Quanta
fragilità di fronte ad un “per sempre” che non è
mai per sempre
Saturno
Contro – voto : 7-
L’attesa per l’ultimo
film del “turco di Roma” Ferzan Ozpetek era fervida. Gli occhi di
critica e pubblico erano puntati sul nuovo “Saturno Contro” per
capire se ci si trovava al cospetto di un’opera dallo spessore
elevato come i suoi precedenti “Le fate ignoranti” (2001) e “
La finestra di fronte”(2003). Due lavori questi, che hanno
proiettato il regista nato ad Istanbul il 3 febbraio 1959, tra le
nuove brillanti realtà del cinema europeo, grazie ad una arte
narrativa e descrittiva forte, profonda ed intensa, capace di entrare
nell’intimo dei sentimenti con raffinata delicatezza, narrando di
omosessualità senza pudori, attraverso storie dalla creativa
genialità ma realistiche nella loro composizione.

La speranza era almeno di
non assistere al ripetersi di una delusione pari a “Cuore Sacro”
(2005). Un film mediocre affossato senza speranze da un finale
mistico religioso al limite del delirante.
“Saturno Contro” non
sento raggiunga le vette dei suoi migliori precedenti, ma è
senza dubbio al riparo da solenni bocciature.
La pellicola racconta di
un eterogeneo gruppo di amici, uomini e donne di una fascia d’età
compresa tra i 30 e i 50 anni, dai diversi orientamenti sessuali,
tutti cittadini di una contemporanea Roma. Il collante al loro
bisogno di stare insieme, è da ricercarsi nell’intimo;
svolgono in genere attività molto differenti e lontane, e solo
in pochi casi il lavoro è un denominatore che li avvicina.
Nonostante questo si cercano e manifestano tutti la necessità
di appartenenza ad un gruppo, che diviene come una famiglia
allargata, all’interno della quale le reciproche diversità,
con virtù e debolezze, si fondono senza però eliminare
i contrasti dettati dalle singole personalità.
Si ricerca al suo interno
un riparo, una zona franca per sfuggire ad un mondo che incute sempre
più timore, una barriera da erigere per arginare il senso di
fragilità diffuso che inonda la loro esistenza. La friabilità
emotiva comporta mancanza di coraggio per alcuni, bisogno di conferme
per altri, ricerca disperata di un equilibrio per molti. Spesso al
membro di questa famiglia parallela si trova il coraggio di
confessare e confidare segreti occultati al partner.
La vita di ognuno di loro
scorre in questo regime di precaria stabilità diffusa. Gli
amori, i drammi interiori, le paure, i segreti, le gioie di ognuno
subiscono un brusco scossone quando il destino si abbatte duramente,
in forma imprevista e spietata, su di un membro del gruppo.
La tragedia improvvisa che
tocca tutti da vicino non farà che acuire il senso di
fragilità della propria vita. Ognuno sarà costretto ad
affrontare senza alibi e con occhi privi di veli, aspetti che fino a
quel momento aveva accantonato, ombre buie dell’anima relegate in
un angolo anche se capaci di condizionare il quotidiano. L’immagine
riflessa nello specchio che si troveranno ad osservare non porterà
a risposte chiare, e non ci appare definito quali mali avranno una
cura e quali no.
Un buon film a mio avviso,
anche se la critica nel complesso non lo ha accolto in maniera
entusiasta. Gli viene attribuito un eccessivo risalto alla borghesia
romana, classe a cui Ozpetek si ritiene appartenga. Alcuni
definiscono troppo marcato il sentimentalismo, irreale l’approccio
alla morte, senza un contatto vero con la realtà fisica di un
uomo che sta morendo. Altri considerano poco veritiero e troppo
cinematografico, l’accettazione da parte di un padre della realtà
omosessuale del figlio a tragedia avvenuta, quando quasi sempre
questa non perviene in nessun caso.
Tutte sfumature che posso
in parte condividere, ma per rimanere aggrappato da spettatore, alle
emozioni che arrivano dalla visione, confesso di aver apprezzato lo
spettacolo, di esserne rimasto colpito senza risultarne folgorato.
“Saturno Contro” è
un viaggio all’interno della presa di coscienza di quanto sia
fragile la vita umana di fronte al destino, di come il “per sempre”
desiderato e sognato da Lorenzo (Luca Argentero), teso a congelare un
momento magico che lo vede unito al suo compagno, circondato
dall’affetto degli amici, non esiste, perché non esiste
condizione capace di rimanere ferma ed immobile nel tempo. E’ con
questo che l’esistenza di tutti noi deve fare i conti, è
questa consapevolezza che deve guidarci nelle scelte che si compiono
o subiscono, nel saperle accettare, nel cadere e rialzarsi, in un
moto perpetuo scandito dai cambiamenti.
Lorenzo lo sa che la vita
vera è un “non è mai per sempre”. Forse è
l’unico a saperlo. Forse perché qualcosa nella nostra anima
è capace in rare occasioni di percepire il vento che
sopraggiunge quando è gelido e penetrante.
Ozpetek eleva l’amicizia
ad asse centrale, perno attorno al quale ruota l’esistenza, più
saldo, sincero e longevo dell’amore. La casa di Davide ne diviene
il tempio, dove il calore della buona cucina e di un sorriso scioglie
il ghiaccio dei suoi avventori.
Sarà la forza
stessa del gruppo a tragedia avvenuta, a fornire l’energia per
riprendere a sorridere, a camminare, a vivere.
Lo spazio riservato
all’amore “non convenzionale”, assume i toni di un rapporto
stabile, riconosciuto, alla luce del sole. Scompaiono tutte le
connotazioni di clandestinità poste in primo piano ne “ Le
fate ignoranti”. Un modo per proseguire un cammino di
riconoscimento sociale, percorso che Ferzan sostiene da anni anche
attraverso l’arte espressa nelle sue opere.
Una pellicola raffinata,
diretta con delicatezza, a cui è mancato quel lampo
d’intensità che gli avrebbe forse consentito un salto di
qualità. L’uso della camera da presa è di ottimo
livello. Attraverso il suo movimento regala emozioni intense in
diverse inquadrature: s’insinua negli sguardi tra Davide
(PierFrancesco Favino) e Lorenzo, avvolge in carrellata il gruppo di
amici afflitti e silenziosi in attesa fuori dall’ospedale, illumina
la via per sfuggire al lacerante senso di perdita di Roberta (Ambra
Angiolini) e scatta una radiografia dettagliata del corpo dormiente
di Antonio (Stefano Accorsi) analizzato dallo sguardo della moglie
Angelica (Margherita Buy) desiderosa di conservarlo al suo fianco.
Il cast è composto
da un gruppo di attori bravissimi, tutti perfettamente in ruolo,
ognuno in grado di fornire un contributo importante. Una serie di
conferme ad alto livello quali PierFrancesco Favino, il più
abile ed intenso, elevatosi stabilmente tra le realtà più
preparate del cinema italiano( “Romanzo Criminale”, “Da zero a
dieci”, “El Alamein”). Il suo Davide è il volto del
dolore, portato con dignità, ma ugualmente esposto a istanti
di pericolosa disperazione.
Stefano Accorsi,
Margherita Buy e Isabella Ferrari (Laura), danno vita alla porzione
più convenzionale dell’amore. Una coppia in difficoltà
come tante, come molte incapace di affrontare con coraggio scelte
difficili dinanzi al proprio matrimonio minacciato da un'altra
passione. I primi due, oltre ad una serie oramai lunga di lavori e
riconoscimenti erano entrambi tra i protagonisti di “Le fate
ignoranti”. La Ferrari dimostra ancora una volta quanto la maturità
artistica le renda possibili ruoli drammatici tanto lontani dai suoi
esordi (“Sapore di mare 1 e 2”).
Serra Yilmaz, Neval,
l’attrice a cui Ozpetek è fedelmente legata da un lungo
connubio artistico, ribadisce l’importanza di alcuni ruoli non in
prima linea ma fondamentali per l’equilibrio della struttura del
racconto.
Ennio Fantaschini (Sergio)
e Milena Vukotic ( l’Infermiera) sono attori che non hanno bisogno
di presentazioni: entrambi bravissimi. Dei loro personaggi si
apprezza l’ironia e il cinismo di conosce la vita, quella vera.
Una rivelazione eccellente
è Luca Argentero, in grado di sfatare il luogo comune di
“belli e imbranati” sfornati dal Grande Fratello. Era nel cast di
“A casa nostra” di Francesca Comencini e già in quella
circostanza non aveva sfigurato. Lorenzo è il volto dell’amore
più vero, è la voce narrante di inizio storia e a lui
sono riservate le riflessioni che racchiudono l’anima del film.
Un’altra gradita
sorpresa è risultata Ambra Angiolini. La sua Roberta, sottile
vela in balia di un mare in burrasca è l’emblema di chi nel
nostro tempo, si rifugia in realtà esterne per sfuggire alla
propria, incapace di affrontarla e decifrarla. La domanda che ripete
a chiunque incontra è “Di che segno sei?”.
La risposta alle proprie
avversità la trova nell’oroscopo che sentenzia un marcato e
inappellabile saturno contro.
Lei sa che non è da
ricercare negli astri avversi la causa del suo malessere ma non vi è
certezza che sappia ascoltare quella voce.
Da sempre gli uomini sono
portati a scrutare il cielo per munirsi delle soluzioni alle proprie
ansie sul futuro.
Che ognuno sia consapevole
che l’unico saturno avverso esistente, alberga sempre dentro di
noi.