Sabato 19 ottobre piazza Beccaria a Milano era gremita. A migliaia si sono riuniti qui per l’ultimo saluto a Lea Garofalo. Migliaia come le bandiere gialle che “Libera contro le mafie” ha voluto dedicare a Lea, dove accanto al suo volto spicca la scritta “Vedo, Sento, Parlo”.
Perché Lea è stata uccisa il 24 novembre del 2009 per ciò che ha visto, sentito nel cuore e infine denunciato. E’ stata rapita, torturata, cosparsa di benzina, fatta a pezzi e incendiata per non aver voltato lo sguardo dinanzi ai crimini di ‘ndrangheta della famiglia in cui è cresciuta e vissuta, delitti e faide interne al culmine di un vita trascorsa in un durevole e persistente clima di violenza. La sua è oggi una storia simbolo del coraggio di una madre che sola ha sfidato l’intero clan famigliare e con esso l’essenza della cultura mafiosa. Lea Garofalo fugge dalla Calabria con la figlia, rompe con la famiglia, e paga con la vita l’aver ribaltato il ruolo femminile nella tradizione mafiosa. Alle donne, la mafia da sempre relega il compito di veicolare alle generazioni future i valori dell’onorata società. Un ruolo da svolgere in silenzio, prive di ogni diritto, abbassando lo sguardo. La scelta di Lea è per amore della figlia Denise, alla quale intendeva regalare più di ogni altra cosa, un futuro diverso e di libertà.
Le quattro sentenze all’ergastolo confermate dalla Corte di Appello di Milano nel maggio scorso, tra cui quella a Carlo Cosco, ex compagno di Lea e padre di Denise, condannato in veste di mandante dell’omicidio, rendono giustizia al sacrificio della donna, ma non possono acuire il dolore per la scomparsa di una persona a cui la pur eccezionale forza non ha salvato la vita. Lo Stato non si mostra attento quanto basta, revoca e poi riattiva il programma di protezione testimoni di giustizia, non ascolta tutti i suoi appelli d’aiuto in una vicenda lunga anni. Tentennamenti che logorano la forza della donna isolandola, e la solitudine la induce ad accettare l’invito dell’ex compagno in quel fatale ultimo appuntamento trappola a Milano.
Celebrare i suoi funerali a Milano dove quattro anni fa Lea è scomparsa, esaudisce una ferma volontà proprio di Denise, rafforzata dal ritrovamento dei resti del corpo della madre soltanto alcuni mesi fa sepolti in un terreno in Brianza, dopo anni in cui si riteneva che il cadavere fosse stato sciolto nell’acido. La figlia 22enne era assente per motivi di sicurezza, ma la sua voce ha comunque invaso Piazza Beccaria dalla località protetta in cui si trovava. Una emozione fortissima ha pervaso tutti i presenti all’udire le sue parole rotte dalla commozione: ''Per me è un giorno triste, ma la forza me l’hai data tu…Se è successo tutto questo è solo per il mio bene e non smetterò mai di ringraziarti. Ciao Mamma''.
Don Ciotti e tutta Libera da anni sostiene la ragazza nella sua battaglia in memoria di Lea. Il sacerdote apre il suo intervento con: “E’ Denise che ci ha invitati qui per dire ciao alla sua mamma, e a lei vogliamo dare un forte abbraccio” e prosegue, “Oggi non basta parlare di verità, dobbiamo cercarla, ai tanti giovani inghiottiti dalle organizzazioni mafiose: contribuite a cercare la verità. Noi non vi lasceremo soli”. Descrivendo Lea Garofalo, il presidente di Libera la definisce“…una martire e testimone di libertà. Hai deciso di rompere il silenzio e l'ingiustizia e il tuo cuore e la tua coscienza - ha proseguito rivolgendosi alla testimone di giustizia uccisa “ sono sorgenti di liberta". Don Ciotti indirizzandosi poi a Denise: "Oggi in realtà la tua mamma è ancora viva, non è morta. La memoria ci sfida all'impegno, ci commuove e ci fa muovere. Noi tutti siamo in debito con te". E concludendo: "Denise, te lo abbiamo promesso, non ti lasceremo mai sola”.
L’amministrazione della città ha trasformato questa giornata in un appuntamento di riflessione e lotta alla criminalità organizzata. Il Sindaco Pisapia si è rivolto a piazza Beccaria: “Possiamo dirlo: Milano è una città antimafia ed è con Lea che si è immolata per la giustizia, la verità, la legalità”. Parlando della scelta di accogliere in questa piazza del centro i funerali civili di Lea Garofalo la definita “una prova particolarmente difficile per me, anche se questa piazza così piena mi dà e ci dà coraggio”. La morte di Lea deve rimanere viva nella memoria in quanto prosegue Pisapia “non è stato il destino, la malattia o un incidente. E’ stata la violenza degli uomini che più le stavano vicino che non tolleravano il suo coraggio e la sua indipendenza. Il coraggio di uscire dalla gabbia in cui la tenevano a forza e Lea era consapevole che lasciare la complicità criminale volesse dire scegliere la paura e la solitudine, scegliere un percorso di giustizia”
Le celebrazioni sono proseguite nei giardini pubblici di fronte al palazzo di via Montello, luogo dove Lea Garofalo venne rapita ed ex fortino della ‘ndrangheta: lì è stata inaugurata una targa in suo nome, e altre iniziative seguiranno in città nei prossimi giorni.
Dopo gli anni della amministrazione Moratti-Leghista in cui si è negato ottusamente e ad oltranza l’esistenza di infiltrazioni mafiose nel capoluogo lombardo, oggi Milano ha serrato i ranghi e sfida a viso aperto la criminalità organizzata. Una scelta necessaria ma anche obbligata. Gli eventi di cronaca degli ultimi anni e le molteplici inchieste antimafia hanno tolto il coperchio e mostrato il vero volto di una città autentico feudo ‘ndranghetista.
E’ solo del 15 ottobre scorso inoltre, lo scioglimento per mafia del comune di Sedriano, il primo in Lombardia.
Alkemia, 17 novembre 2013.