sono
tenute da febbraio a giugno 18 serate, tutte a ingresso gratuito,
per compiere un viaggio che segua l’ancestrale bisogno dell’uomo
di nutrirsi delle parole. Il grande successo della prima edizione ha
ribadito l’importanza e la necessità per tanti, di
restituire ai vocaboli un ruolo primario nel tracciare un cammino su
cui posare i passi dell’esistenza.
Attraverso momenti dove la lettura di
prosa e poesia si mescola al cinema, al teatro, all’approfondimento
dei sentimenti umani, lo spettatore ha ritrovato il giusto clima dove
sposare riflessione e ricreazione, scegliendo se rimanere tale o
interagire allo svolgimento degli appuntamenti.
Le parole che componendosi in varie
forme divengono come fili, che s’intrecciano, ci avvolgono, ci
guidano. Udirne lo scorrere ed il loro racconto ci aiuta a sognare ed
immaginare, assaporarle combinate ai gesti ed alle immagini le
trasformano in emozioni limpide e pure, acquisire la capacità
di ascoltarne il flusso nel senso più profondo, può
consentirci un importante passo nell’arduo compito di conoscere se
stessi, nel tentativo di fornire le risposte che la nostra anima
tormentata insegue da sempre.
La porzione ospitata da Crevalcore, a
cura dei Servizi Culturali Paolo Borsellino, presso la Sala Ilaria
Alpi della Biblioteca Comunale, ha visto tre conferenze con tematiche
relative ai sentimenti umani, un sentiero della nostra vita fonte
delle gioie più immense e delle sofferenze più
laceranti.
I titoli dei tre appuntamenti sono
stati: “Ricomincio da me”, “Desiderio e
sogno” e “Seduzione e abbandono”.
Le serate si sono articolate secondo
il medesimo schema: un psicoterapeuta ad esporre la propria
relazione, intervallata da brani di lettura(eseguiti dall’attore
Fabio Michelini) e proiezioni di spezzoni cinematografici inerenti al
tema affrontato.
Una formula di grande effetto,
calibrata nella giusta misura per rendere argomenti non semplici,
agevoli da assimilare. Una riprova delle grandi potenzialità
benefiche e curative che le parole trasmesse in tutte le loro forme
di espressione possono donarci.
Una serie di consigli per aiutarci ad
aver una maggiore cura e attenzione della nostra anima.
Un folto pubblico ha assistito ai tre
incontri, pubblico neanche a dirlo, sempre composto per oltre il 95%
da rappresentanti femminili, a testimonianza se servisse, dell’enorme
divario a loro vantaggio in termini di sensibilità verso
l’attenzione a temi tanto delicati e importanti per la vita di
tutti noi.
Tre serate, tre argomenti solo
apparentemente legati unicamente dal termine “sentimenti”. Come
vedremo il filo che li unisce è ben visibile e attraversa la
sfera dell’intimo. Dal come uscire dai momenti di crisi della vita,
al come soddisfare i propri desideri e discriminarli
dall’irraggiungibile, fino alla comprensione delle alchimie della
seduzione, si compie un percorso che conduce sempre alla
indispensabile conoscenza di se stessi, obbiettivo primario per
divenire controllori e fulcro della nostra esistenza.
Seduzione e Abbandono
I fili di parole curati dal Comune di Crevalcore chiudono il loro
cerchio ospitando il dottor Roberto Dalpozzo specialista in psicologia e
psichiatria. La conferenza affronta con il tema “Seduzione
e Abbandono” alcuni aspetti di quella che tra l’universo dei sentimenti
umani riveste il ruolo di regina: la sfera affettiva.
Il dott. Dalpozzo conduce il
pubblico ad una riflessione introduttiva per indurli a constatare come molti di
noi abbiano la tendenza e a volte il bisogno, di programmare e pianificare la
propria esistenza. In forma più o meno consapevole si cerca di costruire un
percorso dove il passo successivo a quello che stiamo vivendo abbia già una
forma e un contorno. La programmazione vista nei termini di obbiettivi da raggiungere
( professione, studio ) è un aspetto consueto, ma vi sono persone che sono
portate a razionalizzare anche l’ambito dei sentimenti umani.
All’interno di questa sfera,
le relazioni affettive di natura sentimentale sono tutte composte da un ciclo
di vita vero e proprio, da una fluttuazione difficile da interpretare come
tale, ma che non sfugge a tre punti essenziali: inizio, svolgimento,
conclusione.
La fase della seduzione è
inserita nella prima porzione e come espone Dalpozzo consiste “nell’attrarre, portare
a se, colpire” la persona che desideriamo avvicinare.
“Ognuno ha la sua specificità
nel creare un legame” ma quando si verifica “il colpo di fulmine”, evento
piacevole, inatteso, imprevisto, che sconvolge la vita soprattutto di coloro
portati a razionalizzare i sentimenti, questo lavora in prevalenza su elementi
esteriori. “L’attrazione è sin dall’inizio mossa dall’imprinting che noi
abbiamo”, un insieme di informazioni accumulate al nostro interno e raccolte
nel corso della vita, provenienti da educazione, cultura, rapporto con i
genitori o da altri episodi che ci hanno consapevolmente o inconsciamente
segnato anche dall’infanzia. Senza rendercene conto siamo sospinti da tutto
questo e si cercano nell’altra persona parti già presenti in noi: gli odori, i
gesti, i movimenti, che ci colpiscono sono
preesistenti nella nostra mente.
Secondo lo specialista infatti ,”Nelle relazioni la componente non
verbale agisce per circa un 85%”: nel momento del corteggiamento i segnali non
verbali inviati con lo sguardo, la gestualità e i leggeri contatti da
sfioramento, contengono i messaggi con cui si trasmette la preferenza o meno
verso gli altri.
Lo psicologo afferma quanto “
Ogni incontro sia sinonimo di alchimia e per svilupparsi e progredire occorre
che la chimica tra i due individui dia esito favorevole. Nella fase iniziale di
una relazione, occorre essere preparati a qualcosa che ci sconvolgerà e
possedere la predisposizione ad accogliere l’alchimia stessa”. E’ necessario
sospendere i pregiudizi che spesso ci allontanano da ciò che non si conosce e
accantonare la nostra chiave di lettura sulle cose. Non siamo abituati a questo
in modo naturale e dobbiamo compiere un lavoro su noi stessi perché
“Nell’incontro dobbiamo accogliere parti diverse dalle nostre”.
“Ogni relazione” prosegue
ancora il medico, “influenza e sconvolge il nostro mondo e ogni vero incontro è
un passaggio di crescita interiore perché alcune parti nostre muoiono per
lasciare spazio a parti nuove”. Rimuoversi in piccole o grandi porzioni è sempre
sinonimo di rischio ed è per questo che alcune persone sono spaventate dalle
nuove relazioni.
“Per un benefico svolgimento
della stessa bisogna infatti chiarire in che rapporto si è con la disponibilità
al coinvolgimento”, quindi anche a quanto siamo pronti a correre “Il rischio”
che ne consegue.
Il dottor Dalpozzo apre con
questa frase la porzione dedicata ad illustrare lo svolgimento di una relazione
sentimentale.
L’essere umano ha bisogno di
legami perché senza si muore interiormente, ma perché si possa parlare di amore
serve che il legame generi qualcosa di forte. Il riuscire a stringere vincoli
di una certa intensità prevede la capacità non scontata a farlo, visto che non tutti ne sono in
grado. E’ indispensabile come premessa generale, il fruire di una espressività
in grado di porci al prossimo in forma aperta, di godere di un “imprinting di
amore” che ci consenta di “andare verso il mondo, di esserne da lui chiamati”.
“Avviare una relazione e
mantenerla viva, richiede un prezzo elevato in termini di impegno, paure, senso
del dovere”.
Nell’innamoramento si vive un
momento di ebbrezza, di tumulto emotivo, uno stato bellissimo dove spesso la
realtà ci appare distorta, illuminata dalla luce accecante della passione verso
la fonte dei nostri sentimenti. Presto o tardi si sente il bisogno di tornare
all’interno della realtà ed è in questa fase che possono insorgere i problemi.
“Quando tra due identità si assapora il gusto di una, si raggiunge il massimo
della fusione, del sentirsi una cosa sola”, poi si idealizza questo attimo e
desideriamo non finisca mai.
“Impossibile nel ciclo vitale
umano” sentenzia Dalpozzo con dolce ma
severa fermezza.
Diviene fondamentale la
consapevolezza che tappe quali attrazione, incontro, innamoramento, porteranno
presto o tardi ma comunque sempre ad una conclusione, intesa come punto di
arrivo al termine del quale si deve verificare o meno l’avvenuta realizzazione
di un progetto. Per la coppia è questo un momento molto delicato. Se l’esame
avrà un esito gratificante per entrambi, sarà con molte probabilità capace di
proseguire il cammino insieme attraverso il suo rigenerarsi in un nuovo
progetto, altrimenti è possibile finisca con il separarsi e dovranno da
singoli prepararsi ad un nuovo ciclo vitale.
“Se riesco a mettere in gioco
parti di me si rigenera l’amore, perché l’essenza stessa del suo legame è nel
pieno riconoscimento della diversità altrui, altrimenti si finisce per stare
insieme per senso di sicurezza, abitudine, dipendenza emotiva o economica.
Senza un rinnovamento sincero per entrambi, si prosegue il rapporto con il
pilota automatico inserito e le emozioni in gioco finiscono per congelarsi”
continua lo psicologo.
“Conclusione” quindi da
metabolizzare come solo termine di un ciclo vitale, ma appare evidente quanto risulti
difficile ai più effettuare questo passaggio mentale ed emotivo.
Prosegue Dalpozzo:“ Occorre
dare un senso alla conclusione perché se non vi si riesce, il sospeso
continuerà a contaminare ogni nuova relazione e inquinerà il nuovo ciclo
vitale.”
La chiave di lettura assoluta
per la chiusura di una relazione non esiste e quella giusta è quella che ti fa
sentire bene. Chiudere un rapporto senza un riferimento genera in termini
psicoanalitici un insoluto; “un insoluto duraturo” che si protrae nel tempo,
può condurre ad un amore ideale impossibile che lavora sulla fantasia e sulla
memoria (rievocazione).
Se la conclusione coincide
con l’abbandono, ci troviamo in presenza di un trauma da elaborare molto più
forte e la persona interessata è obbligata a nuove chiavi di lettura del suo
futuro. Il tempo che serve per metabolizzare il distacco è soggettivo. Di
fronte ad una separazione il cuore si chiude al mondo e il dolore si può curare
grazie alla rete di relazione di chi ti è vicino, al contorno che contiene,
alla capacità di ascoltare e fornire amore da parte di persone che ti vogliono
bene.
Può accadere che l’abbandono
si verifichi in presenza di un lutto. I contenuti della relazione non
spariscono con la perdita della persona amata e di conseguenza la relazione non
si chiude. La nostra porzione razionale ha bisogno di trovare una via per
combattere “il non c’è più”e se non vi riusciamo si rischia di bruciare il
presente, spegnendosi interiormente.
Con estrema serenità il
dottor Dalpozzo sostiene:” Quando ci colpisce un lutto il trauma rimane fino a
quando non riusciamo a lasciar andare la persona che non c’è più. La nostra
difficoltà in questo è legata a trovare la forza di lasciarla andare perché
temiamo che il passaggio comporti la perdita del ricordo.”
“Lasciar andare non è
perdita, ma crescita per andare avanti, per proseguire senza rimanere ancorati
nel passato, un chiudere la porta per poter aprirne una nuova” assicura lo
psicologo.
Al termine della relazione,
Dalpozzo pone l’amore e la morte come fatti inaspettati che costituiscono
passaggi con opportunità di crescita. Fa inoltre cadere l’accento in modo
particolare sul bisogno di non considerare nulla di scontato nel corso della
vita, quale antidoto ad ogni improvviso mutamento, ma anche per dotarci di una
visione delle cose più ampia, meno contaminata dai pregiudizi e dai luoghi
comuni.
Una conferenza dalle grande
emozioni, condotta interagendo con il pubblico in forma fluida e scorrevole,
tanto che il dibattito stesso si è fuso con l’esposizione del dottor Dalpozzo,
senza soluzione di continuità. Platea in sala che non ha mancato di mostrare
perplessità su diversi punti, a dimostrazione di quanto sia difficile per tutti
districarsi in quella che è forse una delle prove più difficili della vita:
costruire una sincera e duratura relazione affettiva insieme ad un'altra
persona, dove l’onestà dei propri sentimenti venga posta al di sopra di tutto.
Una fragilità contagiosa e
senza età, intacca il coraggio che serve per le scelte difficili e dolorose,
quelle che ruotano intorno al cuore e ai suoi bisogni. Una gracilità emotiva
che rende la vita di coppia instabile e vacillante da un lato, e conserva
nell’immobilismo tante persone che vivono al fianco di chi non amano più,
dall’altro.
Un tempo il nostro, dove il
matrimonio e la famiglia diventano strumento di propaganda, ponte su cui
appoggiare la più stomachevole delle retoriche, invece che fine di una
oggettiva e proficua analisi della sua crisi.
Il mondo è di chi lo vive e se sono ancora molti coloro che per
una lunga serie di ragioni, scelgono di continuare a sostenere una relazione
dalle emozioni oramai ibernate, spente, scolorite, ponendo il proprio e altrui
diritto alla felicità alle spalle di convenienze o paure, vorrà dire che
saranno ancora tanti gli individui che in futuro rimpiangeranno di non aver
ascoltato il proprio cuore.
E’ stata per me una serata
particolare, nel corso della quale ho avuto modo di provare emozioni
fortissime. In piena sintonia con il mio tempo, sono stato afflitto a lungo da
tanti di quei mali di cui il dottor Dalpozzo ci ha parlato. Poi lentamente il
cuore ha avuto il sopravvento e il coraggio e l’onesta dei sentimenti mi hanno
dato la forza di ascoltarlo. E’ stata una prova difficile, per il dolore
costato e procurato, ma cambiare il proprio destino ascoltando l’anima non ha
prezzo. Le sensazioni provate ad ascoltare la mia storia raccontata da ignari
narratori mi ha dato ulteriore conferma che le porte dietro di me si sono
chiuse e dato la forza d’intervenire raccontando a sconosciuti porzioni di me,
cosa un tempo impensabile.
Che i fili di tutte queste
parole possano costituire una traccia per coloro ancora alla ricerca del
coraggio necessario a dare voce al loro cuore. Roberto Dalpozzo
Laureato in psicologia a Padova nell’84 e iscritto all’Albo dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia Romagna dal 1993 e degli Psicoterapeuti dal 1995, svolge attività di prevenzione e formazione-azione nell’area educativa, sanitaria, sociale e di comunità. Psicologo-psicoterapeuta si occupa attualmente, utilizzando un approccio interdisciplinare, di formazione nell’area del comportamento organizzativo e conduce gruppi di sviluppo personale e professionale sulle tematiche relative la comunicazione, l’innovazione culturale , la qualità del servizio e l’analisi e lo sviluppo delle competenze emozionali. Dal 1990 a tutt’oggi interviene come formatore e consulente di risorse umane presso organizzazioni pubbliche occupandosi di problemi inerenti: · la comunicazione interpersonale (linguaggi verbali e non verbali, gestione di un colloquio e di una riunione, presentazione in pubblico) · la gestione dinamica di gruppi di lavoro (ruoli, conflitti, negoziazione, leadership, presa di decisioni) · i processi di innovazione e di cambiamento (auto osservazione, comportamenti automatici, modalità di relazione, flessibilità, creatività) · la gestione ed il monitoraggio di uno stato di stress (accumuli mentali ed emotivi, norme di controllo sociale, tecniche di riduzione dello stress, sindrome burnout, situazioni di mobbing aziendale e famigliare, gestione di situazioni traumatiche in uno stato d’emergenza) · il potenziamento e la valorizzazione delle risorse umane in una organizzazione (incrementare la motivazione e l’autostima, padronanza dei sentimenti e delle emozioni, sviluppo delle competenze e delle abilità relazionali individuali e di gruppo, favorire situazioni di empowerment).
Desiderio e sogno. Il
secondo appuntamento alla Sala Ilaria Alpi di Crevalcore ospita la
conferenza della dr.ssa Luisa Leoni, neuropsichiatria infantile.Il
tema della serata, “Desiderio e Sogno”, ci introduce nei meccanismi
legati a questi motori della nostra vita, essenziali e virtuosi se
sviluppati in equilibrio, fonte di pericolosi sviamenti dalla realtà
quando sospinti da alterate percezioni della stessa.La
dr.ssa ci introduce all’incontro affermando che l’uomo è sul pianeta
l’unico essere che desidera, in quanto ha la consapevolezza genetica di
non bastare a se stesso, di non essere compiuto e di sentire la
mancanza di un qualcosa che va ben oltre la soddisfazione dei bisogni
primari.Il desiderio è
prerogativa non unicamente legata all’infanzia o alla giovane età, ma
punto preciso che ci consegni la ragione di essere, in qualunque
stagione della nostra vita.Si
desidera per soddisfare il compimento, quando con questo termine si
cerca di descrivere una condizione umana dove l’individuo sente la
necessità di raggiungere determinati traguardi per sentirsi compiuto,
completato. L’uomo è sospinto in forma più o meno consapevole a
ricercare la risposta a domande come “Cosa vado cercando?”, “Cosa cerca
il mio cuore?”. Gli ambiti
sui cui si muovono i desideri sono i più vari e rispecchiano le tappe
fondamentali della vita come i sentimenti, la professione, lo studio,
la famiglia. Ecco che la laurea, la fidanzata, i figli, il lavoro
divengono sogni da realizzare.Desideri e sogni hanno un luogo comune su cui si devono necessariamente scontrare e questo si chiama realtà. E’
su questo terreno che la dr.ssa Leoni pone l’attenzione, perché nella
realtà spesso il sogno sembra negato e gli avvenimenti non compiere i
desideri. Dall’alto della sua
lunga esperienza in qualità di neuropsichiatria infantile, la dr.ssa
sentenzia quanto le generazioni più giovani siano attualmente le più
sfortunate al riguardo. E’ frequente constatare come la nostra società
centrata sempre più sull’individualismo e l’arrivismo, induca un
giovane a ritenere agevole il raggiungimento di desideri quali donne,
successo e denaro, perché la sua visione di ciò che lo circonda è
alterata dalla forma in cui gli vengono poste le domande verso questi
obbiettivi. I ragazzi si
illudono di poter conquistare potenzialmente molte cose e quando
s’imbattono nel corso della loro ricerca con le difficoltà che la
realtà impone, spesso si arrendono agli insuccessi e spostano il fulcro
su di un altro traguardo in apparenza raggiungibile. Diventa facile
essere indotti a passare di cosa in cosa, ma l’illusione di sazietà
s’infrange con il tempo, così come i loro sogni. “Come si può formare i nostri ragazzi e fornirgli gli strumenti necessari ?” domanda la Leoni ai convenuti.Un attimo di pausa e silenzio riempie la Sala Ilaria Alpi e anticipa quella che è la sua risposta alla domanda da lei posta.“L’unico
concetto di formazione possibile può snodarsi solo attraverso
l’educazione a conservare vivo il desiderio e il bisogno del
compimento, solo e unicamente con il serbare la speranza dentro la
realtà, perché è solo in quel contesto che risiede tutto ciò che ci è
consentito raggiungere per essere felici. Nessuno si assume più il
rischio di dire ai ragazzi che la ricerca del desiderio va sperimentata
con l’esperienza della realtà, che non è garanzia di risultato, ma che
va accettata con le sue sofferenze, conservando vivo nel tempo la
ricerca del compimento per soddisfare il cuore.” “Il
cuore non s’inganna e si deve continuare a ricercare il punto” è
l’accorato appello che la Leoni lancia ai tanti genitori presenti.“Spesso
la speranza di ricercare la felicità si spegne prima nei genitori e
queste mancanze inducono i figli a perseguire strade che li conducono
fuori dalla realtà. I nostri occhi smettono di vedere che la bellezza
della vita esiste” prosegue la dr.ssa, e “i nostri figli smettono
ancora prima di credere a questo”.“Occorre
aiutarli a comprendere che un desiderio non appagato è normale generi
insoddisfazione, ma che questa non deve portare alla frustrazione, vero
apripista alla realizzazione dei sogni attraverso fattori esterni o
artificiali. Un tentativo senza successo non deve divenire sinonimo di
fallimento, ma anticamera di una nuova opportunità.”“E’
frequente avvicinare giovani che non hanno pazienza”, prosegue la
psichiatra, “che vogliono tutto subito, che non accettano il percorso
dove l’ottenimento di un risultato passa dal sacrificio. E’
fondamentale inculcare la cura delle passioni ed il coraggio di
coltivarle.” Coraggio come medicina, quale antidoto alla paura.La
dr.ssa Leoni ci conduce in conclusione, ad una riflessione su due
aspetti che costituiscono minacce senza confini di età: la paura come
componente frenante della ricerca della felicità e le false necessità
di molti bisogni, generati da desideri indotti da terzi e non reali.La
paura è il grande nostro nemico, ed è in grado di contagiare vari
aspetti della nostra esistenza, di contaminare i sogni e i desideri: ci
ferma prima di elaborare un progetto, ci blocca durante il nostro
tentativo di metterlo in pratica, ci induce a non ritentarne la
realizzazione e finisce per distorcere la reale visione delle cose. La
paura è anche di soffrire o di far soffrire le persone che a noi sono
vicine lungo il percorso da compiere, ed in questi termini assume i
contorni di una palese dimostrazione del nostro timore di risultare
compromessi agli occhi degli altri. La
ricerca della felicità, compimento del nostro cuore, non potrà rimanere
immune dalla paura e tanto meno dalla sofferenza, perché generata dal
dolore insito nel percorso stesso. Ognuno
deve riflettere su quanto il compimento del cuore sia un continuo
ripartire. Si crede di aver raggiunto la felicità, ma in senso assoluto
e definitivo questa non esiste, perché non esiste il per sempre
assoluto. Esistono varie forme e diverse sono le strade per raggiungere
uno stato di felicità che ci renda compiuti. “Il
sogno ne prefigura una possibilità ma è importante non fermarsi dinanzi
all’unica via conosciuta. Occorre ricercarla oltre le sole forme
specifiche che intendiamo”.All’interno
di questo percorso lungo il quale si cerca di edificare faticosamente
il proprio equilibrio e perseguire la nostra ricerca, costituiscono una
severa minaccia i desideri indotti dall’ambiente che ci circonda.
Pubblicità e consumismo ci martellano e una marea di oggetti concorrono
a divenire bisogni non reali creati per soddisfare false necessità. Corriamo
il rischio di non seguire il proprio desiderio di compimento, quello di
cui realmente il nostro cuore ha bisogno, per soddisfare quelli
falsamente indotti. Affinché i desideri naturali non rimangano sepolti
da quelli artificiali, occorre che il desiderio divenga una molla, un
motivo per scavare all’interno dei propri bisogni.Lasciamo
che la nostra voce assuma i toni più alti, gli unici da ascoltare al
disopra di ogni altro suono o rumore è in sintesi il messaggio
racchiuso nelle ultime battute della conferenza: consentiamo a domande
come “Cosa mi manca?”, “Di cosa ho bisogno?”, “Cosa posso fare?”, di
divenire nostre compagne.Il
dibattito che ne segue è acceso e non privo di perplessità. Le voci
discordanti provengono in particolare dai genitori presenti alla
serata. Alla base le forti perplessità sulla chiave di lettura negativa
con cui la dr.ssa Leoni ha descritto il comportamento giovanile del
nostro tempo, con le implicazioni annesse alle responsabilità da
attribuire al ruolo formativo di scuola e famiglia spesso non immune da
mancanze.Mamme e papà faticano
a dipingere con tinte così fosche il quadro della realtà in cui anche i
loro ragazzi si muovono e s’interrogano sui margini d’intervento in
loro possesso. E’ sempre difficile riuscire ad essere onesti con se
stessi a tal punto da mettere in discussione il proprio percorso,
soprattutto se la verità che può emergere sentenzia errori o fallimenti
nel rapportarsi con i propri figli o ancora prima con il proprio cuore.Una
serata dal tema solo in apparenza leggero ed etereo, ma anzi molto
complesso e dalle variegate connessioni, tutte con effetti concreti sul
corso della nostra esistenza. I fili delle parole ci hanno condotto in
alto nel cielo dove crediamo abitino sempre i sogni, per poi compiere
una rapida picchiata verso terra dove invece viviamo noi.E’
infatti qui che sogni e desideri si rincorrono, si aggrovigliano, si
fondono. Popolano le notti e i giorni, scandiscono le stagioni della
vita, sono le scintille che ci accendono e illuminano il cammino. Il
loro ricordo nel tempo può evocare un dolce sapore o il gusto amaro di
un brusco risveglio ma, realizzati, infranti, nel cassetto o per sempre
solo prigionieri della nostra mente, i sogni sono vita.Averne
cura e proteggerli da chi vuole loro del male, è in primo luogo un
nostro dovere ma anche un obbligo nel rispetto della vita stessa, e in
quanto tale mai dobbiamo costituire minaccia o freno per quelli altrui.
Ricomincio
da me
Il trittico crevalcorese
si apre con “Ricomincio da me”a cura
della dr.ssa Consuelo Zenzani, ovvero viaggio dentro noi stessi alla
ricerca di una via per “ricominciare”. Per introdurci al tema
della serata, la Zenzani, ci suggerisce di prendere atto di quanto
“La vita sia un continuo susseguirsi di passaggi, di un’altalena
di eventi conditi da momenti di gioia e serenità che si
avvicendano a fasi di crisi e difficoltà”. Un concetto
abbastanza naturale per ognuno di noi, ma non immediato da
trasformare in un punto fermo su cui appoggiarsi quando un evento
doloroso ci colpisce in prima persona. Come riuscire ad affrontare
queste situazioni, sapendovi reagire senza affondare?
La dr.ssa Zenzani pone
l’accento sulla grande importanza che le parole assumono in questi
frangenti. Parole che possono costituire un appiglio per le persone
in difficoltà e un salvagente importante da lanciare per
coloro che gli sono vicine. La scelta attenta dei vocaboli non deve
assecondare il vittimismo, ne indurre ad una fuga dalla realtà:
deve agevolare l’accettazione dell’evento doloroso, primo passo
indispensabile per imboccare la via d’uscita dalle fasi depressive,
caratterizzate dal peso della mancanza della speranza e dal senso
d’impotenza e d’isolamento.
L’individuo colpito dal
momento di crisi, che questo sia a seguito di un lutto, di una
malattia, o di origine sentimentale o professionale, tende spesso ad
avere una reazione di rifiuto e negazione dinanzi all’evento. Si
tratta di una reazione per sfuggire allo scontro con il dolore forte
ed improvviso. Per guidare il soggetto in difficoltà verso
l’accettazione della nuova realtà, da non confondere mai
come una forma di resa, occorre aiutarlo a sostituire domande come
“Perché proprio a me?”, figlie di una posizione passiva
che di frequente sfocia nell’autocommiserazione e che rifugge allo
scontro con la sofferenza, con “Cosa posso fare?”, che
predispongono la persona ad accertare un modo per sollevarsi.
La dr.ssa ribadisce quanto
sia delicata questa fase. Spesso quando ci troviamo in difficoltà
proviamo confusione perchè: “Al nostro interno convivono più
inquilini, ognuno dei quali spinge in una direzione diversa”.
Il compito affidato alle
persone vicine all’individuo colpito, consiste nel divenire dei
punti di riferimento, elementi di condivisione del dolore, dove la
presenza fisica costante e continua nel tempo assume un valore
primario e non necessariamente occorre essere prodighi di consigli a
tutti i costi. Parole ed incoraggiamenti di circostanza possono
allontanare ancora di più la persona in crisi da chi lo
circonda: questa se non compresa sente acuirsi il senso di solitudine
e abbandono.
Un enorme sforzo deve
essere compiuto per trasferire l’attenzione della nostra mente sul
“Dove voglio andare?” anziché nel “Dove non voglio
andare?”. Risulta decisivo per scioglierci dai legami che ci
tengono avvinghiati al passato e al perché degli eventi che lo
rappresentano. Il nostro cervello processa solo l’affermazione e
non la negazione. Non ci conduce a nessun beneficio focalizzare
l’attenzione su “ciò che non si deve fare” se non ad uno
spreco inutile di energie in un auto loop senza sbocchi.
Ancora una volta occorre
riflettere su quanto un appropriato uso del linguaggio risulti
determinante: poche parole in momenti delicati possono compiere una
enorme differenza perché in grado di far leva sulle emozioni
in gioco.
La psicoterapeuta ci
introduce alla fase della rinascita, quella che deve consentirci di
acquisire gli strumenti per alzare lo standard di qualità
della nostra vita.
Una volta pervenuti allo
stadio di accettazione, inizia un cammino che deve portarci al
raggiungimento della consapevolezza dei propri bisogni reali, fuori
ed oltre le aspettative e i condizionamenti altrui. In quante
occasioni persone a noi care, nel nome del “nostro bene”, ci
inducono a scelte ed atteggiamenti di vita che non si sposano con ciò
che la nostra anima e il nostro cuore ci chiedono?
Per sentirsi in pace con
tutte le altri porzioni che ci compongono, occorre saper farvi fronte
perché altrimenti è facile essere spinti a scelte che
finiscono per tarpare sul nascere i nostri sogni.
La relatrice stimola la
platea con altri interrogativi: “Ci chiediamo mai a sufficienza “
Cosa voglio fare veramente?”, “ Cosa penso, cosa desidero?”.
Per poi fornire la
risposta:”La differenza nelle scelte di vita dipende dalle domande
che ci poniamo e siamo in grado di porci i giusti quesiti quando ci
sentiamo bene ed in equilibrio. Non si deve aver paura di prendersi i
giusti tempi di attesa prima di decisioni importanti: impariamo ad
ascoltarci. Per imboccare una via di rinascita dai momenti di crisi è
fondamentale acquisire la ferma convinzione nelle proprie
possibilità, conservare la speranza, perché nulla
accade se prima non è stato un sogno. Occorre darsi
un’opportunità per sapere se è possibile farcela ed è
necessario sfidare se stessi per alzare lo standard dei propri sogni.
Non dobbiamo provare
pudore nel promuovere espressioni come “Io me lo merito!!”. Solo
i nostri pensieri possono costituire un ostacolo insuperabile e
bisogna sforzarsi di trasformare le difficoltà che possono
insorgere nel corso del nostro cammino, in un modo per trarne
utilità, per crescere.”
L’accento viene posto
sulla forza da imprimere per fornire una svolta all’esistenza.
“Serve il coraggio di fare qualcosa di diverso per uscire dalla
crisi, coraggio che deve divenire nostro compagno e alleato”.
Una lettura di Fabio
Michelini poi, ci illustra una via da seguire: come scrive Paolo
Coelho in “Il cammino di Santiago”, occorre non interrompere mai
la ricerca del “Giusto Combattimento”.
Consiste nella ricerca
continua di uno stato di crescita interiore, che si concentra nel non
indurci a cadere in una condizione di assuefazione della vita. E’
indispensabile conservare e accrescere il bisogno di migliorare per
sentirsi bene, per sentirsi vivi, a prescindere dal momento che
stiamo attraversando. Una sorta di antidoto per combattere la noia,
quella subdola e logorante tarma che lentamente minaccia i pilastri
di qualsiasi porzione della nostra vita, che tende a spegnerci e ad
allontanarci dagli altri.
La dr.ssa Consuelo Zenzani
conclude la sua conferenza con un ultimo appello:” Non
accontentiamoci mai di quanto ci circonda se non ci soddisfa. Non
lasciamoci intrappolare dalle paure, dal condizionamento degli altri
e non esitiamo a sottrarci alle aspettative altrui se non si sposano
con il nostro io interiore”.
Una serata dalle forti
emozioni, che mi ha permesso di ripercorrere momenti difficili e di
trovarmi in grande sintonia con quanto la dr.ssa esponeva. Ho
superato le difficoltà del passato, attraverso percorsi
diversi anche se identici erano i concetti basilari che le persone a
cui mi ero rivolto mi hanno trasmesso, a riprova di come diverse
siano le strade ma unico è lo strumento: noi stessi.
Il presente è di
fragile consistenza, tutto può accadere in un attimo e quasi
sempre il destino ci coglie impreparati.
Non possiamo ambire a
divenire flessibili e in grado di adattarci ad ogni sua asperità
tanto da annullare le sue ferite, ma abbiamo le qualità per
comprendere che non esiste sempre un motivo per ogni cosa, anche se
spesso le cose non accadono per caso.
Una sola serata non può
bastare ad insegnarci ad affrontare una tale mole di lavoro, ma è
già importante capire che è necessario abituarsi a
porsi spesso delle domande piuttosto che attendersi sempre solo
risposte.
Consuelo
Zenzani
Laureata con la lode in Psicologia
e psicoterapeuta con specializzazione in Medicina Psicosomatica,
dedica la sua vita a promuovere nelle persone processi di guarigione,
salute e benessere psicofisici integrando e rinforzando i propri
interventi con potenti tecniche di Programmazione Neuro-Linguistica.
E’ appassionata nel diffondere e
sviluppare la ricerca sulle potenzialità intuitive presenti in
ogni essere umano.
Trainer in Programmazione
Neuro-Linguistica nominata direttamente da Richard Bandler, si è
formata in PNL con NLP ITALY e con i più importanti formatori
in PNL del mondo.
E’ inoltre Trainer di Tecniche
di Apprendimento Veloce e conduce da anni corsi di Lettura Veloce e
Metodologia di Studio. Della sua consulenza si avvalgono numerosi
istituti scolastici e alcune importanti aziende nazionali.
Collabora
nei corsi della Scuola per Coach di NLP ITALY ed è docente del
corso “Pnl
e Salute”.
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