QUARTIERE CROCETTA
MODENA: LA RESISTENZA POPOLARE
di
Mirca Garuti
Ieri
sera, presso la circoscrizione 2 di Modena, è stato presentato
il libro “ Le pietre raccontano” , storie di caduti per la
libertà, di Olimpia Nuzzi. E’ stata un’idea di questo
quartiere che così ha voluto fare una precisa scelta politica:
quella di non perdere la “memoria”. Il 25 aprile si portano fiori
alle lapidi ed ai ceppi dei caduti partigiani per onorare il loro
sacrificio. Questa pubblicazione ha voluto fare qualcosa di più,
ha cercato di dare forma a queste pietre, raccontando la vita di
persone normali che hanno fatto una precisa scelta, in un momento
molto particolare. Il territorio della Sacca-Crocetta è stato
il centro di una importante ricerca, qui è nata la resistenza
armata, qui l’antifascismo è sempre stato presente.
L’ambiente è stato determinate per questi giovani, qui
sorsero i primi insediamenti industriali, attorno ai quali si
sviluppò quindi la classe operaia, determinando così
una nuova coscienza civile e sociale.

Quota
“ Pipistrelli”
Tratto
dal libro: “Le pietre raccontano” di Olimpia Nuzzi
-
All’ultimo piano dell’Accademia militare erano trasferiti i
partigiani appena catturati: era l’anticamera della morte, il luogo
dei pestaggi e delle torture più ignobili, luogo dal quale si
usciva irriconoscibili, tumefatti, mutilati nel corpo, umiliati nella
propria dignità di uomini, testimoni diretti della criminalità
e degli orrori nazifascisti. Ecco la descrizione che ne fece
l’avvocato Nino Nava, che con altri membri del CLN di Modena
(comitato di liberazione nazionale), nel marzo ’45, fu arrestato e
tenuto prigioniero proprio a quota “pipistrelli”:
Finito
l’interrogatorio, attraverso corridoi e scale che più non
finivano, venne condotto in una cella di “ quota pipistrelli” La
cella aveva, per unico arredamento, un chiodo in una parete ed un
pezzo di legno in terra, per appoggiarvi il capo di notte; la luce
penetrava da una apertura in alto, all’imboccatura di un cunicolo
che sovrastava la cella. Poco dopo, quando la vista si fu ambientata,
egli vide che le pareti erano grafite con firme, saluti, frasi di
prigionieri. Ciò ebbe a dargli forza, anziché
sbigottirlo, egli giurò a se stesso che per nessun motivo mai
avrebbe parlato; da quel momento fu preso come da uno stato di
serenità, nulla più gli faceva paura e ciò gli
permise, nei giorni seguenti, di resistere al quotidiano
interrogatorio, e, soprattutto, di fronte agli interlocutori che,
sotto forma di falsi prigionieri, gli venivano messi a compagni di
cella. E ciò durò fino alla sua scarcerazione, anche
quando, negli ultimi giorni di prigionia, fu trasferito in una cella
dove già erano altri e dalla finestra della quale poteva
vedere la gente, fuori, laggiù nella strada. Certo, ora era
più facile resistere, ma lo dominavano l’angoscia di ciò
che accadeva. Non poteva dimenticare l’ultimo grido di un giovane
da una cella poco distante, e nemmeno coloro che, quasi ogni notte,
venivano prelevati dalle celle e portati via, né la stretta di
mano, furtiva e disperata del compagno di lotta che egli aveva
incontrato, insieme agli altri tutti, un mattino in un raduno nel
corridoio. Ma, ciò che egli non dimenticò mai, anche a
guerra finita, fu quella cordicella rossa, sparsa qua e là per
i corridoi, che egli vide un mattino dopo una notte di grande
trambusto: era servita a legare ai polsi tanti giovani, ignoti
patrioti, per portarli verso un destino tragico e tremendo”.
Nella
sola città di Modena i partigiani caduti, durante i mesi della
Resistenza, furono 367 A guerra conclusa i partigiani di tutta la II
Divisione Modena Pianura registravano questi risultati: caduti 492,
feriti gravi 242; nemici fuori combattimento 3.489, nemici catturati
3.400, automezzi distrutti o danneggiati 654; autocarri catturati 7;
autoblindo 5; ed inoltre 5 batterie da 75,5 obici da 149,218 cavalli.