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LA BANDIERA ROSSA A CORREGGIO
di Alessandro Fontanesi*
Fa davvero sorridere il baccano che tre bandiere esposte ad una finestra di Correggio hanno suscitato sulla stampa, tra gli amministratori ed i vigili locali e sono davvero fortunati in quel comune se i problemi che le forze dell'ordine e gli stessi amministratori devono risolvere, hanno una tale "criticità". Sono convinto però che la bandiera che ha più generato discordia ed indignazione sia quella rossa con la falce e martello, poichè le altre due, quella della pace e quella della Palestina, sarebbero passate pressochè inosservate. Ha ragione la signora Agrò, il simbolo della falce e martello, simbolo del lavoro universalmente riconosciuto, con buona pace dei bonzi moralizzatori della storia e le idee che essi rappresentano, il cui contributo al raggiungimento della libertà in questo paese è stato tutt'altro che trascurabile, danno ancora tanto fastidio. Tuttavia è sorprendente la solerzia di un assessore e di un vigile nel farli rimuovere, se rapportata a quanto avviene in quel di Fabbrico ogni 27 febbraio durante il corteo partigiano che commemora la storica battaglia. Quel giorno infatti, provocatoriamente, a contorno della manifestazione di una giornata festiva per decreto del Presidente della Repubblica, vengono sventolati i vessilli del fascismo e della repubblica di Salò da ben dieci anni, con tanto di sfilata, ma chissà perchè nessun amministratore, sindaco, assessore o forza dell'ordine che sia, per un fatto ben più eclatante considerato il contesto in cui avviene, ha mai sentito la necessità di far rimuover quei simboli, i simboli vergognosi del fascismo, condannati dalla storia e dal popolo italiano. E tanto meno non suscita la medesima eco ed indignazione tra gli organi di informazione. Vessilli che ancora oggi offendono quanti parteciparono a quell'evento, che offendono la memoria di chi non c'è più, che offendono tutti i fabbricesi ed i reggiani che credono nei valori della Resistenza. Succede da un decennio, eppure la coscienza di nessuno degli amministratori del circondario non è mai stata scalfita, tanto meno la decenza nei confronti dei loro concittadini, si è tollerato con scuse farlocche, così come è avvenuto quando è stata concessa la sede istituzionale della circoscrizione ovest a Reggio, per il convegno di una associazione smaccatamente fascista. Ed allo stesso modo, sempre gli stessi amministratori, non hanno avuto rimorsi di coscienza quando hanno firmato un documento, dove chiedevano al segretario del più grande sindacato italiano di mettere da parte lo sciopero, strumento di rivendicazione ormai obsoleto e sorpassato. Insomma una bandiera del fascismo la possiamo tenere, ma lo sciopero no?! Cos'è, i "nostri" amministratori non si sentono sufficientemente democratici? Temono che dire no al fascismo sia solo un esercizio di facciata e scalfisca in qualche modo il loro consenso? Oppure sono talmente democratici che ormai hanno altro a cui pensare? Se lo ricordino tutti quanti però, se tutte queste persone hanno gli incarichi che ricoprono, certamente non lo devono a quel fascismo che tanto temono di condannare e certamente nemmeno ad una bandiera rossa, ma a quanti sono morti per le idee che essa ancora rappresenta.
* PDCI Reggio Emilia - Segretario Sez. Paolo Davoli "Sertorio"
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