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Una diga inghiottirà
Hasankeyf, villaggio meraviglia del
mondoLa
costruzione della diga di Ilisu sta per sommergere uno dei tesori della Turchia sud-orientale
curdadal quotidiano di Liberazione, 29
Luglio 2007di Luisa
Morgantini
Hasankeyf è un esempio di
cultura mesopotamica nel triangolo compreso tra Diyarbakir,Batman e Mardin; è un museo all'aperto di 12mila anni,
arroccato sulle sponde rocciose del Tigri. Le
sovrapposizioni di civiltà e culture dell'intera regione si mostrano nelle tracce di antichissimi insediamenti umani,
con le centinaia di grotte, nell'elegante
minareto della moschea El-Rizk e, sulla riva opposta, le tombe monumentali, una cupola su cui sono visibili le tessere di
ceramica azzurra che ricordano la vicina arte
persiana.Oggi tra le vestigia di Hasankeyf
vivono pastori e agricoltori curdi, ma anche artigiani, venditori di souvenir, e Mehmet che ci serve il pane e il
kebab in un piccolo ristorante sulle rocce, di
fronte ad una vista mozzafiato. Anche loro rischiano di sparire. Mehmet che è nato lì dice che non vuole andarsene,
ma tutte le manifestazioni e le proteste non
sono servite a nulla: «L'unica speranza - dice - è che le banche straniere non continuino il finanziamento del progetto».
Mehmet è innamorato della zona, e non solo
perché c'è il suo lavoro, ma, dice, «non posso pensare di non poter vedere più il sole che illumina le grotte, pescare
nel fiume, parlare con tante gente che viene da
lontano e guarda con meraviglia questo tesoro che si vuole distruggere». Il governo ha promesso il trasferimento e la
ricollocazione della popolazione: «Hanno detto
che trasferiranno e riprodurranno il minareto,
anche le tombe, anzi stanno già esportando sassi, ma sarà tutto falso». Il
cameriere Said dice che per lui non cambierà
molto: «Non sono nato qui, e se mi daranno un
lavoro e se la diga dovesse davvero servire a
dare acqua ai campi, non ci soffrirei; le grotte non sono abitate
adesso,molta gente se ne è andata negli anni
della guerra, avevano paura, c'erano sempre i soldati».
Sono davvero molti anni
che si parla della diga: Ruken, che mi accompagna, non era ancora nata e oggi è una delle attiviste che cercano di
trovare vie alternative allo sviluppo dell'area
senza che si costruisca la diga. Nel 1980 il governo turco ha avviato il Gap, Progetto Idrico per l'Anatolia
Sud-Orientale, che prevede la costruzione di
dighe e centrali idroelettriche lungo l'alto corso del Tigri e dell'Eufrate. Alcune sono già state costruite e si calcola
che 320 villaggi siano stati evacuati, molto
spesso con la forza, bombardamenti, incendi. Della diga di Ilisu si è ritornati a parlare solo nel 1999 dopo le
dichiarazioni del cessate il fuoco unilaterale
da parte del movimento di guerriglia, la condanna di Ocalan e la sospensione dell'emergenza militare. Venne creato un
consorzio internazionale, guidato dalla banca
svizzera Sulzer AG, disposta a finanziare e realizzare i lavori. Ma molte furono le mobilitazioni internazionali che sembrava
avessero avuto l'effetto voluto: far desistere
le ditte coinvolte , far rinascere le speranze
di trovare vie alternative alla diga lavorando al contempo per un rilancio turistico di Hasankeyf.
Un'illusione.Oggi il governo ha ripreso il
progetto e vuole fare presto, sostiene di voler terminare i lavori della diga entro il 2014. La Turchia è uno dei paesi
al mondo con più progetti di dighe, la maggior
parte e le più grandi delle quali proprio in territorio curdo: il Kurdistan turco è ricchissimo d'acqua e spesso tale
ricchezza lo ha condannato a essere vittima di
risvolti sociali, economici e politici gravi. La lotta militare per l'indipendenza della popolazione curda, prima, e la
lotta di questi ultimi anni per la democrazia e
il riconoscimento dell'identità politica e culturale curda è costata molto alla popolazione curda e turca. Migliaia
di morti, una repressione brutale e il carcere
per migliaia e migliaia di curdi da parte del governo turco. Negli anni '90, in una campagna militare contro il partito
curdo Pkk, le forze di sicurezza turche
distrussero 3.428 villaggi curdi: più di tre milioni di persone furono costrette ad abbandonare le terre d'origine,
per essere sfollati nelle periferie delle
grandi città, in improvvisati campi profughi
come a Istanbul o a Dyarbakir, o come migliaia di attivisti costretti a fuggire dalla Turchia per non essere torturati e
condannati ad anni e anni di
prigione.A questi si aggiungeranno gli
sfollati provenienti dalle vallate sommerse dalle acque delle dighe previste dal Gap. Infatti, la diga di Ilisu continuerà
l'opera di spopolamento: finiti i lavori sarà
la seconda diga del paese, con una capacità di circa 10 kmu00B3 e una superficie di 313 kmu00B2, sommergerà 6mila ettari
di terre arabili e il bacino idrico che si
formerà inonderà una valle lunga 136 km, con una produzione di 3833 Gwh l'anno per 300 milioni di dollari di ricavati. Il
rovescio della medaglia è ovviamente
drammatico: oltre 289 siti d'inestimabile valore archeologico verranno spazzati via e più di 200 insediamenti umani
saranno sommersi, costringendo 55mila persone
allo sradicamento, alla perdita del lavoro, delle case o al trasferimento forzato in altre zone del paese, esposte
all'esclusione sociale e all'emarginazione.
Anche dal punto di vista ambientale la diga di Ilusu presenta delle falle e per questo viene duramente osteggiata dalle
oltre 72 organizzazioni (centri culturali,
municipalità locali, volontari, sindacati,
associazioni per i diritti umani) attive in Turchia che chiedono la sopravvivenza di Hasankeyef, denunciando, oltre
ai danni sulle popolazioni locali, i rischi di
crolli della roccia su cui sorge il villaggio, non adatta a sostenere il carico generato dall'invaso, per la riduzione della
bio-diversita a causa dei cambiamenti indotti
negli ambienti fluviali, il rischio di scomparsa della fauna locale e quelli conseguenti all'aumento di umidità
sui resti archeologici nonché sul rischio di
variazione nel regime climatico dell'area e sulla possibilità della diffusione di infezioni e malattie, malaria in primis.
La diga di Ilisu, infine, nascerà a soli 65 km
dal confine con la Siria e l'Iraq e sono
imprevedibili le ripercussioni che il controllo delle acque del fiume da parte
della Turchia avranno sugli equilibri
geo-politici in una regione così precaria: la gestione e il trattamento delle acque di un fiume come il Tigri che
attraversa più Paesi, dovrebbero essere
regolamentati da leggi internazionali se si vuole allontanare il rischio di ripercussioni sulle popolazioni civili, che si
vedranno diminuire la quantità e la qualità
delle scorte di acqua, e quello di altri conflitti causati, questa volta non dal petrolio ma dalla preziosissima risorsa
acqua. Se gli scopi delle dighe, è vero, sono
la produzione di energia idroelettrica e l'utilizzo irriguo, è anche vero che la Turchia è ottava al mondo per energia
geotermica utilizzabile, ma ne sfrutta solo il
2,7%, è ai primi posti in Europa come potenziale eolico sfruttabile, oltre ad avere un enorme potenziale
solare. Come si fa a non ascoltare allora le
motivazioni di Ruken che parla di una diga a così breve distanza dai confini che può servire come area di sicurezza
per possibili infiltrazioni di terroristi di Al
Qaeda o di guerriglieri del Pkk e che in nome della sicurezza vengono ancora una volta sacrificati gli interessi della
popolazione curda, che continua a subire
limitazioni della propria libertà di espressione e del diritto di esistere come minoranza, a cominciare dal divieto di
utilizzare la proprialingua nelle
amministrazioni locali?In questi mesi si
vedrà se la mobilitazione di movimenti, politici e cittadini in Turchia come all'estero si riuscirà a salvare Hasankeyf.
Intanto in Italia, attivisti di varie
associazioni ecologiste e per i diritti umani (tra cui l'Associazione verso
il Kurdistan, Arci e Legambiente, Donne in
Nero, oltre che rappresentanti della Campagna
per la Riforma per la Banca Mondiale) si sono già mobilitati, dandosi
appuntamento lo scorso 18 luglio davanti alla
sede di Unicredit a Milano per chiedere ai
dirigenti della banca di ritirare il sostegno economico al progetto della diga.
La Unicredit, infatti, attraverso la società
controllata Austria Bank Creditanstalt è coinvolta nel finanziamento per un totale di 280 milioni di euro. Una
petizione è tuttora in corso in Italia (http://www.acquasuav.org <https://webmail.europarl.eu.int/exchweb/bin/redir.asp?URL=http://www.acquasua...>; acquasuav@yahoo.it
<acquasuav@yahoo.it> )
come in altri Paesi Europei e in Germania e in
Svizzera alcune Ong hanno consegnato 37mil a
firme contro tale progetto. Un primo risultato delle mobilitazioni comunque si è
raggiunto nelle scorse settimane con il ritiro
della Zuercher Kantonalbank che ha ceduto alle
pressioni dei cittadini svizzeri. Vedremo
se con il nuovo parlamento e la presenza della minoranza curda, in tutto 22
deputati, si riuscirà a fare in modo che
Hasankeyf non sparisca, portando avanti nello
stesso tempo la lotta democratica per i diritti della popolazione curda. Chissà
forse davvero come diceva Leyla Zana, quando
ancora era in prigione e mentre veniva giudicata al processo, il futuro della Turchia è quello dell'arcobaleno.
*Vicepresidente del Parlamento
Europeo
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