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Medio Oriente » Rifugiati palestinesi torturati  

LIBANO: Rifugiati palestinesi torturati dall'esercito
Anand Gopal e Saseen Kawzally

Pubblicato da: IPS Inter Press Service News Agency

I palestinesi costretti dai combattimenti nel campo profughi di Nahr al-Bared, Libano settentrionale, accusano l’esercito libanese di torture e abusi sui civili.

BADDAWI CAMP, Nord del Libano, 16 agosto 2007 (IPS)

Mentre lo scontro tra il gruppo islamico sunnita Fatah al-Islam e l’esercito libanese entra nella sua dodicesima settimana, migliaia di abitanti di Nahr al-Bared hanno cercato rifugio nel vicino campo di Baddawi. Molti forniscono descrizioni dettagliate sui giorni trascorsi in detenzione sotto duri interrogatori.
Fadi Wahbi, 36 anni, ha detto all’IPS di essere stato arrestato e interrogato dall’esercito libanese, mentre fuggiva da Nahr al-Bared con la sua famiglia. È stato trattenuto due giorni alla vicina base militare di Kobbeh e successivamente trasferito in quello che ritiene fosse il Ministero della difesa a Beirut, insieme ad altri uomini giovani e adulti che avevano abbandonato la battaglia.
Inizia così il lungo tormento di Wahbi. Funzionari del carcere lo hanno accusato di appartenere a Fatah al-Islam, e lo hanno tenuto bendato per otto giorni in una prigione affollata, insieme a decine di altri con accuse simili. Quando ha iniziato a insistere sulla propria innocenza, hanno cominciato a picchiarlo.
”Ogni volta che dicevo che non stavo mentendo, mi colpivano”, ricorda. “Non sapevo da dove arrivassero i colpi, sono rimasto per la maggior parte degli otto giorni bendato e senza dormire”. Anche le autorità carcerarie hanno torturato Wahbi, facendo ruotare le sue estremità al punto da fargli quasi perdere conoscenza. Ha poi raccontato di essere stato costretto a rimanere in piedi per giorni, in posizioni terribili.
”Pensavo che sarebbe durato una o due ore, ma mi hanno tenuto in piedi per 36 ore, ammanettato dietro la schiena, bendato”, ha raccontato. “Ogni due o tre ore cadevo, appena toccavo il pavimento, qualcuno mi sbatteva al muro. È successo cinque o sei volte. Poi cadere ha iniziato a piacermi, perché significava riposo per le mie gambe. Era così doloroso che preferivo cadere e riposare qualche secondo, anche se poi mi colpivano”.
Decine di palestinesi sono stati tenuti in un’unica stanza, senza spazio per dormire e impossibilitati a comunicare tra loro.
”Allungare le gambe non era permesso, dormivamo ammanettati, seduti con la schiena contro il muro e le gambe legate”, racconta. “Se cercavamo di allungare le gambe, c’era sempre qualcuno pronto a colpirle con un calcio”.
In seguito è stato trasferito a Kobbeh, nel Libano settentrionale, e dopo il suo rilascio è riuscito a raggiungere un ospedale vicino.
Le conseguenze psicologiche sono state enormi, ricorda Wahbi, “a un certo punto avevo le allucinazioni, vedevo cose inesistenti. Una volta ho immaginato una porta che si apriva nel muro e mi portava dalla mia famiglia. Mi sono alzato e ho iniziato a correre verso la parete. Mi ha raggiunto una guardia urlando: ‘Che stai facendo? Cerchi di farti male? Non hai il permesso di farti male, solo noi possiamo farti male’, e ha iniziato a picchiarmi”.
La storia di Wahbi rispecchia le testimonianze di decine di palestinesi, la maggior parte dei quali troppo terrorizzati per rilasciare dichiarazioni. Milad Salameh, infermiere alla Clinica Shifa nel campo di Baddawi, dice di aver assistito a oltre 30 casi di abusi commessi dall’esercito.
”Molte delle ferite”, ha raccontato all’IPS, “erano state perpetrate durante l’arresto, nei centri di detenzione dell’Esercito. Molti arrivavano da noi con segni di tortura, abusi e botte. Abbiamo visto anche tracce di elettroshock, alcuni avevano subito abusi sessuali, come lo stupro con una bottiglia”.
Il Centro palestinese per i diritti umani Shahed, con sede a Beirut, ha documentato oltre 50 casi di tortura tra gli abitanti di Nahr al-Bared. Mahmoud al-Hanafi, direttore del centro, ha raccontato all’IPS che l’Esercito ha sistematicamente ignorato i diritti umani nella sua battaglia contro Fatah al-Islam, e ha chiesto sia all’Esercito che a Fatah al-Islam il rispetto della quarta Convenzione di Ginevra, che regola il trattamento dei civili in guerra.
Il portavoce dell’esercito libanese, Generale Salah Hajj Suleiman, ha detto all’IPS che “l’esercito libanese è un’istituzione nazionale, agiamo secondo le leggi del governo, non compiamo abusi sui civili”, e ha aggiunto che “l’esercito libanese non arresta nessuno che non abbia precedenti penali”.
Gli scontri sono iniziati a fine maggio quando Fatah al-Islam, che nei mesi precedenti si era stabilito a Nahr al-Bared, ha aperto il fuoco sulle forze di sicurezza libanesi. La successiva battaglia tra l’esercito e i militanti ha provocato centinaia di morti, e molti palestinesi accusano l’Esercito di aver attaccato civili indifesi.
In un episodio riferito da profughi locali a Baddawi, e documentato dal centro di Shahed, Nayef Salah Saleh, residente a Nahr al-Bared, aveva tentato di portare un furgone con 25 civili fuori dal campo. Alcuni testimoni affermano che cecchini dell’Esercito hanno sparato e ucciso Saleh, mandando il furgone fuori strada e facendolo così fermare.
Muntaha Abu Khalil, incinta di quattro mesi, aprendo la portiera è stata scaraventata in una tempesta di proiettili. L’Esercito ha circondato il furgone e arrestato molti dei suoi occupanti, compresi tre bambini. I bambini, tra cui Amer Bahij Abdallah, 16 anni, raccontano di essere stati successivamente torturati.
Abdallah ha ricordato che gli hanno “coperto il viso con un panno nero: sono stato colpito, picchiato e mi hanno fatto l’elettroshock per costringermi a dare informazioni su Fatah al-Islam”, Il ragazzo ha dichiarato di non aver nulla a che fare con il gruppo.
Da quando sono iniziati i combattimenti al nord, centinaia di palestinesi raccontano di essere stati arrestati e picchiati ai posti di blocco dell’Esercito in tutto il paese. Un operatore palestinese arrivato in Libano da Tripoli, che ha parlato all’IPS mantenendo l’anonimato, ha detto di essere stato “picchiato a un posto di blocco da circa dieci soldati perché stavo scherzando con un amico”.
Altri, come Ahmad Hazbour, ex residente di Nahr al-Bared, ha dichiarato che ai posti di blocco venivano picchiati, abusati verbalmente, e poi arrestati.
La creazione dello stato di Israele nel 1948 ha prodotto centinaia di migliaia di profughi palestinesi. Molti sono venuti in Libano, e da allora vivono in campi soffocanti e claustrofobici. Per legge, i rifugiati vengono considerati stranieri e sono pertanto esclusi da molti diritti fondamentali goduti dai cittadini libanesi, compreso il diritto al lavoro (non sono ammessi a oltre 70 professioni). I palestinesi non possono possedere alcuna proprietà in Libano, e nemmeno entrare nel processo politico.

”Il campo è stato attaccato perché siamo palestinesi”, ha detto Muhammad Naddwi, 23 anni, residente a Nahr al-Bared, manifestando quel sentimento di discriminazione vissuto da molti palestinesi in Libano. I campi sono spesso bersaglio del fuoco di diversi eserciti – l’esercito libanese ha distrutto il campo di Nabatiyeh nel 1973, e molti dei residenti a Nahr al-Bared sono rifugiati nel campo di Tel az-Zaatar, distrutto dalle forze cristiane nel 1976.
Con la casa rasa al suolo e ancora fresca la memoria di torture e abusi, molti palestinesi di Nahr al-Bared sono scossi e senza speranza.
”Alcuni di loro, appena rilasciati venivano direttamente in clinica”, ha raccontato l’infermiere Salameh. “Non volevano parlare con nessuno, né essere curati. Cercavano solo un posto sicuro dove stare da soli, e piangere”.


Note Redazione ALKEMIA

Il 3 Settembre 2007 l’esercito Libanese ha dichiarato di aver concluso le operazioni militari nel campo palestinese di Nahr al-Bared assediato dai miliziani di Fatah al Islam.

Il ministro della difesa libanese, dichiara che dal 20 maggio 2007 sono stati uccisi 222 terroristi e catturati altri 202.

Il campo profughi è stato completamente raso al suolo con conseguente sfollamento di oltre 10.000 persone e l’uccisione di ben 160 soldati libanesi e almeno 20 civili.

Fondamentale è sottolineare che i miliziani non erano solo palestinesi. Ad esempio i sei corpi scoperti ieri dall’esercito, erano di un libanese, un siriano, un yemenita, un saudita, un serbo e un palestinese.

Si sospetta che dietro a questi ribelli si nascondano cellule di intelligence straniere: siriane e saudite.

Il premier Signora ha dichiarato al termine degli scontri, che il campo verrà ricostruito e posto sotto il controllo del solo governo libanese.

I campi profughi palestinesi controllati dal governo libanese, potrebbero avere forse, come diretta conseguenza, un miglioramento delle condizioni di vita ma anche contemporaneamente, una forte limitazione alla loro autonomia che potrebbe condurre ad una maggiore ribelle radicalità.
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