Le debolezze degli uomini più forti del potere
Tutti gli uomini del Re – voto : 7
Un
lavoro dedicato al racconto di una pagina di storia politica americana lontana
nel tempo e penso a tanti di noi sconosciuta. L’ultimo film di Steven Zaillian
si ispira alla vita di Huey Long, attivista politico poi unitosi ai democratici
che divenne Governatore dello Stato della Louisiana agli albori degli anni 30.
Nel racconto cinematografico il regista Californiano, compie alcuni adattamenti
e in uno di questi trasferisce la sua storia agli inizi degli anni 50.

La
Louisiana, allora come ora uno degli stati più poveri degli USA, con una
massiccia rappresentanza di popolazione di colore, vede le ingiustizie sociali
verso le classi meno abbienti, come un elemento ignorato dai programmi di
governo dei politici di ogni schieramento.
Willie
Stark ( interpretato da Sean Penn a cui
viene affidato il ruolo di Huey Long
nella pellicola ), è un ambizioso attivista politico di provincia, che esce dal
coro grazie ad uno stile rozzo ma estremamente comunicativo. Si scaglia senza
indugi contro le classi del potere bancario e petrolifero, appoggiate dai
leader politici più influenti.
Attraverso
un linguaggio diretto, fuori dagli schemi e aggressivo, conquista enorme
consenso tra i suoi “zotici”, i neri, i contadini, spesso analfabeti e impossibilitati
ad accedere a scuole e strutture sanitarie. Stark imposta il suo programma
elettorale alle governative dello stato, centrandolo su radicali riforme in
ambito amministrativo e fiscale, tese a spostare l’asse del flusso del denaro
dai soliti noti alla comunità più
bisognosa. Diventerà Governatore della Louisiana grazie ad un fiume di voti, ma
la sua forte personalità, capace di superare le trappole dei suoi rivali nella
corsa elettorale, non riuscirà nel tempo a conservarlo limpidamente legato ai
soli ideali di giustizia sociale. Il potere è sinonimo d’intrigo e questo cela
mali quali l’invidia, la gelosia, la vendetta e nemmeno gli uomini dello staff
di cui si circonda ne saranno immuni. Il confine tra l’uso e l’abuso del
medesimo poi, è sottile e non definito. Basta cambiare in forma anche fine l’angolo
di lettura per varcarlo senza accorgersene.
Tra
i collaboratori che vuole al suo fianco Stark, c’è un brillante ex cronista,
Jack Burden ( Jude Law). Diverrà il suo braccio destro ma finirà per accettare
scelte e compromessi che segneranno la sua vita privata in modo indelebile.
Agli
occhi di Burden, il regista affida il racconto dell’intera vicenda. Una voce
narrante capace di regalare romanticismo e cinismo ad una torbida storia di
uomini, dove le debolezze insite nell’animo umano, finiranno per far atterrare
gli ideali ed i valori che erano un tempo librati in volo.
Un
film che narra di politica e dei giochi mai trasparenti che la regolano; della
guerra senza tempo che vede gli uomini di potere di qualsiasi sponda, divenire
riluttanti dinanzi alla prospettiva di condividere il benessere con il resto
della popolazione.
Una
storia che parla anche di amore, con i
tormenti dati dai sentimenti che si sfiorano solamente.
Una
trama che descrive dei bivi che la vita t’impone d’imboccare e di come la
consapevolezza dei treni che si lasciano scorrere via, possa impiegare molto
tempo per materializzarsi, ma invariato sarà il dolore che t’invade una volta
sopraggiunta.
Una
pellicola intensa, arricchita da dialoghi raffinati e mai banali, da una
attenta cura alle inquadrature e ai dettagli espressivi degli interpreti,
magari non semplice e leggera per lo spettatore: in alcuni frangenti si eccede
nei toni mentre in altri si lasciano fraintendere alcuni dettagli che possono
sfuggire.
Steven Zaillian, nato a Fresno in California
il 30 gennaio del 1953 è solo al suo secondo film in veste di regista. Il suo
unico e precedente lavoro fu “Civil Action”, intensa storia dove un giovane
avvocato di un piccolo studio legale ( John Travolta ), sfida una
multinazionale e la sua arroganza identificata nella figura del suo scaltro e
acclamato legale ( Robert Duvall ).
Numerosi
e prestigiosi i riconoscimenti e i premi raccolti nella sua lunga carriera da
sceneggiatore: “Schindler’s List”, “Gangs of New York”, “The interpreter”,
“Risvegli”, sono alcuni dei suoi lavori.
Di
grandissimo valore il cast che vede nei panni del Re il già citato Sean Penn (
premio oscar con “Mystic River” nel 2003). Sean è straordinario nel dar vita ad
un uomo mosso dai sani valori che arrivano dai suoi trascorsi di povertà, ma
incapace di dosare la sua presunzione e di ricadere negli eccessi che il potere
propone. Un’espressività del viso unita alla gestualità corporea che sono degne
di uno degli attori più grandi del nostro tempo.
Sulla
stessa riga il giudizio su “tutti i suoi uomini di corte”. Schiera di artisti
capitanati da Jude Law (“Era mio padre”al fianco di Tom Hanks e Paul Newmann,
“Ritorno a Cold Mountain” con Nicole Kidmann), filo narrante e vera coscienza
della trama.
Una
sua riflessione quasi in apertura di film diviene una massima su cui si baserà
l’intero racconto, estendibile a qualsiasi contesto della vita: “Non si soffre
per ciò che non si sa!”.
Parole
che evidenziano il frequente aspro sapore della verità, ma l’irrinunciabile
bisogno di soddisfarla per non morire dentro.
Il
resto del cast vede comprimari di lusso quali Kate Winslet ( “Titanic”), James
Gandolfini ( il leader della famiglia “Soprano” nella celebre serie televisiva)
e il grande Anthony Hopkins ( premio oscar nel 1991 per “Il silenzio degli
innocenti”).
Rappresentano
a modo loro le dissolutezze e le fragilità degli uomini. Debolezze dalle tinte
più o meno fosche, spinte da istinto o calcolo, satelliti in grado di oscurare
la stella che li illuminava.