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Home1 » Le mafie » Alla Feltrinelli Giovanni Tizian presenta "Gotica"  
Autorità, stampa, società civile e tanti modenesi abbracciano Giovanni Tizian

Alla Feltrinelli la presentazione di “Gotica” (MP3)


di Bugamelli Ermanno

 

         


Tutta la città alla Feltrinelli
Domenica 15 gennaio 2012 ore 11:30, la libreria Feltrinelli di Modena è gremita. Non c’è spazio, non ci si muove. Eppure qualcuno cerca ancora di entrare, di intrufolarsi, di guadagnare qualche centimetro. Di sedersi oramai neanche a parlarne. Per riuscirci nella trentina di sedie allineate occorreva arrivare oltre un’ora fa, ma ora è troppo tardi anche per accucciarsi alla meglio nei pochi angoli rimasti liberi. Si respira l’atmosfera degli appuntamenti che contano e tra gli scaffali pieni di libri trovano sistemazioni improvvisate il sindaco Giorgio Pighi, il presidente del Consiglio Regionale Matteo Richetti, il commissario straordinario del Governo antiracket e usura Giancarlo Trevisone, fino al segretario regionale del PD Stefano Bonacini.
Autorità, esponenti di partito, giornalisti, fotografi, cameraman, ragazzi della associazione antimafia  “daSud” “Io mi chiamo Giovanni Tizian”, Libera contro le mafie, cittadini comuni, tutti ad accogliere il cronista calabrese freelance Giovanni Tizian, che oggi presenta “Gotica. ‘Ndrangheta, mafia e camorra oltrepassano la linea“ (Round Robin Editrice). Il libro costituisce una approfondita e inquietante inchiesta sullo stato dell’arte dell’intraprendenza mafiosa nel settentrione d’Italia, ma è anche la testimonianza personale delle drammatiche cicatrici che l’ndrangheta ha lasciato nella vita di Tizian.  Ad accompagnare il giornalista scrittore alla Feltrinelli, il capocronista della Gazzetta di Modena Giovanni Gualmini, ed il giornalista di Report Alberto Nerazzini.


Un abbraccio sincero della cittadinanza velato di amarezza
Un abbraccio affettuoso, importante, significativo. Nessuno dei presenti ignora come da alcuni giorni Giovanni Tizian viva sotto scorta proprio perché essere bravi cronisti d’inchiesta antimafia in Italia, accluda la condizione accessoria di minacciato a morte. Due agenti di polizia in borghese sono diventati i suoi angeli custodi, al supermercato come in libreria. La loro presenza rende tangibile “i gravi motivi” che il procuratore antimafia della DEA di Bologna Roberto Alfonso, ha individuato nella sua attività investigativa, ritenendo Tizian in pericolo di vita a causa delle inchieste di mafia di cui si occupa da anni. Del resto come ci ricorda Nerazzini riferendosi alla vicenda Cosentino, non può suscitare meraviglia che questo accada nel paese i cui la maggioranza dei rappresentanti del popolo, festeggia senza pudore lo scampato arresto per associazione mafiosa di uno dei suoi esponenti più discussi.
Eppure anche così tanto non basta a spiegare una tangibile  e sgradevole sensazione, una apprensione tinta di colpevole amarezza. Forse perchè tutto questo accade a Modena, nella culla della “rossa” e libera Emilia, e se questo è potuto succedere, è perché in troppi hanno abbassato la guardia, sottovalutato le situazioni, ciechi e sordi ai numerosi appelli che da anni gli addetti ai lavori hanno lanciato ad una platea che ci auguriamo di poter definire “solo” indifferente o alla peggio incapace. La politica emiliana pare risultare ancora immacolata dall’infame marchio di una collusione mafiosa conclamata, ma anche questo oggi non è più sufficiente. Imprenditoria e società civile sono oggetto di cronaca quasi quotidiana alla voce contaminazioni delle mafie. Come ci racconterà Tizian le organizzazioni criminali hanno da oltre 30 anni approfittato di un tessuto sociale ricco e tuttora impreparato a reagire con la necessaria forza e tempestività.
Il sindaco Pighi omaggia il giornalista e ripropone l’ennesima promessa d’intenti al massimo sforzo delle istituzioni a combattere le mafie. Un intervento identico a decine di altri ascoltati negli anni alcuni dei quali per sua voce, ma i fatti dimostrano che serve ben altro per arrestare l’espansione mafiosa. Magari aiuterebbe un poco di competenza, di realismo, di umiltà, e l’uscita di scena di quella schiera di figure dei partiti di governo locale e di opposizione legati o meno al mondo economico, ma che tutti ancora si trastullano negli interessi di parte crogiolandosi in una realtà da isola felice dissoltasi da alcuni decenni.

Esattamente come tardive sino a suscitare più di un pizzico di contrarietà, sono le parole in apertura di presentazione di Antonio Ramenghi, direttore della Gazzetta di Modena, una delle testate per la quale Tizian fornisce collaborazione. Elargendo un partecipe e convinto orgoglio, Ramenghi annuncia pubblicamente la promessa di stabilizzazione professionale per il suo collaboratore. Un tempo il termine freelance legato al giornalismo evocava immagini romanzesche e quasi avventuriere. Magari la sostanza non è cambiata, ma oggi lo stesso termine è sinonimo di precariato, di un lavoro spesso senza orari e diritti, mal retribuito sino a 4 euro ad articolo, indistintamente, anche se si racconta di mafia, anche se alla fine quegli articoli ti portano a rischiare la vita.
E quindi signor Direttore le sue parole sono importanti ci mancherebbe, ma ascoltandole s’incunea in noi un interrogativo spontaneo, magari banale, retorico, ma sicuramente sincero: un professionista con la storia e lo spessore di Tizian doveva essere minacciato di morte per uscire dal precariato in cui versava dal 2006?
E visto che a pensar male si rischia sempre una brutta figura ma spesso ci si azzecca, lei è proprio certo di avere la coscienza totalmente immacolata nell’aver sempre agevolato al meglio le inchieste antimafia di Tizian?
E ancora, se l’intero gruppo editoriale dell’Espresso ha deciso solo ora di rafforzare in pubblico la posizione del cronista, è casuale che questo avvenga alla luce di quanto accaduto?
Speriamo di cuore che la risposta ad ogni singola domanda non sia quella temuta, perché se così fosse alcuni dei presenti alla Feltrinelli si sarebbero serviti dell’occasione per l’ennesima strumentale passerella.

E ingoiando a fatica i residui della melassa riparatrice di Ramenghi, ci lasciamo guidare da Giovanni Gualmini nel fulcro della presentazione.



Mafie al Nord: omertà e inconsapevolezza hanno agevolato il radicamento
Visibilmente emozionato al cospetto della grande dimostrazione di affetto, Giovanni Tizian inizia ad illustrare la materia di cui tratta il suo “Gotica”, partendo da come al Nord d’Italia oggi non si possa più parlare di infiltrazione mafiosa ma di radicamento. Dagli anni ’80 ad oggi, le mafie hanno ricreato come al Sud le medesime condizioni in grado di renderle invisibili al tessuto sociale, instaurando le dinamiche necessarie a saccheggiarlo. E’ stato attuato un vero travaso di ricchezze, e nel settentrione le mafie hanno avviato le loro attività grazie ai proventi dei crimini con i quali hanno assoggettato il meridione. I criminali non prevedono distinzioni geografiche, ed è in questo senso che concepiscono la loro personale concezione di Italia unita: rendere l’intero territorio nazionale un campo d’azione per i loro affari. Campi di applicazione che vertono su estorsioni, traffico di droga, voto di scambio, corruzione elettorale, usura, un catalogo criminale che produce appalti pubblici e privati drogati, aliena la libera concorrenza, minaccia lo sviluppo democratico delle comunità. Per combattere tutto questo ogni regione, comune, piccola collettività, deve essere consapevole. Quanto sta accadendo in regioni come Liguria, Piemonte, Lombardia, da decenni sotto attacco, con comuni già sciolti per mafia e altri in procinto di esserlo, con centinaia di arresti eseguiti in ogni ambito, dimostra come questa consapevolezza sia mancata. Politica e imprenditoria si sono lasciate circuire, tentare, sino a cedere ad una vera aggressione da parte di forze capaci di insinuare e radicare, una fitta schiera di referenti delle organizzazioni criminali. Anche Modena e tutta l’Emilia sono vittima della medesima aggressione. Sempre più consapevoli della loro forza, e beneficiando di maglie più o meno consciamente larghe, i mafiosi hanno progressivamente alzato il tiro delle loro azioni, giungendo ad allestire una organizzazione munita di intelligence e vera capacità militare. Gli esempi di quanto accaduto a Modena nel 1991 in via Benedetto Marcello, dove una iniziale autobomba venne sostituita da un attacco armato nella faida tra camorristi, sino alle intimidazioni a Castelfranco e dintorni degli ultimi anni lo dimostrano. Ma paradossalmente, a risultare più pericolosa in ambito territoriale è la loro prerogativa di rendersi invisibili conquistando le attività legali che fanno parte del quotidiano di ognuno. Grazie ad una imponente disponibilità finanziaria unita all’arroganza e prepotenza, di legioni di avvocati, manager, notai, esperti in finanza, le mafie si sono impadronite di una fitta rete di esercizi operanti in ogni settore: ristoranti, bar, imprese edili, di autotrasporti, servizi bancari e finanziari, sino alla rete di gestione e distribuzione delle slot machine e dei video poker. Un ventaglio di competenze così ampio, da costruire una maglia di servizi nella quale ogni cittadino finisce per cadere, contribuendo inconsapevolmente ad alimentare le finanze della criminalità organizzata.

Nei successivi interventi Tizian affronta le difficoltà incontrate nel raccontare i fatti narrati in “Gotica” e le sensazioni provate a seguito della nuova situazione che lo obbliga a vivere sotto scorta.
Sul primo punto egli afferma:”L’omertà è un patrimonio dell’Italia intera, non si denunciava al Sud, e neppure al Nord”. Tizian descrive le difficoltà nel contattare gli imprenditori settentrionali sotto scacco della mafia, pur dopo che questi erano finiti vittima di pestaggi a sangue. Essi peccano spesso di mancanza di consapevolezza e rifiutano in genere di trattare l’argomento mafioso. Quando finiscono nella rete e vengono risucchiati dal gorgo nel ruolo di vittime o complici, essi si bloccano definitivamente e non denunciano. Si trovano costretti a rispettare le regole del codice criminale che attraverso una cascata di sub appalti finisce per coinvolgere un ampio panorama di aziende. “Ho trovato molta più disponibilità a raccontare e denunciare al Sud anche se vivono in contesti blindati…” prosegue Tizian, “…dove oramai c’è piena consapevolezza di chi sono i mafiosi e della loro pericolosità”.
A riguardo della sua vicenda personale, il cronista confessa come nel svolgere il proprio lavoro l’idea di essere in pericolo finisce prima o poi per sfiorarti, ma non ci pensi perchè non vi era nessuna percezione particolare. Non era stato oggetto di nessuna minaccia e quindi la situazione attuale è giunta improvvisa, ma aggiunge “…Faccio il giornalista e per questo dovrò sempre rompere le scatole a qualcuno”.


Mafia e politica: una linea rossa li unisce, una occasione di riscatto per l’Emilia
Alberto Nerazzini non manca di fornire un quadro a tinte fosche di quale trattamento viene riservato al giornalismo d’inchiesta in Italia. Nei paesi normali l’inchiesta porta prestigio alla testata, ma l’Italia non è un paese normale. Servono direttori ed editori disposti a supportare alti costi ed esiti incerti. In Italia il giornalismo è in preda al precariato, legato alla politica, incapace di fornire prospettive ai giovani. Nerazzini prosegue: “Il nostro non è un paese per giovani…se un 38enne come me viene ancora ritenuto giovane…giovani sono i 29enni come Giovanni che devono essere messi in condizione di lavorare dignitosamente…Forse i giornalisti d’inchiesta sono pochi ma sono sufficienti…vanno solo lasciati lavorare”. Il giornalista di Report entra nel vivo del legame stampa-politica: “…Le inchieste servono come una lente che mette a fuoco i fatti e fa aprire gli occhi alla gente…Il sindaco Pighi prima diceva che serve la stampa ma io insisto che serve anche la politica…”. Accennando allo spettacolo offerto dai parlamentari sul caso Cosentino Nerazzini affonda:” …la politica è unita alla mafia e alla vicenda di Giovanni da una linea rossa…occorre mettere a fuoco la classe politica e osservarli attentamente…e punirli come cittadini se si macchiano di atteggiamenti equivoci…Ci servono giornalisti come Giovanni e politici che veramente devono sottoporsi al giudizio dei cittadini…”. Originario della provincia di Modena (Fanano), non risparmia ai politici modenesi allusioni pungenti: “…Ogni volta che da Fanano scendo a Modena vedo nuove rotonde…ma perché si costruisce così tanto?...Occorre interrogarsi, serve che la politica non si chiuda nelle stanze, che accetti qualche pugno in faccia mediatico… già nel 1992 quando Giovanni si trasferisce a Modena, i suoi occhi svegli di ragazzo cresciuto tra le mafie scorge attorno a se molti indizi di affari mafiosi… se c’è una possibilità di riscatto per la politica modenese non c’è occasione migliore…non si può continuare a vivere di una rendita forse già consumata, su di un passato che ha fatto di questa regione un luogo più giusto di benessere condiviso…bisogna rilanciare questa terra con una economia già imbrattata di mafia…una sfida unica e difficile…”.
In conclusione del suo intervento Nerazzini compie anche una profonda autocritica sulle ragioni che hanno negli anni indebolito il ruolo della stampa. Il desiderio di carriera, l’assuefazione ai privilegi, la tentazione del denaro, ha causato una generale perdita di porzioni di onestà da parte di molti giornalisti. Serve che ognuno rifletta su cosa sta indagando, e basta poco per accorgersi che indipendentemente dal filone d’inchiesta che si imbocca, la mafia torna sempre fuori. L’Italia da sempre vive sul fenomeno mafioso. Oggi viviamo una epoca ancora più triste perché si è perduta ogni sfumatura etica in ambito politico:”I politici se ne fottono di ogni responsabilità…se invece sei accusato devi essere messo fuori gioco dai tuoi stessi dirigenti di partito…serve ripartire su questi punti dalla politica locale…

Nessun eroe, solo esempi

Nelle parole di Daniele Chirico della associazione “daSud”, l’appello più appropriato in chiusura di evento: “…Non facciamo l’errore di considerare Giovanni un simbolo o peggio ancora un eroe, quelli servono soltanto a fare spettacolo, consideriamolo un esempio perché gli esempi servono al nostro paese…
Una speranza che sentiamo nostra, e osservando la lunga coda di convenuti in attesa di una copia del libro autografata dall’autore, ci auguriamo che questa giornata consegni una eredità importante nella coscienza di ognuno, sfuggendo alle tentazioni dei facili sentimentalismi, ma forgiando una autentica consapevolezza collettiva antimafia anche nelle nostre terre. Un primo positivo riscontro sembra giungere solo sei giorni dopo, quando il 21 gennaio scorso l’associazione “daSud”  ha organizzato insieme alla biblioteca Delfini sempre di Modena, una staffetta di letture di “Gotica” per testimoniare ulteriormente la vicinanza al giornalista minacciato dalla mafia. Una folla identicamente numerosa ha affollato le sale della biblioteca oltre il limite della loro capienza.
Nel suo messaggio di saluto che ha fatto pervenire in quanto assente, Tizian lancia un messaggio ai modenesi. Li ringrazia dell’affetto che sente caloroso e vicino, e si augura che una terra come questa, libera e fondata sulla resistenza partigiana, trovi le energie e la forza per riorganizzarsi nella nuova resistenza del nostro tempo, quella contro le associazioni mafiose.

Giovanni Tizian, ha una storia personale e familiare che non si può e non si deve dimenticare: è arrivato a Modena a 12 anni, costretto a lasciare la Calabria, dove è nato, con quel che restava della sua famiglia, dopo l'incendio che ha distrutto la fabbrica del nonno e, a seguire, l'assassinio, per mano della 'ndrangheta, di suo padre, Giuseppe Tizian, funzionario del Monte Paschi di Siena a Locri. Laureato in criminologia presso l’università di Bologna, ha iniziato a scrivere con la Gazzetta di Modena nel 2006 (con cui collabora tutt’ora) per la quale si è occupato di infiltrazioni mafiose, conducendo numerose inchieste giornalistiche sul clan dei Casalesi. Ha scritto per il portale d’inchiesta rivistaonline.com e Liberainformazione.
Oggi scrive per il mensile Narcomafie e per i quotidiani ondine Lettera43.it e Linkiesta.it. Al giornalismo ha affiancato l’impegno civile e sociale, fa parte dell’associazione “daSud”, l’associazione antimafia con sede a Roma costituita nel 2005 da giovani emigranti meridionali che non hanno intenzione di lasciare le loro terre in mano alle cosche.

24 gennaio 2012

(foto Gazzetta di Modena)



 

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