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MADONNA DEL POGGIO, SAN GIOVANNI IN PERSICETO (BO)
DOPO MEZZO SECOLO SMASCHERATO IL FALSO STORICO DELLA STRAGE IMPUTATA FALSAMENTE AI PARTIGIANI
di Fontanesi Alessandro
Nell’ottobre del 1962, durante l’aratura di un campo alla Madonna del Poggio a San Giovanni in Persiceto, vennero scoperti nelle terra diversi frammenti di ossa umane. Affiorarono alla luce due file parallele di sepolture, 34 scheletri in tutto; gli inquirenti, nonostante la delicatezza del ritrovamento, si mossero invece con grettezza e superficialità, facendo scavare con una ruspa. Il giudice istruttore, incurante di ogni altro indizio, ovvero il cranio di un cavallo posto al termine di una delle due file di scheletri ed una lama di ferro senza manico, sentenziò immediatamente che quelle ossa erano recenti, affermando che “altrimenti sarebbero state scoperte prima”. Sugli scheletri non vi erano tracce di protesi dentarie o interventi medici o chirurgici moderni, eppure nessuno ebbe l’interesse a sottoporre il ritrovamento all’attenzione di un archeologo. Fu invece il parroco del paese ad “indirizzare” con sollecitudine le indagini, quella doveva essere una strage partigiana, nonostante molti indizi facessero capire che si trattava di altro. La sommaria indagine terminò con i “solenni” funerali dei presunti resti dei caduti, mescolati con i dispersi della repubblica di Salò e l’insinuazione infamante che il responsabile della “strage” fosse l’allora Sindaco di Persiceto, a quel tempo partigiano e fratello di un altro partigiano ucciso dai nazifascisti. La magistratura aprì un’inchiesta contro ignoti per i reati di strage a scopo di rapina e occultamento di cadavere, che si concluse tre anni dopo e manco a dirlo, con sentenza di archiviazione, perché quei reati non potevano essere imputati a nessuno. Il gioco a quel punto era fatto, non potendo dimostrare i colpevoli, ma altrettanto non potendo negare che quella fosse opera dei partigiani nel dopoguerra, la montatura basata sul nulla, poté passare alle cronache e alla storia come “strage di Poggio di Persiceto”, il tutto suffragato da pubblicazione letteraria del 2005, ne “I lunghi mesi del ‘45”. Libro tornato alla ribalta pochi giorni fa, per altri falsi e accuse ai danni di partigiani, non rispondenti al vero. Ma siccome la storia non mente, la messa in scena prima o poi sarebbe stata scoperta e infatti grazie alla ferma volontà e alla perseveranza dell’Anpi di Persiceto che nel corso degli anni non ha mai accettato i continui tentativi di denigrazione alla Resistenza e dopo anni di insistenze, il 23 settembre 2011 la Procura di Bologna ha concesso l’autorizzazione a riesumare quei resti. I campioni ossei analizzati del Centro di datazione al radiocarbonio di Lecce, sono risultati bel lungi dall’essere quelli fatti credere fin dal 1962, il falso storico era dunque smascherato, con tutto il corollario di insinuazioni infamanti e menzogne ai danni di innocenti. Gli scheletri di Poggio Persiceto è stato provato che risalgono ad un periodo compreso tra l’800 ed il 1100, persone vissute nell’Alto Medioevo in un insediamento nelle vicinanze di San’Agata Bolognese, già identificato dagli archeologi nel 1994, a poca distanza da quello che è invece risultato un cimitero medioevale. Alla faccia dunque degli scheletri “recenti”! Una bufala, la solita menzogna ad uso politico durata mezzo secolo, frutto dell’ipocrita ideologia revisionista e della superficialità, attraverso la quale, durante la guerra fredda e non solo, si cercavano scheletri negli armadi sbagliati, conducendo le indagini in modo altrettanto superficiale e fittizio, senza avvalersi di prove, ma spesso il “sentito dire”. E non sono poche a questo punto le “stragi partigiane” , di cui la vulgata antiresistenziale ne ha fatto una autentica crociata, di cui è lecito domandare l’autenticità.
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