Riprendiamo il cammino, direzione Qana a 37 Km dalla terra di Palestina.
Ci fermiamo a deporre una corona in memoria dei martiri caduti durante la guerra del luglio 2006. Una sosta obbligatoria, per rendere omaggio a quelle vittime innocenti (60 di cui 37 bambini) morte, sotto una pioggia di bombe ad alta precisione, lanciate da un aereo israeliano su un edificio di tre piani. Qana è sempre stata considerata pericolosa, in quanto ritenuta essere un “covo di Hezbollah”, per questa ragione, deve essere distrutta, cancellata com’era già successo nell’aprile del 1996.

Raggiungiamo quindi la sede di Beit Attfal Assumoud nel campo di El Bass, dove vi è un importante centro di consultorio familiare con un ospedale psichiatrico per la cura psicologica rivolta a donne e bambini, vittime di violenza. L’associazione Assumoud, compresa l’estrema gravità del problema, è riuscita, grazie all’aiuto di un’associazione finlandese, a sviluppare questo progetto, poiché lo stesso governo libanese o le varie organizzazioni, come l’Unicef o l’Unrwa non hanno mai avuto la volontà di cercare una soluzione a questo problema. Il centro di salute psicologica è stato aperto nel 2007 ed è l’unico per tutti i campi profughi del sud del Libano e, non è solo rivolto ai bambini palestinesi, ma a chi ne ha bisogno (siriani, libanesi, egiziani ecc.). La responsabile del centro ci spiega che i bambini sono seguiti dalla nascita all’adolescenza. Il personale, all’inizio del progetto, era formato da sette addetti. Oggi, dopo 4 anni, ha raggiunto le 17 unità, avvalendosi, per la propria preparazione, attraverso vari corsi di formazione, dell’aiuto di professionisti libanesi. L’organico è diviso in due gruppi: uno lavora presso la sede, mentre l’altro direttamente all’interno delle famiglie. Le cure si rivolgono ai molteplici aspetti psicologici e psicomotori riscontrati nei bambini e nelle donne. Le violenze subite sono varie e sono per lo più fisiche, psicologiche e sessuali. L’insegnamento di come trattare questi disturbi, si rivolge anche agli insegnanti delle scuole elementari, per poter loro offrire, un valido supporto per riuscire a far superare le difficoltà al bambino. Un altro grosso ostacolo è dato dal costo molto alto di alcuni farmaci indispensabili per la cura di alcune malattie mentali. Il bambino che non può permettersi di pagare le medicine, è costretto ad una vita isolata, lontano dagli altri, dalla scuola, peggiorando così il suo stato di salute. I sintomi maggiormente riscontrati nei bambini riguardano la depressione, la paura, l’ansia, la difficoltà di dormire e la mancanza di fiducia, per la condizione di vivere nei campi e per la guerra. In Libano non esiste una legge che condanni la violenza, non esiste un tribunale dei minori e, quando è stata proposta, è stata respinta con la motivazione che “i panni sporchi vanno lavati in famiglia!” Si è cercato quindi d’insegnare ai bambini a difendersi da soli dalle violenze familiari. Sono stati sperimentati, dopo aver ricevuto l’approvazione da parte delle stesse famiglie, vari incontri con un gruppo di 14 ragazzi, tra gli 8 e 16 anni, che attraverso il principio del gioco, sono stati illustrati gli 8 punti ritenuti indispensabili a questo scopo: i diritti del bambino – autostima – conoscere il proprio corpo – come dire “No” all’avvicinamento ai punti pericolosi del corpo – stare attenti a chi è vicino ed ai giochi – essere diretti nel raccontare con fiducia – come reagire e a chi rivolgersi dopo aver subito violenza – non avere paura.
L’operatrice responsabile di questo piano di lavoro ci spiega che proprio oggi finisce questo corso e consegnerà, in nostra presenza, il “Passaporto di sicurezza” ai bambini che hanno preso parte a questo nuovo progetto.


Audio testimonianza della responsabile Centro El Bass e di Kassam
1° parte 
2° parte 
La giornata termina con la gioia, l’allegria e la speranza delle ragazze e ragazzi del campo di Rashidieh con la loro danza e musica.
3° Giorno
La prima tappa di oggi è il Museo della resistenza di Mlita inaugurato il 21 maggio 2010.
Arriviamo al mattino, non c’è molta gente e, questo ci permette di muoverci per il museo con più calma, rispetto l’anno scorso. Mlita rappresenta il luogo del ricordo della resistenza per la liberazione di questa regione avvenuta dieci anni fa. Il segretario generale di Hezbollah, Hasan Nasrallah in una diretta video, durante l’inaugurazione del sito ha dichiarato: “Attraverso Mlita vogliamo presentare un’immagine reale della storia della resistenza. All’inizio eravamo indecisi tra Beirut ed il Sud. Poi abbiamo scelto di costruire questo museo al sud perché è più vicino alla realtà, questa è la terra della resistenza, questa è l’ambiente dove è nata la resistenza”. Si tratta di un percorso che si sviluppa in sei sezioni fra spazi pubblici, giardini, trofei di guerra e zone di trincea. C’è “la collina” che sorge ad est del complesso che ospita un monumento in ricordo dei martiri e ad ovest invece una cavità di calcestruzzo “l’abisso” colma di reperti bellici, carri armati, camionette, lancia razzi ed elmetti dell’esercito israeliano raccolti tra il 1982 e il 2006. Lasciato l’abisso si prosegue attraverso “il sentiero”, un cammino dove sono riproposte alcune situazioni legate all’azione, si può dire, quotidiana dei combattenti, dove ci si può rendere conto della loro condizione di vita vissuta al fronte. Si arriva poi alla “grotta” un tunnel sotterraneo di 200metri che ospitava il quartier generale ed alla “Piazza della Liberazione”, un giardino dove si trovano svariate armi usate dai mujaheddin durante la resistenza. La visita termina con uno spazio espositivo dove si trovano equipaggiamenti, armi ed oggettistica d’uso comune dell’esercito invasore ed un grafico che illustra la struttura gerarchica delle forze armate israeliane.
Il viaggio prosegue verso il confine israeliano. La strada che percorriamo ci ricorda continuamente, attraverso le numerose foto dei martiri della resistenza, chi sono i veri protagonisti di questa storia. Attraversiamo il famoso fiume Litani che, durante l’occupazione israeliana dal 1978 al 2000, parte delle sue acque furono utilizzate per irrigare Israele e durante la guerra del 2006 fu luogo di scontro tra l’esercito israeliano ed Hezbollah. Superiamo la Rocca del Castello di Beaufort, a sud del fiume Litani, che i palestinesi dell’Olp avevano conquistato nel 1976 e difesa dai ripetuti attacchi sia da parte dei cristiani-maroniti sia degli israeliani. Nel 1982 fu poi occupata dall’esercito israeliano che vi mantenne un presidio fino alla sua ritirata dal Libano nel 2000. I soldati israeliani, prima dell’abbandono, fecero poi saltare le sue strutture in cemento.
Arriviamo a Fatima Gate, il confine con Israele, dove, però non è possibile scendere dal pulman e scattare fotografie. Raggiungiamo il villaggio di Maroun a-Ras, dove, in occasione dell’anniversario della Nakba (pulizia etnica del 1948 da parte dello Stato nascente d’Israele), il 15 maggio scorso, sotto il fuoco israeliano, ha provato momenti drammatici. Manifestanti palestinesi dei campi profughi nel sud del Libano, superato lo sbarramento dell’esercito libanese, al grido “Vogliamo indietro la nostra terra”, hanno forzato le barriere del confine entrando in territorio israeliano. Risultato: 10 vittime.
Ci fermiamo nel Parco che si trova sulle colline, da dove si può guardare un panorama stupendo della Palestina e dove le famiglie di questi luoghi, appartenenti a qualsiasi religione, possono usufruire gratuitamente di tutti i servizi del parco. All’ingresso c’è un’enorme gigantografia di Khomeini e tantissime bandiere iraniane. Il parco è, infatti, un dono dell’Iran alla resistenza libanese. Sono stati costruiti 33 gazebo, uno per ogni giorno di guerra (2006), ognuno dei quali con una vista meravigliosa sulla vallata.

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