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Medio Oriente » GFM 09 Diario...  

CRONACA DELLA GAZA FREEDOM MARCH

di Mirca Garuti 

LA PARTENZA

Il 26 dicembre u.s. sono partita con Flavio, Goretta e Letizia, per partecipare, con il Forum Palestina, alla Gaza Freedom March. (v. speciale Alkemia)
Questa manifestazione era stata preparata da tempo, ci sentivamo pieni di speranze e di gioia, perchè stavamo per portare la nostra solidarietà ed aiuto al popolo di Gaza che si trova sotto embargo, ormai da più di tre anni. Una iniziativa importante per  il fatto che, per la prima volta, è stata organizzata una delegazione composta da 42 paesi del mondo, per sostenere,  insieme, il popolo palestinese, contro la continua aggressione del governo israeliano. La Gaza Freedom March doveva portare, nel primo anniversario dell'operazione “Piombo Fuso”, quasi millecinquecento attivisti, a rompere l'assedio che sta massacrando Gaza.
Dovevamo raggiungere, innanzitutto,  il Cairo perchè, da tempo, era stato concordato con il governo egiziano, la data dell'ingresso (28/12/09) e del rientro (02 o 09/01/2010) per Gaza.
Ma, a pochi giorni dalla nostra partenza, il governo egiziano invia a tutti gli ambasciatori dei  paesi partecipanti alla Marcia, la comunicazione che la G.F.M. non era autorizzata ed avverte che qualsiasi iniziativa sul suolo egiziano sarebbe stata repressa. Le varie organizzazioni non si lasciano intimorire, non possiamo, di certo, arrenderci al primo ostacolo! e.... quindi ... partiamo...

Arriviamo al Cairo la mattina del 27 dicembre. 

Immediatamente il potere dell'Egitto si fa sentire..
Il primo cambiamento di programma, infatti,  si è verificato nella sistemazione dell'hotel: dal New Garden Palace  all'hotel Cataract. Il cambiamento è stato voluto dalla polizia egiziana, in quanto il primo hotel si trova troppo vicino alla abitazione di Mubarak, mentre, l'altro si trova alla prima periferia del Cairo (circa 20Km. dal centro) ed inoltre vi è alloggiata, già,  la delegazione francese. E' più semplice, quindi, per loro, controllare tutti.
La situazione si presenta già dai primi momenti, molto tesa e preoccupante.
La prima riunione della delegazione italiana si svolge  nel primo pomeriggio, per organizzare le  iniziative: un gruppo andrà all'ospedale palestinese del Cairo, mentre l'altro alla conferenza stampa.

 


Ore 15,30 Goretta ed io  andiamo all’ospedale palestinese.

L'attesa del pulmino che ci deve portare all’ospedale è  lunga, quasi un ora, poi finalmente, scortati dalla polizia,  raggiungiamo la nostra meta.
Siamo ricevuti dal responsabile della gestione dell'ospedale, il nipote di Arafat, Tarek.  L'ospedale è stato costruito nel 1960 ed ha raccolto tutti i feriti palestinesi che sono riusciti a passare dal valico di Rafah, durante il massacro di “Piombo Fuso”dell'anno scorso. Ha un aspetto imponente, dall'esterno, mentre all'interno si nota la mancanza di manutenzione, dovuta alla scarsità di risorse. L'ospedale era finanziato, un tempo, dall'Olp, ora non più. E' convenzionato con il Ministero della sanità palestinese e sopravvive solo con gli aiuti di varie organizzazioni umanitarie e della Mezzaluna Rossa.
I pazienti non sono solo palestinesi ma, sono accolti, anche, egiziani, per poter aumentare gli introiti; i posti letto sono 120 e le ambulanze sono solo due.  
I feriti di guerra sono, normalmente portati all'ospedale di El Harish, mentre i malati ordinari, sono ricoverati dove decide l'autorità di Gaza. L'ospedale palestinese del Cairo ha ospitato alcuni bambini di Gaza con ferite strane, complicate, dovute all'incursione di “Piombo Fuso”, che i medici stessi non sono riusciti a capire. Dopo l'ultima guerra tanti bambini sono nati con malformazioni e molti soffrono di disturbi nervosi.
Sono stati avviati studi coordinati da Rammalh e Gaza per verificare le cause che hanno determinato tante morte “strane” e tante terribili conseguenze.
L'ospedale è sprovvisto di tutto:  farmaci e materiale che serve per la cura dei pazienti. Non sono neppure in grado di tenere corsi di formazione ed aggiornamento per  medici e personale infermieristico. Per questo, infatti,  sono costretti, spesso, a chiedere consulenze esterne. Sono comunque in grado di seguire completamente alcune patologie gravi, come per esempio i tumori, con cicli di chemioterapia, ma non di radioterapia. I pazienti ordinari pagano solo un tichet, come a Gaza, dove non esiste una sanità pubblica gratuita.

    


Ore 16,30 -  Flavio e Letizia sono andati alla conferenza stampa.

A cento metri dal punto di incontro, cinque poliziotti bloccano il loro passaggio, gli impediscono di continuare e gli ordinano che devono allontanarsi sotto la minaccia di un possibile arresto. Sono stati, quindi, obbligati ad andare dall’altra parte della strada, confinati! Dopo, però, 5/10 minuti, la situazione si è sbloccata ed hanno, così,  potuto raggiungere il luogo della conferenza stampa.
Slogan, cartelli e candele caratterizzano la conferenza, trasformandola, di fatto, in un presidio.
La polizia, come al solito, transenna il luogo, confinando gli attivisti (quasi 500 persone di diverse nazionalità) sul marciapiede, in uno spazio molto ristretto.

Ore 19,30 -  Incontro di tutte le delegazioni in Piazza Midan et-Tahrir , dove si trova il Museo egizio, per una plenaria. I vari responsabili delle delegazioni prendono la parola su una panchina trasformata, per l’occasione, in un palco. I francesi decidono di fare un presidio, a mezzanotte, davanti alla loro ambasciata, per dimostrare il loro dissenso alla comunicazione che non potranno più partire per Gaza. L'ostilità dei loro rappresentanti induce, quindi, la delegazione francese ad  occupare con tende e sacchi a pelo il marciapiede che si trova davanti all'ambasciata. Un'occupazione pesante che poi durerà per tutti i giorni successivi, diventando una meta per tutti gli altri internazionali.
Per noi italiani, sembra, invece che non ci siano problemi.


Cairo, 28 dicembre '09 ore 07,00

Inizia l'attesa dell'arrivo del pullman che ci dovrebbe portare ad El Arish, cittadina del nord del Sinai a pochi chilometri da Rafah. Siamo tutti fuori dall'albergo, andiamo avanti e indietro, osserviamo la polizia in borghese che ci osserva, guardiamo il traffico: vecchie macchine, pulmini, furgoni, biciclette, carretti trainati da cavalli carichi di verdure colorate. Caos, frastuono, smog, è quello che ci circonda! Il tempo passa, l'orologio segna le otto, le nove, le dieci, cominciamo ad innervosirci, iniziamo, allora,  a sventolare  le bandiere palestinesi, le sciarpe, alziamo le mani con il “V” di vittoria. Molte persone passando ricambiano il segnale, ci salutano, in qualche modo, ci ringraziano.

 

Arriva  la notizia: i pullman sono stati sequestrati, non arriveranno, il governo egiziano ci vieta l'ingresso a Gaza e ci blocca al Cairo. Giunge anche l'avvertimento che qualsiasi protesta pubblica, anche se non violenta, verrà dispersa con la forza. Tutto questo non ci meraviglia, ci troviamo in un paese dove i diritti degli oppositori vengono, quotidianamente, calpestati, dove è vietata qualsiasi forma di manifestazione pubblica. Dobbiamo, ora, raggiungere la nostra ambasciata per costringerla a prendere posizione su quanto ci sta accadendo.
Ci ritroviamo, davanti all'albergo, per decidere cosa fare. Dal momento che siamo bloccati a più di venti chilometri dal centro del Cairo, non avendo più l'albergo e  non potendo, neppure,  prendere i taxi per spostarci, in quanto la polizia li vieta, decidiamo di incamminarci, a piedi, verso il centro del Cairo, per raggiungere la nostra ambasciata. Ci mettiamo la pettorina rossa con la scritta ”Forum Palestina”, per essere riconoscibili, prendiamo zaini, borse, valigie, e ci mettiamo in marcia tra le macchine, camion e carretti. La polizia è sorpresa, ma ci segue, contrariata, a piedi, nel traffico. Ad un certo punto, vorrebbe costringerci a prendere la strada che porta alla tangenziale, evitando così il centro urbano, ma, noi non accettiamo e continuiamo nell'altra direzione. Dal momento che dimostriamo la nostra intenzione di non  fermarci, dopo quasi una ora di cammino, vicini ad un centro urbano,  la polizia si arrende e costringe alcuni mezzi privati a fermarsi per portarci all'ambasciata. Su ogni mezzo sale un poliziotto in borghese e,  scortati da macchine della polizia, arriviamo finalmente a destinazione.

   

 

 

 

 

 

Ci troviamo, ora, sulla strada davanti all'ambasciata italiana, facciamo un presidio, transennati dalla polizia egiziana. Alcuni di noi vanno a trattare con  l'ambasciatore: vogliamo solo, attraverso l'Egitto,  andare a Gaza.


   

Nel frattempo ci giunge la notizia che è stata revocata l'autorizzazione di entrare a Gaza anche al convoglio umanitario, guidato dal parlamentare inglese George Galloway, “Viva Palestina”. Il convoglio era partito il sei dicembre da Londra e, dopo aver attraversato  vari paesi europei, Turchia, Siria e Giordania, era arrivato il 24 dicembre al porto di Aqaba per raggiungere poi Rafh. Gallaway aveva ricevuto l'assicurazione che il giorno 27 sarebbe entrato, ma ora gli egiziani erano disposti a far entrare solo gli aiuti e non le persone e, non più da Rafh ma attraverso il valico israeliano di Karem Shalom. Alcuni partecipanti al convoglio hanno iniziato uno sciopero della fame in segno di protesta contro il rifiuto del governo egiziano di lasciarlo passare.

 


ore 14,00 La protesta continua davanti alla sede dell'Onu.

Siamo in tanti, sempre circondati ed assediati dalla polizia. L'atmosfera è tranquilla, serena, c'è musica, si urlano slogan per la liberà di Gaza, della Palestina, le bandiere sventolano in una  brezza leggera.
Arriva la notizia che il Ministro degli esteri italiano Frattini ha rilasciato la dichiarazione di non avere nessuna intenzione di intercedere, per noi, presso il governo egiziano. Incontriamo Luisa Morgantini, presidente della Commissione Europea per il M.O., che ci informa che, la delegazione americana ed altre delegazioni hanno deciso di restare in presidio permanente all'Onu fino al 31 dicembre.
Arrivano altri poliziotti, in tenuta antisommossa, siamo sempre più circondati: ci comunicano che abbiamo mezz'ora di tempo per lasciare il presidio, altrimenti cominceranno le cariche.
Ci si consulta per prendere una decisione comune, senza dover lasciare qualcuno qui da solo e senza mai perdere di vista il nostro unico obiettivo: andare a Gaza!
Ore 17,30 Lasciamo il presidio all'Onu e torniamo all'ambasciata italiana.
Ore 18,30 La delegazione in trattativa all'Onu non ha ricevuto nessuna rassicurazione in merito alla nostra eventuale partecipazione alla Gaza Freedom March.
Dalla nostra ambasciata riusciamo ad ottenere solo un aiuto logistico: l'albergo!

   

 

   

 

Ore 22,00 Riunione della delegazione del Forum Palestina.

La situazione è molto chiara: il governo egiziano, ubbidendo agli ordini di Tel Aviv e di Washington, vuole, in qualunque modo, impedire la marcia.
Tutto questo  ha avuto, fortunatamente, un effetto mediatico molto forte e tutta la stampa internazionale parla di questa situazione, riportando i numerosi appelli di varie forze politiche, rivolti alle autorità egiziane, affinchè accolgano le nostre richieste. Abbiamo rotto il silenzio sulla questione palestinese!
La delegazione francese è sempre presidiata dalla polizia, non ha possibilità di muoversi, di comunicare, è praticamente sotto assedio. Si trova, ora, nella stessa condizione della Palestina:  resistere  alle condizioni dettate dalla polizia! E' ormai una sfida.
Abbiamo la necessità di coordinarci con gli altri internazionali per poterci organizzare sulle prossime iniziative.
“Se non possiamo andare a Gaza, porteremo Gaza al Cairo”, questo è diventato, ormai, il nostro motto!

Continua…GFM diario 2° parte...

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