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Lettera
da Fontamara - 28.03.2007 – della
serie: Spreco infinito e Legalità perduta
Il “PIZZO” Nazionale
In
omaggio al coraggio dei tanti Giovani calabresi e siciliani, che si
vanno mobilitando per contrastare le mafie locali, e per opporsi al
pagamento del pizzo, vorrei spiegare come e dove nasce il padre di
tutti i Pizzi: quello imposto dal Comitato d’Affari
Nazionale attraverso l’allegra gestione della Spesa Pubblica;
prelevato dagli Appalti Pubblici: di opere, forniture e
prestazioni varie; preteso da una Politica malata e sprecona;
gestito da una Burocrazia corrotta e famelica; tollerato
da una Giustizia inconsistente ed a volte collusa. Il Pizzo che
cresce a dismisura per soddisfare le crescenti esigenze del
Malaffare Nazionale; che soffoca con nuove tasse l’attuale
popolazione; che grava sulle generazioni future con un Debito
pubblico in aumento.
Il
tutto avviene – secondo un Oscuro Disegno – nella logica
dell’emergenza. Che, quando non arriva naturalmente, la si crea
con artifizi e stratagemmi. Tali da innescare le procedure della
somma urgenza, o della gestione commissariale; tali da
vanificare ogni controllo previsto dalla gestione ordinaria.

Partendo
da quel ch’è accaduto e tuttora accade in Basilicata,
descrivo gli strumenti legislativi di questo Disegno, nonché
le sedi istituzionali dove si decidono strategie e tattiche, “Accordi
di programma” e diavolerie simili: tutti rivolti alla
spartizione delle pubbliche risorse. La cabina di regia è
nel C.I.P.E. (Comitato Interministeriale della Programmazione
Economica): una specie di Governo Parallelo, inventato dalla prima
repubblica in sostituzione del vituperato Sottogoverno di una volta,
attraverso il quale – si ricorderà – avveniva allora la
spartizione della torta.
Due
clamorosi esempi di allegra gestione effettuate dal CIPE negli anni
ottanta sono senz’altro le due Delibere: del 6 febbraio 1986
(Gazzetta Ufficiale n. 71 del 26.03.1986) e del 12 maggio 1988
(Gazzetta Ufficiale n. 144 del 21.06.1988). Con le quali
furono stanziati dei fondi destinati allo sviluppo: Fondi F.I.O.
(Fondi Investimento Occupazione), per circa 11.000 miliardi di
lire (di cui 500 miliardi per la Regione Basilicata) che non
produssero un solo posto duraturo di lavoro.
Esaminando
le suddette delibere, si ha la dimostrazione di come si inventa
l’emergenza: si approvano interventi multimiliardari senza uno
straccio di progetto, e si stabilisce l’avvio dei lavori entro 120
giorni, pena la revoca del finanziamento. In tal modo scatta
l’urgenza, e la “necessità” di ricorrere alla “procedura
dell’Appalto concorso”, disciplinata dall’art. 24 - primo
comma - lettera b), della legge 584/77; con il metodo dell’offerta
“economicamente più vantaggiosa”.
E’
una norma che prevede l’aggiudicazione della gara sulla base di una
”serie di elementi di valutazione”, tra cui il minor
prezzo, unico elemento oggettivo, che però conta poco (o
niente) a confronto degli altri elementi: tutti fantasiosi,
pretestuosi e soprattutto discrezionali. E’una norma che
permette di affidare i Lavori a chi chiede il prezzo più alto.
Quindi è “vantaggiosa”, ma non per l’Ente
pubblico, bensì per l’Impresa aggiudicataria, che in tal
modo riesce a realizzare utili fino all’80%. Per colmo, non si usa
più la contabilità dei Lavori; che vengono liquidati
“a corpo” e non “a misura”. Così si evita ogni
effettiva verifica sulle opere realmente eseguite.
Si
tratta insomma di un diabolico marchingegno inventato da Tangentopoli
che - grazie alla discrezionalità consentita - sottrae di
fatto la gara alla libera concorrenza; fa lievitare a dismisura il
costo delle opere; consente di pilotare la gara a proprio
piacimento; e regolamenta il patto non scritto tra le parti
contraenti; patto che suona all’incirca così: “Ti
affido l’appalto per una spesa di 100 (anche se l’opera ne vale
20) a condizione che di quei 100 me ne ritorni almeno 40”.
E’
una specie di gioco di prestigio che trasforma la gara d’appalto in
una partita al “mercante in fiera”, in cui l’opera è
solo un pretesto: una “base” per costruirci l’Operazione
spartitoria.
In
questo modo, il “Grande Appalto” di opere pubbliche diventa una
grande tavola imbandita: c’è posto per tutti, e l’importo
dell’appalto viene commisurato non più al costo dell’opera
ma al numero e all’appetito dei commensali. L’alto margine di
guadagno prodotto, oltre che garantire il “ritorno per il
committente”, consente di “soddisfare” ogni acquiescenza e di
“tacitare” ogni resistenza. Il banchetto di solito è
organizzato dalle Grandi Imprese: per carità, tutte aziende al
di sopra di ogni sospetto. Ma tra i commensali ci deve essere
necessariamente (tra cottimisti, fornitori, progettisti, consulenti,
subappaltatori etc…) anche chi è disposto ad emettere
fatture false. Senza le quali non è possibile costituire
fondi neri… e distribuire mazzette. La stessa norma, si badi
bene (sotto altro nome ma con identico marchingegno), muove i pianeti
di Forniture, Prestazioni, Pulizie, etc…
Grazie
a questa famigerata norma, i suddetti 500 miliardi di lire – Fondi
FIO spesi in Basilicata negli anni 80 per “Sistemazioni
idrauliche” lungo i fiumi lucani – produssero opere
semi-fantasma di cui è difficile trovarne traccia; opere
liquidate “a forfait”; realizzate a metà ma
pagate per intero; o pagate due volte. Furono insomma delle truffe
miliardarie: organizzate, avallate e “collaudate” dalla
Burocrazia regionale; ed impunemente consumate nella consapevole
indifferenza dell’Autorità Giudiziaria e della Corte dei
Conti.
Sulla
stessa falsariga si continua tuttora: vedi Accordo di programma
del 28.07.2003, tra CIPE e Regione (DGR 1383/2003), con il quale
sono stati stanziati e dilapidati altri 25 milioni di euro lungo i
fiumi lucani, con vere e proprie “rapine” come quella commessa
per la “Sistemazione del torrente S. Nicola di Nova Siri”.
Riferendosi
alla serie di appalti degli anni 80 in Basilicata, l’allora
deputato On. Nicola Savino di Potenza, in una interrogazione
parlamentare (n. 5-01750 del 13.10.1989), esprimeva tra l’altro la
seguente inquietante preoccupazione: “l’adozione del metodo
della contabilizzazione “a corpo” e non “a misura”,
per quanto legale, rende tanto superficiali i controlli da consentire
guadagni illeciti, i quali possono innescare processi di degrado
sociale… e fenomeni di criminalità diffusa”. E
difatti, dopo qualche anno (1992) esplose lo scandalo di
Tangentopoli. Dove fu proprio questa norma a “regolare”
gli accordi intercorsi tra tanti “Mariuoli” che produssero
la diffusa “Dazione ambientale” scoperta dal pool “Mani
Pulite” e dal Magistrato Antonio Di Pietro, a cominciare
dalle Pulizie del Pio Albergo Trivulzio.
Dopo
quel terremoto questa norma era andata in disuso, ma poi ricomparve
con la legge 109/1994 (art. 21). Tornata di nuovo in ombra per
qualche incidente tangentizio, è stata di recente
dissotterrata col Decreto legislativo n. 163 del 12.04.2006 (art.
83), perchè “imposto” da una Direttiva CE. A quanto
pare, sfruttando la “copertura” europea, si riesce a camuffare le
“porcate” legislative nazionali in “Leggi ispirate dall’Alto”.
Non so dove ci porta l’Europa, ma una cosa è certa: la norma
in questione disonora il Parlamento italiano. E’ destabilizzante
più di cento Brigate rosse.
Consentire
l’uso di questa norma ai tanti Gaglioffi annidati nella struttura
pubblica, è come fornire un grimaldello ad uno scassinatore.
Anzi, è come consegnare le chiavi di un condominio a dei ladri
d’appartamento.
Per
ironia della sorte ora tocca proprio al Ministro Di Pietro
(II°) applicare questa assurda norma nella gestione dei Lavori
Pubblici. E mentre continua ad agitare, a chiacchiere, la spada degli
improbabili “Valori” d’Italia, non si accorge che, nella
pratica corrente del suo dicastero, fornisce l’alimento alle Grandi
Malefatte: applicando appunto questa norma nei Grandi Appalti
Nazionali. E’ auspicabile che se ne renda conto e si adoperi per
abrogarla. Che non si limiti ad usare il naso del Poliziotto (come
fece il Di Pietro I°) alla ricerca perpetua di malfattori. Che
usi piuttosto la testa del Politico. E che riesca a individuare e
neutralizzare gli oggettivi strumenti usati dal Malaffare: le
Leggi, appunto.
E’
altresì auspicabile (la speranza è sempre l’ultima a
morire) che il Parlamento provveda a ripristinare, e con più
rigore, il reato di “Abuso d’Ufficio”, da cui si genera
l’Arroganza-menefreghismo-strapotere della Burocrazia, nonché
il vergognoso lassismo della Magistratura ed il conseguente Sfascio
del Paese. E provveda a smantellare la miriade di Strutture
parallele, a cominciare dal CIPE, nate nella logica della spartizione
del potere gestionale, e scevre da ogni responsabilità.
Per
un futuro migliore, per il loro futuro, è sperabile
infine che i Giovani prendano coscienza anche di questi
problemi, e che si mobilitino per debellare questi due Mostri: lo
Spreco e l’Illegalità. Due mostri che si inseguono e si
alimentano a vicenda, e distruggono la Democrazia. Il Potere li usa
per rafforzarsi, creando sudditanza, servo-assistenza e voto di
scambio. La Società civile li subisce perdendo cittadinanza e
possibilità di sviluppo. Nel contesto che ne segue prevale il
Malcostume; si mortifica la Dignità; non c’è spazio
per la Legalità. E così via, verso la morte dello
stato di Diritto. Dopo di che arriva la giungla …ed alla fine
rimaniamo fregati TUTTI.
P.S.
– Leonardo Sciascia amava ripetere che l'arma, più
efficace per combattere e vincere la mafia, è la Legge. A
quanto pare, chi ha veramente capito il concetto è la
Controparte, che si è fatto le leggi su misura per imporre il
suo Sistema. Nel mondo dei Grandi Appalti, la norma in questione ha
il valore di un vero e proprio Comandamento: “VIETATO NON
RUBARE”. E solo chi rispetta tale regola può entrare nel
giro.
Sono
le leggi il vero piccone usato dall'Antistato per demolire,
mattone dopo mattone, lo Stato democratico. Sono le leggi a
consentire la massima discrezionalità e lo strapotere a Coloro
che gestiscono la cosa pubblica, ed a trasformarla in Cosa loro. Sono
le leggi a permettere una sempre più Allegra gestione delle
risorse, a fornire gli strumenti per truffe e rapine, ed a garantirne
l’impunità.
Inseguire
i Malfattori – senza neutralizzare le norme
truffaldine che consentono di gestire le risorse a loro
piacimento: senza controllo (senza contabilità) e senza
dover rispondere dei risultati – serve solo a produrre
“alternanza e rotazione” tra i Soggetti. Ma il Malaffare
non si ferma. Anzi, si ramifica e si moltiplica. Ed il Pizzo
ci costa ancora di più.
Nicola
Bonelli - Tricarico (Mt) - (348.2601976)
Questo
ed altro sul sito: www.fontamara.org
Nota
bene: la presente è stata inviata per fax:
al
Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (n.
0646993125);
al
Presidente del Senato Franco Marini (n. 0667062022)
al
Presidente della Camera Fausto Bertinotti (0667603522)
al
Capo del Governo Romano Prodi (n. 066794569);
al
Ministro Antonio Di Pietro (n. 0644267283).
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