I TRENTATRE’GIORNI DI GUERRA IN LIBANO
di Mirca Garuti
Il 12 luglio 2007, ricorre l’anniversario del primo anno dell’inizio della guerra tra Libano e Israele.
La
maggior parte delle ragioni per le quali è iniziato quel devastante
conflitto, non sono state minimamente risolte. I due soldati israeliani
catturati da Hezbollah, che furono la causa dell’inizio della guerra,
sono ancora in mano ai loro sequestratori. Le violazioni
dell’aviazione israeliana nel cielo libanese continuano senza sosta. Le
truppe israeliane sono ancora presenti nella parte nord del villaggio
di confine di Ghajar, diviso in due dalla “Linea Blu” fissata dall’Onu.
La pace non è stata mai formalizzata da un qualsiasi trattato fra le
parti belligeranti, ma è stata imposta dalla risoluzione 1701 del
Consiglio di Sicurezza Onu. I Caschi blu della missione “Unifil 2” che,
dalle duemila unità del 1978, oggi ne conta tredicimilacinquecento,
sono stati, infatti, ingaggiati per mantenere in equilibrio
quest’instabile situazione.
L’unico
obiettivo che poteva compensare Israele dalla decisione di aver voluto
aprire un secondo fronte in Libano, mentre infuriava sulla Striscia di
Gaza l’operazione “pioggia d’estate”, era quello della distruzione
della rete di Hezbollah. Il risultato non è stato positivo per lo stato
d’Israele, anzi il movimento sciita, negli ultimi giorni di
combattimento, ha intensificato anziché diminuire il lancio dei razzi
su Israele. Hezbollah ha subito certamente colpi durissimi, ma è
riuscito a proteggere il suo leader Hassan Nasrallah ed a guadagnarsi
la stima e il sostegno di una parte del mondo islamico e arabo.
L’immagine d’Israele ha subito, a livello internazionale, ripercussioni
negative di fronte alle varie stragi avvenute durante il conflitto. La
strage di Cana, per esempio, non potrà mai essere cancellata e, come
Sabra e Chatila nel 1982, può diventare una prova di come un paese, per
garantire la sua sicurezza, può commettere tali azioni. Israele è un
paese in cui l’educazione è principalmente militare. Si spinge la gente
ad avere paura di essere soprafatti, di un altro possibile olocausto.
Il governo attraverso l’uso della storia ebraica, crea miti, fa
pressione sulla popolazione, inducendola a credere che l’unica
possibile alternativa per mantenere la propria sicurezza, sia quella di
fare la guerra.
Il
prezzo che ha pagato il Libano per questa guerra, è stato molto alto,
circa mille civili morti. Un milione di persone ha perso la casa, il
lavoro, ha necessità di aiuto, un aiuto che il governo libanese non è
in grado di dare. Ad un anno di distanza si fanno analisi per poter
capire che tipo di armi siano state usate. Il Dottor Bashir Cham,
direttore dell’ospedale Saida di Sidone, racconta che la stranezza dei
cadaveri che arrivavano all’ospedale l’hanno sollecitato a
fotografarli: erano neri per la maggior parte del corpo ma non
bruciati. I vestiti, i capelli, i peli erano intatti e non una goccia
di sangue era rimasta nel corpo. Sembravano colpiti da granate perchè
presentavano le stesse caratteristiche: il sangue era colato dal naso e
dalle orecchie, ma la pelle annerita, nascondeva altre verità. Furono
quindi prelevati campioni di derma e fatti analizzare a Francoforte. Le
analisi escludono che siano state utilizzate armi al fosforo, la pelle
non presenta bruciature, neppure superficiali ed il tessuto non ha
subito cambiamenti specifici. Il derma e l’adipe sotto pelle non
presentano necrosi, ma la sostanza che ha annerito la pelle è penetrata
per 0,8millimetri.
Il
Dottor Cham ha commesso però l’errore di non aver prelevato anche
campioni di sangue e di succhi gastrici, per questo in Germania non
hanno potuto stabilire con certezza la causa dei decessi.
Consulta
quindi altri medici dei vari ospedali in Libano e scopre che gli strani
sintomi delle vittime di guerra sono identici. La risposta ai suoi
dubbi è data da un esperto militare egiziano: “ gli Israeliani hanno
potenziato le bombe fornite loro dall’aviazione Usa, aggiungendo metano
e acetilene, due elementi usati normalmente per saldare i metalli. La
loro reazione provoca temperature a 1300 gradi e, bruciando l’ossigeno
nell’ambiente circostante, crea un impatto devastante, tanto da far
scoppiare anche gli organi interni delle vittime, il sangue che cola
fuori dai corpi proviene dalle loro aorte squassate”.
Queste
“bombe termobariche a effetto vuoto” sono tra le più efficaci e letali
mai usate. Il mistero sembra così risolto, ma, purtroppo, non ci sono
analisi che confermano scientificamente questa tesi; hanno solo escluso
l’utilizzo del fosforo e tossine. Analoghe testimonianze arrivano da
altri luoghi di guerra, come per esempio da Gaza e dall’Iraq.
La guerra è dunque finita, ma i suoi terribili effetti sono ben evidenti su tutto il territorio.
Israele
non ha ancora dato la sua disponibilità a fornire i dati dei
bombardamenti per poter meglio procedere allo sminamento delle zone di
guerra. Per “dati” s’intende dover sapere le coordinate di ogni singola
incursione ed i tipi di ordigni rilasciati sul terreno. Sono stati
quantificati ben 928 siti inquinati dalle bombe inesplose per un totale
di trentasette milioni di metri quadrati. Ad oggi la missione Onu è
riuscita a ripulire dagli ordigni, 7 milioni e 300mila metri quadrati
di terreno. Si continua quindi a morire, oggi in Libano. In media circa
tre persone al mese sono vittime delle cluster bomb, o muoiono o
rimangono invalide a vita.
Quest’incubo dovrebbe finire verso la fine del 2009.
La
guerra dunque ha prodotto solo morte, paura, distruzione, instabilità.
L’assetto politico è stato sconvolto e il paese si è stretto intorno
alle macerie, ma il dialogo nazionale ha subito un arresto e le
conseguenze, in un prossimo futuro, potranno essere molto pesanti.